Le rime della Selva/Parte prima/All'Osteria della Corona
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ALL’OSTERIA DELLA CORONA.
Bella ragazza, un pane
E un po’ di vin vermiglio: —
Ma sincero! Stamane,
4Giuraddio, gozzoviglio.
Non già ch’io sia nïente
Un beone, un ingordo:
No: voglio solamente
8Festeggiare un ricordo.
Oggi è l’anniversario
Di certo avvenimento....
Anche senza lunario
12Assai me ne rammento. —
Vengo, se vuoi saperlo,
Vengo, cara fanciulla,
Dall’Osteria del Merlo....
16Ma non vi presi nulla.
Onde sono digiuno,
Affamato, assetato,
Peggio assai d’un tribuno
20Non ancor pensionato.
— Questo fior me lo approprio. —
Buon dì, comare ostessa!
Voi mi parete proprio
24Una madre badessa.
Cara comare Marta,
Che Dio vi benedica!
Le femine di carta
28Io non le stimo cica.
O che fa compar oste?
Non essendo rivali,
V’amo come se foste
32Miei parenti carnali.
Come sto io? D’incanto.
Non c’è male. Si campa.
Solo, di tanto in tanto
36Un po’ d’olio alla lampa....
Voglio un panino fresco
E un pizzico di sale,
Di buon sale tedesco,
40Augurale, morale.
Ah, senza sal le cose
Non mi son mai piaciute!
Il sal le fa gustose:
44Sale vuol dir salute.
E senza la morale
Nulla quaggiù fa frutto;
Senza morale, tutto
48Va male, male, male.
Cara ragazza, come
Ti chiami? Margherita?
Margherita è un bel nome. —
52Fausto t’ha già servita?
Non sai chi fosse Fausto?
Fu un uomo singolare,
Indefesso, inesausto,
56In amare, in bramare.
Un uomo audace e pio,
D’alta e superba fede,
Che per amor di Dio
60Al diavolo si diede.
Visse due vite; fece
Ogni cosa a sua posta,
Senza chieder se lece,
64E nemmen quanto costa.
Amò la Ghita viva,
Tedesca malaccorta:
Amò l’esperta argiva
68Elena, benchè morta.
Insomma, o dolce viso,
Fece d’ogn’erba fascio;
Poi volò ’n paradiso,
72E in paradiso il lascio.
Ma quel baron coll’effe
Di Mefisto demonio
Ebbe il danno e le beffe
76Pel turpe mercimonio.
Giacchè non è permesso
Far d’anime baratto,
Pegno, fedecommesso,
80Nè patto, nè contratto.
Anche quando non vale
Il becco d’un quattrino,
È l’anima immortale
84Un alito divino.
Non s’ha a dare pel costo
Nemmen d’un milïone:...
Il corpo sì, piuttosto,
88Che non vale un bottone.
L’anima è quella cosa
Che se tu via la dai,
Abbi di tutto a josa
92Nulla alla fine avrai.
E dire che ci sono
Di certe bestie umane
Che ne fanno abbandono
96Per un pezzo di pane! —
Dimmi, viso sereno,
S’io avessi, poniamo,
Venti o trent’anni meno,
100Mi vorresti per damo?
Per damo, certamente.
Amarsi è un gran bel fatto:
Tutto il resto è nïente,
104Disse non so che matto.
Al tempo mio, ragazza,
Brutto non fui; ma dopo....
Si sa; la vita ammazza;
108È la morte il suo scopo.
(Quale di là poi sia
Lo scopo della morte,
È un dubbio, anima mia,
112Molto intricato e forte.)
Voglio dirti una cosa
Già che nessun, ci sente
(Non fo della mia prosa
116Regalo a troppa gente):
Le donne italïane
Sono belle, non dico;
Ma un po’ finte, un po’ vane,
120E la fanno all’amico.
Invece (Dio le assista!)
Le donne di quassù
Si vede a prima vista
124Che han tutte le virtù.
Pacifiche, modeste,
Soffici, schiette, amene,
Servizievoli, oneste,
128E cucinano bene.
Non rinnovano a ogn’ora
I dispetti e le liti:
Non mandano in malora
132I poveri mariti.
Ma soprattutto poi
Son tenere e fedeli,
E credere lor puoi
136Come ai santi Evangeli.
Senza dir ch’a ogni giuoco,
Se vogliono, son buone,
E che parlano poco,
140Mancando l’occasione.
Solo, quand’io ci torno,
Solo (Dio le conservi!)
Quel mangiar tutto il giorno
144M’urta un pochino i nervi. —
La non ti va, folletto?
La non ti va, colomba?
Sia dunque per non detto,
148E ritorniamo a bomba. —
Dammi, se t’è in piacere,
Un po’ di vino buono,
E un piccolo bicchiere,
152Perchè beon non sono.
Credi ch’io sia già brillo?
Nemmen per sogno. A bere
Ci ho poco gusto. Dillo
156A chi lo vuol sapere.
In vita mia, gli è vero,
Spesso m’ubbriacai;
Ma di vin bianco o nero,
160No, te lo giuro, mai.
So di poeti i quali,
Cioncando a carratelli,
Si fecero immortali;
164Ma io non son di quelli.
Qualchedun altro, invece,
Di fibra più scadente,
Troppo mortal si fece,
168E morì d’accidente.
Di sete anch’io, sicuro,
Frequentemente assillo;
Ma non fui mai, ti giuro,
172Nè briaco, nè brillo....
Solo una volta.... forse....
Di certo vin vermiglio,
Ch’ella stessa mi porse
176All’ombra d’un gran tiglio.
(Dicono che nel vino
Ci sia la verità:
Non nego; ma in un tino
180Altro ancor ci sarà.
La verità, Dio santo,
Tien così poco posto!
E si vendemmia tanto!
184E si fa tanto mosto!)
Il vin mi porse; ed era
La sua man così bianca,
Così lieta la cera,
188Così procace l’anca!
E quel tiglio spandeva
Un così grato olezzo!...
L’albero, Adamo ed Eva,
192E il serpente nel mezzo. —
Non potresti, di grazia,
Azzittir la gallina?
Quel chiocciare mi strazia;
196Quel chiocciar m’assassina.
Per aver fatto un uovo
Tanto schiamazzo? ed io
Che faccio un libro nuovo
200Senza nemmen dir: pio!
Togli! adesso è la mucca
Che tromboneggia e stona!
Va, falle una parrucca
204A quella bietolona.
(Tutto mi dà nel naso!
Sono un po’ nevrastenico,
Come Andrea, Tonio, Maso,
208Sandro, Pippetto e Menico.)
Ben: tante grazie! Siedi
Un po’ qua.... più vicino....
Stai tutto il giorno in piedi!
212Vuoi un dito di vino?
Ridi? Non hai timore?
Ridi, la mia bisnonna.
Fa tanto bene al core
216Un risetto di donna!
Ah, tu non sai che casta
Rimembranza giuliva....
Ma lo so io; mi basta:
220Allegri, dunque, evviva!
Ah, tu non sai che bocca
E che capelli negri....
Ma lo sa ben cui tocca:
224Evviva, dunque, allegri!
E non badar s’io piango:
Pel dolce e la carezza
Sempre un fanciul rimango:
228Piango di tenerezza.
Anzi questa mattina
Sono d’ottimo umore....
Che poesia divina!
232Che luce! che splendore!
Beviamo alla salute
Del tempo che passò;
Alle cose perdute;
236Alle memorie.... Ohibò!...
Che vino è questo? assaggia!
Poh, come lazzo e acerbo!
Proprio per me, mannaggia,
240Lo tenevate in serbo?
E questo pan? Per Bacco!
Per Cerbero il gran vermo!
Come gli è sollo e stracco! —
244Vin agro e pan raffermo!
E il sale, il sale? Amaro
Arrabbiato; un orrore!
Quel d’Italia è più caro
248Senz’essere peggiore.
Donne, m’avete fatto
Davvero un bel servizio!
Il mio ricordo a un tratto
252Mandaste in precipizio.
Parmi d’esser balordo;
Parmi d’aver sognato:
Il mio dolce ricordo
256Lo avete avvelenato. —
A chi non vuol malanni
Miglior cosa l’oblio....
Tornerò fra cent’anni.
260Avrò scordato. Addio!