La capitana del Yucatan/16. Bloccati nella galleria

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16. Bloccati nella galleria

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15. Una fuga prodigiosa 17. Il capo insorto Pardo
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CAPITOLO XVI.


Bloccati nella galleria.


La situazione dei fuggiaschi stava per diventare grave, anzi disperata. La loro cattura, senza un miracolo, non doveva essere più che questione di ore.

Ormai ogni scampo era chiuso ed una difesa, per quanto ostinata, non li avrebbe di certo salvati, avendo da fare con un nemico numeroso e deciso a farli prigionieri. Potevano bensì retrocedere verso le casematte, con poca speranza di successo però, essendo più che mai convinti che gl’insorti avessero già occupato fortemente anche l’altra estremità della galleria, onde prenderli fra due fuochi.

— Per centomila pesci-cani!... — esclamò Cordoba, retrocedendo precipitosamente onde evitare di correre il pericolo di farsi uccidere da una improvvisa scarica. — Siamo presi come topi in [p. 133 modifica]trappola!... Donna Dolores, io credo che per noi la sia finita e che nemmeno mastro Colon possa salvarci.

— Gl’insorti conoscevano certamente l’esistenza di questa galleria? — disse la marchesa, la quale aveva conservata ancora una calma ammirabile.

— Sembra che non la ignorassero.

— Che abbiano occupata anche l’altra estremità, verso le casematte?...

— Di certo, donna Dolores.

— Cosa intendi di fare, Cordoba?

— È a voi che lo chiedo.

— Se provassimo a forzare il passaggio? — disse il soldato.

— Ci esporremmo a delle gravi perdite senza alcun risultato, — rispose il lupo di mare. — L’uscita della galleria è stretta, quindi facile a difendersi, mentre noi dovremmo sostenere un vero fuoco di fila e senza ripari.

— Allora non ci rimane che di arrenderci, — disse la marchesa, coi denti stretti.

— Non così presto, donna Dolores. Abbiamo ancora qualche speranza.

— Quale?...

— Che il nostro marinaio possa giungere presto a bordo del Yucatan e che accorra in nostro aiuto con mastro Colon.

— È partito da sole quattro ore, mentre siamo così lontani dalla nostra nave, — disse la marchesa, con accento scoraggiato. — Bisognerebbe resistere almeno tre giorni, ammesso che il marinaio non si smarrisca nella grande foresta e che poi possa ritrovare il fortino.

— Cercheremo di non lasciarci prendere prima dell’arrivo dei soccorsi, donna Dolores. La galleria ha parecchie curve facili a difendersi; se noi non possiamo uscire, nemmeno gl’insorti possono entrare, senza sacrificare un bel numero d’uomini, essendo noi ancora ben provvisti di munizioni.

— I viveri ci mancano.

— Io posseggo due biscotti e li offro a voi: in quanto a me, stringerò la cintola ogni volta che il mio stomaco reclamerà la colazione o la cena.

— E noi, signor tenente, siamo pronti ad imitarvi per conservare la preziosa esistenza della nostra Capitana, — dissero i marinai.

— E possedete? — chiese Cordoba.

— Tre altri biscotti ed una fiaschetta d’acqua mescolata con un po’ di rhum.

— Come vedete, donna Dolores, i viveri abbondano per voi, — disse Cordoba, ridendo. — Con cinque biscotti e qualche sorso d’acqua, potete resistere, alla meno peggio, due o tre giorni.

— E voi credete, miei valorosi, che io possa accettare? — disse [p. 134 modifica]marchesa, con voce commossa. — A me dei viveri ed a voi i tormenti della fame!... Oh!... Mai!...

— Allora non ci rimane che di arrenderci.

— Sì, ma più tardi che sarà possibile e solo quando la fame e la sete ci avrà abbattuti, — rispose la marchesa, con suprema energia. — Chissà!... Forse potremo resistere fino all’arrivo di mastro Colon.

Carramba!... — esclamò in quell’istante Cordoba, battendosi la fronte. — Chi parla di morire di fame, mentre abbiamo dei viveri in riserva?...

— Dei viveri!... Sogni, amico?

— Per centomila pesci-cani!... Abbiamo dimenticato il serpente?...

— Ah!... Cordoba!... — esclamò la marchesa, facendo un gesto di disgusto.

— Eh!... Se li mangiano anche gl’indiani ed i negri, per una volta, e costretti anche dalle circostanze, possiamo assaggiare anche noi la carne del rettile. Lo faremo passare per una enorme anguilla di mare.

Piuttosto di mangiarci fra di noi come i naufraghi della Medusa, daremo addosso al colubro e...

— Silenzio, signore!... — disse in quell’istante il soldato, che si era allora spinto fino ad una curva della galleria.

— Cosa succede?... — chiese il lupo di mare, afferrando il fucile. — Si preparano forse ad invadere la nostra abitazione sotterranea?... Noi non permetteremo nessuna violazione di domicilio.

Lasciò la marchesa e si spinse verso la curva della galleria, dove si trovava il soldato in osservazione. Da quel luogo si poteva scorgere benissimo l’uscita del passaggio e distinguere anche gli uomini che lo guardavano.

— Li vedete? — chiese lo spagnuolo.

— Sì, — rispose Cordoba, — e mi sembrano molti.

— Qualcuno è già scivolato nella galleria.

— Ah!... Forse che credono di sorprenderci? Aspettate un po’, amici cari!... —

Si curvò verso il suolo e si mise a strisciare verso l’uscita, tenendosi addosso alla parete sinistra, mentre lo spagnuolo si teneva verso quella di destra.

Percorsi dieci o quindici passi, s’accorsero che alcuni insorti erano già scesi nella galleria e che s’inoltravano lentamente, tenendosi riparati dietro ad una massa non ben distinta e che spingevano avanti, forse un pezzo di tronco d’albero o qualche grosso fascio di rami e di foglie.

Cordoba era prontamente balzato in piedi, col fucile in mano, gridando con voce tuonante:

— Chi vive?... — [p. 135 modifica]

Alla domanda risposero due detonazioni. Le palle, male dirette in causa dell’oscurità che regnava nel punto occupato da Cordoba e dal soldato, si perdettero verso la vôlta, senz’altro risultato che quello di far cadere qualche scheggia di tufo.

Il lupo di mare ed il suo compagno a loro volta fecero fuoco ripetutamente, tempestando l’uscita della galleria e quella specie di barricata mobile, dietro la quale si tenevano nascosti gl’insorti.

I marinai, udendo quegli spari e credendo che il loro comandante corresse un grave pericolo, s’affrettarono ad accorrere ed apersero un vero fuoco di fila.

I nemici, sorpresi e spaventati da quella grandine di proiettili, dopo qualche altro sparo lasciarono la barricata e s’affrettarono a guadagnare l’uscita della galleria, trascinandosi dietro dei morti e dei feriti.

— Credo che per ora ne abbiano abbastanza e che saranno persuasi che non è cosa facile prenderci, — disse Cordoba. — Vi è nessun ferito fra noi?

— Bah! Una sola scalfittura, — rispose un marinaio. — Una palla mi ha colpito alla fronte di rimbalzo.

— Passa all’infermeria: la marchesa ha assunto la direzione dell’ambulanza.

— Grazie, signor comandante, non ne ho bisogno, — disse il ferito, ridendo.

In quell’istante una voce robusta che veniva dall’uscita della galleria, gridò:

— Si può parlamentare?...

— Oh!... Cosa vogliono quei bricconi? — mormorò Cordoba.

Si fece innanzi, tenendo però il fucile pronto e scorse una figura umana che si teneva ritta dinanzi l’uscita della galleria.

— Chi siete voi? — chiese il lupo di mare, prendendolo di mira.

— L’aiutante di campo del capitano Pardo.

— Benissimo!... Desiderate qualche cosa, signor ribelle?

— Sì, intimarvi la resa.

— A noi?...

— Volete che la intimi ai sassi della galleria?...

— No, ma... guardate che combinazione: io stavo per intimarla a voi.

— Scherzate, signor...

— Bob, mio caro signore, marinaio, cuciniere e cannoniere del Yucatan.

— Ah! Sì, del Yucatan!... — esclamò l’aiutante di campo del capitano Pardo.

— Un nome che vi fa battere il cuore, mi pare, è vero signor ribelle?

— Può darsi.

— La nave però è troppo robusta e può rompervi i denti. [p. 136 modifica]

— Lo si vedrà più tardi, signor Bob. Intanto vi prego di arrendervi.

— Troppa premura, signor insorto. Il capitano Pardo può pazientare qualche po’.

— Niente affatto; ha molto fretta.

— E noi invece nessuna. Stiamo bene in questa galleria, molto meglio che voi; è fresca come una ghiacciaia, mentre voi vi arrostite come bistecche o come fenicotteri allo spiedo.

— Avete finito?

— Che cosa?

— Di chiacchierare.

— Buon Dio!... Siete un uomo così piacevole che ci trovo gusto a scambiare due parole.

— Vi dico che ho fretta e che mi preme assai di avervi prigionieri.

— Non avete che da entrare e venirci a prendere; vi avverto però che abbiamo ancora sette eccellenti fucili Mauser ed un bel numero di cartucce, tutte disposte ad entrarvi in corpo.

— Allora rifiutate di arrendervi? — disse l’aiutante di campo, stizzito.

— Almeno pel momento non ne abbiamo la voglia, però più tardi, chissà!... Capirete che non si può rimanere eternamente sottoterra, quantunque si goda una frescura deliziosa; tuttavia io mi ci trovo bene e vi rimarrei quattro o cinque settimane senza fastidio.

— Se a voi garba, stateci anche fino al termine della guerra, non m’importa.

— Ed allora perchè avete tanta premura?

— È la marchesa del Castillo che noi vogliamo! — urlò l’aiutante, la cui pazienza aveva raggiunto l’ultimo limite.

— Mi rincresce per voi e pel capitano Pardo, ma la marchesa si trova troppo bene fra i suoi marinai per cambiare compagnia e poi amerebbe meglio andarsene a bordo del Yucatan, piuttosto di ricevere l’ospitalità troppo pericolosa di bricconi della vostra specie.

— A noi brocconi!...

— Se non siete dei bricconi siete certo dei traditori, poichè vi siete alleati ai yankees a danno della vostra patria! — gridò Cordoba, cambiando bruscamente tono. — Avete nelle vene sangue spagnolo e combattete contro il vessillo spagnolo, canaglie!

— Invece di chiacchierare, arrendetevi.

— No!

— Vi costringeremo.

— Provatevi.

— È la vostra ultima parola?

— L’ultima; aggiungo solamente che se non vi ritirate vi caccio in corpo una palla. [p. 137 modifica]

— Fra mezz’ora sarete tutti in nostra mano, — gridò l’insorto, allontanandosi.

Cordoba si strinse nelle spalle e tornò dalla marchesa, mentre due marinai si mettevano in sentinella, tenendosi sdraiati presso le due pareti.

— Avete udito, donna Dolores? — le chiese.

— Sì, Cordoba, — rispose la Capitana.

— Temo che gl’insorti stiano preparando qualche sorpresa.

— Ci difenderemo, amico mio.

— Bisogna vedere se lo potremo, — disse il lupo di mare, come parlando fra sè.

— Cosa temi?

— Non lo so; vi dico però che noi non resisteremo a lungo in questa trappola da sorci.

— Che ci prendano fra due fuochi?

— È possibile, donna Dolores.

— Che abbiano scoperta anche l’entrata, oltre l’uscita?

— Lo sospetto.

— Bisogna accertarsene, Cordoba.

— È quello che mi proponevo di fare. Josè, Alonzo, seguitemi, e voi, mio bravo soldato, rimanete a guardia della marchesa cogli altri. —

Il lupo di mare si gettò in ispalla il fucile e s’allontanò in direzione delle casematte, seguito dai due marinai.

Essendo terminata la corda che aveva servito di torcia, i tre esploratori dovettero tenersi presso una delle due pareti e procedere con precauzione, onde non cadere in qualche agguato. Non era improbabile che gl’insorti fossero già scesi, e che approfittando dell’oscurità si fossero avanzati silenziosamente, nascondendosi a breve distanza.

Procedendo lentamente, giunsero là dove avevano ucciso il serpente, il cui cadavere giaceva attraverso la galleria e fecero una prima fermata, appoggiando gli orecchi al suolo per ascoltare.

— Non si ode nulla finora, — disse Cordoba.

— No, — confermarono i due marinai.

— Che non siano ancora scesi? — si chiese. — Se conoscevano l’esistenza di questo passaggio, devono aver sospettata anche l’entrata. —

Riprese il cammino raddoppiando le precauzioni ed avanzandosi sulla punta dei piedi onde non tradire la sua presenza e provocare una improvvisa scarica, e dopo cinque minuti giungeva dove la galleria scendeva bruscamente.

Si arrestò nuovamente per ascoltare ed anche questa volta nessun rumore pervenne ai suoi orecchi.

Stava per riprendere le mosse, quando il suo naso fu colpito da un odore strano, mentre i suoi occhi provavano un vivo [p. 138 modifica]bruciore che diventava rapidamente più doloroso, provocando abbondanti lagrime.

— Cos’è questo? — si chiese, arrestandosi per la terza volta.

— Signor tenente, — disse uno dei due marinai. — In questa galleria si brucia qualche cosa. Non sentite questo acre odore?

Invece di rispondere, Cordoba estrasse uno zolfanello, lo strofinò e l’accese.

Solo allora si accorse che delle ondate di fumo s’avanzavano, strisciando lungo la vôlta della galleria.

Carramba!... — esclamò, impallidendo. — Quei furfanti si preparano ad affumicarci entro la trappola come fossimo bestie feroci!...

— E per fare più presto bruciano rami verdi e grappoli di pepe, — aggiunse uno dei due marinai. — Noi non potremo resistere a lungo, signor tenente, ve lo... —

Un furioso colpo di tosse gl’interruppe la frase.

— Mille pesci cani! — gridò Cordoba, che cominciava già a tossire ed a sternutare fragorosamente, mentre delle grosse lagrime gli scendevano dagli occhi. — In ritirata! —

Girarono sui talloni e fuggirono precipitosamente, onde non venire soffocati da quel fumo acre che già s’inoltrava attraverso la galleria in fitte ondate.

In pochi minuti raggiunsero la marchesa, la quale cominciava pure a tossire, essendo il fumo giunto anche là.

— Cordoba — diss’ella, udendo i passi del lupo di mare. — Ci affumicano?

— Sì, per centomila balene! — rispose il tenente. — Quelle canaglie ci hanno promesso di farci capitolare presto ed ora mi accorgo che avevano ragione.

— Cosa facciamo?... Fra pochi minuti l’aria diverrà irrespirabile, se questo fumo continua ad avanzarsi.

— Non ci rimane che di arrenderci o di farci uccidere.

— Impegniamo la lotta adunque! — esclamò la marchesa, con tono deciso.

— No, signora, — rispose Cordoba. — Vi è del tempo a morire.

— Cosa speri ancora?

— Di sfuggire più tardi agl’insorti.

— E di arrenderci? — chiese la marchesa, con accento di dolore.

— Non abbiamo altra prospettiva, pel momento.

— E perderemo l’Yucatan, la mia nave!

— Bah!... L’Yucatan non è una scialuppa da prendersi così facilmente.

— Ma se ci arrendiamo?

— Ebbene?

— Pel nostro riscatto esigeranno di certo la nave ed il suo carico. [p. 139 modifica]

— E non pensate ai centodieci uomini che sono a bordo, centodieci diavoli pronti a tutto, anche a morire per la loro Capitana? Quei bravi penseranno più tardi a liberarci.

— Chi li informerà di ciò che è avvenuto di noi?

— Chi?... Uno di noi, per mille pesci cani! Noi ci arrenderemo, non tutti però; qualcuno rimarrà qui, nascosto in questa galleria e correrà ad informare mastro Colon di quanto è accaduto. Gl’insorti non sanno quanti siamo noi, quindi vi è la speranza che qualcuno possa sfuggire.

— Allora rimarrai tu, Cordoba.

— Io!... E credete che possa abbandonarvi?

— Tu sei il comandante in seconda dell’Yucatan e tu puoi fare molto meglio di tutti noi.

— Ma...

— Cordoba, i momenti sono preziosi ed il fumo aumenta sempre. Tenta la sorte.

— Rimango anch’io, signor tenente, — disse il soldato. — Io conosco il paese e vi posso guidare alla costa. —

Cordoba non rispose: esitava. L’idea di abbandonare la marchesa nelle mani di quegli insorti, i quali potevano trascendere a degli eccessi e fors’anche fucilarla, lo spaventava. Pure comprendeva che arrendendosi tutti vi era la probabilità di non rivedere più mai nè l’Yucatan, nè mastro Colon; come comprendeva pure che egli solo poteva essere in grado di tentare, più tardi, un colpo disperato e di salvare i prigionieri.

— Cordoba, — disse la marchesa che si sentiva già quasi a soffocare. — Deciditi prima che l’asfissia ci colga.

— Sia, — rispose il lupo di mare, con voce commossa; — ma vi giuro, donna Dolores, che io vi libererò presto, dovessi perdere la vita.

— Grazie, amico mio. —

In quell’istante, verso l’uscita della galleria si vide apparire uno sprazzo di luce e si udì la voce dell’aiutante di Pardo, a gridare:

— Vi decidete ad arrendervi o dovremo continuare l’affumicazione? Se rifiutate ancora, faccio chiudere l’apertura e buona notte a tutti.

— Addio, Cordoba, — disse la marchesa.

— Addio, signora.

— Potrai resistere?

— Lo spero. —

La marchesa, che sembrava vivamente commossa, gli strinse silenziosamente la mano, poi si diresse verso l’uscita seguita da quattro marinai, gridando:

— Eccoci, signore!...

— Ah!... Ah!... — disse l’aiutante, con voce beffarda. — Pare che non faccia più tanto fresco nella galleria, come pretendevate. — [p. 140 modifica]

La marchesa non rispose e continuò ad avanzarsi finchè giunse a pochi passi dall’apertura, presso la quale l’attendeva l’aiutante di campo, spalleggiato da quattro negri che tenevano puntati quattro enormi tromboni.

— Eccomi, signore, — diss’ella, con tono altero.

— La signora marchesa del Castillo? — chiese l’insorto, salutandola colla sciabola.

— In persona, signore.

— Son ben lieto di vedere finalmente la valorosa Capitana del Yucatan.

— Ed io niente affatto.

— Lo comprendo, signora; in guerra bisogna bene che uno dei due avversari rimanga soccombente. Quanti uomini avete con voi?

— Quattro.

— È morto nessuno?

— Nessuno, signore.

— Seguitemi.

— Dove mi condurrete?

— Dal capitano Pardo.

— Cosa desidera da me?

— Ve lo dirà lui.

— Sono ai vostri ordini. —

La marchesa lanciò uno sguardo dietro di sè e sospirò, poi seguì l’aiutante di campo di Pardo, accompagnata dai quattro marinai i quali erano già stati disarmati.

La galleria metteva capo ad una fitta foresta di vecchi cedri d’alto fusto, sboccando fra due rocce coperte di piante arrampicanti, le quali, colle loro foglie, nascondevano gran parte dello sbocco.

Tre dozzine d’insorti, per la maggior parte creoli, armati quasi tutti di fucili a ripetizione e di Henry Martini forniti loro dai filibustieri americani, stavano accampate sotto gli alberi, in attesa di forzare la galleria e d’impedire l’uscita alla marchesa ed ai suoi compagni.

Erano tutti vestiti di tela, con grandi cartucciere e portavano stivali lunghi e cappelli di paglia dalle ampie tese, adorni di tre piccole stelle, l’emblema della futura repubblica cubana.

L’aiutante di campo, un bellissimo mulatto di alta statura e giovane assai, non avendo forse più di ventidue o ventiquattro anni, condusse la marchesa sotto una tenda che era stata rizzata fra due enormi cedri, invitandola a riposarsi finchè fossero giunti i cavalli, avendo avuto ordine di tradurla al campo del capitano colla maggior sollecitudine.

La signora del Castillo, pur ringraziandolo di quella gentilezza, si rifiutò dicendo che preferiva respirare un po’ di aria pura dopo essere stata quasi asfissiata e si sedette sulla radice di [p. 141 modifica]una grossa pianta, all’ombra del fitto fogliame. Suo scopo era di non perdere di vista quella galleria, la cui uscita si trovava solamente a quindici passi, per vedere se il fumo continuava ad uscire, temendo assai per la vita dell’affezionato lupo di mare.

Con sua grande gioia constatò, che dopo alcune ondate un po’ dense, il fumo era quasi cessato. Certamente la notizia della sua resa era stata già comunicata agl’insorti che occupavano il fortino ed essi non si erano più occupati di alimentare il fuoco acceso all’altra estremità della galleria.

Anche i negri, che poco prima stavano a guardia dello sbocco coi loro enormi tromboni, avevano abbandonato il posto, convinti che più nessuno fosse rimasto nel sotterraneo.

— Mio povero Cordoba, — mormorò la marchesa. — Spero di rivederti presto, assieme al tuo valoroso spagnuolo.

Distolse gli occhi dalla galleria per tema di destare sospetti e si mise a parlare coi quattro marinai che si erano seduti attorno alla coraggiosa donna, come se avessero voluto ancora difenderla.

Dieci minuti dopo una ventina di cavalieri che conducevano con loro parecchi cavalli ancora da montare, giungevano all’accampamento.

— Signora, — disse l’aiutante di campo, alla marchesa. — Preparatevi a partire.

— Sono pronta a seguirvi, — rispose ella.

Il mulatto l’aiutò a salire su un bianco cavallo che era bardato con una larga e comoda sella, fece dare altri cavalli ai quattro marinai, poi il drappello, scortato dai venti cavalieri e guidato dall’aiutante, partì al galoppo.