La cavalleria italiana e le sue riforme/Istruzione

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Istruzione.


L’istruzione, da cui dipende la virtù, la disciplina e l’utilità di una truppa, deve pur seguire tutt’altro indirizzo; perchè il suo scopo non dev’esser quello di circoscrivere la mente e la pratica degli esercizi, nei termini di un regolamento o d’una teoria, che non può mai piegarsi alle varie necessità del terreno e delle circostanze; ma sviluppare l’intelligenza ed ingrandir le idee di tutti coloro che la compongono, affinchè l’esercito (sinchè sarà necessità tenerlo), sia anche in pace, istrumento di civiltà, istituzione d’utile pubblico.

Oggi che la scienza, altra volta privilegio d’una casta, tende ognor più a spandere i suoi lumi nelle masse, è naturale che anche l’esercito che da queste masse si coscrive, non rimanga indietro al comun progresso; e che anzi, in una nazione che tanti inalfabeti conta come la nostra, divenga esso la grande scuola degli adulti1.

L’amore e lo stimolo all’istruzione va perciò diffuso con tutti i mezzi dal soldato all’uffiziale, e a questi particolarmente perchè il non progredire nello studio dell’arte che si fanno un onore di professare, e donde traggono tutto il loro lustro, segna per essi un regresso.

«Il posto distinto che un uffiziale occupa nella società, rende necessaria la cultura varia e profonda della loro mente; e poichè tanta superiorità gli si accorda, che basta la divisa perchè siano ammessi dovunque; è chiaro che tutti i nostri [p. 32 modifica]sforzi debbono tendere a giustificare questa lusinghiera opinione, d’essere non solo uomini istruiti, ma persone abituate agli usi della società2».

Alle cognizioni puramente militari bisogna richiedere da un uffiziale quelle d’un ordine più generale; imperocchè lo stato militare, dacchè è divenuto il dovere d’ogni cittadino, non è più un mestiere ma un’arte, e perciò richiede studi e cognizioni.

A noi certamente non mancano opere militari antiche e moderne, italiane e straniere, che anzi ne abbiamo a dovizia; ma ci mancano i lettori3; e mentre in Germania, in Francia, in Inghilterra e persino nel piccolo Belgio, vediamo in tutti lodevole emulazione di perfezionare gli studi militari ed ingrandire con nuove cognizioni le proprie idee; tra noi, nella nostr’arma, quasi nessuno se ne occupa; e quei pochissimi, che vi sarebbero inclinati, ne sono allontanati dalla svogliatezza di cui è principal cagione quella vita di caserma; quella monotonia da chiostro con cui si ripetono ogni giorno le stesse cose, colla stessa pedanteria di frasi; — quell’aridità di materiali minuzie che intorpidiscono la mente, ed in cui pur troppo i più fanno ivi consistere tutta la loro scienza.

È naturale che dopo le nostre rivoluzioni, molti uffiziali non dovendo i loro gradi che al valore, o all’esser nati sotto buona luna, vi siano pregiudizi intorno le cognizioni; — pregiudizi che debbono mantener coloro che, non avendo avuto educazione, debbon sostenere per amor proprio l’inutilità delle cognizioni sparse nei libri, e vantar la sola utilità della sciabola. — Ma quantunque da varii anni si ricevano dalla [p. 33 modifica]scuola normale giovani brillanti, lo studio dell’arte militare non per questo fa progressi; perchè appunto in quella scuola, prevalendo il sistema di ristringere ed imprigionare la loro intelligenza, nella ristretta cerchia delle regole tecniche, delle lezioni a piedi, e a cavallo, e d’equitazione, non v’imparano che la parte materiale del mestiere, che s’avvezzano a considerarla esclusivamente come tuttociò che lo costituisce.

D’altronde l’emulazione, la sola ed unica leva dell’attività umana, è stata messa al bando dalla legge sull’avanzamento4.

Un anno di servizio prima d’esser caporale;

Un anno di grado per divenir sottuffiziale;

Due anni di galloni per esser promosso uffiziale;

Due anni ancora pel diritto a Luogotenente; due per arrivare a Capitano; quattro, prima d’esser Maggiore; tre, per Luogotenente Colonnello; due, per Colonnello; in tutto, 17 anni di ritardo legale per arrivare a quest’ultimo grado5.

La legge interdice andare oltre, foste anche un Cesare, un principe Eugenio o un Montecuccoli; e poichè non si tratta che di numero e d’anzianità6, a qual, pro intisichir sui libri?...... [p. 34 modifica]Osservate il vostro numero sull’annuario militare; badate che non vi sfugga neppure un nome sui bollettini delle nomine; aspettate quei tanti giorni;...... e poi imbrancatevi coi nuovi collega; e pagate il beverino ai vecchi compagni!

Eppure le nomine degli uffiziali non dovrebbero essere indifferenti, perchè da essi si formano gli uffiziali superiori, e dagli uffiziali superiori, i generali.

L’istruzione dev’essere la principale condizione alle nomine d’ogni grado, perchè l’avanzamento è una ricompensa, e dalla buona scelta dei graduati dipende in gran parte la bontà di una costituzione militare. — Ma questa istruzione, affinchè fruttifichi, è mestieri proporzionarla alla capacità degli uomini, e saperla anche variare, senza però distrarli da quella relativa al loro stato; perchè è nella nostra natura d’annoiarci quando siamo obbligati ripetere ogni giorno le stesse cose; e gli uomini vanno presi non come dovrebbero essere, ma come sono.

L’istruzione intellettuale sia dunque obbligatoria, e vada di conserva coll’istruzione militare.

Il programma delle scuole serali d’inverno dovrebbe modificarsi nel senso d’estenderle a tutte le altre stagioni, dando libri di testo consentanei ai tempi7; e le nomine ai gradi, [p. 35 modifica]soltanto per coloro che, superiori nell’equitazione e nell’uso delle armi, congiungessero i maggiori progressi nelle lezioni della scuola.

Gli uffiziali dirigenti le scuole dovrebbero cambiarsi a tempo fisso, affinchè ciascuno possa provare ai subalterni le cognizioni sue, ed acquistar sopra essi l’autorità del sapere, che ispira più rispetto ed obbedienza e rende istintiva la disciplina.

Due ore al giorno bastano per tale progresso in questo insegnamento primario, da far nascere il desiderio di progredire; specialmente quando vi si vedrà uno scopo d’utilità e d’avvenire8, dacchè il più istruito è sicuro di gratificazioni e d’avanzamento, se la condotta corrisponde alle cognizioni. [p. 36 modifica]S’opporrà, come al solito, il cavallo, il servizio, la bardatura, tutte cose che assorbono gran tempo; ma è forse questa una difficoltà insuperabile?..... Si faccia il governo dei cavalli una sol volta, ed ecco trovato il tempo per l’insegnamento primario.

Ogni anno per due o tre mesi consecutivi nella buona stagione, i sottuffiziali e caporali d’ogni squadrone dovrebbero esser condotti alla campagna da un uffiziale capace, e far pattuglie di 4 in 6 uomini alternamente comandate da ciascuno, per impararvi la maniera di condurle, di collocar le accolte, dar le consegne e il cambio, riconoscer terreni o paesi, rilevarne gli accidenti, pigliar lingua, valutar distanze, stimar larghezze di strade e fare rapporti concisi, verbali e scritti.

Quest’inseguamenti, applicati al terreno, ne svilupperebbero l’intelligenza e v’acquisterebbero le cognizioni di guerra.

Negli uffiziali si farebbe nascere la necessità dello studio col distribuirgli ogni anno nel tempo delle ispezioni un programma di quesiti da risolvere sulla storia, sull’arte militare, sulla geografia, sulla topografia, sulla tattica e sull’ippiatrica. I dintorni della guarnigione si spartirebbero tra loro per ricognizioni di cui renderebbero conto in iscritto, aggiungendovi un bozzetto del paese a maggior chiarezza.

Le risposte e i disegni sottoposti al generale ispettore servirebbero a classificarli secondo il merito, e i primi portati sulla lista d’avanzamento avrebbero soli il diritto di concorrere all’esame pel grado maggiore, qualora a regolare condotta morale e civile congiungessero le altre istruzioni pratiche indispensabili.

La stessa cosa dovrebb’essere per Capitani ed Uffiziali superiori, i quali anch’essi per mezzo dei Colonnelli riceverebbero dal Corpo di Stato Maggiore un programma d’ordine assai più elevato, per dar prova dei loro talenti ai carichi superiori, e regolarne l’avanzamento.

In questo modo si ecciterebbe lo zelo e il bisogno d’istruirsi in ciascheduno, e sarebbe spezzata una volta quella barriera [p. 37 modifica]dell’anzianità, dinanzi a cui l’emulazione e la buona volontà vengon meno; i talenti si spezzano e s’umiliano.

La scherma di spada, sciabola e lancia, è un esercizio che dovrebb’essere incoraggiato, insegnato ed appreso a perfezione; perciò ogni reggimento dovrebbe aver sale, armi e maestri, gratuitamente per tutti i gradi. L’uso della spada vi dovrebb’essere particolarmente insegnato, perchè non si può maneggiare con superiorità una sciabola se non si è versati in tutti i segreti della scherma9; e la lancia, di cui dovremmo specialmente occuparci, prende dalla spada nelle parti più vigorose e più delicate de’ suoi attacchi. Ma poichè la cavalleria combatte a cavallo, un uomo può benissimo maneggiare le sue armi a piedi, ed esserne a cavallo imbarazzatissimo: a piedi non ha dinanzi a sè che l’avversario, il quale possa impedirgli di maneggiar l’arma come più gli conviene; a cavallo, oltre l’avversario che ha dinanzi, deve anche guardare di non toccar la testa, le spalle, la groppa del cavallo e le proprie ginocchia; — tutti ostacoli che nuociono alle varie posizioni da prendere per colpire di taglio o per parare, e non può superarli che con lungo esercizio e molta abitudine a maneggiar le armi stando a cavallo10.

[p. 38 modifica]Il volteggio a cavallo dovrebb’essere destinato a rimpinzare gli esercizi ginnastici della fanteria; e la ginnastica far parte d’esercizi ricreativi11, che si dovrebbero istituire, [p. 39 modifica]perchè tanto contribuiscono a dar forza fisica, agilità, flessibilità, leggerezza e salute; — condizioni indispensabili all’arte equestre.

Le lezioni d’ippiatrica si dovrebbero ristringere a quanto è necessario ad imparare a scegliere ed a saper conservare i cavalli destinati agli usi della milizia12. La pretesa di far d’ogni uffiziale un veterinario è un assurdo. — Ciò che si deve pretendere sia imparato a dovere, si è che ogni ufficiale, osservato un cavallo, sappia darne i connotati completi di taglia, sesso ed età, cosa che richiede studio ed esperienza; sappia descriverne il mantello e le sue specialità; la conformazione, se bella o difettosa, e in che consistano le sue bellezze e i suoi difetti; poterne dire l’origine e la razza dal suo complesso; parlare delle zoppìe e delle sue cagioni dopo averlo visto muovere; distinguere il genere di servizio a cui sembra più adatto, ed avere infine tutte quelle altre cognizioni, non certo le più facili, sugli organi visivi, sulla ferratura e sull’igiene.

Queste lezioni che si dovrebbero dare all’aperto, con un cavallo dinanzi, riuscirebbero più utili e più proficue di quelle da sala, ove dopo aver parlato per ben due ore di dorso mastoideo, d’epicondilo, epitroclo, trochitere, trocantere e trocantino13; non si fa che imbrogliar la mente con [p. 40 modifica]nomi che presto si dimenticano, e si finisce sempre col non capirne un’acca.

Nelle scuole militari, quei giovani decisi per la cavalleria dovrebbero essere addestrati con cura speciale nell’equitazione14, affinchè, una volta usciti, potessero compiere la loro istruzione pratica nei reggimenti, senza dover passar ancora un anno o due alla scuola normale di Pinerolo, per [p. 41 modifica]impararvi quello che debbon già sapere, dopo l’esame che subirono per avere il grado.

Quella scuola normale invece dovrebb’essere esclusivamente istituita a beneficio dei sottuffiziali che, mandati in maggior numero, vi potrebbero apprendere con due anni di corso quelle cognizioni che prima non poterono acquistare nelle scuole o nelle accademie, per togliere così qualunque ostacolo al loro avanzamento15.

Nei reggimenti, l’istruzione principale, — quella che da se sola dovrebbe occupare il maggior tempo, ed a cui va annessa la maggiore importanza, è l’equitazione, la quale andrebbe specialmente premiata ed incoraggiata. L’istruzione individuale del cavaliere deve arrivare al punto da renderlo perfettamente padrone del cavallo; — lanciarlo, dirigerlo, contenerlo a suo grado; formarne un tutto che personifichi il centauro della favola16; — e ciò è tanto più necessario, perchè il combattimento in ordine sparso è più generale e frequente col tiro lungo e fitto delle nuove armi ad ago; e caricando anche in linea, succede sempre una mischia, dove ciascuno, dinanzi o indietro, a destra o a manca, è obbligato dar giù o difendersi per conto proprio.

Con buoni cavalieri, montati su cavalli bene addestrati, allenati al corso, abituati a superare qualunque ostacolo, ed a squadronare su qualunque terreno17, le evoluzioni, per passare [p. 42 modifica]rapidamente dall’ordine piagato o di debolezza all’ordine spiegato o di forza, riusciranno sempre correttamente eseguite a qualunque andatura; e i maggiori spazi che separano oggi dal nimico, per la potenza delle armi rigate, saranno rapidamente superati, senza che all’arrivo manchi la forza all’urto e la lena ad un rincalzo o ad un velocissimo ritorno; — ma coteste evoluzioni siano pur semplificate e ridotte di tutti quegli inutili movimenti di pace; — movimenti complicati e pedanteschi, i quali fanno perdere un tempo prezioso, che potrebbe esser più utilmente impiegato a meglio insegnare quei pochi movimenti utili, che in un’arma tutta impulso sono i soli in rapporto colla sua natura.

Negli esercizi, non bisogna far le cariche moderate, perchè si rischia lo siano ancor più dinanzi al nimico, e i soldati al primo disordine si crederanno perduti18. Bisogna invece abituarveli a carriera lanciata e dopo 40 o 50 metri di quell’andatura, fermarli di tratto prontamente e non per gradi, indi lentamente avanzando riordinarli subito, senza curare se più non siano a posto, per avvezzarli a considerare quel disordine apparente, come una circostanza abituale, a cui si ripara facilmente, senza che ne venga danno. Dato il segno di fermarsi, staccar subito una partita di foraggieri a rincalzare il nimico; — riordinate le file, suonare il serra-truppa e ridar la carica alla seconda linea. — Gli esercizi di pace no debbono essere che la ripetizione di ciò ch’è utile e possibile in guerra19.

Sarebbe pur bene far comandare talvolta il reggimento [p. 43 modifica]alternamente dagli uffiziali superiori; le divisioni dai capitani; gli squadroni dagli uffiziali subalterni, e i plotoni dai sergenti e caporali, a scopo d’ingrandir la sfera d’azione dei vari gradi, accrescerne l’emulazione, e il bisogno d’acquistar cognizioni.

La pratica non basta per coloro che hanno la nobile ambizione di rendersi utili alla nazione ed al suo esercito; — non basta per essere iniziati in tutto lo scibile della guerra; ma ci vuole uno studio di regole e principii, altrimenti si va da cieco o si dipende dal caso. Gli antichi erano talmente convinti della necessità della teoria e della insufficienza della pratica, che avevano stabilito scuole pubbliche, in cui s’insegnava l’arte della guerra, che con questo mezzo portarono a perfezione.

Napoleone I riconosceva che l’esperienza della guerra, la pratica dei combattimenti e le maggiori virtù guerriere non bastano a formar buoni uffiziali, senza un corredo d’istruzione tattica ed intellettuale, che non s’acquista in mezzo al fuoco, ma che dà lo studio e la meditazione sui libri. — Collo studio, un capitano può saper ciò che deve fare quando sarà generale: — se lo aspettasse allora, non sarebbe a tempo, perchè bisogna aver la capacità d’esercitare una carica prima di poterla onorare20.

La pratica e l’esperienza, non guidate dallo studio e dalla riflessione, a nulla valgono; ed è per questo che vediamo talvolta coloro che comandano, non abbastanza arditi per isquadronare altrimenti che fu insegnato, e molte volte neppure riflettere se l’evoluzione che fanno sia o no opportuna; sia o no cattiva. Credono sempre che il regolamento d’esercizio vada seguito alla lettera, e non sanno capacitarsi che invece dà precetti capaci di più alte combinazioni.

La teoria deve preceder sempre la pratica, perchè l’uomo che non avesse studiato e meditato i principii dell’arte, potrebbe aver forse colla sola pratica qualche successo [p. 44 modifica]momentaneo; ma che aspettarsi da un uffiziale generale o superiore, che oprasse a caso e non secondo i dettami dell’arte?... «Il pensiero solo, o per meglio dire, la facoltà di combinare le idee distingue l’uomo dal somiero. Un mulo, che avesse fatto dieci campagne col principe Eugenio, non sarebbe per questa miglior tattico21

Si studi a fondo il concatenamento dei principii della guerra nel loro assieme, e l’applicazione della teoria alla pratica; darà l’ultimo grado di forza alla dimostrazione.

L’istruzione sia dunque più sviluppata, a misura dell’avanzamento gerarchico degl’individui; nulla vi sia d’inutile, ma il tutto coordinato nell’interesse esclusivo della scienza e dell’arte, è il mezzo più potente d’estendere le idee militari; render più salda la disciplina, ed ispirare quei sentimenti di superiorità e di fiducia, che innalzano il morale e dànno la coscienza della propria forza.

Note

  1. M. Blanqui. Du regime economique de l’armée en temps de paix.
  2. Ferdinand de Marschall, capitano al primo reggimento di fanteria prussiana. Educazione della fanteria in due anni sotto le bandiere.
  3. Non v’è arte che più della militare abbondi di storici e di maestri, ma non vi sono autori che più dei militari rimangano inosservati. — Ugo Foscolo. Dell’uso degli antichi libri di guerra dopo il decadimento della disciplina romana.
  4. Vedi R. D. 13 novembre, 1833, nel giornale militare di detto anno.
  5. Seidlitz nel suo trentesimo anno fu scelto da Federico II di Prussia a comandar la cavalleria..... avanzò di grado in grado a dispetto del pregiudizio dell’anzianità e dell’invidia offesa. — Bismark. Tattica della cavalleria, pag. 46, 240.
         Alla battaglia di Rosbach, Seidlitz, fatto generale da pochi mesi, condusse perfettamente la cavalleria prussiana, benchè prima non avesse mai comandato una brigata dinanzi al nimico. — Busching, 1781. Magasin d’histoire.
  6. Abbiamo è vero l’avanzamento a scelta ( 1:3 sino al grado di Capitano, la metà pel Maggiore e la scelta per tutti gli altri) che sarebbe un compenso se fosse accordato al vero merito, ove questo merito fosse riconosciuto da un solenne esame, rigoroso ed imparziale; ma chi non sa ch’esso potrebbe essere anche il diritto accordato al favore, all’intrigo, alla protezione?!.....
  7. I libri di testo, attualmente in uso nelle scuole reggimentali, sono gli stessi compilati fino dal 1852, ed ecco quello che vi si legge e vi si insegna:
         «Gli Stati in cui dividesi presentemente (l’Italia) sono i seguenti: il regno Sardo — il Lombardo Veneto — il ducato di Parma e Piacenza — il ducato di Modena — il granducato di Toscana — gli Stati Pontificii — la Repubblica di San Marino — il regno delle due Sicilie.
         Il regno di Napoli occupa ecc,... si scomparte in quindici provincie..... La dinastia attualmente regnante discende dai Borboni di Francia.
         Il Lombardo Veneto è diviso in diciasette provincie....... Fornisce all’esercito austriaco circa 36,000 uomini di leva.
         Il ducato di Parma dividesi in quindici distretti d’amministrazione..... Il duca di Parma è discendente dai Borboni di Spagna e di Elisabetta Farnese che portò in questa famiglia i diritti di successione a questo principato.
         Modena — Dividesi questo ducato in quattro provincie..... L’attual duca per discendenza femminile appartiene all’antichissima casa d’Este.
         Lo Stato Pontificio dividesi in venti legazioni (questo sarebbe anche falso perchè le legazioni furono sempre 4 e non 20) con 2,908,000 abitanti.... Il Sommo Pontefice ha la sovranità di questo Stato.
         La Toscana è divisa in sei provincie..... L’attual duca è di Casa Lorena d’Austria.
         Gli Stati Sardi ecc..... La Corona è ereditaria nei principi di Savoia Carignano.
         Vedi Secondo Libro di Lettura ad uso del soldato, compilato da Vittorio Sacchi con approvazione del Ministero della guerra. — Tip. Paravia, 1852, pag. 142 al 152.
  8. L’istruzione delle truppe, ed un’istruzione ben diretta, è uno dei mezzi per ravvivare lo spirito militare, perchè il coscritto vedrà nel servizio un mezzo d’apprender cose utili pel suo avvenire, quando rientrerà nella vita civile; — cose indispensabili per migliorarlo, poichè ciò che gli si sarà imparato lo renderà atto ad occupare i piccoli impieghi, e infine un mezzo che sviluppando le sue facoltà gli procaccierà un avanzamento favorevole e certo. — La Roche-Aymon. De la cavalerie.
  9. L’uso dei Romani era di ferir di punta. Essi si ridevano di un nimico che gli assaliva col taglio della spada; — tanto poco gli costava la sua disfatta. Difatti i colpi di taglio, per quanto siano vigorosi, di rado riescono mortali, poichè le armi difensive e le ossa preservano le parti più necessarie alla vita. La punta invece per poco ch’entri, può offendere parti nobili e perciò esser mortale. D’altronde non si può colpire di taglio senza scuoprire il braccio e il lato destro; mentre si resta del tutto coperti dando di punta, e si ferisce il nimico prima che abbia tempo di parare. Ecco perchè preferivano i nostri antichi la punta al taglio. — Studi sulle regole militari di Vegezio, cap. XII.
  10. Un’appendice del 1o gennaio 1858, all’ordinanza inglese del 20 maggio 1851, tratta del maneggio delle armi: sciabola, carabina, lancia, pistola.
         «L’ordinanza inglese differirebbe essenzialmente dalla nostra per un’applicazione più estesa dei principii dell’equitazione militare e dell’esercizio delle figure del carrosello, allorchè i cavalieri hanno acquistato il loro assetto.
         Gli uomini sono provveduti di maschere e sono armati: una metà ha sciabole di legno con guardia di vinco dette basket-sticks; l’altra metà, aste di lancia. Gli si fanno eseguir prima alcuni movimenti combinati in cui s’attaccano e si difendono secondo le regole prescritte al maneggio di codeste armi; indi si formano le due riprese colle spalle rivolte al lato piccolo, si scelgono due cavalieri (uno in ogni squadra) che s’avanzano a galoppo riunito, s’incontrano in mezzo al maneggio e s’attaccano e si difendono secondo la propria ispirazione, conformandosi peraltro alle prescrizioni del regolamento.
         Questa scherma a cavallo è un esercizio eccellente come compimento del lavoro individuale; dà al cavaliere la destrezza e il vigore che gli sono necessarii a maneggiar il cavallo e le armi isolatamente con tutta la flessibilità e l’energia d’un combattente esperto; perchè riassume l’applicazione di tutti i principii che sino allora ha ricevuto e ch’è obbligato mettere in pratica con tutta la rapidità del pensiero. — Etude sur les cavaléries étrangérs. Cavalérie anglaise, pag. 50.
  11. I soldati dovrebbero esercitarsi non solo negli esercizi e nelle evoluzioni; ma eziandio alla corsa, al salto e ad altri giuochi che tendessero a renderli agili, forti e svelti.... Questi esercizi, presentati ai soldati come giuochi, ne ecciterebbero lo zelo e l’emulazione e gli renderebbero più leggieri i momenti penosi del loro stato; — lo avvezzerebbero a poco a poco a correre e a saltare, e ne renderebbero più forte il temperamento. — Studi sulle regole militari di Vegezio.
         Il B. D’Azemare nella sua opera intitolata: De l’avenir de la cavalerie così scrive: Al campo di Sathonay a Lione, noi sappiamo che durante l’inverno, il compianto generale di divisione Bouat, nel principio della guerra d’Italia, ordinava talvolta dei giuochi invece di esercizi tattici. Si combinavano partite di salti di steccati e salta montoni sotto la sorveglianza degli uffiziali; l’allegria era al colmo e ciascuno era contento. Cap. V, pag. 71.
  12. R. Fauvet. — Manuale d’Ippiatrica militare, ossia ristretto metodico delle cognizioni veterinarie indispensabili all’ufficiale di cavalleria. Introduzione, pag. vi.
  13. Vedi vol. 5° della teoria sugli esercizi ed evoluzioni! — Io veramente non ho mai capito qual nesso abbia l’ippiatrica col regolamento d’esercizi e d’evoluzioni. Fin dal 1862, epoca in cui fu stampato quel nuovo regolamento, non avrei saputo immaginare che due cose così disparate si potessero comprendere sotto l’istesso titolo.
  14. Indipendentemente dagli esempi che noi troviamo in recenti istituzioni, non sapremmo dimenticare le lezioni che ci offrono gli antichi, che sono i nostri maestri specialmente su ciò che riguarda l’educazione ed il reclutamento della cavalleria. Ecco come i Romani assicuravano a quest’arma uomini e cavalli completi.
         «I giovani scelti per servire in qualità di cavalieri erano esercitati nell’equitazione in accademie accuratamente tenute.
         Quando erano arrivati all’età del servizio si facevano montare a cavallo prima senz’armi, sinchè avevano acquistata sufficiente abitudine a questo esercizio; indi con tutte le armi. Gli s’imparava a saltare e discendere tanto dalla destra che dalla sinistra, tenendo l’asta e la spada in pugno.
         Tutto questo lavoro si faceva individualmente, e quando erano abbastanza istruiti, gli si faceva eseguire la decursione o giuoco Troiano, ludus Troiae. Si formavano allora in due turme (plotoni o compagnie); una era composta dei più grandi, pueri majores; l’altra dei più piccoli, pueri minores. I nostri carroselli sono una pallida immaginazione di questi esercizi equestri.
         Le due truppe eseguivano simulacri di combattimenti, di marcie militari in armi e di lunga durata; si esercitavano a caricare il nimico, ad incalzarlo, a ritrarsi, a saltar fossi e siepi, a salir su scoscese colline, a passar fiumi a guado, in barca e a nuoto.
         Questi giovani così istruiti si mostravano nel giuochi del circo. Tiberio vi fu capo di una turma di pueri majores; Nerone vi si mostrò con successo prima di 12 anni: — Giulio Cesare nella sua gioventù, montato alla rovescia, cioè colle spalle verso la testa del cavallo e senza briglia, lo lanciava a tutta carriera colle mani incrocicchiate dietro. — Memoires de l’Academie des inscriptions.
  15. Il principio dell’uguaglianza dei diritti sarebbe un assurdo livello, se consistesse a promuovere uffiziali dei sottuffiziali, sol perchè sono sottuffiziali, e debbono coprire un terzo dei posti vacanti da Sotto-Tenente che loro spettano; mentre poi ai giovani ch’escono dalle accademie si richiede un rigoroso esame.
  16. Il metodo teorico pratico d’equitazione militare, testè pubblicato dal nostro generale di cavalleria Achille Angelini, è quanto vi può essere di più razionale, di più logico, di più perfetto, è un libro aureo che ogni uffiziale di cavalleria, non che leggere, dovrebbe studiare a fondo e meditare!
  17. Nè si leggerebbe di noi nelle istruzioni date dai Generali stranieri: «La cavalleria è montata in modo ineguale; i cavalieri non sono abbastanza padroni dei loro cavalli.... nè posseggono la necessaria destrezza nel superare gli ostacoli del terreno.» Istruzioni dell’Arciduca Alberto, date ai Generali ed Ufficiali superiori dell’esercito austriaco per la campagna del 1866 in Italia. — Parte 2ª. Caratteristica dell’avversario.
  18. V. Marmont (duc de Raguse), Esprit des institutions militaires. Cap. 1, Sez. 2, pag. 53.
  19. «Presso i Romani gli esercizi erano combattimenti senza effusione di sangue, e i combattimenti sanguinosi esercizi.» Flavio Gioseffo, Delle antichità giudaiche.
  20. «Non loca viros sed viri loca faciunt honorata.» — Agesilao in Plutarco.
  21. Lettera di Federico II di Prussia al generale Foquet.