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Il nemico (Oriani)/Parte terza/I

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Parte terza Parte terza - II

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I.

Quella notte sulle dieci Loris dovette cenare col principe nel salotto azzurro di Tatiana; ella li aveva fatti invitare dal maggiordomo, e il principe si era affrettato a parlarne con Loris. Questi, ridivenuto padrone di sè medesimo, ascoltò colla massima freddezza le sue spiegazioni.

— Non sareste malcontento, gli si rivolse, che qualcuno l’umiliasse.

Il principe titubò.

— Quella donna è la fine della vostra vita. Adesso, nell’impossibilità di farvi amare da lei, non vi resta che l’amore di un altro, il quale la spezzi, per possederla almeno in frantumi. Ma voi non l’amate abbastanza per aspettare di ottenerla così.

Il volto del principe esprimeva un’angoscia umiliata. [p. 178 modifica]

— Vi ho indovinato come la prima volta. Avreste dovuto soggiogarla, perchè la donna è nata schiava; può preferire un amante, ma soggiacerà sempre ad un padrone.

— Voi non avete dunque le idee correnti sull’emancipazione della donna?

Loris alzò le spalle.

— Ogni vittoria è maschile. Se avessimo ucciso lo Czar, ne avreste rivelato il segreto a vostra moglie per ingigantirvi nella sua fantasia; non è vero? Ebbene, ella vi avrebbe invece creduto un vile assassino, e vi avrebbe denunciato.

— Voi non conoscete l’alterezza del suo carattere.

Il principe si era alzato nervosamente guardando Loris. Tutta la segreta ambizione della sua vita si era infranta nella volontà di quel giovane, che sembrava sfuggire alle crudeli necessità delle passioni, nelle quali si consumano le anime più forti.

— Ella vi subirà, mormorò il principe.

Loris aspettò.

— A voi non sfuggirà quello che le manchi. Lasciate che mi confessi con voi, seguitò con voce quasi umile, voi siete qui il mio superiore, l’unico uomo, al quale possa dire un segreto, di cui tutti riderebbero. Voi, che non amate e non volete essere amato, potrete facilmente scoprire nell’imbroglio di una passione il suo segreto micidiale, come un medico legge fra i sintomi di una malattia quale ne sia la causa. [p. 179 modifica]

— E quando pure lo indovinassi?

— Mi aiuterete. Io sono vecchio, anche più di quanto lo sembri. Vi farò entrare nel Comitato Esecutivo, del quale v’impadronirete in pochi giorni, mentre io non vi sono riuscito in cinque anni. Avete ragione: la politica non sopporta altre passioni, bisogna amarla per sè stessa rinunciando a tutto per mettersi al disopra di tutti. Io non lo posso; sento che per Tatiana sarei pronto a dimenticare tutto. Vedete; da che sono ritornato, non mi riconosco più lo stesso uomo. Quando poco fa la stringevo svenuta fra le braccia, mi è sembrato per un momento che morisse, e ho provato l’angoscia del vuoto eterno.

— Non odiate più nemmeno lo Czar?

Gli occhi del principe rifiammeggiarono.

— Quell’uomo, esclamò, ha potuto non amarla! La sua profondità di bruto supera quella stessa dello spirito.

— L’avreste ucciso, se ella lo avesse amato?

— Sì, ma non si amarono: ecco il mistero. Potevo uccidere lo Czar; e poi? Gli ha ella ceduto in quel colloquio? Vi ho pensato spesso, spogliandomi di ogni qualità di marito, e non sono giunto a decidermi per alcuna soluzione. Odio istintivamente quell’uomo; eppure non sono certo di credere che sia stato l’amante di mia moglie. Ella da quel giorno fu impenetrabile d’indifferenza; se ha voluto lo Czar ai propri piedi, o non le riuscì o non le basterebbe più. [p. 180 modifica]Adesso la vita di Tatiana è spezzata come la mia. Nulla al mondo l’interessa; la solitudine del suo orgoglio è l’ultimo impero, che le rimane.

Loris si era fatto pensieroso. Quella confessione del principe, così nobilmente umile davanti a lui, gli mostrava un nuovo aspetto della natura umana, mettendogli nell’anima un sottile senso di paura. Che cosa era dunque questa passione di amore, che riempiva tutta la vita di un vecchio, al quale la fatalità della rivoluzione si era pure rivelata da molti anni? Quanti uomini avevano in cuore altre passioni individuali, e dimenticavano quindi, o dimenticherebbero poi, le supreme esigenze della rivoluzione? Dopo quell’attentato fallito, nel quale tutte le Russie avrebbero potuto rinnovarsi, ecco che ritrovava da capo la vita ordinaria colle sue passioni effimere ed assolute, perchè gl’individui devono inevitabilmente preferire sè stessi a tutto il resto.

Il principe sembrava ricaduto in una meditazione.

Tatiana entrò nel salotto, ove l’attendevano da mezz’ora. Era vestita di un casimiro nero, senza nè ricami nè sbuffi; il corsetto attilato rivelava tutta la superba bellezza del suo busto, dandole col solino dritto e rigido un’aria anche più imperiosa alla testa. Era pettinata alla greca, bizzarramente, coi capelli attorcigliati sulla nuca, e gonfi a riccioli sulla fronte. Dal collo alto e sottile le scendevano tre o quattro fila di coralli ardentemente rossi su [p. 181 modifica]tutto quel nero, e un grosso brillante le sfolgorava all’anulare della mano destra, lunga, sottile e bianca.

Accettò la presentazione di Loris senza notare la falsità del suo cognome; quindi sedette invitandoli col gesto. Il tavolo era rotondo. Loris le stava quasi di fronte, per qualche momento la conversazione non fu possibile. Malgrado la propria freddezza Loris non poteva a meno di trasalire guardando il volto bianco di Tatiana, che si dorava ai riverberi dei capelli, mentre negli occhi ingranditi dalla malattia le tremolava un dolore indefinibile. Con quell’abito nero, sotto al quale il seno piuttosto basso, forse libero da ogni busto, le disegnava una curva molle, resa più voluttuosa dagli angoli acuti delle spalle, pareva anche più magra. Le maniche strette le modellavano le braccia esili, animate tratto tratto dalla nervosità delle mani.

Stava seduta rigidamente, colla testa inclinata a sinistra.

Il principe la serviva con attenzioni affettuose di padrino.

Ella guardava Loris, ma questi, deciso a non parlare pel primo, affettava il contegno riservato di un gentiluomo alla tavola rotonda di un grande albergo.

Finalmente il principe potè annodare la conversazione sui soliti nonnulla. Parlarono di Mosca, di Pietroburgo, della vita russa in campagna, di tutte quelle notizie volgari, che riempiono i giornali e i salotti delle signore. [p. 182 modifica]

Il principe raccontava le proprie impressioni della neve in quell’ultimo viaggio.

— È una rivelazione dell’infinito, disse Tatiana, quel bianco, che nulla può macchiare o esaurire nelle nostre steppe. L’anima russa vi ha attinto forse la sua massima virtù.

— Quale? chiese Loris.

— La pazienza.

— Forse per ciò nessun poeta russo ha saputo cantare l’inverno: la pazienza non può essere che del popolo.

— Se il popolo rimase paziente nella forza del proprio numero, perchè un individuo non lo diventerebbe nella grandezza della propria passione?

Il principe aspettava la risposta, Loris sorrise.

— La passione, aspettando, confessa a sè medesima la propria debolezza, e soccombe generalmente a questa rivelazione. Quando l’orso è davvero affamato, lascia l’agguato per rimettersi in caccia.

— Questa potrebbe riuscirgli molto meno sicura, osservò il principe. Avete mai cacciato l’orso, Loris?

— Non ebbi che fanciullo uno scontro coi lupi nella foresta di Kourlak.

— Quella del tuo castello, Tatiana: la conoscete bene, Loris?

— Me ne rammento ancora, ma la principessa avrà seguitato a cacciarvi, e la ricorderà meglio di me. [p. 183 modifica]

— Non la dimenticherò mai, ribatto Tatiana portandosi la mano al seno, e fingendo di accarezzarsi i coralli rossi per dissimulare il tremito delle mani. Vi sono certe prime impressioni, che rimangono indimenticabili come un delitto.

— Infatti solo i grandi delinquenti sanno scordarsi dei propri crimini, e questo loro oblìo è forse la sfida più temeraria, che un uomo possa gittare a tutte le leggi. Voi, principe, che siete senatore, ne avrete forse conosciuto qualcuno di questi grandi uomini, che fanno della propria galera una Sant’Elena, o salgono al patibolo come ad un trono. Qualunque sia il giudizio, che la società è costretta a portare sovra di essi, bisogna confessare che la ribellione della loro volontà è una delle glorie più altere del carattere umano.

— Non credete ai loro rimorsi? replicò Tatiana prevenendo il principe e scrutando il volto di Loris, che si nascondeva dietro il velo sottile di una allegria da tavola.

Quella battaglia di allusioni al passato, inintelligibile al principe, le aveva già messo nell’anima un orgasmo pieno di trepidazione.

— Almeno non ne mostrano, ma è difficile sapere se il delinquente creda di aver torto. Le nostre idee del bene e del male secondo i codici non sono quelle di tutti gli uomini; fra cento delitti, forse almeno in novanta, colui che li commise, giudicò allora di aver ragione, o se li permise come un compenso alle proprie sofferenze. [p. 184 modifica]Naturalmente la società non può accettare questi conti, e costretta a difendersi immobilizza o sopprime il delinquente, che in questo caso si considera piuttosto vinto che colpevole. Ecco perchè la maggior parte dei delinquenti mostrano davanti alla morte il medesimo coraggio degli eroi.

— Così voi togliete alle vittime l’estrema consolazione di credere che la loro superiorità morale si riveli agli assassini più umiliante di tutte le condanne.

In quel momento un servo recava entro un vassoio d’argento un gelato a piramide, sul quale era piantata una larga paletta d’oro dal manico attorcigliato.

— Dite dunque alla principessa, voi magistrato, che le vittime hanno sempre torto di essere tali, o perchè la natura le gettò sul sentiero dei più forti, o perchè nella loro ingenua vanità pretesero di combatterli. Guardate questa verità nella zona più frivola della vita: chiunque, non sapendo farsi amare, fu respinto o tradito malgrado tutta la sincerità della propria passione, non potrà mai ottenere compensi alle proprie pene se non innamorando con una seconda trasformazione il proprio avversario.

Il principe a questa allusione ironica sussultò; Tatiana aveva perduta la prima disinvoltura, e teneva gli occhi bassi, ma sentendosi quelli del principe sopra li alzò macchinalmente. Una contrazione quasi invisibile di dolore le animava la [p. 185 modifica]bocca, mentre l’altro la guardava, trepidando sotto quello scherno di Loris, che li riavvicinava. Ma Tatiana in questa nuova umiliazione sentiva come una dolcezza inesprimibile evaporare da tutto il suo essere di donna, e confondersi coll’amore del principe. Una bianchezza luminosa le passò sulla faccia, allorchè alzando gli occhi verso Loris coll’indefinibile umiltà degli innocenti, che soffrono, gli rispose in un murmure:

— L’amore reietto diventa così nella creatura amore divino.

Poi la conversazione cadde.

Quando Tatiana si levò da tavola per passare nell’altro salotto, Loris tardò abbastanza perchè il principe dovesse offrirle il braccio. L’accento sottomesso di Tatiana in quel primo scontro gli aveva dato un compiacimento di superbia, nel quale vibravano già alcune note voluttuose. Malgrado tutti i propositi non aveva potuto schermirsi da un senso di viva ammirazione contemplando quella fragile ed altera bellezza di Tatiana, così dissimile dalla fanciulletta di un giorno, ora che una malattia forse inguaribile, isolandola tratto tratto nell’impotenza del sesso, aveva dato alla sua fisonomia una spiritualità dolorosa. Quella malattia era forse l’orma lasciata sovr’essa da Topine; Loris non potè dubitarne nemmeno un istante, e la sua stessa brutalità ne fu scossa. Quel martirio di tutta la vita era troppo per un fallo, che la storditezza della gioventù avrebbe dovuto scusare. [p. 186 modifica]

Ma la sventura, innalzando Tatiana sulle cime più pure dell’essere femminile, aveva raffinata la sua anima collo stesso esercizio dei santi, che lungi dai contatti del mondo cercano la vita nelle indicibili rivelazioni dell’ideale.

Un ricchissimo samovar d’argento fumava tenuamente sopra un tavolino. Il salotto era piccolo, tutto in legno come una cabina; molte pelli di orsi e di leoni pendevano alle pareti da grandi chiodi neri; sul pavimento di quercia a quadrelli un breve tappeto persiano dai colori smaglianti sembrava una fiorata. Nessun specchio. Un lume enorme a petrolio, in bronzo verde, sostenuto da una catena ardeva come un braciere; nell’angolo un pianoforte verticale nero, in quella chiarezza di tutto l’altro legno, diventava cupo come l’abito di Tatiana. Sedie e poltrone erano di modello americano a bastoni ricurvi, piegati a vapore, con una tela rada e fine di scorza.

La canzone del samovar saliva gorgogliando.

Loris si guardò attorno; se il salottino avesse oscillato si sarebbe creduto in alto mare.

Mentre Tatiana preparava il the, il principe fumava cogli occhi socchiusi; Loris imbarazzato da quella loro disattenzione cercò sulle pareti qualche oggetto, cui interessarsi. Non vide che il ritratto di un cavallo. Nell’aria caldissima passava il soffio continuo della bocca del calorifero cerchiata di ottone. Quando il the fu pronto, Tatiana ne portò la prima tazza al principe, trat[p. 187 modifica]tandolo così piuttosto da padre che da marito; poi venne coll’altra verso Loris colla fredda disinvoltura di una gran dama. Gli porse la tazza, e andò a sedersi presso il principe.

Un silenzio si appesantì nel salotto. In quel momento Loris pensava che se il principe Kovanski gli avesse concessa la mano di Tatiana, egli l’avrebbe amata forse per sempre, e la sua vita si sarebbe svolta signorilmente in un castello, fra l’amore di una famiglia e il rispetto di tutto il mondo. Ma subito un amaro orgoglio gli fece disprezzare quella visione di pace; il suo sguardo cadde su loro come una scudisciata.

— Quanto contate di restare al castello, principe? gli chiese con voce quasi imperiosa.

— Non lo chiederete già per lasciarci troppo presto: non è vero, Tatiana? Questa è forse la prima visita, che ricevi nell’anno.

— La principessa ne riceverà ancora; le grandi dame non fanno altro.

— Invece io sono sempre sola.

— Voi sola ne saprete la ragione. Generalmente il mondo lo si evita quando non si seppe conquistarlo; ma vi sono, aggiunse ironicamente, oltre i re decaduti quelli che ricusarono la corona.

— E gli uni e gli altri sono egualmente incomprensibili alla satira del volgo, osservò il principe.

— Il volgo satireggiando un re non s’abbandona ancora che al proprio corruccio di schiavo [p. 188 modifica]incapace di distruggere ciò che gli nuoce. Se ho consentito ad accompagnarvi qui, caro principe, speravo che non vi ci fermereste troppo a lungo: m’accorgo ora che avrei torto di togliervi alla felicità di questa solitudine.

— Perchè non riposereste qui voi stesso qualche tempo? La vostra grande opera non ne soffrirà; siete ancora nell’età, che permette le vacanze.

— Potrei chiedervi, signore, domandò Tatiana con voce aggressiva, quale è l’opera, cui vi siete votato?

— Perchè ve lo direi, principessa? A voi sembrerebbe assurda poichè l’amore non vi entra.

— Sareste per caso un nichilista? Oggi, aggiunse sorridendo, si trovano anche nella migliore società.

— Infatti, anche lo czarevich è sospettato di nichilismo: ma voi, principessa, rassicuratevi, io non credo abbastanza alla rettorica per essere un nichilista.

— Credete rettorica una setta, che ha ucciso uno czar?

— Forse appunto per questo. Alessandro II era così bello, che tutte le signore lo venerano oggi come un martire. Infatti lo è stato. La sua morte fu inutile anche a coloro che la vollero; credevano di uccidere un tiranno, e non ammazzarono che l’amante della principessa Dolgorouki.

— Voi sembrate scherzare su quell’orribile delitto. [p. 189 modifica]

— Ne trovo ridicoli gli autori, mentre voi giudicate un santo la vittima. Vedete bene che in due forniamo di quello czaricidio il giudizio più ortodosso.

Loris pronunziò queste parole con così sprezzante ironia, che Tatiana fremè. Da qualche momento ella ritrovava in lui gli accenti e gli atti imperiosi del fanciullo, quando improvvisamente si ribellava alla tirannia de’ suoi capricci.

— La principessa Dolgorouki, sposata da Alessandro II, avrebbe dato alla Russia quella costituzione, per la quale si sono commessi tanti delitti; ne aveva già persuaso lo czar.

— Sciaguratamente le donne possono dominare gli imperatori, non gli imperi. Ora la principessa Dolgorouki è vedova, e la Russia, aspetta ancora la costituzione. Chi sa se un’altra donna, innamorando Alessandro III, non possa compiere il voto di Alessandro II?

Una fiamma di rossore sali al volto di Tatiana.

— Se non credete all’influenza delle donne, negherete anche quella di Sofia Perowskaia nell’attentato contro Alessandro II.

— Sofia Perowskaia vi morì come lo Czar. Essa amava Jeliaboff, forse più che Alessandro II non amasse la principessa Dolgorouki: ma essendo egualmente principessa non potè sottrarsi alla fatalità dell’amore romantico in un’impresa storica. Adesso le grandi dame la ripudiano; un giorno i poeti, svisando tutto al solito, la confonderanno forse colla principessa Dolgorouki. [p. 190 modifica]

— Avete conosciuta la principessa Dolgorouki?

— L’ho vista a Pietroburgo. Una donna, che si deve essere creduta onnipotente per avere innamorato un uomo!

— Vi è forse qualche cosa più potente dell’amore? domandò Tatiana, guardandolo ansiosamente.

— Non credo che Colombo sia andato la prima volta in America per cercarvi un’amante.

— Così, replicò con un sorriso, che avrebbe voluto essere di scherno ed invece era doloroso, chiunque non ami può stimarsi un Colombo?

Loris si voltò al principe.

— Certo, non amando, un uomo può facilmente dominare gli altri.

— Voi non amaste mai? gli chiese insidiosamente il principe.

— Da fanciullo, come si crede da fanciullo.

— Chi ha amato amerà, replicò il principe. Tatiana andò al pianoforte aperto. Il principe si affrettò a raggiungerla, fingendo di volerle porgere la musica da una cassetta nascosta nell’angolo dietro il pianoforte.

— Confessa, mia cara Tatiana, che vuoi rispondere alle desolanti opinioni del signor Loris con qualche pezzo del tuo Schumann.

— Non amate la musica? gli si rivolse Tatiana.

— Ho questo di comune coi veri poeti, l’antipatia per un linguaggio, che non può nulla precisare. [p. 191 modifica]

Tatiana, già seduta sullo sgabello, si torse verso di lui; Loris si raddrizzò in tutta l’alterigia del proprio portamento. Era bello, ma la durezza dei suoi lineamenti doveva in quel momento renderlo antipatico.

— Voi stesso sapete suonare, esclamò ricordandosi imprudentemente di avergli ella stessa insegnato la musica.

— Da fanciullo.... come amavo, come credevo.

Il principe si accorse che Tatiana era battuta, ma leggendo ne’ suoi occhi una angosciosa ripulsione per Loris si abbandonò istantaneamente alla più pazza speranza. Convinto di aver ben compreso il carattere di Loris, lo giudicava incapace di attardarsi in un amore, specialmente allora colla responsabilità di un attentato fallito e col frenetico proposito di una rivincita. I suoi modi freddi e dominatori avevano offeso naturalmente in Tatiana le fibre più delicate del sentimento femminile. Per un momento pensò d’intervenire gettando una frase melanconica ed affettuosa nel loro diverbio, ma vedendo Loris pronto a riprendere l’offensiva stava maliziosamente per lasciarlo fare, quando Tatiana impallidì.

— Ti senti male? gridò il principe con voce spaventata, lanciandosi verso di lei.

Loris rimase impassibile.

Tatiana, che realmente si era sentita salire nel cervello come, una nebbia, ebbe un gesto elegantissimo di smarrimento; poi si rinfrancò, e rea[p. 192 modifica]gendo con bruscheria sopra sè stessa tornò a sdraiarsi sulla lunga poltrona presso il principe.

Loris non aveva ancora fumato, il principe gli offerse l’astuccio delle sigarette.

— La principessa potrebbe soffrirne, e la sua voce era sempre così dura.

Tatiana abbassò il capo, ma riprendendo dalle mani del marito l’astuccio glielo presentò aperto colla più squisita cortesia.

— Fumate pure, la mia malattia non può più inasprirsi pel fumo di una sigaretta.

— Siete davvero ammalata?

Ella lo guardò con una attonitaggine quasi spaventata, tanto le pareva insultante quel dubbio in bocca sua.

— Le signore sanno ammalarsi con così poco e così a tempo, che spesso esigono di non essere credute.

— Lo sono, mormorò con un accento di lontano rimpianto.

— Ma guarirai, mia cara, solo che tu lo voglia, tornando a Pietroburgo. Qui non hai nemmeno medici, disse il principe con voce intenerita.

Ella scosse tristamente il capo.

— No, amico mio, non si guarisce più: è troppo tardi.

Loris era diventato pensieroso. Nella profondità de’ suoi occhi verdi tremava un sentimento di pietà, ma Tatiana non se ne accorse. [p. 193 modifica]

— Credete, signor Loris, gli chiese, che potrei guarire?

Questa domanda lo colse sprovveduto; gli parve di sentirvi un appello, un grido, come quando Tatiana, dibattendosi sotto la stretta di Topine, lo chiamava per nome: Loris.... Loris!

Ma cangiando ancora fisonomia ella esclamò:

— Perchè infine, non potrei guarire? Anche l’inverno è una malattia, della quale la terra guarisce in primavera. Chi è, signor Loris, il primo medico di Pietroburgo, ma il primo davvero?

— Lo ignoro.

— Avete conosciuto a Parigi Charcot?

— No.

— Mi avevano consigliata di consultarlo, lo dicono un grand’uomo; però, se avesse amato, non potrebbe esserlo secondo voi, insistè con malizia.

— I grandi medici non sono quasi mai grandi scienziati; come Amerigo Vespucci, non descrivono che terre già scoperte.

Ella ebbe una moina di sdegno.

— Principe, mi accompagnerete a Parigi, se vorrò andarci?

— Lo volessi tu davvero!

— Partite dunque presto, principessa, disse Loris indovinando il segreto di quella mossa: il principe ha diritto alla vostra salute.

Ella s’accorse di non poter lottare. Allora dinanzi a Loris, bello ed implacabile, senti riavvampare la fiamma di quell’amore, che l’aveva [p. 194 modifica]gettata per disperazione nelle braccia del principe, facendole indarno sognare l’impero sullo Czar come un compenso al proprio cuore ammalato. E Loris, superbo in quell’eleganza signorile, che per lei era una condizione essenziale, stava presso il principe, piccolo e giallo come Topine. Una nausea le salì dal fondo della coscienza a quel ricordo, che le tornava sempre, ad ogni minuto di quella malattia inguaribile, colla quale Loris si era impadronito di lei.

Egli solo avrebbe ora potuto salvarla.

Improvvisamente non potè reggere alla sua presenza. Aveva bisogno di essere sola per rivedere Loris ed avvicinarglisi maggiormente, perchè il suo contegno verso di lei non le permetteva di avanzare.

Ma sotto le sue parole dure, attraverso quelle teoriche disperanti, per le quali passavano come dei soffi polari, aveva ritrovato Loris fanciullo, quando l’amava nell’ingenuità della propria primavera, prima che il principe Kovanski, spezzandolo brutalmente con due colpi di scudiscio, lo gettasse lungi dal castello dei loro giuochi nell’ignoto della vita, ove l’aveva creduto per sempre perduto.

S’alzò.

La sua faccia bianca pareva brillare di una luce interna come una lampada di alabastro.

— Vuoi ritirarti? le chiese premurosamente il principe afferrandole la mano sinistra. [p. 195 modifica]

Ella in piedi, così vestita di nero, coi coralli che le grondavano dal collo come goccie di sangue, e la testa leggermente gettata indietro per salutare il principe, stese l’altra mano a Loris, offrendoglisi nella curva sapiente di uno scorcio, che era come un abbandono di tutte le proprie bellezze.

Loris, stringendo quella mano palpitante, credette di sentirsela salire lungo il braccio, sotto le carni, sino al cuore.

Tatiana la ritirò vivamente, salutò il principe, ripetè un cenno cortese a Loris, ed uscì.

I due uomini rimasero alquanto in silenzio. Il principe osservava Loris già ridivenuto freddo come al solito; poi si voltò a guardare l’uscio, dal quale Tatiana era scomparsa. Sul suo volto passò un grande rammarico.

— E così?

— Seguitela dunque, ribattè Loris con quella brutalità signorile, che era tanto offensiva nelle sue maniere.