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Il nemico (Oriani)/Parte terza/II

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II

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Parte terza - I Parte terza - III
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II.

Passarono alcuni giorni.

Una mattina il principe recò a Loris i giornali di Mosca e di Pietroburgo: tutto era scoperto, ma degli autori dell’attentato solo Lemm era noto. Il [p. 196 modifica]suo vecchio soldato era stato arrestato col dwornik della casa, e poco dopo l’orefice che aveva affittato a Loris l’appartamento, Matrona e l’altro dwornik. La Gazzetta di Mosca dava i più minuti particolari del nuovo attentato, domandandosi con un senso di paurosa ammirazione come mai non fosse riuscito. Il filo caduto entro la doccia della casa era stato tagliato; perchè? Le congetture del giornale si moltiplicavano a perdita di vista senza trovare una conclusione. La polizia doveva quindi essere in moto da molto tempo cercando febbrilmente gli czaricidi. Loris lesse freddamente i giornali, ma scorrendoli si era già posto tutti i problemi: dov’erano Olga e Lemm? Evidentemente Olga non era stata uccisa, se il piccolo ebreo aveva potuto salvarla; ma sfuggirebbero ancora alla caccia della Terza Sezione? Quel gruppo di studenti, al quale aveva proposto la guerra civile, indovinerebbe in questo attentato l’opera sua, e tradirebbe o si tradirebbe involontariamente coll’imprudenza della giovinezza?

Loris non aveva conservato molta stima del loro carattere dopo quel rifiuto alla cena del conte Ogareff, però non osava concludere alla necessità di una delazione. Un profondo disgusto gli era rimasto nell’anima da quell’insuccesso: egli medesimo non vi aveva agito con tutto il rigore della logica, associandosi Olga senza valutare esattamente la debolezza del suo carattere femminile. Dov’erano adesso Olga e Lemm? Questi doveva [p. 197 modifica]aver conservato qualche danaro, quindi il colmo dell’abilità sarebbe per loro di fuggirsene all’estero coi falsi passaporti. Ma Lemm, essendo già scoperto, consentirebbe ad imbarazzarsi di Olga?

Quel colpo di pistola, sotto al quale Olga era caduta come morta, era stata l’ultima scempiaggine di quell’impresa fallita, giacchè avrebbe potuto attirare i vicini, impedendo ogni ritirata. Se Loris nella frenesia del primo sdegno non avesse perso al tutto la testa, avrebbe dovuto restare a Mosca qualche giorno per mettere in salvo i propri complici; invece coll’impeto cieco di un fanciullo aveva tutto compromesso.

— Ho scritto al Comitato per avere informazioni su Olga e su Lemm; posdomani forse riceveremo un telegramma in gergo, disse il principe osservando Loris.

Questi era impassibile.

— E voi siete sicuro di non essere già sospettato?

— Io.....

— Se vi avessero riconosciuto nella mia drioska!

Il principe sorrise intrepidamente.

— Ho nella Terza Sezione due alti funzionari, che mi debbono tutto: mi avrebbero già avvisato.

Appena rientrato nella battaglia, Loris aveva già ritrovato tutta la propria terribile elasticità.

— Nullameno la mia presenza qui è un errore. Non fate pompa inutile di coraggio, seguitò duramente tagliandogli la parola con un gesto: [p. 198 modifica]il compromettersi sarebbe per voi, che non voleste mai davvero la battaglia, un’imprudenza senza merito. Se Olga e Lemm saranno presi, Lemm forse confesserà: credo più al carattere di Olga. Essa è una di quelle sentimentali, che gustano nella morte la poesia del sacrificio. Quanto agli studenti, sono fanciulli chiacchieroni, che si salveranno forse per la loro poca importanza. È d’uopo provvedere; domani partirò per Pietroburgo.

— A che fare?

— Bisogna ritirare il deposito dal mio banchiere; è tutto il nerbo di guerra che ci rimane.

— Correreste un rischio inutile. Firmate uno chéque per un altro banchiere, farò io ritirare la somma.

— Siete sicuro di non arrischiare alcuno?

Il principe non rispose nemmeno: Loris seguitò:

— Conducete con voi Tatiana a Pietroburgo, non è bene restar qui. Tornerete nel Comitato e vi agirete potentemente per deciderlo; io mi metterò subito in campagna. Bisogna cancellare ai più presto il ridicolo dell’ultimo smacco; verrò ad un’altra seduta, appena disposte le prime file.

Ma arrestandosi bruscamente, considerò il principe, che pareva di una grande svogliatezza.

— Voi non credete più a nulla!

— Avete indovinato.

— Separiamoci dunque. Voi sperate di vivere, [p. 199 modifica]almeno gli ultimi giorni, coll’amore di vostra moglie. Quella donna, ve l’ho già detto, è la vostra fine. Io comincerò la guerra.

A questo punto intese il fruscìo di una veste nel corridoio.

— Silenzio! fece con un gesto al principe, che non aveva udito nulla.

Comparve Tatiana in veste da camera, salutò leggermente Loris.

— Vi ho cercato per tutto il castello, disse al principe, finalmente ho pensato che foste qui: mi perdonerete, se vi ho disturbato, si volse a Loris.

— Che cosa vuoi, mia cara?

— Non lo so. Ero sola nel mio gabinetto, ho dovuto fuggirne.

Il principe le prese premurosamente le mani, che essa ritirò.

— Desideri che ti teniamo compagnia?

— Impossibile, giacchè dovreste desiderarlo voi stessi. Avevo persino pensato di fare una lunga corsa sulla neve in slitta: mi accompagnereste, signori?

— Ma con tutto il cuore! esclamò il principe.

Loris s’inchinò cortesemente scusandosi.

— Perchè non venite? gli chiese il principe.

— Sapete pure quante lettere urgenti debbo scrivere: la principessa comprenderà che si possono avere dei doveri superiori alla cortesia.

Tatiana strinse impercettibilmente le labbra per nascondere il dispetto, e prendendo il braccio del [p. 200 modifica]marito uscì dalla stanza. Però sull’uscio potè rivolgersi, senza che questi se ne accorgesse, guardando Loris.

Appena rimasto solo, Loris s’abbandonò a una collera furiosa. Dacchè era fuggito da Mosca, il suo spirito non aveva potuto sfogarsi in nessuna violenza liberandosi dall’ammasso di passioni, che vi stavano compresse sotto da un ultimo sforzo della volontà. Tutto era crollato intorno a lui; si trovava ancora solo, già vinto prima di aver combattuto. Quell’attentato, che doveva dargli in mano tutta la Russia, era riuscito al più spregevole insuccesso, con una pistolettata ad Olga. Adesso questa stava nascosta o fuggiva con Lemm, forse egualmente pentiti entrambi di avere partecipato per un momento a tanta impresa, e parlando di lui come di un pazzo presuntuoso. Secondo la moda delle ultime teoriche psicologiche, tutte la eccezioni erano stimate pazzie, l’eroismo e il delitto, il genio e la santità. Ma la sua stessa ragione, ritorcendosi contro di lui, gli struggeva quella confidenza, che fino allora aveva avuto in sè medesimo. Perchè volendo impadronirsi della politica era rimasto sempre così solo nell’orgoglio di una superiorità inintellegibile agli altri? Per non aver mai voluto ubbidire, non aveva adesso a chi comandare. Tutta la terribilità logica del suo sistema rivoluzionario non aveva concluso che allo stupro di Tatiana, brutalità meschina ed inutile, che un politico vero avrebbe saputo risparmiare; poi [p. 201 modifica]a costeggiare dappertutto le forze politiche senza saperle afferrare. Gli rimaneva solo il tentativo di sollevare qualche villaggio, ma anche questo sarebbe impossibile senza l’aiuto dei vecchi nichilisti.

Nell’amarezza disperata di quel bilancio della propria vita arrivava freddamente al problema del suicidio.

Per essere forte aveva voluto essere solo. Non aveva genitori, amici, amanti; non era nemmeno sicuro di amare il popolo, questo individuo immenso, del quale il numero distrugge la personalità. Se altra volta gli era sembrato di sentirsi in cuore tutti i suoi dolori e la sua fede, ora gli pareva di averli perduti nell’immensità del vuoto.

La vita normale, che nessun individuo può frangere, era più forte di lui, riconducendolo attraverso tutti i sogni rivoluzionari dinanzi a quella donna abbandonata lontanamente sul margine della prima giovinezza. Senza avere ancora fatto nulla, si trovava come tutti gli uomini volgari preso tuttavia nel problema del primo amore. Che cos’era dunque la sua predestinazione, quell’orgoglio inaccettabile, col quale respingeva tutti inebriandosi segretamente della propria grandezza, quasi fosse un altro Napoleone intento a studiare incognito i campi delle proprie future battaglie? Come Cesare a trent’anni aveva pianto la prima volta dinanzi al ritratto di Alessandro, egli piangeva ora silenziosamente davanti al grande fantasma di sè stesso. [p. 202 modifica]

La vita lo respingeva, la vita, che non vuole tiranni capaci di dominarla.

Da quattro giorni la tranquillità di quell’esistenza al castello gli faceva la stessa impressione del mare ad un naufrago; nessuno di quella gente pensava o sentiva come lui, nessuno avrebbe potuto comprenderlo. Egli si ritraeva istintivamente in sè medesimo, provando nei brividi di un freddo sempre più intenso le prime emozioni della morte.

Poi Tatiana gli era ricomparsa nell’amore del principe, mentre anche questi si ritraeva sfinito dalla lotta, coll’esperienza inconsolabile della sua inutilità; ma il principe, rimasto uomo, poteva ancora amare Tatiana, rientrando nell’oblio della piccola vita individuale. Forse Tatiana non lo amerebbe mai; e che importa? La felicità è piuttosto nell’amare che nell’essere amato.

Loris pensava a tutto questo colla furia di chi, presentendo già la sconfitta, la ricusa doppiamente; sentiva di avere avuto torto, ma nella intatta potenza delle proprie forze non s’arrendeva ancora. Che cosa avevano fatto i più illustri alla sua età? Malgrado le recriminazioni implacabili della ragione, era certo di essere diverso da coloro, il cui solo ufficio è di riprodursi nella serie delle generazioni: perchè come tutti non vi sarebbe allora già entrato. Non avrebbe già potuto amare Tatiana? Tatiana non l’amava ancora?

Il principe solo, nella cecità della propria passione, non se n’era accorto. [p. 203 modifica]

Tatiana ondeggiava agli occhi di Loris come una di quelle immagini, che a certi momenti affascinano la memoria esaurendola nella loro contemplazione. La rivedeva fanciullina al castello nei primi mesi del loro amore, poi più grandicella, quasi donna, sino al giorno che gli aveva sorriso da quella finestra sul cortile, mentre lo attraversava agonizzante nell’angoscia di quelle due frustate; quindi a tutte le stazioni del suo lungo pellegrinaggio, di notte e di giorno, fra le vampe della luce e nelle oscillazioni dell’ombra, a Zurigo, a Parigi, Tatiana gli era riapparsa, sempre, più alta dell’orgoglio dei suoi istessi sogni, più bella della vanità delle sue speranze. Egli, vissuto casto, non aveva avuto che un rimpianto sensuale, negato indarno a sè medesimo, il rimpianto di quello stupro, l’invidia delirante di Topine, al quale aveva gettato Tatiana in un impeto di follia. Si era sentito ben grande in quell’ora; ma dopo aveva capito di non essere più uomo, e che nessuna donna potrebbe mai più accettarlo. Egli aveva rotto il ponte fra le due parti dell’umanità, rilegandosi per sempre nel campo degli uomini, isolato fra essi dall’impossibilità d’amare. Quindi Tatiana gli saliva nel cielo dell’immaginazione come i santi nelle risurrezioni dei vecchi quadri, fiammeggiante e serena dopo il martirio, guardando ancora verso di lui, dall’alto, come guardano le stelle.

Nullameno a che pro amare? La sua vita era [p. 204 modifica]diversa da ogni altra; l’umanità in tutti i tempi aveva imposto ad alcuni individui di non amare, perchè potessero concedere tutti sè medesimi ad un’idea. Il monachismo, comune a tutte le religioni, non aveva altre origini ed altro ufficio. Egli non amerebbe quindi ora, che stava per cominciare una guerra civile senza pietà e forse senza fine.

La sera era già calata. Dagli alti vetri si travedeva ancora la campagna in una nebbia malinconica, alcune isbe fumavano. A quell’ora tutti nel villaggio erano raccolti intorno alle immense stufe per la veglia; le sacre iconi sogguardavano dall’alto alla tremula fiammella di un lumicino, acceso sui loro piedi; la gente andava e veniva nella penombra, gli angoli dei vasti stanzoni si perdevano nel buio. Tutti quei poveri, felici nella loro abbiettezza, s’amavano spesso promiscuamente, trovando l’amore nell’irritazione della fame o nel gorgoglio dell’ebbrezza.

Loris guardava dalla finestra. Egli conosceva quelle isbe, che sognava di trasformare in casematte. La neve s’allontanava nell’infinito della sera, sotto il cielo plumbeo, bianca e fredda senza una macchia. Così per duecento giorni, in tutti gli inverni; quindi la primavera scoppiava improvvisa come un petardo, poi l’estate avvampava come un incendio e non molto più lungo, e da capo l’autunno coi presentimenti lividi dell’inverno, e i giorni che sembrano cadere anzi tempo [p. 205 modifica]nella notte; finalmente l’inverno, candido, gelido, uniforme, col silenzio di ogni attività, ricacciava tutta la gente nelle isole, costringendola a rannicchiarsi in sè medesima e a perdere col ricordo dell’ultima estate anche la speranza della futura primavera.

Nella Russia il vero Czar, il tiranno, era l’inverno, che vi arrestava la vita rallentando la storia.

Loris si tolse dalla finestra, udendo battere alla porta. Era un servo, che veniva a pregarlo da parte del principe di passare nel gabinetto della principessa.

Loris sorprese il primo sguardo di Tatiana, che lo spiava ansiosamente.

— Avete avuto torto di non accompagnarci, disse il principe con allegria forzata: ci avreste tenuto caldo solo colla vostra presenza.

Ma il calore del gabinetto era quasi insopportabile, Loris ne fece l’osservazione.

Tatiana sembrava di buon umore.

Si mise al pianoforte e suonò un valtzer di Chopin. Era una di quelle fantasticherie piene di singulti e di appelli, che il grande infermo aveva ritmato sul tempo di un ballo quasi per schernirne dolorosamente l’idealità; e vi si sentiva una angoscia profonda, mentre alcune frasi luminose vi si increspavano sopra, come acque lucenti di un gorgo, nel quale molti fossero periti. Tatiana suonava mollemente. [p. 206 modifica]

Il principe si era disteso sopra una poltrona, voltandole quasi le spalle.

Improvvisamente ella s’interruppe per cercare nella cassetta della musica.

— Non me lo ricordo più.

Quando lo ebbe ritrovato, lo spiegò sul leggìo e lo ricominciò. Loris, che si era accostato per aiutarla nella ricerca, rimase addossato al pianoforte.

Questa volta ella suonava vivacemente, guardandogli nel volto con un impudore dolente; pareva chiedergli perchè quella volta avesse voluto farla stuprare da un mostro come Topine. Il suo occhio azzurro aveva una fissazione interrogatrice, che l’altro non seppe sostenere; ma allora, leggendogli nell’anima tutto quanto egli stesso aveva sofferto suo malgrado in quella vendetta, sorrise trionfalmente. Il suo sguardo lo respingeva sempre con quella fissità inquisitoriale, ma la sua bocca tremava già dolcemente nell’invito del perdono.

Poi strinse il tempo del valtzer, quasi cedendo ad una rapina interiore, nella quale anche a Loris parve di essere travolto.

Quando Tatiana tornò presso il principe, si strinse nuovamente nell’abito come ripresa dal freddo.

Loris accese una sigaretta per darsi un contegno.

— Avete finito quelle lettere? gli domandò il principe con accento sornione. [p. 207 modifica]

— Quante? chiese infantilmente Tatiana.

— Nessuna.

— Allora era un pretesto.

— Non me ne servo mai, replicò duramente, ma accorgendosi di essere stato villano soggiunse: non lo so, ma mi sarebbe stato impossibile accompagnarvi, avevo bisogno di rimanere solo.

— La vostra opera forse...., ella lo punse gaiamente.

— Forse.

E il suo accento parve pesante a Tatiana.

Quindi cominciò un dialogo, scintillante di arguzie da parte di Tatiana; il principe sorrideva a quella sua pretesa di una rivincita con Loris, che le opponeva il più freddo riserbo, rispondendo ai suoi frizzi leggieri con gelide formule pessimiste. Ma Tatiana, usa al volteggio dei saloni, finiva qualche volta per avere il sopravvento.

— Voi siete un ambizioso, signor Loris.

— In questo caso, principessa, non ve ne sareste accorta: le donne ignorano l’ambizione costretta a dimenticarle.

— Anche gli ambiziosi secondo voi non possono amare?

— Infatti, non sono amabili.

Poi la conversazione deviò, parlarono delle campagne russe. Involontariamente Loris s’abbandonò al racconto di quanto aveva veduto in quei tre anni di pellegrinaggio, sfoggiando tanta ricchezza d’osservazioni, che il principe stesso lo ascoltò [p. 208 modifica]ammirando. Tatiana ignara di tutto pendeva dal suo labbro. Quel mondo segreto le pareva di una grande bellezza attraverso il racconto di Loris, quantunque egli non facesse la più piccola allusione alla propria vita di quel tempo; ma ella credeva di indovinarla colla fantasia, sentendosi in cuore un rammarico profondo di non averla divisa. Perchè non era fuggita con lui? Come era egli diventato ricco, poichè il principe glielo aveva presentato per tale? Avrebbe voluto saperlo a qualunque costo; quindi guardava Loris coll’insistenza di una vecchia intimità, che finì col turbarlo.

— Lo Czar può dormire tranquillo, concluse il principe: non si farà una rivoluzione per molto tempo.

— Perchè una rivoluzione? chiese Tatiana.

— Per farvi almeno sentire, minacciandoli, la grandezza dei vantaggi, che vi sono toccati, ribattè Loris.

— Essere principessa.... è questo il vantaggio?

E ridivenne malinconica.

Poco dopo un servo venne ad annunziare il pranzo: questa volta Loris dovette dare il braccio a Tatiana. Egli divenne più rigido, ella invece vi si sospese mollemente; passando dinanzi un uscio, mentre il principe restava loro dietro, mormorò in un soffio:

— Loris....

A tavola Tatiana si mostrò di nuovo vivace, [p. 209 modifica]Loris invece si ostinava a parlare di politica col principe, esaminando le probabilità di una alleanza tra la Francia e la Russia per resistere alla nuova coalizione europea capitanata dalla Prussia. Tatiana tentava indarno di scompigliare quella grave conversazione, ma agitandosi sulla scranna, il suo piede finì sotto la tavola per urtare in quello di Loris. Ella trasalì guardandolo, Loris era rimasto impassibile; allora ella non lo ritirò più, provando una gioia profonda ed infantile a tenerlo così presso il suo, senza rompere la riserva del pudore. Nè Tatiana, nè il principe, nè Loris bevevano secondo il costume russo; quindi il pranzo, malgrado la sontuosità del servizio, restava parco.

Un servo in caffettano rosso recò la posta sopra un vassoio di lacca cinese. V’erano molti giornali; Tatiana cercò vivamente fra essi il Vestinik Evropy, ma il principe le disse berteggiando:

— Aspetti un articolo di madama Blavatsky? Sapete, Loris, Tatiana è spiritista. Madama Blavatsky è per lei la più grande incarnazione dello spirito nel nostro secolo.

— È più facile negare che distruggere le prove spiritiste, ella rispose gravemente.

Loris sorrise.

— Nemmeno voi, signor Loris, ci credete?

— Non sono abbastanza ateo per avere questa fede.

A questa profonda risposta il principe, che aveva [p. 210 modifica]già lacerato la busta di una lettera, si volse; Tatiana rimase col giornale in mano.

— Non vi pare, principessa, un’ingiuria verso Dio pretendere di dominare i suoi spiriti, richiamandoli dopo morte nel nostro mondo per rivolgere loro domande, che esprimono solo la nostra curiosità?

— Ed essi poi risponderebbero facendo battere i piedi di un tavolo! Confessa, mia cara Tatiana, che questo plagio dell’alfabeto telegrafico non fa molto onore allo spirito de’ tuoi spiriti. Ho conosciuto madama Blavatsky a Pietroburgo in una seduta, che essa diede in casa del principe Karaguine. Se tu la vedessi, perderesti subito almeno la metà della tua fede in lei; è una donna orribilmente brutta, pare un uomo.

— Dio non è generalmente meglio rappresentato del popolo, replicò Loris.

Tatiana, come una bambina ostinata, scosse la testa sfogliando il giornale.

— Sentite, Loris, esclamò poco dopo il principe, che scorreva una lettera, ammiccando: quei due sono già ad Amburgo, lo studente, che mi mostraste con quella bella ballerina.

Loris frenò un sospiro di soddisfazione.

— Si sposeranno certamente, rispose in tono allegro.

Tatiana si era sprofondata nella lettura di un articolo.

Allora i due uomini la punsero sulla sua cre[p. 211 modifica]dulità; il principe raccontava la seduta in casa Karaguine, mettendo in burla quegli esperimenti, e la nuova società psicologica fondata a Londra. I suoi motti di spirito esprimevano idee di una mirabile giustezza. Quella sera passò più gaiamente. Loris, alleggerito di un gran peso, dopo quella notizia si mostrava più amabile; Tatiana sfavillava accettando la corte del marito così trasfigurato da tale fortuna, che l’altro stentava a riconoscere in lui il vecchio congiurato.

Poi Loris si ritirò per primo.

Tatiana, leggendogli nello sguardo, ebbe un sorriso di trionfo.

Appena nella propria camera, della quale non chiudeva mai l’uscio, Loris si mise a letto. Oramai la sua risoluzione era presa; fra due giorni partirebbe, poichè restando in quella casa sentiva diminuire le proprie forze. Adesso Tatiana l’amava più che egli non l’avesse amata un giorno, ma colla pretesa inevitabile di una rivincita pari all’atrocità della tragedia patita; mentre Loris, quasi pentito di quella vendetta, pensava involontariamente che avrebbe ancora avuto tempo di riprendere Tatiana, e di possederla. Forse così avrebbe esaurito in sè stesso l’amore come tutti gli altri uomini, accettando e soggiogando la natura invece di respingerla. Ma oramai era tardi! Un amore, in quel momento, sarebbe stato l’abbandono di ogni disegno, l’abdicazione di tutti i propositi, che lo avevano condotto dal furto dell’ecarté all’o[p. 212 modifica]micidio di quella spia e all’attentato contro lo Czar.

Nella camera calda Loris stava col busto fuori dalle coperte; una candela di stearica entro una bugia di argento agitava larghe ombre leggiere.

Erano passate due ore.

D’un tratto si volse. Tatiana era entrata silenziosamente, avvolta in una veste scura da camera a risvolti sanguigni, ampia che le nascondeva ogni linea del corpo. Nullameno Loris travide le sue pianelline trapunte d’oro.

Non aveva lume in mano, s’avvicinò al letto. Era più pallida; i capelli biondi, pettinati per la notte, le cadevano bipartiti sulle orecchie, dandole un’aria di madonna; egli notò che un merletto della camicia le usciva al collo dall’incrociatura della veste.

Tatiana s’avanzò sino al letto senza alcuna civetteria nel passo. Loris aveva gettato istintivamente un’occhiata alle coperte, appoggiando un gomito sul cuscino.

Poi ella lo guardò con una grande sincerità negli occhi, e gli disse:

— Non lo sapevo.

Loris comprese. Tatiana toccava col grembo il letto, le mani le cadevano inerti lungo i fianchi; ma, siccome egli tardava a rispondere, ripetè semplicemente:

— Non lo sapevo.

Allora Loris abbassò gli occhi; quella donna, da lui assassinata col più turpe dei delitti attri[p. 213 modifica]buendole una qualunque complicità nelle due scudisciate, era innocente. Gli parve di vacillare nella rivelazione di una mostruosità, che quel perdono rendeva anche più inintelligibile.

Ella seguitò a bassa voce, col volto intenerito e sofferente:

— L’ho capito solamente molto dopo: voi avevate creduto che io ridessi, sapendo tutto anche prima. Il principe se ne pentì amaramente, benchè non indovinasse il resto.

La sua voce tremò.

— Tatiana! esclamò Loris.

Ella aveva inconsciamente posata una mano bianca e sottile sulle coperte.

— Foste ben crudele.... mormorò, scoppiando in un singhiozzo.

Era rimasta a testa bassa, in un atteggiamento puro, inconsapevole della propria posizione in quel momento. Loris invece si sentiva tremare sotto la superiorità di quella donna, che gli parlava così semplicemente.

Il suo corpo si agitò sotto le coperte, ma Tatiana quasi scossa da quel brivido risollevò il capo.

— Ho voluto parlarvene per non rimanere dei torti verso di voi. Quando vi ho visto la prima volta nel salone, sono svenuta; l’impressione era troppo forte. Da un pezzo lo desideravo, perchè avevo bisogno di essere almeno creduta innocente. Quello, che ho sofferto, adesso lo posso sopportare. [p. 214 modifica]

— Credete di essere stata sola a soffrire? ribattè Loris finalmente, cercando di sottrarsi all’umiliazione di quella grandezza col parlare di sè.

Ella attese.

— Sia pure, m’ingannai, seguitò con voce dura e concitata, ma ella s’accorse dello sforzo: era impossibile non ingannarsi.

Tatiana scosse leggermente il capo.

— Voi eravate principessa, io ero un ragazzo raccolto per carità o per vanità, poco importa. I poveri hanno torto di accettare simili condizioni. Il principe fece benissimo a frustarmi, e di lui non mi sarei mai vendicato.

— Egli vi amava.

— Non si amano coloro, cui si fa l’elemosina; ebbi torto di scordarmene. Ma nessuna donna, anche czarina, ha diritto d’umiliare un uomo. Se lo sono diventato, lo debbo forse in parte al vostro disprezzo.

Ella negò.

— Voi non riuscite comprenderlo nemmeno adesso, ma quello che poteva parervi scherzo, diventava per me, nella differenza della nostra posizione sociale, oltraggio: ecco perchè doveva finire così. Non vi è conciliazione possibile fra le due classi, e tutti coloro, che la tentano, debbono in un modo o nell’altro soccombervi. Se il principe non mi avesse frustato, avrei dovuto diventare il vostro giocattolo agli occhi del mondo e ai miei. Non mi conoscevate. [p. 215 modifica]

Tatiana si accorse di smarrirsi dal momento che Loris era rientrato sui proprio terreno; ella rivedeva già il suo volto ridivenuto lapideo nell’orgoglio. Allora un grande avvilimento la prese, di essere così venuta in camera sua, a quell’ora, in veste da camera, mentre egli sembrava non accorgersene nemmeno, immobile nella rigidezza del loro passato. Tutto il suo spirito l’abbandonò, non si ricordò più quello che si era detta prima di prendere quella grande risoluzione.

— Oh! Loris....

Egli le appressò vivamente il volto, Tatiana indietreggiò.

— Aspetta, gridò Loris.

— No, adesso lo sapete: non mi disprezzerete più. Volevo questo.

— Perchè vi disprezzerei? Il destino lo ha voluto. Non avete sofferto sola; ma la vostra vita di donna non è senza compensi.

— Quali?

Egli titubò, Tatiana si avvicinò d’un passo.

— Perchè siete venuta? le chiese Loris cogli occhi scintillanti.

— Ve l’ho detto.

— Solamente?...

Ella si torse, ma Loris tornò a gridare sommessamente:

— Aspettate, è l’ultima volta forse che ci parliamo. Domani partirò: perchè avete sposato il principe? [p. 216 modifica]

— Ma, non avevo altri....

— Non lo amate?

Ella rispose cogli occhi.

— Il principe vi adora: forse non sarà il solo.

Tatiana alzò la testa; il suo viso divenne nobilmente imperioso.

— Vi ha egli detto che sono stata l’amante dello Czar?

— E se lo avessi indovinato?

— Vi sareste ingannato; a voi posso dirlo, a lui no.

Loris si sentì vinto da capo.

— Come mi avete ridotta, non posso più amare: ecco perchè volevo dirvi che ero innocente. Voi siete l’unico uomo, che abbia il dovere di saperlo; tutti gli altri sono così lontani dalla mia vita, che non li incontrerò mai. Il principe crede di amarmi, sa il mio segreto, perchè ho dovuto dirglielo per la mia dignità, e non ha capito nulla. Il suo amore sarebbe l’ultima degradazione; egli pure è infelice.

Loris, colla fronte aggrottata, rivedeva in quel momento Topine, il solo, che in quella tragedia avesse avuto un istante di felicità bestiale, e si pentiva di non averlo ucciso. Se quell’uomo ricomparisse per caso agli occhi di Tatiana, ella malata ne morrebbe forse di orrore. Una immensa pietà gli strinse il cuore. Quindi con un gesto rapido e disperato si portò le mani alla fronte. Tatiana si appressò ancora, toccava nuovamente [p. 217 modifica] il letto; la candela, agitando sulla sua faccia bianca la propria luce, vi aumentava il turbamento. Quando Loris la guardò, ella aveva già ripreso quell’aspetto dolcissimo, e gli stese amichevolmente la mano.

— Adesso conosciamo tutto.

— Non partite.

Ella sorrise ritraendosi.

— Qualunque sia il mio torto, la mia vita ha uno scopo anche più alto.

— Addio, Loris, ella ripetè languidamente dal mezzo della camera.

Loris sentiva ardere delle fiamme sotto le coperte; avrebbe voluto slanciarsi giù dal letto, ma un pudore stravagante lo ratteneva dal mostrarsi a lei, la prima volta, in quell’atteggiamento, mentre il suo orgoglio ricalcitrava ancora dinanzi a quella donna così tranquilla nella propria superiorità.

Tatiana scomparve silenziosamente dall’uscio.