La favola dei sette colori/Primo atto

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Primo atto

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Preludio Atto secondo
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PRIMO ATTO


Il solito bosco non troppo selvaggio. Ora però c’è l’incandescenza dell’aurora che prorompe dal frascame degli alberi, e rosseggia sempre più. Fuoco magnifico, unica fiamma fatta delle mille piccole fiamme degli atomi che turbinano sopra le foglie, ben chiusi nei limiti del raggio. La scena resta deserta un momento.

Personaggi: Iride, Giunone, Mercurio, le sette gocce, Arco. [p. 133 modifica]

PRIMO ATTO

(Compare per prima Giunone, maestosa e affrettata indecorosamente. Si ferma ed osserva i cespugli)


GIUNONE
Mi par di aver udito bofonchiare
delle parole ingiuriose alla
dignità della dea moglie e sorella
di Giove. Qui non c’è nessuno! Chi
sa dove sono quei maleducati!
E’ forse perchè sono un poco miope...

(forte, verso le quinte)


Iride! Senti! Iride! Ma insomma
ti prego di volerti scomodare...
A comodo, si intende; quando avrai
cacciati fuori gli ultimi sospiri
all’aurora...
IRIDE

(entra in scena di corsa, con un’aria un po’ sperduta, come chi si sveglia appena dal sonno o dalla contemplazione. E’ bella come una stilla di rugiada baciata dal sole. Non si capisce bene se ha un vestito o no. Il suo corpo è tutto un riflesso che non si può guardare, in cui si indovinano i sette colori)


Perdonami regina,
ti giuro, non è colpa
mia, se quando nasce l’aurora rubiconda

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non posso,
non posso non mordere la polpa
di quel frutto rosso
come una pesca rotonda.
Perdonami. E’ un vizio
che ho preso fin da bimba. Ma se vuoi
cercherò di strapparmelo...
GIUNONE
Iride, tu sei piena di buone intenzioni, ma a dire
il vero dovresti sveltirti un poco.
E’ un’ora che ti chiamo! Mi hanno insultato!
                                                             [ Capisci,
me, la regina! Sotto questa luce di croco.
IRIDE
Non ci posso credere!
chi ha il coraggio
di insultare te, la regina
degli Dei!
GIUNONE
Lo sai che io sono miope; guarda se vedi
nessuno fra le verdi fronde di questo bosco.

(si ritira verso il fondo e guarda)


IRIDE

(cercando)


No, io non trovo
nessuno!
Non vedo che fronde verdi
e terriccio bruno.

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(le sette gocce si avvicinano piano piano tra i cespugli senza che Giunone se ne accorga)


LA PRIMA GOCCIA

(sussurrando)


Iride! C’è Iride! Guarda
come è sempre più bella! Io amerei
avere eternamente il suo violetto!
LA SECONDA GOCCIA
Io il rosso!
LA TERZA GOCCIA
                     Io il verde!
LA QUARTA GOCCIA
                                            Io l’arancione
LA QUINTA GOCCIA
                                                                    Io il giallo
e l’indaco!
LA SETTIMA GOCCIA
                   No, l’indaco lo voglio
io.
LA SESTA GOCCIA
M’accontento dell’azzurro solo
ma bello come il cielo nell’inverno.
LA PRIMA GOCCIA
(un po’ più forte)
Iride!
LA SECONDA GOCCIA
        Iride!

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LA TERZA GOCCIA
                         Iride!
LE ALTRE GOCCE
                                    Iride!
IRIDE

(piano)


Pss! Pss! tacete, ve ne prego, pss!
Pss! Se vi sente Giunone! tornate
più tardi!
GIUNONE
      Qui non ho trovato niente!
E tu vedi qualcuno?
IRIDE
Ma... veramente...
GIUNONE

(stizzosa)


Mi pare che tu perdi
il tempo come se fossi miope!
IRIDE
Io non vedo che fronde verdi
e terriccio bruno.
LE GOCCE

(piano)


Grazie Iride! Ritorneremo
sotto un cielo più bello,
quando il tuono sarà lontano...
ricordati di noi

(spariscono)

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LA QUINTA GOCCIA

(in lontananza)


Io vorrei l’indaco e il giallo!
LA SETTIMA GOCCIA

(in lontananza)


Ma no, l’indaco lo voglio
io! Tu sei prepotente!
Perchè vuoi due colori?
LA QUINTA GOCCIA
E perchè tu ne vuoi uno solo?
GIUNONE

(avvicinandosi)


Mi par d’aver sentito rumore!
IRIDE
Ma no, sono le talpe
che escono all’odore
della primavera!
GIUNONE

(correndo velocemente il bosco)


Ah! ti voglio prendere, questa volta!
IRIDE

(tra sè)


Oh poverette!
E’ la quinta o la settima
goccia? Si litigavano
per chi dovesse prendere
il giallo o l’indaco!
Io vorrei darglieli!
Ma com’è possibile?

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I colori sono la mia vita,
sono la mia carne
e il mio respiro.
Come si fa a regalare un poco di vita?
O poverette!
E se Giunone le prende!
LA VOCE DI GIUNONE
Iride! Iride! Fa presto!
L’avevo quasi raggiunta
Ma ora m’è scappata!
Capisci! L’ho lasciata
con un occhio pesto!
Ora non la ritrovo più
Maledetta la miopia!
Iride! Vieni! su
deciditi! Insomma!
IRIDE

(correndo)


Eccomi! Eccomi!

(esce)


(le voci delle due cercatrici si perdono sempre più lontane. Lentamente, ricompaiono le gocce)


LA PRIMA GOCCIA
Pss! Non c’è più!
LA SECONDA GOCCIA
                               Non c’è più!
LE ALTRE GOCCE
                                                       Non c’è più!

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LA PRIMA GOCCIA
Venite pure avanti. Io mi concilio
di nuovo con i fauni. Hanno ragione!
Giunone è diventata insopportabile!

(tutte entrano in scena)


LA SETTIMA GOCCIA
Anche il nostro è un destino... Via!... decisamente...
                                                                       [curioso!
Dobbiamo eternamente fuggire qualcuno:
i Fauni, quando vien l’aurora, e poi Giunone
quando vien Iride!
LA QUINTA GOCCIA
       I Fauni hanno ragione!

(si sente un rumore di passi)


LE GOCCE
Chi c’è? Chi viene? Via, cosa succede?
Non c’è nessuna che vede
l’intruso? E’ un uomo
con una cetra! Un aedo! Fuggiamo!
LA SETTIMA GOCCIA
Ve lo dicevo che è il nostro destino!

(scompaiono. Entra Arco, l’aedo con la cetra. E’ giovane, sereno)


ARCO
Avevo quasi udito un mormorio
che non sembrava umano. C’è un ruscello
all’ombra dell’altissima cerchiata,
nascosto sotto le giuncaie? o i passi
e la canzone d’Iride, la mia
divina amante? E’ ancora presto. Vedo

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l’aurora sopra il muriccio di zolle.

(posa leggermente la cetra sull’erba)


Un bel boschetto, per tutti gli Dei!

(si sdraia e si stira voluttuosamente sulla maneggia di un albero)


Oh! Vivo di gusto! Che gioia
stirare i muscoli torti contorti,
strizzarli come un panno gocciolante
e poi stenderli un poco pieghettati!

(parlando alla cetra)


E tu, o bella mia, che cosa fai?

(si alza e si appoggia a un albero)


Perchè tu vali quanto la stupenda
Iride! E non per estasi probabile —
queste sono cose da poeti ed io
sono un aedo girovago! — Ma
perchè non mi dai da vivere! Eh! già!
Proprio! I baci d’iride non fanno
mangiare benché siano baci divini.
LA CETRA
I baci della cetra sono più
voluttuosi anche di una dea!
ARCO
Oh! la mia cetra è un po’ sentimentale
e piacerebbe al padre Giove. Caro,
il padre Giove! L’ho sfidato ben
due volte pel certame della vita.
«Arco, l’aedo, sfida il sommo Giove a chi godrà di più una giornata

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di primavera, un fiasco di buon vino
e una battaglia di stelle filanti».
Finora Giove non si è fatto vivo.
LA CETRA
Arco, signore mio, stattene in guardia
chè Giove si fa vivo quando uccide.
ARCO
Ora la cetra diventa funesta
fa la Cassandra di ogni sciagura.
No, io non morirò, perchè sussulto
troppo alla gioia di vivere. Voglio
troppo la vita perchè venga morte
a farmi visita.
MERCURIO

(tra sè)


     Almeno a vederlo
quello mi sembra un bellissimo Dio.
Chi sarà mai? Un Dio che non conosco
Il Dio ignoto?

(forte)


                         O tu che cicalecci
con una cetra e sei un Dio, e ridi
cosí serenamente con te stesso,
sappi ch’io sono un messaggero!
ARCO
         Dio
non sono e rido con me stesso, per la
gioia di poter ridere.

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MERCURIO
        Benissimo!
Ma ascolta; non avresti intraveduta
una magnifica donna che sembra
Giunone; ed una piccola e gentile
tutta vestita di sette colori?
ARCO
Iride?
MERCURIO
         Se tu sei di conoscenza
tanto meglio!
ARCO
    Non l’ho viste! Perchè
tu mi domandi di due dee? saresti
forse un Dio? E ignori che i mortali
non possono conoscere gli Dei?
MERCURIO
Figurati! Io sono Dio come tu sei
rapa! Cercavo quelle due donne
perchè sapevo che debbon venire
in questo bosco a cogliere le rose.
Il mio padrone che me l’ha ordinato,
m’ha già appioppato trenta bastonate
perchè non ero subito riuscito.
ARCO

(con disprezzo)


Ah! dunque tu sei un servo?

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MERCURIO
                                                     Io
sono un tremendo messaggero. Porto
una condanna a morte. Ma non posso
dirla, ed è inutile che tu
domandi.
ARCO
         Io non domando.
MERCURIO
         Addio!

(esce)


ARCO
                     Addio!

(un momento di silenzio)


LA CETRA
Aedo, dimmi, perchè sei felice
e come vino centellini il mondo?
ARCO
La mia cetra diventa anche filosofa,
e, per gli Dei, mi chiede l’impossibile!
Io sono felice perchè non mi chiedo
perchè sono felice; amo la vita
perchè non voglio un’altra beatitudine;
Io sono felice, perchè voglio esserlo.
Ma guarda il sospiro della vita
d’inverno, racchiusa nel diamante
del freddo limpido che si accende.
Ma guarda il sospiro della vita
inanimata e la cicalata
di brividi d’una stella errante

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che racconta sulla via infinita
alle stelle le loro leggende.
Vita dell’anima, sei umiliata.
Scelgo il dissolvimento che prende
e sperde come in una fiorita
luminosa di stelle infrante.
A te non pare incommensurabile
la vita inanimata o corporale?
Ma il sole scende già oltre il muriccio
di zolle spolverando le macîe
e gli imbrèntani secchi. E sta innondando
gli scolaticci e i campi che pratiscono
e i fiori che allegano! Vittoria!
La luna e il sole son le due più belle
cose del mondo.
IRIDE

(entrando)


     Iride non è delle
tue bellezze?
ARCO
     Iride! Iride!
Baciami sulla bocca!
Tu sei la sola mia bellezza!

(si baciano)


Come potevo io bestemmiare
con tanta freddezza?
Ma perchè la tua bocca
era ancora tanto lontana!
Iride! Nego il sole, nego la luna
bianca come la lana
dei paterni montoni; nego

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le stelle per i tuoi occhi,
la gioia di respirare
per i tuoi baci, per le tue labbra
dolci e amare
come un frutto acerbo;
getto tutto sotto i tuoi piedi,
Iride, fuorché una cosa
sola, vedi,
Iride, sii buona, lasciami
questa cosa sola.
IRIDE
Ma io non ti domando il getto di tutta la tua
vita. Io voglio un piccolo posto nel tuo amore.
Perchè tu sei semplice, Arco, ma hai un amore
infinito come la via lattea, per tutte le cose.
ARCO
Iride, sii buona, lasciami
questa cosa sola.
IRIDE
Taci! Io non voglio sapere! Non voglio sapere
che cosa ti devo lasciare, che cosa
è più forte di me nel tuo Amore infinito.
Non voglio conoscere il rivale mio.
Son sicura che è proprio una cosa da nulla,
un capriccio d’uomo. Ma a me non importa!
Io voglio solo un piccolo posto nel tuo amore.
ARCO
Non vedi il rosso del giorno? Il verde di tutte
                                                              [le piante,
l’azzurro del cielo, l’oro del sole,

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non vedi, non vedi, che tutte le cose del mondo
più bello, i colori sono in te, Iride?
Io, amando te, ho amato tutto il creato.
IRIDE

(triste)


Non posso amarlo, Arco, perchè lo vedrò sempre.
Tu ami quel che vive, perchè un giorno dovrai
                                                                  [morire.
Io non posso morire, perchè se muore Iride
impallidiranno tutti i colori.
LE GOCCE

(arrivando)


Siamo tornate! E non c’è più Giunone!
Iride? Non ricordi? Ce l’avevi
detto.
IRIDE

(senza sentire, ad Arco)


     Ma io amerò sempre te
che sei per me tutto quello che vive.
Perchè non vivi eternamente.
LE GOCCE
     Chi
è quell’intruso? Non ci sente più!
Non s’è nemmeno accorta che ci siamo!
Iride! Iride!
LA TERZA GOCCIA
     Ho voglia di piangere.
Perchè trattarci così male? Era
la nostra grande sorella maggiore
una volta!

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LE ALTRE GOCCE
       Iride! Iride!
LA QUINTA GOCCIA
Iride! Quasi si meriterebbe
che venisse Giunone per sorprenderla
insieme a un uomo. Se venisse non
l’avvertirei.
LA SESTA GOCCIA
       Giunone? Sta venendo.
LE GOCCE
Eccola!
LA PRIMA GOCCIA

(correndo risolutamente a Iride)


C’è Giunone! C’è Giunone!
Badate!

(scappano)


LA SETTIMA GOCCIA

(uscendo)


Questo è il nostro destino!
IRIDE

(spaventata)


Arco, per carità, fuggi! Fuggi!
Fuggi!
ARCO
Addio Iride! A domani!
e ti prometto di non fare più
tanta filosofia a buon mercato:
un bacio più, e una vita meno.

(esce cantando)

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MERCURIO

(a Giunone, entrando)


M’ha proibito di dire il suo nome
a tutto il mondo fuori che a te.
GIUNONE
Ma insomma, dimmi, che volete fare?
MERCURIO
Noi? Uno sdrucio alla legge dei Fati:
uno scherzetto alle tre buone Parche.
Un uomo, un verme, ha insultato Giove,
ma non si può dissolvere per legge
del Fato. Ora tu hai una potenza
unica per gli sdruci alle inviolabili
vesti delle Tre Parche. Tu possiedi...

(a Iride)


Mi pare che le tue piccole amiche
gocce che sono il doppio di tre e mezzo
ti chiamino!
IRIDE
         Tu credi? Non mi pare.
In ogni modo andrò a cercarle

(esce)


MERCURIO
         O Giove!
Iride è ingenua come una cicala!
GIUNONE
Mercurio, spiccia la tua conclusione,
perchè, se non lo sai, io, la regina
degli Dei, sono poco paziente.

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MERCURIO
Ecco! Giove m’ha detto che ti dica
che tu dica a Iride di andare
a tagliare il capello della morte.
GIUNONE
       Ma Iride...
MERCURIO
       Lo so,
lo so che Iride non può
tagliarlo a tutti.
Ma ha acquistato pratica...
GIUNONE
Tu non sai che Iride
taglia i capelli degli uomini
torturati, che invocano
la morte e non la possono
avere per la solita storia.
Il suo è un taglio liberatore
desiderato, non uno strappo.
MERCURIO
Se glielo dici te
farà anche uno strappo.
GIUNONE
Basta! Ora dimmi chi è
questo mortale.
MERCURIO

(con precauzione)


Non lo dire che a Iride,
mi raccomando.

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GIUNONE
Non mi offendere, ti prego,
con le tue raccomandazioni.
Io, se non lo sai, sono la regina degli Dei,
moglie e sorella di Giove.
MERCURIO
Figurati se non lo so! Dove
sei te, si sa che c’è la regina
degli Dei. E’ un tale Arco,
Aedo.
GIUNONE
Benissimo! Addio!

(esce)


MERCURIO
Addio! Se ne è andata... su due piedi;
e non m’ha detto si e non mi ha detto
no. Che cosa potrò raccontare
al sommo Giove? Non sarà difficile
trovare qualche piccola bugia.

(mentre sta per uscire entra Iride)


IRIDE
Mercurio!
MERCURIO

(galante)


   Iride!
IRIDE
   Dimmi, perchè m’hai
contata quella frottola?

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MERCURIO
       Perchè
dir le bugie mi piace quasi come
sputare dentro i pozzi profondissimi.
IRIDE
M’hai fatta correre disperatamente
per tutto il bosco, neanche se avessi
le ali ai piedi come te, Mercurio.
MERCURIO
Pel mio Padrone ti fo giuramento,
che avevo visto quelle gocce, o Iride!
IRIDE
Tu mi stai raccontando un’altra frottola.
MERCURIO
Sei così bella che mi fai vergogna
delle mie figlie.
IRIDE
       E chi sono le tue figlie?
MERCURIO
Oh! le mie figlie sono le bugie
e figlie delle figlie son le frodi,
e i miei cugini son gli inganni, ed io
Mercurio, sono figlio del commercio
e della velocità! Ah! Ah! Ah!
Iride sei rimasta sbalordita?
IRIDE
Io non capisco più niente. Discorri
a tratti come un fiume che disvalla,

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e a tratti come gocciola che rode.
Mercurio dimmi, dimmi cos’hai detto
alla mia Dea!
MERCURIO
     Guarda come saltelli
nei tuoi discorsi! Io le ho detto...
IRIDE
                                                          Le hai detto?
MERCURIO
Eh! le ho detto...
IRIDE
     Mercurio sei proprio
maligno! Perchè
perchè non dirmela? E’
una cosa così importante?
Cosí terribile?
Cosí segreta?
Perchè non dirmela a me
che sono l’amica di Giunone?
MERCURIO
Te la dirà Giunone.
IRIDE
Mercurio...
MERCURIO
Via, te lo racconto. Si tratta d’un ape
dell’Asia che non ha fatto miele.
IRIDE
Mercurio...

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MERCURIO
Si tratta di una piantagione di rape
— non dirlo! — di un pronipote di Semele.
IRIDE
Mercurio...
MERCURIO

(cambiando voce)


Iride lo vuoi sapere? Si tratta
di morte.
IRIDE
Morte?
MERCURIO

(quasi malvagio)


         Morte.
Devi per comando del sommo Giove
togliere il capello di un mortale
per cui ancora non vale
il decreto delle tre Parche.
IRIDE
         Ma chi è
questo mortale? E vuole morire?
MERCURIO

(secco)


No, vuole vivere. Per questo
devi ucciderlo tu.
IRIDE
                            Infelicità
della mia eterna funzione!
Io devo troncar la passione

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di vivere, e nutrire la città
dei morti di carne spasimante
per la città dei vivi.
Io devo uccidere!
Io Iride,
Io che ho in me tutti i colori
tutte le cose più belle
del mondo. Io Iride
che sono la natura e la vita,
io devo uccidere!
O Dei, levatemi questa maledetta
virtù, io non voglio più uccidere!
Mercurio, aiutami,
tu che sei mio amico
e sei schiavo di Giove
come io sono schiava di Giunone!
Mercurio! Mercurio!
MERCURIO

(di nuovo leggero)


Calmati, calmati,
bella Dea. Calmati,
sei tutta sussultante,
tutta lagrimosa;
pieghi il tuo corpo, bello come un diamante
attraversato dalla luce rossa
del sole. E sembri una rosa
troppo carica di profumo
che si curva sul picciolo.
IRIDE

(piangendo)


Ma dimmi, almeno, chi è
questo mortale infelice?

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MERCURIO
Oh! Questo non ha importanza
è un piccolo uomo qualunque.
Ma io non te lo voglio dire,
te lo dirà Giunone.
Tanto è uno di quei piccoli vermi
che hanno osato fissare il sole
e poi sono imputriditi di più
ancora nella terra feconda.
E il sole che vedeva le foglie
verdi mangiate dai bruchi
ha voluto mandarlo a ingrassare
uno sterile carnaio,
sopra un bel cespite rialzato.
Ma se tu preferisci
sarà invece bruciato
convenientemente,
e posto in un cenerario
e tu gli canterai l’epicedio.
IRIDE
Non prenderti gioco di me!
a che vale bruciarlo
o seppellirlo? Tanto
è morto, e non voleva. E voleva
vivere! Ogni morte forzata
è per me uno strazio che non finisce mai
perchè neanche io finirò mai.
MERCURIO
Ma poi ti ci abituerai
e ogni strazio ti sarà uno sforzo
e poi ogni sforzo ti sarà uno strazio,

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e poi non avrai più strazio
e non farai più sforzo,
ma in caso che ti voglia uccidere
basta una parola di Giunone.
IRIDE
Davvero? Che dici?
MERCURIO
Ci vuol proprio la tua ingenuità
per non saperlo. Tu ignori,
Iride, una cosa importante.
Tu non sei come sei,
ma sei perchè ti vediamo noi.
Cosí vollero i Fati.
Tu sei l’illusione. Gli Dei
ti crearono e gli uomini ti vedono,
ma con uno sforzo di volontà
— e Giunone ha volontà —
Se le Parche acconsentono
tu puoi essere distrutta!
IRIDE

(quasi con un senso di sollievo)


Ah! dunque io non sono eterna?
MERCURIO
       Non sei
eterna e sei eterna, come vuoi.
IRIDE
Via! Tu continui a non farmi capire
nulla! Ma nemmeno tu capirai
nulla di me, perchè lo strazio

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di ogni morte non potrà finire
in me, se non col mio dissolvimento.
MERCURIO

(improvvisamente)


Addio Iride!

(parte)


IRIDE

(tace un momento)


Per un minuto ho dimenticato...
Ma ora quel pensiero mi ritorna,
e vedo quasi come dei fantasmi...
Aiuto! Gocce, piccole mie amiche,
Gocce, venite a salvare la vostra
grande amica! Gocce! Gocce! Aiuto!
Vedo i fantasmi di tutti i miei morti!
Forse, domani, un uomo qualunque,
un verme che ha osato fissare,
il sole, non vedrà più quel ch’io vedo,
e non sentirà più quello ch’io sento;
e sarà sotto terra, in mezzo ai vermi.
E intanto il sole girerà la terra
e gli uomini vivranno beatamente
e io bacerò Arco, felice,
ed egli, il verme, in mezzo agli altri vermi
ricorderà le già vissute cose.
Oh! Ricordare dei ricordi vani
per sempre, e non sperare più! Morire
è quasi atroce come vivere sempre!

(esce singhiozzando)
(silenzio e deserto un poco. poi)

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ARCO

(alla cetra)


Che cosa hai detto? Parla un po’ più forte.
LA CETRA
Aedo, dimmi, perchè sei felice
e come vino centellini il mondo?
ARCO
Di nuovo con la tua filosofia!
Ma! Ti ripeto, godo tanto a vivere
 — come diceva Iride — perchè
un giorno o l’altro dovrò pur morire
Ma anche perchè... ho ancora molto tempo!

(ride allegramente — esce).



CALA LA TELA