Il mondo della luna/Atto II

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Atto II

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Atto I Atto III
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ATTO SECONDO.

SCENA I.

Giardino delizioso in casa di Ecclitico, raffigurato nel Mondo della Luna, ove si rappresentano alcune stravaganze ordinate dall’astrologo per deludere Bonafede.

BONAFEDE che dorme sopra un letto di fiori.
Ecclitico travestito con abito capriccioso. Ernesto ne' suoi abiti.

Ecclitico. Ecco qui Bonafede

Nel Mondo della Luna. Egli ancor dorme;
E quando sia destato,
Esser non crederà nel mio giardino,
Ma nel mondo lunare,
Fra le delizie peregrine e rare.
Ernesto. Ma Flaminia e Clarice
Son del tutto avvisate?
Ecclitico.   Il tutto sanno,
E a ogni nostro disegno aderiranno.
Lisetta nulla sa, ma non importa;
Con un’altra invenzione
Farò ch’ella si creda
Nel Mondo della Luna trasportata.
Ella è da Cecco amata,
E Cecco la desia;
E acciocch’egli aderisca alle mie voglie,
Gli ho promesso che lei sarà sua moglie.
Ernesto. Flaminia sarà mia?
Ecclitico. E mia sarà Clarice.
Oggi ciascun di noi sarà felice.
Le macchine son pronte;
Son pronti i giuochi, i suoni, i balli e i canti,
Cose che pareran prodigi o incanti.

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Ernesto. Ed io, per esser pronto,

A sostener la mia caricatura,
Vado tosto a cambiar spoglie e figura. (parte

SCENA II.

Ecclitico e Bonafede che dorme.

Ecclitico. Bonafede ancor dorme:

Tempo è di risvegliarlo.
Con questo sal volatile.
Sciogliendo i spirti che fissati ha l'oppio.
In sè ritornerà. (gli pone un vasello sotto le narici
Bonafede.   Flaminia...
Ecclitico.   Ei chiama
La figliola fra il sonno e la vigilia.
Bonafede. Ehi, Clarice... Lisetta...
Ecclitico. Ora si va svegliando.
Bonafede.   Eh! dove sono?
(si alza bel bello
Ecclitico. Amico.
Bonafede.   Olà, chi siete?
Ecclitico. Che? non mi conoscete?
Non ravvisate Ecclitico?
Bonafede.   Voi quello?
Ecclitico. Sì; quel son io.
Bonafede.   Ma dove,
Dove, amico, siam noi?
Ecclitico. Dove la sorte tutti i beni aduna,
Nel bellissimo Mondo della Luna.
Bonafede. Eh! mi burlate?
Ecclitico.   E non ve ne accorgete
Dello splendor che fa più bello il giorno?
Dell’aria salutar che spira intorno?
Bonafede. È vero. Oh che bel giorno! 1

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Oh che aria dolcissima e soave!

Ecclitico. Mirate a’ vostri piedi
Dal bel terren fecondo
Nascer le rose e i gigli. (si vedono spuntar i fiori
Bonafede.   Oh che bel mondo!
Ecclitico. Udite il dolce canto
Degli augelli canori. (s’odono a cantar i rusignoli 1
Bonafede.   Oh che contento!
Son fuor di me, non so dove mi sia.
Ecclitico. Udite l’armonia
Ch’esce dagli arboscelli.
(Odesi un concertino principiato dai violini ed oboi in orcheatra, con le risposte de’ corni da caccia e fagotti dentro la scena.
Bonafede. Bravi, bravissimi!
Gli alberi in questo mondo
Suonan meglio dei nostri sonatori.
Ecclitico. Or vedrete ballar ninfe e pastori.
(escono Ballerini, quali intrecciano una bella danza
Bonafede. Oh che ninfe gentili! Oh che fortuna!
Oh benedetto il Mondo della Luna!
Ma sa l’imperatore
Ch’io qui son arrivato?
Ecclitico. È di tutto informato.
Bonafede. Andiamlo a ritrovar.
Ecclitico.   Non è permesso
Con quell’abito andar innanzi a lui,
S’egli non ve manda uno de’ sui.
Ma ecco i cavalieri
Con i paggi e i staffieri. Il gran monarca
Vi manda da vestir.
Bonafede.   Oh che bel mondo!

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SCENA III.

Quattro Cavalieri con Paggi e Staffieri, che portano abiti da travestire Bonafede, e detti.

Intanto che i Cavalieri cantano il coro, i Paggi levano le sue vesti a Bonafede, e lo vestono con gli abiti capricciosi da loro portati.

  Coro.

  Uomo (elice,
  Cui goder lice
  Di questo mondo
  L’alta beltà,
  L’imperatore,
  Per farvi onore,
  Prove vi manda
  Di sua bontà.

Ecclitico.
Bonafede.
a due

Il Ciel lo guardi
     Sempre d’affanni;
     Viva mill’anni
     Con sanità.

4 Cavalieri

Or che vestito
     Siete, e pulito.
     Andar potrete
     Da sua Maestà.

  Tutti.

  Il Ciel lo guardi
  Sempre d’affanni;
  Viva rnill’anni
  Con sanità. (partono i Cavalieri, Paggi e Staffieri
Bonafede. Come avrò a contenermi?
Quante gran riverenze avrò da fare?
Ecclitico. Il nostro buon monarca
Non vuol adulatori. Egli è un signore
Ch’è tagliato alla buona, e di buon core.

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Bonafede. Andiam, non vedo l’ora di vederlo.

Ma quanto in anticamera
Aspettar ci farà?
Ecclitico. Qui in anticamera
Sospirar non si sente, o bestemmiare.
Ognuno puoi entrare,
Ognuno puoi andar dal suo sovrano,
E può baciargli il piè, nonchè la mano.
Ma restate, che or io
Anderò ad avvisarlo;
Egli ha tanta bontà,
Che per farvi piacer, qui venirà.
Bonafede. E la mia cameriera, e le mie figlie,
Non verranno con noi?
Ecclitico. Sì, sì, verranno poi;
Anzi le nostre donne
Han jus particolare a questo impero;
Perchè va con la luna il lor pensiero.
  Voi lo sapete
  Come son fatte:
  Ora vezzose,
  Tutte amorose;
  Ora ostinate,
Fiere arrabbiate.
  Che? Non è vero?
  Sono lunatiche,
  Oh signor sì.
  Mutan figura,
  Mutan pensiere;
  Son per natura
  Poco sincere.
  Certo, credetemi,
  Che l’è così2.

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SCENA IV.

Bonafede solo.

Parmi che dica il vero; anzi Lisetta

Ora è meco amorosa, or sdegnosetta.
Ma s’ella qui verrà,
Forse si cangerà. Ben mi ricordo
Del bellissimo caso
Della donna menata per il naso.

SCENA V.

Si alza il ponte lavatore, e vedesi in fondo della Scena un carro trionjale, tirato da sei Uomini bizzarramente vestiti, con sopra il carro Cecco, vestito da Imperatore, e a’ piedi del medesimo Ernesto, vestito all’eroica, con una stella in fronte. Bonafede osserva con meraviglia.
A suono di sinfonia s’avanza il carro, e giunto alla metà della scena, lo fermano; Ernesto scende ed aiuta a scender Cecco con affettata sommissione.
Bonafede. Umilmente m’inchino

A Vostra Maestà.
Cecco.   Chi siete voi,
Che indrizza i suoi saluti
Alla maestà nostra, e non a noi?
Bonafede. Perdoni; io fo all’usanza
Del mondo sublunar dove son nato.
Cecco. Sì, sì, sono informato,
Che là nel vostro mondo
Trionfa l’albagia,
Nè di titoli mai v' è carestia.
Bonafede. Dice ben... Ma che vedo!
Quivi il signor Ernesto?
Ernesto.   V’ingannate.
Io stella sono, ed Esperò m’appello;

SCENA IV.

Bonafede solo.

Parmi che dica il vero; anzi Lisetta

Ora è meco amorosa, or sdegnosetta.
Ma s’ella qui verrà,
Forse si cangerà. Ben mi ricordo
Del bellissimo caso
Della donna menata per il naso.

SCENA V.

Si alza il ponte lavatore, e vedesi in fondo della Scena un carro trionjale, tirato da sei Uomini bizzarramente vestiti, con sopra il carro Cecco, vestito da Imperatore, e a’ piedi del medesimo Ernesto, vestito all’eroica, con una stella in fronte. Bonafede osserva con meraviglia.
A suono di sinfonia s’avanza il carro, e giunto alla metà della scena, lo fermano; Ernesto scende ed aiuta a scender Cecco con affettata sommissione.
Bonafede. Umilmente m’inchino

A Vostra Maestà.
Cecco.   Chi siete voi,
Che indrizza i suoi saluti
Alla maestà nostra, e non a noi?
Bonafede. Perdoni; io fo all’usanza
Del mondo sublunar dove son nato.
Cecco. Sì, sì, sono informato,
Che là nel vostro mondo
Trionfa l’albagia,
Nè di titoli mai v' è carestia.
Bonafede. Dice ben... Ma che vedo!
Quivi il signor Ernesto?
Ernesto. V’ingannate.
Io stella sono, ed Esperò m’appello;

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E quando il cielo imbruna,

Esco primiero a vagheggiar la luna.
Sortito avrà l’influsso,
Quel ch’Ernesto s’appella,
Dalla costellazion della mia stella.
Bonafede. Io non so che mi dir; voi tutto Ernesto
Certo rassomigliate.
Cecco. Non vi meravigliate,
Chè nella nostra Corte abbiamo noi
Un buffon che somiglia tutto a voi.
Bonafede. Grazie a vostra bontà del paragone;
Ma io, per dirla a lei, non son buffone.
Cecco. Eppur nel vostro mondo
Chi sa far il buffon, è fortunato.
Bonafede. Cappari! egli è informato.
Cecco.   Or che vi pare?
Vi piace il nostro mondo?
Bonafede.   In fede mia
A chi un mondo sì bel non piaceria?
Ma per esser contento,
Una grazia, signor, ancor vi chiedo.
Cecco. Chiedete pur, ch’io tutto vi concedo.
Bonafede. Ho due figlie e una serva,
Vorrei...
Cecco.   V’ho già capito,
Le vorreste con voi.
Andrà, per consolarle,
Una stella cometa ad invitarle.
Bonafede. Ma le stelle comete
Portan cattivo augurio.
Cecco.  Fonte/commento: ec Oh, gente pazza
Del mondo sublunar! poichè le stelle
Conoscer pretendete,
E voi stessi laggiù non conoscete.
Bonafede.   Ha ragion, ha ragion, non so che dire.

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Cecco. Io le farò venire,

Ma però con un patto,
Che vuò, senza recarvi pregiudizio,
La vostra cameriera al mio servizio.
Bonafede. Ma, signor...
Cecco.   Già lo so
Che siete innamorato
In quei begli occhi suoi,
Ma questa volta la vogliam per noi.
Bonafede. Dunque lei l’ha veduta?
Cecco.   Signor sì.
Una macchina abbiamo,
Da cui spesso vediamo
Quel che si fa laggiù nel basso mondo;
E il piacer più giocondo
Che aver possano i nostri occhi lunari,
È il mirar le pazzie dei vostri pari.
  Un avaro suda e pena,
  E poi crepa, e se ne va.
  Un superbo senza cena
  Vuol rispetto, e pan non ha.
  Un geloso è tormentato,
  Un corrente è criticato.
  Quasi tutti al vostro mondo
  Siete pazzi in verità.
  Chi sospira per amore,
  Chi delira per furore,
  Chi sta bene, e vuol star male,
  Chi ha gran fumo, e poco sale;
  Al rovescio tutto va.
  Siete pazzi in verità.
(sale nel suo carro, e parte col seguito

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SCENA VI.

Bonafede ed Ernesto.

Ernesto. Voi avete due figlie?

Bonafede.   Signor sì.
Ernesto. Fanciulle, o maritate?
Bonafede.   Son ragazze,
E non ho ancora lor dato marito,
Perchè non ho trovato un buon partito.
Ernesto. Avete fatto ben. Nel vostro mondo
Due cattivi mezzani
Soglion far qualche volta i matrimoni:
Uno è il capriccio, e l’altro è l’interesse.
Dal primo ne provien la sazietà,
Dal secondo la nera infedeltà.
Bonafede. Vussignoria favella
Come appunto parlar deve una stella.
Ernesto. Qui non v’è alcun che dica
Di morir per l’amata;
Non v’è alcun che sia fido ad un’ingrata.
Non vedrete chi voglia
Nella tasca portar ampolle o astucci
Con balsami o ingredienti,
Utili delle donne ai svenimenti.
Bonafede. Ma se svien una donna,
Come la soccorrete?
Ernesto.   Accostumiamo
Una corda portare, e quando fanno
Tali caricature,
Le faccian rinvenir con battiture.
Bonafede. Questo, per vero dire,
È un perfetto elisire.
Ernesto. È un elisir che giova;
E credetelo a me, che il so per prova.

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  Qualche volta non fa male

  Il contrasto ed il rigore.
  Sempre pace, sempre amore,
  Fa languire anco il piacer.
  Quando poi cessa lo sdegno,
  Sente il cor maggior diletto;
  Più vigor prende l’affetto,
  E moltiplica il goder.

SCENA VII.

Bonafede solo, e varie persone di dentro che forman l’Eco.

Bonafede. Io resto stupefatto:

Questo è un mondo assai bello, assai ben fatto.
Cantan sì ben gli augelli;
Suonano gli arboscelli;
Ognun balla, ognun gode;
Ognun vive giocondo.
Oh che mondo felice! oh che bel mondo!
Me lo voglio goder. Vuò andar girando
Per questa, ch’esser credo
La principal città.
Non so s’abbia d’andar di là, o di qua.
(l'Eco risponde da varie parti
Eco. Di qua, di qua, di qua.
Bonafede. Oh questa sì ch’è bella!
Ognuno a sè mi appella,
E mi sento a chiamar di qua e di là.
Eco. Di là, di là, di là.
Bonafede. E siam sempre da capo.
Vorrei venire, e non vorrei venire;
Sono fra il sì ed il no.
Eco. No, no, no, no, no, no.
Bonafede. No di qua, no di là.

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Dunque resterò qui,

Sempre fermo così.
Eco. Sì, sì, ri, sì, sì, sì.
Bonafede. Ah, ah, v’ho conosciuto,
Signor eco garbato.
Oh che piacer giocondo!
Oh che spasso, oh che spasso! oh che bel mondo!
  Che mondo amabile,
  Che impareggiabile
  Felicità!
  Gli alberi suonano,
  Gli augelli cantano,
  Le ninfe ballano,
  Gli echi rispondono,
  Tutto è godibile,
  Tutto è beltà.
  Che mondo amabile,
  Che impareggiabile
  Felicità! (parte

SCENA VIII.

Ecclitico e Lisetta condotta da due, con gli occhi bendati.

Lisetta. Dove mi conducete?

Siete sbirri, sicari, o ladri siete?
Ecclitico. Levategli la benda,
Or che la fortunata
A questo nostro mondo è già arrivata.
(gli levano la benda
Lisetta. Ohimè, respiro un poco.
Ecclitico. Bella ragazza, io gioco,
Che adesso dove siate
Voi non v’immaginate.
Lisetta.   E che volete,

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Caro signor Ecclitico, ch’io sappia?

Dormiva ancor nel letto,
Allorchè son venuti
Quei marioli cornuti:
M’hanno bendati gli occhi,
M’hanno condotta via,
E adesso non so dir dove mi sia.
Ecclitico. Lisetta, avete avuta la fortuna
D’esser passata al Mondo della Luna.
Lisetta. Ah, ah, mi fate ridere;
Non sono una bambina
Da credere a sì fatte scioccherie.
Ecclitico. Delle parole mie
Voi la prova vedrete,
Quando sposa sarete
Del nostro imperatore,
Che pel vostro bel viso arde d’amore.
Lisetta. La favola va lunga.
Il padrone dov’è?
Ecclitico.   Morto si finse,
Ma nel mondo lunare egli è passato,
E anch’io dopo di lui sono arrivato.
Lisetta. Caro signor lunatico,
Non mi fate adirar. Per qual cagione,
Ditemi, uscir di casa mi faceste?
Ecclitico. Di casa usar credeste;
Ma dal balcon passata,
Foste qui da una nuvola portata.
Lisetta. Orsù, tali pazzie soffrir non voglio;
Vuò saper dove tende quest’imbroglio.
Ecclitico. Ecco il vostro padrone:
Domandatelo a lui, che lo saprà.
Io vado a ritrovar sua maestà. (parte

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SCENA IX.

Lisetta, poi Bonafede.

Lisetta. Quello è il padrone. È lui.

Non capisco la sua caricatura.
Oh che moda graziosa! oh che figura!
Bonafede. Lisetta, oh ben venuta.
Tu ancor sei qui con noi?
Fortunata davver chiamar ti puoi.
Lisetta. Ma dove siam?
Bonafede.   Nel Mondo della Luna.
Lisetta. Mi volete ingannar?
Bonafede.   No, te lo giuro.
Questo è il mondo lunar, te l’assicuro.
Lisetta. Adunque sarà vero
Che una nuvola qui m’avrà portata.
Bonafede. Sei stata fortunata.
Perch’io ti porto amore,
Sei venuta a goder sì grande onore.
Lisetta. Ma qui che far dovrò?
Bonafede. Quello che devi far, t’insegnerò.
Tu devi voler bene al tuo padrone.
Lisetta. E non altro?
Bonafede.   Tu devi
Fargli qualche carezza!
Lisetta. Lo sapete, signor, non sono avvezza.
Bonafede. Credi forse che qui
Si faccian le carezze
Con la malizia che si fan da noi?
Qui ognuno si vuol ben con innocenza,
E sbandita è quassù la maldicenza.
Lisetta. Oh, se fosse così, saria pur bello
Questo mondo lunar!
Bonafede.   Credilo, è tale.

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Lisetta. Questo mi piace assai.

Bonafede.   Vien qua, Lisetta,
Dammi la tua manina.
Lisetta.   Oh signor no!
Bonafede. Perchè?
Lisetta.   Perchè non so
Se nel vostro operar vi sia tristizia.
Bonafede. Eh, qui tutto si fa senza malizia.
Lisetta. Quand’è così, prendete.
Bonafede. Oh cara mano!(la stringe
Lisetta. Piano, signore, piano.
Voi me l’avete stretta sì furioso,
Che mi parete alquanto malizioso.
Bonafede. Io sono innocentino,
Credi, Lisetta mia, come un bambino.
Lisetta. (Che caro bambinello!
Egli è tanto innocente, quanto è bello).
Bonafede. Che dite? ch’io son bello?
Lisetta.   Signor sì.
Quando lo dite voi, sarà così.
Lisetta. (E pazzo più che mai).
Bonafede.   Via, Lisettina,
Datemi un abbraccino...
Lisetta.   Oh questo no.
Bonafede. Senza malizia già v’abbraccerò.
Lisetta. Quando fosse così...
Bonafede.   Così sarà.
Lisetta. Non mi fido.
Bonafede.   Pietà.
Lisetta. Se pietà mi chiedete,
Malizioso voi siete.
Bonafede. Ah, malizia non ho.
Lisetta. Ma cos’è quel sospiro?
Bonafede.   Non lo so.
  Non aver di me sospetto,

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  Malizioso io non ho il core.

Lisetta.   Vi conosco, bel furbetto,
  Malizioso è il vostro amore.
Bonafede.   Non è ver.
Lisetta.   Non me ne fido.
Bonafede.   Son pupillo.
Lisetta.   Io me ne rido.
Bonafede.   Via, carina, - una manina.
Lisetta.   No, non voglio.
Bonafede.   Oh crudeltà!
  Come fo alla mia cagnina,
  Le carezze io ti farò.
Lisetta.   Ed io qual da una gattina,
  Le carezze accetterò.
Bonafede.   Vieni, o cara barboncina.
Lisetta.   Vieni, o bella piccinina.
Bonafede.   Vien da me, non abbaiar.
Lisetta.   Frusta via, mi vuoi graffiar.

SCENA X.

Cecco nell’abito di finto Imperatore, con seguito; poi Bonafede e Lisetta.

Cecco. Olà, presto, fermate

Bonafede e Lisetta.
Dite che il loro imperator li aspetta.
(partono due Servi
Vuò procurar, fin che la sorte è amica,
Il premio conseguir di mia fatica.
Bonafede. Eccomi a’ cenni vostri.
Lisetta.   Oh! cosa vedo?
Cecco è l’imperator?
Cecco.   Lisetta, addio.
Lisetta. Ti saluto: buon dì, Cecchino mio.

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Bonafede. Sei pazza? Cosa dici

Al nostro imperatore?
Lisetta. Pazzo sarete voi:
Ci conosciamo bene fra di noi.
Cecco. Bella, Cecco non son, ma vostro sono.
Olà, s’innalzi il trono.
Lisetta, vezzosetta e graziosina,
Ti voglio far lunatica regina.
(dalla parte laterale esce un trono per due persone
Bonafede. (Io non vorrei che il nostro imperatore
Mi facesse l’onore
Di rapirmi Lisetta).
Cecco.   E ben, che dite?
Ecco il trono per voi, se l’aggradite.
Lisetta. Il trono? Ohimè, non so;
Sono fra il sì ed il no.
Cotante cose stravaganti io vedo,
Che dubito di tutto, e nulla credo.
Cecco. Eh via, venite in trono,
Se vi piace il mio volto.
Sia Cecco, o non sia Cecco,
Che cosa importa a voi?
Dopo ci aggiusteremo fra di noi.
Lisetta. È questa una ragion che non mi spiace.
Vengo. (s’incammina verso il trono
Bonafede.   Dove, Lisetta?
Lisetta. A ricever le grazie
Del nostro imperatore,
Giacch’egli mi vuol far sì bell’onore.
Bonafede. Come! non ti vergogni?
Non hai timore della sua tristizia?
Lisetta. Eh, qui tutto si fa senza malizia.
Bonafede. Lisetta, bada bene.
Lisetta.   È innocentino
Il nostro imperator, come un bambino.

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Cecco. Aspettar più non voglio.

Presto, venite al soglio.
Lisetta.   Dunque lei...
Cecco. Sì, mia cara, son vostro, se volete.
Lisetta. Lei è mio... Ma se poi... ma s’io non sono...
Non so quel che mi dica.
Cecco.   Al trono, al trono.
Lisetta.   Se lo comanda, ci venirò.
  Signor padrone, cosa sarà?
  Imperatrice dunque sarò?
  Oh fosse almeno la verità!
  Sento nel core
  Certo vapore
  Che m’empie tutta di nobiltà.
  Che bella cosa l’esser signora,
  Farsi servire, farsi stimar!
  Ma non la credo, ma temo ancora,
  Ah, mi volete tutti burlar.
  Voglio provarmi, cosa sarà?
  Ah, fosse almeno la verità!
(Cecco dà braccio a Lisetta, e frattanto che si fa il ritornello
dell'aria, la conduce in trono.

Bonafede. Eccelso imperator, la fortunata
Solo Lisetta è stata.
Le povere mie figlie
Ancor non hanno avuta la fortuna
Di venire nel Mondo della Luna.
Cecco. Un araldo lunare ha già recato
Che in viaggio sono, e che saran fra poco
Ancor esse discese in questo loco.
Bonafede. Perchè dite discese, e non ascese?
Per venire dal nostro a questo mondo,
Signor, si sale in su.
Or perchè dite voi: scendono in giù?
Cecco. Voi poco ne sapete. Il nostro mondo,

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Come un pallon rotondo,

Dal cielo è circondato;
E da qualunque lato
Che l’uom verso la luna il cammin prenda,
Convien dir che discende, e non ascenda.
Bonafede. Son ignorante, è ver, ma mi consolo,
Che se tale son io, non sarò solo.
Cecco. Allegri, o Bonafede,
Che la coppia gentil scender si vede.

SCENA XI.

A suon dì sinfonia vengono in macchina Flaminia e Clarice. Bonafede le aiuta a scendere; Cecco e Lisetta restano in trono, e frattanto sopraggiungono Ernesto ed Ecclitico.

Bonafede. Figlie, mie care figlie,

Siate le benvenute. Ah, che ne dite?
Bella fortuna aver un genitore
Dello spirito mio,
Ch’abbia fatto per voi quel ch’ho fatt’io!
Lunatiche ora siete;
Un mondo goderete
Pieno di cose belle,
Splenderete quaggiù come due stelle.
Flaminia. Molto vi devo, o padre.
Un uom saggio voi siete,
Di politica assai voi ne sapete.
Clarice. Si vede certamente,
Che avete una gran mente.
Siete un uom virtuoso senza pari;
Cedon gli uomini a voi famosi e chiari.
Bonafede. Inchinatevi tosto
Al nostro imperatore;
Grazie rendete a lui di tanto onore.

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Flaminia. Ma colei è Lisetta.

Bonafede. Che volete ch’io dica?
Colei è la felice
Del Mondo della Luna imperatrice.
Clarice. Oh fortunata invero!
Mentre quel della luna è un grande impero.
Flaminia. Monarca, a voi m’inchino.
Cecco. Manco male, che voi
Vi siete ricordata alfin di noi.
Flaminia. Perdon io vi dimando,
E alla vostra bontà mi raccomando.
Cecco. Olà, Espero, udite: (ad Ernesto
Questa bella servite.
Conducetela tosto alle sue stanze,
E insegnatele voi le nostre usanze.
Ernesto. Obbedito sarete.
Bonafede. Ehi, ehi, fermate.
Signor, le figlie mie
Con gli uomini non van da solo a sola.
Cecco. In questo nostro mondo
Le femmine ci van pubblicamente,
E non lo fanno mai secretamente.
Bonafede. È ver, non parlo più.
Flaminia. Contenta io vado,
Giacchè il mio genitor non se ne lagna,
Con Espero gentil che m’accompagna.
  Se la mia stella
  Si fa mia guida,
  Scorta più fida
  Sperar non so.
  Al suo pianeta
  Contrasta invano
  Quel labbro insano
  Che dice no. (parte, servita da Ernesto

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SCENA XII.

Cecco e Lisetta in trono; Bonafede, Ecclitico e Clarice.

Clarice. Mia sorella sta bene,

Ed io cosa farò?
La mia stella ancor io non troverò?
Cecco. Ecclitico, che siete
Del mio trono lunar cerimoniere,
Con Clarice gentil fate il bracciere.
Ecclitico. Prontamente obbedisco.
Bonafede.   Eh no, non voglio
Che mia figlia da un uom sia accompagnata.
Cecco. L’usanza è praticata
Ancor nel vostro mondo,
Ma si serve da noi sol per rispetto,
E non lo fanno qui con altr’oggetto.
Bonafede. Taccio, non so che dir.
Clarice.   Vado contenta
A contemplar d’appresso
Le lunatiche sfere
Col lunatico mio cerimoniere.
  Quanta gente che sospira
  Di veder cos’è la luna,
  Ma non hanno la fortuna
  Di poterla contemplar.
  Chi non vede,
  Il falso crede;
  Ciaschedun saper pretende.
  Più che studia, manco intende,
  E si lascia corbellar. (parte, servita da Ecclitico

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SCENA XIII.

Bonafede, Cecco e Lisetta in trono.

Lisetta. Ed io son stata qui

Con poca conclusione,
Come una imperatrice di cartone.
Cecco. Mia bella, eccomi a voi. (si alza
Vi voglio incoronare,
E nello stesso tempo anco sposare.
Lisetta. Ringrazerò la vostra cortesia.
Bonafede. (E pur sento un tantin di gelosia).
Cecco. Olà, vengano tosto
Le insegne imperiali,
E si facciano i gran cerimoniali.

SCENA XIV.

Ecclitico con Cavalieri e Servi che portano scettro e corona per incoronare Lisetta; e detti.

Ecclitico. Ecco già preparato

Per la pompa real l’alto apparato.
(La orchestra suona il ritornello del quartetto, e intanto Cecco fa la incoronazione di Lisetta; poi scendono dal trono.
Cecco.   Mia principessa,
  Mia monarcbessa,
  Tutto vi dono
  Lo scettro e il cor.3
Lisetta.   Grazie vi rendo
  Del vostro favor.
Ecclitico.   Di cor mi consolo
  Con vostra Maestà.

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Lisetta.   Vi sono obbligata

  Di tanta bontà.
Bonafede.   Anch’io mi rallegro,
  Signora Maestà.
Lisetta.   Vi sono obbligata
  Di tanta bontà.
Ecclitico.   Deh lasci che almeno... (gli vogliano baciar la mano
Bonafede.   Mi dia permissone...
Lisetta.   Prendete, tenete.
  Son tutta bontà. (dà loro la mano

Bonafede. a tre (Evviva mill’anni
La nostra Maestà.
Ecclitico.
Cecco.
Cecco.   Cara, v’abbraccio.

Lisetta.   Senza malizia. (abbraccia Cecco
Bonafede.   Ed a me niente?
Lisetta.   Senza malizia. (abbraccia Bonafede
Eccutico.   Sono innocente.
Lisetta.   Senza malizia. (abbraccia Ecclitico
  Tutti.
  Oh che bel mondo!
  Bella innocenza!
  Viver giocondo!
  Caro piacer!
Cecco.   Sposa diletta.
Lisetta.   Caro mio sposo.
Eccutico.   Oh benedetta!
Lisetta.   Siete grazioso.
Bonafede.   Ed a me niente?
Lisetta.   Sì, buona gente:
  Tutta di tutti,
  Senza malizia,
  Sempre sarò.

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  Tutti

  Senza malizia,
  Senza tristizia,
  Sempre amerò.
  Bello è l’aniare,
  Senza bramare
  Quello che avere
  Già non si può.
  Senza malizia,
  Senza tristizia,
  Sempre amerò.


Fine dell'Atto Secondo.


Segue il Ballo, nel quale ad imitazione dell’incoronazione seguita dell’Imperatrice della Luna, si fa l’incoronazione di Diana, sposata da Endimione, col seguito di Ninfe e di Pastori del mondo lunare, da’ quali per allegrezza della loro Sovrana si formano varie graziose danze.


Note

  1. Zatta: rosignoli.
  2. Zatta: Ch’ell’è così.
  3. Così Zatta. Nelle stampe precedenti: ed il cor.