Le donne di casa Savoia/XXII. Adelaide di Savoia

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XXII. Adelaide di Savoia

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[p. - modifica] Adelaide di Savoia

Elettrice di Baviera

1636-1676.

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XXII.

ADELAIDE DI SAVOIA

Elettrice di Baviera

n. 1636 — m. 1676



....Dal ciel felice dono
Sembra il regno a chi sta lungi dal trono

Metastasio



F
iglia di Vittorio Amedeo I e di Maria Cristina, Adelaide Enrichetta (dall’avo Enrico IV di Francia), nacque a Torino il 6 novembre 1636. Fu l’ultima figlia dei suoi genitori, e nacque gemella ad una sorellina morta dopo pochi giorni che aveva veduta la luce. La sua vita ebbe infelice principio, giacchè perdè il padre quando non aveva ancora compiuto un anno;

e in seguito, sconvolto lo Stato dalla guerra civile, fu mandata colle due sorelle e il fratellino superstite, in Savoia, al sicuro dalle insidie e dai pericoli, e colà rimase alcuni anni, lontana anche dalla madre, alternando il suo soggiorno tra Chambéry e Mommeliano, una rôcca questa ben custodita, e la vicina Miolans, propugnàcolo del Ducato. A quattro anni era ancora di così poca salute che non si nutriva se non di medicine, [p. 244 modifica]e teneva molto in apprensione il governatore dei principini, il quale, alle premurose richieste della Reggente, nulla poteva rispondere di confortante. Più tardi però essa rinvigorì inaspettatamente, ed il marchese di Ceva potè avere la soddisfazione di far sapere alla sua sovrana che Adelaide rifioriva a vista, sgranocchiando allegramente del saporito pane casalingo.

Ma essa non fu mai, neppure in seguito, di salute vigorosa, sia per essere nata gemella, sia pel carattere impressionabile ed esaltato datole dalla natura, e che la sua infanzia infermiccia non aveva permesso all’educazione di modificare. In famiglia poi la chiamavano la tenerina, perchè la più piccola contrarietà la faceva piangere, abitudine questa che conservò anche da sposa e madre.

Intanto che Adelaide passava dall’infanzia alla fanciullezza, molti avvenimenti politici e famigliari eransi svolti e compiuti, tanto che la pace era tornata nello Stato e fra i parenti, ed essa potè finalmente risiedere presso la madre a Torino. E qui, nella Metropolitana, la vediamo il 26 maggio 1649, ricevere la cresima insieme al fratello, avendo per padrino lo zio principe Maurizio, e per madrina la propria sorella maggiore, principessa Luisa, consorte di lui.

Adelaide aveva appena tredici anni, e come è la sorte delle principesse, già si pensava a farle uno stato maritandola, e a trarre la maggiore utilità dal di lei matrimonio. Dopo la pace di Vestfalia, si presentò, come ho altrove perennato, la combinaizione per la Sa[p. 245 modifica]voia, di concludere un matrimonio colla casa Elettorale di Baviera, e pendeva incerta la scelta tra Adelaide e sua sorella Margherita, maggiore a lei di pochi anni. Anzi, in famiglia tutti preferivano di maritare al principe bavarese Margherita, perchè più bruttina, un poco curva di spalle, e di tinta olivastra, e riserbare Adelaide a più brillante destino. La madre sperava per lei il trono di Francia, ed aveva avuta, per qualche tempo, fin l’idea di mandarla ad educare colà per facilitare la bramata unione; ma l’avevan distolta da ciò le condizioni politiche; pure teneva ferma l’idea di maritare intanto Margherita. Se non che in Baviera, saputa l’indole, le aspirazioni, e le attrattive delle due sorelle, fu preferita Adelaide. E quella Corte disse, senza perifrasi, che l’alleanza si sarebbe stretta soltanto al patto che la sposa fosse la minore delle due principesse, perchè su questa avevano il pensiero l’Elettore e il principe Ferdinando che doveva prendersela, essendo essi informati che Adelaide era più bella e più alta della sorella, che prometteva ancora di crescere, e che era di sei giorni minore al principe, anch’egli già molto alto e promettente; e così la sorte di lei fu decisa.

Stabiliti i preliminari di queste nozze, a metà del novembre 1649 giunse a Torino il conte Massimo Lurtz, ambasciatore della Corte bavarese, e il 30, nelle carrozze ducali, fu condotto al palazzo ducale per la prima udienza solenne.

Fu ricevuto nella gran sala d’onore dalla Duchessa madre, con gli onori e le pompe dovutegli, e dopo aver [p. 246 modifica]la ossequiata, passò alla presenza del Duca, in altra sfarzosa sala, e quindi si recò presso Adelaide, che era in compagnia della principessa Margherita.

La domenica segunte, 1° dicembre, ebbe luogo la scritta nuziale, e il dì successivo il Lurtz presentò al duca Carlo Emanuele la procura del principe Ferdinando, e gli rimise l’anello matrimoniale, quindi offrì alla fidanzata, a nome dello sposo, un ricco gioiello di diamanti, alla Duchessa ed al Duca altri splendidi doni.

Intanto avevano luogo le feste popolari, in attesa della grande cerimonia che doveva aver luogo la domenica, 8 dicembre, nella cattedrale di S. Giovanni. Torino rigurgitava di popolo, accorso da ogni parte per presenziare quel matrimonio, a cui tutti inneggiavano, tranne la sposina.

Giunse finalmente l’ora solenne, e nelle stanze ducali si formò il corteggio che doveva seguire la sposa alla chiesa. Essa comparve quasi subito, vestita di tela d’argento sparsa di ricami d’oro (che oggi ci sembrerebbe troppo goffo e pesante, ma che allora era il non plus ultra della sontuosità), con manto uguale, e la corona di diamanti in testa chiusa alla regia. Prima di avviarsi alla chiesa, la giovinetta chiese commossa e piangente la benedizione della madre; e ottenutala, in mezzo ad essa, al fratello ed al Nunzio pontificio, si pose in via.

E fu un grazioso pensiero, ispirato ad Adelaide dalla sua indole affettuosa e romantica, allorché giunse [p. 247 modifica]sul ponte che dal palazzo conduceva allora alla chiesa, di soffermarsi a contemplare e a dare un saluto al popolo torinese, da più ore stipato sulla piazza, e così affezionato alla famiglia dei suoi Duchi. Quell’atto gentile toccò il cuore di ognuno; scoppiò un uragano di applausi, e l’eco festosa risuonò nei più intimi recessi dell’antica cattedrale.

Pose termine alla cerimonia un sontuoso pranzo, rallegrato da una lieta poesia del ministro Michelangiolo Golzio.

Siccome il matrimonio non doveva essere consumato tanto presto, stante l’età troppo giovanile degli sposi, terminate le feste e compiuto l’atto della consegna della dote, l’ambasciatore tornò a Monaco, lasciando Adelaide ancora per qualche tempo fra i suoi. In questo intervallo morì l’Elettore; ed assunto al trono il principe Ferdinando, sotto la tutela e la Reggenza della madre, che era sorella dell’Imperatore, la partenza della sposa venne ancora procrastinata. Ma finalmente il conte Lurtz venne a Torino a prenderla, e, dopo altre feste, fu stabilita la partenza pel 12 maggio 1652.

Allorché si vede una giovine principessa partire sposa per lontane regioni, le masse non fanno attenzione che alle feste, alle vesti, alle gemme di cui è circondata, ricoperta, regalata, e forse la invidiano, senza riflettere neppure un poco all’isolamento, al tedio, alle delusioni, ai dolori a cui, molto probabilmente, sarà esposta in un paese tanto dissimile dal suo, con clima, [p. 248 modifica]usi, costumi così diversi, in mezzo a gente straniera che non la conosce nè comprende, in una famiglia a cui almeno è indifferente, al fianco di un marito che non conosce, e il cui cuore, la mente, il carattere, sono per lei un’incognita.

Adelaide invece pensava a tutto ciò, e pianse molto nel lasciare madre, fratello, sorelle, patria! Le sorelle l’accompagnarono sino a Moncalieri, e lì seguì il doloroso e definitivo distacco.

La Duchessa Cristina, che nella sua vita giovanile erasi mostrata, come sappiamo, talora leggiera, diè ora saggio di grande sagacia, nel fortificare con eletti suggerimenti la figliuola, e nel circondarla di savi ed esperti consiglieri, quali il medico ed il confessore, che dovevano assisterla nella sua vita coniugale.

Nel suo viaggio, Adelaide, finchè il cielo e la favella d’Italia la rallegrarono, fu un poco sollevata, ma cambiato suolo, cambiò anche il suo umore. Nulla curando i luoghi pittoreschi per cui passava, decisa, nella sua cocciutaggine, a trovare tutto brutto e spiacente, non sentiva che il peso degli usi bavaresi, messi in esercizio al confine, e le sue lettere alla famiglia, specie quelle alla sorella Margherita, non furono, da quel momento, che lamentazioni e rimpianti, sebbene il suo viaggio attraverso le città tedesche non riuscisse che una festa continua ed un continuo trionfo.

Il suo primo incontro con lo sposo, principe Ferdinando, avvenne a Kufstein, ove insieme ad altri cavalieri venne a farle omaggio ed a presentarle una let[p. 249 modifica]tera di sua madre, serbando, al primo momento, l’incognito per meglio vederla. Pare che i due sposi fossero scambievolmente contenti di loro stessi dopo quell’incontro. Adelaide scrisse alla madre in proposito: «Son divenuta così rossa, e tremavo tanto forte che mi è stato impossibile rompere il sigillo, ed è stato necessario che l’aprisse la contessa Bolchensey. Egli è quindi venuto solo nella mia camera, e non mi è riuscito di rattenere le lacrime: mi ha baciata, ma io tremavo tanto che non potevo quasi parlare.... E’ più bello del suo ritratto, ma ha anche il suo sussiego».

Ferdinando, dal canto suo, uscito dalle stanze della principessa ed incontrato il Lurtz, lo ringraziò della scelta di così vaga ed aggraziata sposina.

Il giorno seguente, Adelaide toccava il suolo della nuova sua patria. Accolta con ogni dimostrazione di affetto da tutta la famiglia, divertita, festeggiata, esaltata, Adelaide, che ebbe la presenza di spirito di mostrare una viva gioia allo scorgere in lontananza gli edifizi di Monaco, non ne ebbe in seguito quanta avrebbe dovuto averne, per essere subito felice nel suo nuovo stato.

La vera benedizione delle nozze fu data senza nessuna solennità, e ad insaputa di tutti, vigendo allora alla Corte di Monaco il timoroso pregiudizio, che qualche nemico, informato del giorno e dell’ora, non facesse qualche malefizio, cosa che, si diceva, era occorsa altre volte, ed era molto usata in Germania. Fu dunque proprio alla chetichella, che alle nove di sera del [p. 250 modifica]25 giugno (quattro giorni dopo l’arrivo di Adelaide), il confessore dell’Elettrice madre e Reggente, benedì gli sposi in una cappella segreta del palazzo, alla sola presenza di lei, del conte Lurtz e di due cavalieri, ed il matrimonio fu consumato.

Sui primordi della sua vita a Monaco, Adelaide, trovando spesso ostacolo ai suoi capricci di bambina, e bambina viziata, nella stessa sua posizione, negli usi e nei costumi, si esagerava le piccolezze, le contrarietà, e indispettita di non trovare il mondo e la vita a suo modo, se la sarebbe presa con chi meno ne aveva la colpa. Provava anche un poco la nostalgia, e tutto diceva brutto e malfatto colà, e tutti cattivi, proprio come se ce la ritenessero a suo dispetto. Anzi queste furono le lagnanze di cui in principio erano zeppe le sue lettere quasi quotidiane alla famiglia, lagnanze che in seguito si acquetarono, rimanendo solo viva e acerba per sempre, quella della lontananza dall’ambiente di casa e dalla patria.

Intanto, non mi par fuor di luogo trascrivere qui certi consigli inviati a lei dalla madre, per lettera, e che dimostrano l’accortezza, la sagacia, la premura e l’affetto della sovrana e della madre:

«Procurare di conoscere bene il carattere dello a sposo, e conosciutolo studiare di farsi amare, mantenendo peraltro sempre una qualche modesta severità, acciocché la troppa facilità non declini nello sprezzo.

«Farsi amare e stimare dalla suocera, con la quale [p. 251 modifica]dovranno passare tutte quelle dimostrazioni di stima, di affetto e di riverenza che possono essere bastevoli per levare ogni impressione che essa potesse concepire di mutazione di governo o di perdita d’autorità. Rendersi capace dello stato delle cose (sulla cognizione degli affari), cioè, che forze, che ampiezza di Stato, che denaro accumulato, che entrate, che spese, che aderenze, che parentele, che obbligazioni di unione, che amicizie, che sudditi, di che qualità, del genio, del talento di quelli, per accomodare la sua stima e le sue grazie conforme alla capacità loro. Nelle simpatie politiche mostrarsi indifferente, ma totalmente indirizzata al vantaggio del marito, non lasciando però di cooperare per la casa paterna, ecc.».

Del resto Adelaide aveva cuore eccellente, animo generoso e leale, pronta al beneficio come ognuno di sua famiglia, e vi era in lei stoffa da trarne una donna d’alto pensare ed egregia, come poi fu. Intanto però anche col marito, taciturno ma buono, era permalosa, e ciò faceva impensierire l’Elettrice, che cercava ogni mezzo per svagarla. Era la principessa una creatura che non poteva vivere nell’inazione; sarebbe stata felice se avesse dovuto guadagnarsi il pane lavorando, o non se ne fosse fatta una personalità troppo presto. Confortata però dalle lettere della madre, e dai buoni consigli del confessore, a crearsi uno scopo all’esistenza per viver meglio, tentò la prova e riuscì.

Ed una volta preso il suo partito, e dedicatasi alla lettura dei libri che la madre le inviava (con guanti [p. 252 modifica]ed altre eleganze sconosciute a Monaco), e di certi romanzi di cui la forniva il fratello, e che erano ben altra cosa della Filotea richiesta da lei alla Duchessa Cristina; allo studio dell’arpa, fattasi anche quella inviare di Savoia; al gusto del comporre, e del favorire le belle arti, il suo orizzonte si rischiarò, preparandosi intanto lo spirito pel momento in cui suo marito avrebbe prese le redini dello Stato. Fornita d’ingegno vivace, e figlia di Cristina, struggevasi dalla voglia di agire e di essere tenuta buona a qualche cosa, ed ogni nonnulla che potesse fare era per lei grande soddisfazione. Buona e generosa, patrocinava sempre i suoi adepti, nulla curando l’alta o bassa loro posizione, ma soltanto i meriti delle persone, cosa questa eccellente, e non facile a riscontrarsi anche meno in alto.

Era già un anno che si trovava in Baviera, e non accennava ad aver figli, e ciò le procurava uno scoramento ed una tristezza, che non sapeva scacciare con spassi e occupazioni. Nondimeno studiava alacremente, e datano da quei giorni i suoi primi componimenti in versi. Si compiaceva anche nel tirare al bersaglio, cosa che le riusciva assai bene, nel nuoto, ed era appassionatissima per la caccia. Ma la sua maggiore predilezione era per gli studi classici, e si compiaceva particolarmente delle Metamorfosi di Ovidio.

Adelaide manteneva pure vivissima la corrispondenza epistolare con la propria famiglia, e prende parte anche da lontano a tutte le piccolezze che la riguardavano, sembrandole forse di mantenere in tal guisa in essa il suo posticino. [p. 253 modifica]La sua vera indole era vispa e gaia, e tale spesso traspariva anche in mezzo alle contrarietà e alle amarezze a cui era in preda; e ciò la faceva essere in contrasto con quella del marito, taciturno e severo sempre, ma a lei vivamente affezionato. E di questa affezione ella ebbe una toccante prova, che tanto la commosse, quando si recò nel 1659, dopo sofferta una grave malattia, ai bagni di Heilbrum, trovando che egli le aveva fatto costruire colà un edifizio tutto nuovo ed esclusivamente per lei. E da quell’epoca, ed anche oggi, quei bagni si chiamano Adelheindsquelle.

Fossero poi quelle acque, o le preghiere consigliatele come scongiuro contro un malefizio di cui la si diceva vittima e che la rendeva infeconda, o la natura che l’aveva oramai disposta col crescere dell’età, finalmente nel 1660 essa accennò a divenir madre. Questo avvenimento rese tutti felici e contenti intorno a lei, a per la prima, stanca oramai e addolorata di sentirsi troppo spesso ripetere il pregiudizio che, per essere nata gemella, non avrebbe avuto figli. E il 7 novembre, le nacque felicemente una bambina; poi, dopo la malattia cagionatale dalla commozione provata vedendo un povero storpiato cadere sotto le ruote della 5ua carrozza mentre stava per presentarle una supplica, il 22 luglio 1662 ebbe un maschio, che fu poi il celebre Massimiliano Emanuele, del quale fu padrino suo fratello Carlo Emanuele.

Le dolcezze della maternità rendendola felice, la, facevano favorire più efficacemente coloro che a lei si [p. 254 modifica]raccomandavano; ed in questa sua nuova vita seppe assennatamente dividere il tempo fra le cure di madre e di principessa fornita di coltura e d’ingegno. Adelaide, incominciando a sentirsi più donna e più padrona e signora nella famiglia, fu presa dalla mania della madre e dell’ava, e volle essa pure edificare. Nella capitale della Baviera è mantenuto ancor vivo il di lei ricordo da alcuni monumenti a cui essa stessa die vita. Tra gli altri, si distinguono il castello di Nymphenburg e la chiesa dei Teatini ch’ella dedicò a S. Gaetano, perchè credeva dovere a lui la grazia di essere divenuta madre. S. Gaetano, fondatore di quell’ordine, è, dicesi, il santo della provvidenza, e davvero egli largheggiò assai colla sua fervente devota! Ed essa, per riconoscenza, generalizzò il di lui culto nella nuova patria.

La principessa Adelaide suscitò anche in Baviera, in quel monotono paese dove, anche alla Corte, si andava a letto presto e ci si alzava presto, ed erano ignoti i piaceri e le attrattive delle Corti piemontese e francese, una vita artistica e letteraria, che non si è più spenta e che ha occupato vari scrittori.

Ma presto la continua successione di dolori per la morte di congiunti, e le frequenti maternità, parecchie delle quali con cattivo esito, indebolirono quell’organismo delicato e contristaronle i giorni in cui, essendo finalmente uscita dalla sua dura soggezione, e divenuta Elettrice, avrebbe meglio potuto soddisfare alle sue aspirazioni. Ad onta di ciò, ella seppe peraltro mo[p. 255 modifica]strare una gagliarda vivacità nei momenti più gravi e difficili, e quanto caldo e generoso fosse il suo cuore, cose che facevano vivo contrasto colla superstiziosa ed astiosa crudeltà del popolo, di cui il destino l’aveva posta a capo. E mai l’ambizione fece che Adelaide disgiungesse le cure affettuose per la prole da quelle per le faccende politiche, quando, a suo tempo, potè prendervi parte; giacché quel che la rende oltre ogni dire simpatica, è la bontà e la profondità dei suoi affetti familiari. La sua vita politica si distingue in ciò, che amò fortemente la famiglia sua e l’Italia, e che desiderò e lavorò sempre pel bene di quella, del marito e dei figli. Essa, per più di venti anni, e malgrado molti contrasti, fu l’anello che unì due popoli e due Case di indole e di costumi tanto diversi, e seppe procacciarsi una fama che neppure oggidì è spenta a Monaco. Aveva il desiderio di fare, ed era felice quando poteva fare. Sentiva altamente la dignità, e si sdegnò quando Mazzarino ebbe l’audacia di proporre per moglie a suo fratello, la nipote Olimpia Mancini, che poi sposò il principe Eugenio di Carignano.

Alla prima Dieta a cui intervenne, le riuscì, coll’aiuto del marito, di ottenere finalmente l’investitura del Monferrato per suo fratello; e si adoperava poi per la elezione all’Impero del marito, ma questi invece vi rinunziò sul più bello.

Ho accennato più sopra a dispiaceri e dolori gravissimi da lei sofferti; infatti dei suoi molti figli non gliene sopravvissero che tre; perde la madre quando [p. 256 modifica]ancora le sarebbero stati tanto utili i suoi consigli; e quando due anni appresso le morì la suocera, con la quale non era mai stata in gran dimestichezza, chi sa per qual contrasto di affetti, essa ne fu tanto scossa che i medici le consigliarono l’aria d’Italia, e cominciò a ventilarsi l’idea di mandarla alle terme di Battaglia, nel Veneto. Essa ne fu tutta felice, perchè sperò così di rivedere anche il Piemonte.

Un viaggio fatto in quelle provincie italiane da suo cognato Massimiliano, e le impressioni che esso ne riportò, fecero finalmente determinare quella sua gita.

Partirono, la Corte ed il seguito, il 15 aprile 1667 e giunsero a Padova il 16 maggio; ma la guerra, ricominciata tra Francia e Impero, impedì ad Adelaide di tornare in patria. Essa ne fu tanto desolata, che suo fratello si decise a muoversi lui; visitando Venezia e l’arsenale, sotto il nome di marchese di Susa, col pretesto di una visita al santuario di S. Antonio, di cui si diceva devotissimo, andò a Padova, ed è facile immaginare la gioia provata dall’Elettrice nel rivederlo!

La Corte bavarese abitava allora il Cataio, castello sui colli Euganei, vicinissimo alle terme di Battaglia, visitatissimo nella stagione estiva, assai popolato, e proprietà prima dei marchesi Obizzi, poi del Duca di Modena, ultimo rampollo di essi 1.

La famiglia bavarese lasciò in questo luogo splendi[p. 257 modifica]dido monumento della sua munificenza, poiché l’Elettore diè una rispettabile somma pel compimento della chiesa parrocchiale, che allora stavano edificando, tanto che a memoria del dono fu ivi posta una epigrafe.

Ma siccome il bel tempo non dura eterno per alcuno, esso volò anche per l’Elettrice, che il 24 luglio rientrava in Monaco e vi riprendeva la vita normale, non restandole di quel suo soggiorno in Italia che dei teneri e mesti ricordi.

Il 24 gennaio 1673, dopo alcuni altri figli maschi, nasceva ad Adelaide un’altra bambina, e di questa nascita la dama d’onore dava annunzio così a Carlo Emanuele, rivelando quali intimi sogni, quali affettuosi progetti avessero intrecciato i due fratelli, in quel loro rivedersi: «Ecco che S. A. l’Elettrice ha mantenuto la parola data a V. A. R. al Cattaio, di farle cioè una sposa per Monsignore il Principe di Piemonte: soltanto se ha un poco ritardato, è stato per farla più perfettamente bella, come infatti lo è» 2.

L’anno appresso, per un fortuito caso, s’incendiò il palazzo Elettorale, nella quale occasione Adelaide fu addirittura eroica per salvare i suoi figli; ma la sua travagliata salute non si riebbe mai più dopo quello spavento, tanto più che un’altra terribile sciagura la colpiva alcuni mesi più tardi; la morte cioè di Carlo Emanuele, il suo fratello diletto e prediletto. [p. 258 modifica]Con questa morte si rompeva l’ultimo anello di quella catena che congiungeva Adelaide alla sua famiglia. Vittorio Amedeo di lui figlio non aveva che nove anni, e la Duchessa vedova, oltre al non essere che una cognata, era donna poco atta a dividere i dolori e le gioie altrui. Nondimeno Adelaide lo tentò; ma del resto, nove mesi dopo il fratello, non avendo essa ancora compiuti i quaranta anni, minata dalle malattie e scossa dal dolore di vedere spenta tutta la sua famiglia, della quale non sopravviveva che Luisa, vedova del principe Maurizio, finì di vivere anch’essa. Il 18 maggio 1676 lasciava compianta e rimpianta questa vita, e per sua ultima volontà veniva sepolta in quella stessa chiesa da lei innalzata.

Adelaide, come anche sua zia Margherita Gonzaga, spese molto per ottenere da Roma la canonizzazione, richiesta dalla sua famiglia, di Amedeo IX e della Beata Margherita. Fondò presso la chiesa dei Teatini un ritiro femminile, dove non erano ammesse che donne nubili, e intitolate da lei Le schiave di Maria; e più di qualunque altra principessa della sua famiglia coltivò la letteratura e la poesia, dimostrando di avere ereditato la sacra scintilla dall’avo, Carlo Emanuele I.

Vari lavori letterari ha lasciato Adelaide, specialmente religiosi, e fra questi vanno rammentati, Raccolta di orazioni devote; un componimento in versi Sulla Vita della B. Chiara degli Agolanti; una Vita di S. Gaetano, ecc., ecc. Insomma, se la non si può annoverare fra le celebrità, come vorrebbe qualche suo [p. 259 modifica]biografo, ha fatto certamente abbastanza per raccomandare infallantemente il suo nome alla posterità.

Suo marito non le sopravvisse che tre anni, e morì colpito da fulminante attacco apopletico. Di tanti figli poi, tre soli, come ho altrove accennato, erano viventi quando essa si spense. Violante, già rammentata, e Marianna Cristina, la primogenita, che nel 1680 andava sposa al figlio di Luigi XIV, Luigi Delfino di Francia. Essa fu madre del duca di Borgogna e del duca d’Anjou, mariti poi delle due figlie di suo cugino Vittorio Amedeo, delle quali avremo da occuparci in seguito.

In quanto al figlio di Adelaide, Massimiliano Emanuele, conviene ricordarlo alla riconoscenza degli italiani, per l’affetto da lui dimostrato all’Italia, e a Venezia in particolare, al cui patriziato fu ascritto.



  1. Adelaide era venuta al Cataio per ricuperare la salute; ed un’altra principessa di Casa Savoia, 200 anni dopo, vi ebbe invece la tomba. E questa fu Beatrice, figlia di Vittorio Emanuele I e moglie del Duca di Modena, la quale vi mori il 29 gennaio 1846.
  2. Questa principessa, chiamata dal nome della zia, seconda moglie di Carlo Emanuele, Giovanna Battista Violante, fu invece Granduchessa di Toscana, moglie a Ferdinando, figlio di Cosimo III dei Medici, ed ebbe nel 1727 la rosa d’oro da Benedetto XIII.