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Le donne che lavorano/III. La donna nelle officine

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III. La donna nelle officine

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III.

La donna nelle officine.

Dovunque è penetrata la civiltà e specialmente dove l’abbondanza d’acqua costituisce una forza da poter utilizzare per l’industria, si sono visti sorgere come per incanto, vasti fabbricati con lunghi fumaioli volti al cielo, con tettoie immense e vaste stanze ingombre di macchine, di utensili, di ruote e puleggie, tutto un organismo messo in movimento da forze potenti; veri tempi del lavoro dove ogni giorno entrano a frotte gli operai uomini e donne che la sera ritornano alle loro case per riposarsi di un lavoro destinato a spargersi per il mondo per sopperire ai [p. 43 modifica] bisogni di tante altre centinaia e migliaia di persone.

Tutti i grandi stabilimenti industriali mentre hanno fatto sparire la poesia e la calma serena dei campi hanno tolto molte braccia alla terra.

Quando il lavoratore dei campi vide davanti a sè quei grandiosi fabbricati, n’ebbe come una invincibile suggestione e il miraggio della sua vita, l’aspirazione più potente fu quella d’entrare nelle nuove officine dove il lavoro gli appariva più nobile e più rimunerativo, o almeno di mandarvi i figlioli, nella speranza di procurar loro un avvenire più lieto e sicuro, in ogni modo meno faticoso dei lavori campestri.

Così a poco a poco la febbre dell’officina invase tutta la famiglia dell’agricoltore, clic sdegnò il lavoro fecondo e salubre della terra il quale dà pane e vigore alle membra, per lasciarsi attirare nell’orbita dei grandi stabilimenti industriali. [p. 44 modifica]

Le prime donne entrarono timidamente nelle officine vincendo l’opposizione dei loro compagni, che in esse vedevano delle serie concorrenti, e procuravano inutilmente di tenerle lontane calcolandole poco alte a quei lavori, precisamente come ora si cerca di escluderle dalle professioni e dagli impieghi più elevali.

Ma la crisi dell’agricoltura, la questione economica che s’imponeva, e più di tutto l’aiuto degli industriali i quali trovarono la loro convenienza nell’impiego di operaie, fecero in modo che le piccole schiere delle lavoratrici dell’officina andarono via via ingrossando, divennero legione, il ruscello si mutò in torrente impetuoso e la donna penetrò in tutte le fabbriche, invase tutti i rami dell’industria e da molti scacciò gli uomini che si mostrarono impotenti a resistere alla concorrenza delle loro donne.

È naturale: l’industriale vide subito il vantaggio che gli derivava dall’impiego della [p. 45 modifica] donna. Prima perchè si contenta d’una mercede minore di quella dell’uomo, poi perchè è più docile, paziente, meno distratta dai compagni, più esatta in certi lavori pei quali ha più attitudine e buon gusto dell’uomo; abituata ad occuparsi da mane a sera nei lavori domestici è più resistente ad un’occupazione continua, tenuta lontana dalla vita pubblica comprende difficilmente il vantaggio dell’associazione; qualche volta infatti le operaie non si lasciarono indurre a scioperare e da sole continuarono a lavorare dando così la vittoria agli industriali, che anche per questa ragione favorirono il loro ingresso nelle officine.

In seguito, acquistata una certa pratica ai lavori, sono state sempre più apprezzate ed hanno provata la loro resistenza anche alle opere più faticose ed insalubri, ciò che dà una smentita a coloro che riguardano la donna come un essere fragile e delicato che quasi debole pianticella non [p. 46 modifica] possa resistere non solo alle bufere ma nemmeno a un colpo leggero di vento.

Ormai non v’è ramo d’industria dove la donna non abbia trovato occupazione; non parlo dei lavori di ricamo, di biancheria, di mode, nei quali le donne vengono impiegate quasi esclusivamente; ma esse trovano lavoro in numero rilevante nelle filature di seta, di lino e di cotone, nelle fabbriche di tessuti, nelle tintorie, nell’industria degli aghi, delle penne d’acciaio, dei vetri, delle porcellane, degli smalti; nelle fabbriche di nastri, bottoni, saponi, candele, oggetti di cuoio, guanti, merletti, passamanerie, dolci, prodotti chimici, carte, stracci, cappelli di paglia, pelliccie, giocattoli, intagli in legno, orologi, zolfanelli; nelle stamperie, fotografie, legatorie di libri, nella lavorazione di gioielleria e pietre preziose e perfino nelle fabbriche di mattoni, opere murarie e miniere e negli stabilimenti d’elettricità, ecc.; tanto che non c’è [p. 47 modifica] ramo d’industria ove la donna non dia l’opera sua, e già più di cinque milioni di donne contribuiscono all’incremento del lavoro nazionale.

Col progresso dei tempi e colla questione economica che si fa sempre più grave era inevitabile che la donna portasse fuori dalle pareti domestiche la sua operosità; soltanto, visto che il campo è vasto, dovrebbe fare una scelta e non volgersi a quei generi di lavori che domandando un eccessivo sforzo fisico possono esser fatali a lei e ai figli pei quali ella deve dare tutte le energie del suo organismo.

Quando la donna delle campagne sarà più istruita ed evoluta darà lei l’indirizzo del lavoro alle sue figlie, e la scelta della loro occupazione sarà fatta dopo mature riflessioni, e con sani criteri, come nelle classi più colte, procurano di fare i genitori riguardo ai figliuoli.

Il bisogno che ci spinge a scegliere un’ [p. 48 modifica]occupazione è spesso un cattivo consigliere; non tutti abbiamo le medesime tendenze e la medesima forza fisica, e una madre non dovrebbe mandare all’officina, dove molte persone si trovano rinchiuse e agglomerate in uno spazio ristretto, fra miasmi ed esalazioni di prodotti poco salubri, le fanciulle gracili e delicate; per queste scelga la vita dei campi, l’aria aperta, dove si allargano i polmoni e il corpo acquista nuovo vigore, ispiri loro l’amore e il sentimento della natura e le persuada che migliorare colle proprie cognizioni ed esperienza i prodotti della terra, dà maggiori soddisfazioni che passar le giornate occupate in un lavoro meccanico, monotono, che toglie ogni iniziativa e riduce le persone come, tanti automi, fiacca il corpo e lo spirito di chi non ha una costituzione vigorosa e resistente.

Ci vorrebbe una legge come pel servizio militare, che escludesse da certi lavori le fanciulle deboli, anche per il bene delle [p. 49 modifica] generazioni future; ma sono esse le proprie peggiori nemiche, spinte alle officine a rovinare la salute e forse a corrompere il cuore, dalla vanità, credendo di elevarsi sulle compagne dal bisogno d’un pronto guadagno, ed anche perchè quel trovarsi unite ad altri compagni di lavoro, specialmente dell’altro sesso, è per loro fonte di piacere. Che importa se escono dalle lunghe ore di lavoro in ambienti chiusi, stanche, colle faccio smorte, gli occhi incavati? Esse chiacchierano allegramente lungo la via coi compagni, fanno progetti per passar assieme i giorni di festa, e in quei momenti, in quelle amicizie trovano il compenso della dura vita di lavoro e lo preferiscono alle occupazioni campestri e salubri.

Dai genitori dovrebbe dipendere l’indirizzo dei figli; e se saranno meno ignoranti e più coscienti, penseranno alla responsabilità che hanno nella loro riuscita e terranno conto delle loro inclinazioni, della [p. 50 modifica] forza fisica e non faranno come dice il poeta, di torcere alla religione, tal che fu nato a cingere la spada. Il lavoro non è solo un mezzo per guadagnarsi da vivere, ma se fatto in buone condizioni riesce di vera soddisfazione e per noi stessi e per quello che si produce a benefizio della nostra famiglia e del nostro paese. Tanto nel lavoro dei campi come in quello dell’officina, si deve apportare un po’ d’amore e d’entusiasmo e procurare di perfezionarlo e di scongiurare i pericoli che spesso offre. Le donne dovrebbero portare vesti succinte per passare in mezzo alle macchine senza correr il pericolo di esservi impigliate, lavarsi le mani prima di toccare il cibo, ed osservare tutte le nonne d’igiene che dovrebbero essere raccomandate in ogni stabilimento.

Ci sono una quantità di leggi e regolamenti e per l’età e per l’orario, ecc., che se seguite tutelerebbero abbastanza l’operaio; [p. 51 modifica] e queste hanno giovato anche alla donna. Ciò che è bene poichè non avendo essa il voto, la sua voce non arriva molto in alto e non viene ascoltata mentre pure anch’essa avrebbe diritto di migliorare la sua condizione ed essere retribuita, a parità di lavoro, come il suo compagno. Non è giusto che soltanto perchè è donna il suo lavoro valga meno; e se ella ha dei periodi di riposo forzato causa le esigenze del suo sesso, potrà essere assistita dalle casse di maternità in modo da poter aver le cure richieste e da far sì che il suo lavoro non vada a scapito delle generazioni future.

Col progresso dei tempi molto si è fatto a beneficio delle classi operaie; nelle città e nei grandi stabilimenti vi sono asili pei bambini lattanti, scuole e asili pei più grandicelli, refezione scolastica, dopo scuola, ecc., affinchè le donne possano attendere al lavoro sapendo i figli ben custoditi. Ma ancora resta molto da fare specialmente nelle [p. 52 modifica] campagne e province, anche perchè se terminata la giornata di lavoro l’uomo va a sollazzarsi all’osteria, la donna deve occuparsi delle faccende domestiche, rattoppare la biancheria e i vestiti dei bimbi e non ha un minuto di riposo. 11 lavoro sta bene, ma deve essere non eccessivo e ben retribuito; poi oltre alle casse di maternità ci dovrebbero essere casse di mutuo soccorso per le malattie e la vecchiaia in modo che la donna che ha lavorato per anni ed anni possa nell’età matura non aver bisogno di essere obbligata a lavorare per vivere e godere un riposo ben meritato.

Quando l’operaia sarà più cosciente ed istruita, procurerà di evitare i lavori che potrebbero essere di pregiudizio alla prole futura, e saprà per esempio che l’operazione di stendere il mercurio negli specchi è fatale per le donne gestanti; quasi sempre fu constatato dalle statistiche che in simile lavoro le gestanti abortiscono o il [p. 53 modifica] bimbo muore appena nato; dannose pure le officine dove si lavora il piombo, e perniciose le esalazioni di acido solforoso e i vapori alcalini che si sviluppano nelle lavanderie di cappelli di paglia, e certi colori adoperati per i fiori artificiali, o la biacca per imbiancare i merletti.

Ora che sono aperti tanti campi all’operosità femminile sarebbe molto meglio, non tanto per sè come per le generazioni future, che la donna evitasse le industrie che possono portar pregiudizio alla sua salute e in ogni modo evitasse il pericolo usando le dovute precauzioni. Se qualche volta la innumerevole schiera di conferenzieri che tengono discorsi in città ad un pubblico già evoluto, andassero nei piccoli centri industriali e nelle campagne ad illuminare quelle popolazioni semplici e ancora ignoranti sui pericoli di certi veleni, dando regole d’igiene con parole facili, farebbero un’opera veramente benefica. [p. 54 modifica]

Ora col progresso della scienza le norme d’igiene anche negli stabilimenti industriali vengono osservate meglio che in altri tempi, anche le donne sono più evolute; per migliorare la loro condizione si uniscono ai compagni, hanno compreso il grande vantaggio dell’associazione e fanno valere il loro diritto anche a costo di scioperare. Ma anche nell’officina, come nei campi, si deve lavorare con amore e procurare di perfezionarsi colla pratica e produrre il maggior lavoro possibile; a una buona operaia che è diligente e pratica del suo lavoro non mancherà mai il mezzo di procurarsi da vivere, sicchè può guardare l’avvenire con serenità. Poi per quanto le sia riservata una parte meccanica, c’è anche una certa compiacenza nel sapere di essere una piccola ruota dell’ingranaggio che produce la ricchezza del proprio paese; chi è intelligente può mutare in arte un semplice mestiere, come lo prova il fatto che si [p. 55 modifica] possono contare a centinaia coloro che dall’officina sono arrivati a posizioni più elevate. Certo, del resto, un’operaia vive meglio della fanciulla, che avendo maggiore istruzione, sceglie la carriera degl’impieghi, dove con minori compensi materiali ci sono maggiori esigenze sociali.