Rivista di Cavalleria - Volume I/III/Sulle evoluzioni della Cavalleria (Concetti e proposte) III

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Sulle evoluzioni della Cavalleria (Concetti e proposte) (III parte)

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Sulle evoluzioni della Cavalleria (Concetti e proposte) (III parte)
III - Ricognizione di cavalleria III - Corse Gentlemen e militari
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SULLE


EVOLUZIONI DELLA CAVALLERIA




CONCETTI E PROPOSTE




(Continuaz. e fine, vedi fascicolo secondo).


XI.

Manovra a segnali.

Dall’Invalido Russo e dalla Revue du Cercle Militaire, rilevai or non è molto che, il regolamento di manovra per la cavalleria, ha subìto in Russia numerose ed importanti modificazioni, ed in ispecie quella dell’esecuzione dei movimenti a mezzo di segni convenzionali e seguendo l’esempio del comandante.

In non so con quale larghezza di applicazione sia stata sancita colà una tale disposizione, non avendo ancora potuto avere sotto mano la traduzione del testo originale; ma mi sia concesso di rilevare che dessa venne da me patrocinata ed espressa sin dal gennaio 1892 nel 1° fascicolo della mia Biblioteca Ridotta, unitamente ad altre idee sulla semplificazione delle nostre evoluzioni.

Difatti, a pag. 30 di detto fascicolo io esternava l’aspirazione ad un futuro prossimo, colle seguenti parole:

«Le evoluzioni di cavalleria, ritengo per fermo, dovranno essere quanto prima (e lo furono testè) semplificate al massimo grado, nonchè raccorciati i comandi e ridotti questi al minor numero possibile.

«Sono convinto dell’assoluta necessità che, per l’avvenire, il comandante di un corpo di cavalleria debba [p. 228 modifica]limitarsi ad indicare con segnali1, con comandi, o con ordini dati al riparto di base, la formazione che vuol ottenere, e gli altri, in seguito al segnale, al comando, o per imitazione, dovranno portarsi al loro posto il più celeremente possibile. La direzione poi e l’andatura, a movimento compiuto, dovrà essere quella assunta dal comandante in capo.

«Così si potranno abolire molti dettagli inutili, circa l’andatura da prendersi per l’esecuzione del movimento, il modo di eseguirlo, la direzione, ecc.... lasciando all’iniziativa ed al criterio dei singoli comandanti in sott’ordine, di regolarsi al riguardo; come ad es: di portarsi a formare lo spiegamento diagonale (senza comando) se per far fronte al nemico il riparto di base prende una direzione obliqua rispetto alla direzione di marcia sino allora seguita.

«In una parola, bisogna partire dal principio che in guerra vera, l’orgasmo, il terreno, e tanti altri fattori, non permetteranno quasi mai di poter manovrare a comandi sul campo di battaglia, come si usa oggidì sulle piazze d’armi; epperciò se vorremo possedere davvero una cavalleria manovriera e non rigida, dovremo cercare di farla muovere e di dirigerla colla semplice indicazione dello scopo da raggiungere.»

Ma, si dirà, il regolamento nostro ammette già che si possa far uso delle indicazioni di sciabola per le formazioni, giacchè la dizione del N. 16 toglie ogni dubbio al riguardo.

Mi si permetta per altro di far distinguere che le indicazioni accennate dal succitato numero non si riferiscono che: all’obliquare, al cambiar direzione o fronte, convergere, diminuire le andature, fermare ed adunare, le quali non hanno nulla a che vedere con le formazioni, implicanti il passaggio [p. 229 modifica]da un ordine all’altro; e che onde le indicazioni per tali passaggi siano comprese da tutti e divengano abituali non possono essere lasciate alla immaginativa d’ogni comandante.

Ora, è fuor di dubbio che la manovra a segnali contribuirà efficacemente a rendere rapidi i movimenti, inquantochè faranno seguito, colla velocità del pensiero, al comando del capo. Attualmente invece, questi deve anzitutto indicare il comando al trombettiere, che a sua volta deve ripeterlo a voce, prima di trasformarlo in squillanti note, le quali sono comunicate, generalmente, ai comandanti di squadrone a mezzo dei rispettivi trombettieri (giacchè per quanto si faccia, non tutti gli ufficiali giungono mai a comprenderle); i capitani debbono poi convertirle nuovamente in comandi e questi infine sono fatti eseguire dagli individui per mezzo dei comandanti di plotone con altri comandi. Come si vede, data questa lunga trafila, per la quale deve passare un comando, è assolutamente impossibile che il capo possa attendere sino all’ultimo momento per eseguire ad es. uno spiegamento, un cambiamento di fronte per colpire il nemico all’istante opportuno e nella direzione più conveniente.

Mi si obbietterà che egli potrà però trasmettere più rapidamente il suo pensiero a mezzo di comandi a voce; ma a parte che non tutti hanno un timbro forte e sonoro su cui fare a fidanza, non è poi nemmeno certo che, nel frastuono e nell’orgasmo del combattimento, possa subito essere compreso, tanto più che i comandanti in sott’ordine non sono costretti ed abituati, come quando si manovra a segnali, a non perdere mai di vista il capo e non sono sopra tutto esercitati a comprendere a volo il suo pensiero e lo scopo da conseguire.

Si aggiunga poi che, per quanto con il comando si cerchi di esprimere con esattezza il movimento da effettuarsi, i comandanti in sott’ordine debbono a loro volta pensare a dare il comando corrispondente e tutto questo fa sì che un povero comandante di reggimento non veda eseguire, che con molto ritardo i suoi ordini; ciò che per la cavalleria è inconveniente assai grave, sia perchè in questo frattempo sfugge l’occasione [p. 230 modifica]propizia d’attacco, sia perchè da noi, in generale, il terreno di manovra ha limiti assai ristretti ed alle celeri andature lo spazio è presto divorato.

Per la nostra arma invece, fra il comando e l’esecuzione del movimento deve correre il minor tempo possibile, dev’essere come una trasmissione elettrica, inquantochè il comando deve rappresentare, nè più nè meno, che il colpo di barra del timoniere, sotto il cui impulso la barca si piega ubbidiente ai suoi voleri; e questo, torno a ripeterlo, non si potrà ottenere che per mezzo di segnali di convenzione e con alcune norme di massima, da fissarsi antecedentemente e che sarebbero le seguenti:

1° Tutti devono tenere lo sguardo al comandante del riparto, (sino al comandante in capo), seguirlo sempre e cercare di comprenderne le intenzioni.

2° Ricordarsi che nelle evoluzioni la vera unità di manovra è il plotone e che questo deve considerarsi come un solo individuo.

3° Che tutti i plotoni debbono eseguire ciò che il proprio comandante indica o fa, ossia effettuare il dietro fronte, spostarsi, ecc... se egli indica ed eseguisce il dietro fronte, l’obliquo, ecc..; oppure prendere il passo, il trotto, il galoppo se egli fa passare il proprio cavallo ad una di queste andature; e così via. In una parola tutti debbono mettere in pratica, ciò che Enrico IV ordinava a coloro che lo avevano richiesto sul come dovevano regolarsi nel combattimento che stava per essere impegnato: suivez toujours ma panache blanche.

4° Che gli spiegamenti, i ripiegamenti ed i cambiamenti di direzione, che dinanzi al nemico rappresentano altrettanti momenti di crisi, specie se imposti dall’azione dell’avversario, dal terreno o dal fuoco, debbono durare il minor tempo possibile, epperciò essere eseguiti a celere andatura. Nello esercitare adunque i riparti nella manovra a segnali, il galoppo dev’essere l’andatura normale, e gli spiegamenti degli squadroni debbono essere fatti al galoppo allungato; riserbando il trotto solo per istruire, oppure comandando tale andatura quando si voglia usarla. [p. 231 modifica]

5° Che fra i vari riparti non dev’esservi rigidezza, ma ciascuno deve considerarsi come libero nell’esecuzione del movimento, onde questo avvenga non solo con scioltezza e rapidità, ma affinchè, essenzialmente, il comandante possa avere al più presto alla mano, ed a partire dal centro, il maggiore numero di riparti per fronteggiare l’avversario o per lanciarli all’attacco se così urgesse.

Questo, a mio credere, è il principio al quale dovrebbe informarsi tutto il regolamento, mentre in oggi ad es: nei cambiamenti di fronte, come già si disse, nessun squadrone si trova nella nuova direzione sino a tanto che il movimento non è compiuto; inquantochè tutti regolano la propria andatura su quella del perno, come se si trattasse di una linea rigida, anzichè portarsi, a partire dal centro e per proprio conto, a libera e celere andatura, dietro al comandante e sulla linea dello squadrone di base.

6° Infine, che in tutti i comandanti in sott’ordine dev’esservi quello spirito d’iniziativa e d’imitazione, per cui ciascuno, comprendendo lo scopo da raggiungere o vedendo il movimento del riparto viciniore, deve del pari eseguirlo s’anco non vide o non comprese il relativo segnale.

Per quanto poi si riferisce ai segnali di manovra, fermi restando quelli già considerati dal regolamento, in ordine: all’obliquare, al convergere, ecc....2 dovrebbero essere aggiunti i seguenti, che sono quasi direi naturali, esprimendo chiaramente meglio indicando essi quanto vuolsi eseguire.

1° Per far compiere il dietro fronte ai plotoni, roteare orizzontalmente la sciabola al disopra della testa e contemporaneamente eseguire, col proprio cavallo, ed all’andatura voluta, il dietro fronte dalla parte che vuolsi, perchè è essenzialmente questo che deve indicare a tutti, senza possibilità di [p. 232 modifica]equivoco ciò che i plotoni (considerati come un sol tutto) debbono effettuare per imilazione. In una parola il segnale di sciabola è l’avvertimento, ed il movimento del cavallo il comando di esecuzione.

2° Per passare dalla massa alla linea di colonne distendere replicatamente la sciabola a destra od a sinistra, o da entrambe le parti, onde segnare agli squadroni di aprire gli intervalli dalla parte indicata o dal centro.

3° Per spiegarsi sia dalla linea di colonne, sia direttamente dalla massa, disporre la sciabola nella posizione della carica per la 2a riga; e per caricare slanciarsi al galoppo e quindi alla carica puntando innanzi.

4° Finalmente per riformare la massa, tanto dalla linea di colonne, come dalla linea spiegata, agitare la sciabola in alto come per l’adunata. Questo segnale dovrebbe naturalmente valere anche per lo squadrone già raccolto ed in linea per farlo passare invece in colonna di plotoni.

Si potrebbe anche aggiungere il segnale per passare dalla linea spiegata alla linea di colonne, ma oltrechè non è di somma importanza, perchè se questo passaggio non è imposto dal terreno (il che è allora inutile qualunque comando, data l’iniziativa che debbono avere i comandanti dei riparti), ad uno spiegamento in linea non può seguire che la carica, l’inseguimento o la raccolta.

Del resto questo segnale è facile ad indicarsi, inquantochè nello stesso modo che l’attuale suoneria per la formazione della linea di colonne si compone di due parti, tolte: l’una alla suoneria della linea spiegata, l’altra a quella della colonna, quasi ad indicare che vuolsi una linea spiegata ma di colonne, così per analogia per segnare il passaggio dalla linea spiegata alla linea di colonne si dovrebbe dapprima fare il segnale della raccolta (roteando la sciabola) per indicare agli squadroni di formarsi in colonna; e poscia farlo subito seguire da quello della linea di colonne (distendendo la sciabola a destra e sinistra) per significar loro che debbono rimanere cogli intervalli aperti. [p. 233 modifica]

Come si vede adunque, con pochi segnali e con le norme di massima sopra citate, sarà facile di eseguire qualunque movimento di vera manovra, di quelli cioè che realmente si eseguiranno di fronte al nemico.

Taluni obbietteranno però che non sempre il terreno permetterà al capo di far conoscere a tutti i comandanti in sottordine i propri segnali; ma oltrechè in tal caso egli avrà pur sempre a sua disposizione, sia la voce, sia la tromba, non è men vero che, in allora, egli dovrà contare essenzialmente sullo spirito d’iniziativa e d’imitazione.

Anzi, la manovra a segnali, non è che la preparazione a questa manovra ideale; inquantochè, come abbiamo visto, non basta l’applicazione pura e semplice dei segnali per ritenere di poter manovrare senza comandi; esigendosi, con un primo passo, che si metta in azione, in base a norme e principi ben definiti, lo spirito d’iniziativa e d’imitazione.

In cavalleria, tutti lo sanno, non s’improvvisa nulla, e tanto meno si potrà contare sullo spirito d’iniziativa, e d’imitazione, che richiede il concorso di tutti, dal più elevato in grado sino all’ultimo soldato, se non si portò a questo spirito tutta la nostra attenzione per esercitarlo e per svilupparlo, in base a prescrizioni sancite dal regolamento.

Una truppa che non sia stata abituata a manovrare, come sopra è detto, potrà dare, è fuor di dubbio, come lo ha dato pel passato, per merito di qualche suo comandante, degli atti d’iniziativa e d’imitazione, ma questi atti non saranno o saranno mal secondati dai suoi dipendenti, creando confusione e disordine, mentre è in quelle difficili circostanze, che l’abitudine deve produrre: la calma, la celerità, l’ordine nell’apparente disordine, in una parola la disciplina del movimento.

D’altronde, se non vogliamo fare astrazione dai nostri terreni, frastagliati e coperti; se non vogliamo dimenticare che la cavalleria fu e dovrà essere, specie in oggi, l’arma delle sorprese, ne viene di conseguenza che, in generale, sarà su quei terreni che essa dovrà agire; sia per seguire e coadiuvare [p. 234 modifica]l’azione delle altre armi, sia per non essere distrutta, in rasa campagna, dal fuoco della fucileria e dell’artiglieria.

Ora, su quei terreni, se un comandante di cavalleria vorrà conservare il carattere della sorpresa, non sarà certamente nè con la voce, nè con la tromba, che potrà far manovrare la sua truppa, ma solo con segnali, con avvertimenti, dati al riparto di testa o di base, ripetuti da questo ed imitati successivamente dagli altri, con ordine e senza incertezza; inquantochè, tutti essendo rotti a manovrare in tal modo, dal primo sino all’ultimo individuo, sapranno cosa debbono fare e come regolarsi.

Pertanto, in terreni piani e scoperti la manovra a segnali sarà l’ideale da usarsi; e nei terreni coperti e frastagliati, quella per spirito d’imitazione e d’iniziativa (cui serve di preparazione quella a segnali) sarà la manovra che ci sarà imposta nostro malgrado.

Concludendo: corrieri, suonerie, comandi, segnali ed avvertimenti debbono rappresentare altrettanti mezzi, messi a disposizione del comandante, per la trasmissione della sua volontà; ma ogni qualvolta sia possibile: le suonerie, debbono sostituire i corrieri; — i comandi, le suonerie; — i segnali e gli avvertimenti, i comandi; — ed infine le norme di massima e l’imitazione i segnali, inquantochè per la cavalleria gli istanti sono preziosi, ed un comandante deve stabilire fra se ed i suoi dipendenti, tali vincoli di pensiero e d’azione, da trascinare (anzichè comandare i propri riparti) col cenno e coll’esempio; senza contare che quando avremo abituata la cavalleria a manovrare a segnali e per ispirito di imitazione sarà cosa da nulla il farla evoluzionare a comandi od a suonerie, mentre non è punto vero l’inverso. Nè è da credere che, per questa manovra dell’avvenire, si richiegga uno sforzo d’attenzione enorme; dappoichè, quando gli squadroni vi hanno fatta l’abitudine (il che si ottiene in brevissimo tempo) risulta per loro tanto naturale da preferirla, senza confronto, all’attuale; come sarà facile il persuadersene facendone la prova, quando per altro abbiamo compreso non solo i segnali, ma ben anco i principî e lo spirito che la informano.

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XII.

Dell’attacco.

Condizione prima, perchè una carica riesca efficace, è senza dubbio quella che i riparti avanzino di galoppo: con tranquillità, ordine e vigoria; ma al momento risolutivo è sopra tutto indispensabile che nulla si sacrifichi alla forma.

Eppertanto, siccome nella carica in ordine chiuso, si richiede essenzialmente che l’urto avvenga colla massima velocità e compattezza, (onde ottenere appunto il massimo effetto), così non parmi raggiunga questo scopo la disposizione prescrivente che la guida faccia uso soltanto di tutta la celerità consentita dai cavalli meno veloci, inquantochè in tal modo la guida viene a perdere ogni suo slancio, col quale all’opposto deve trascinare il proprio riparto. Piuttosto, onde si mantenga la voluta compattezza, occorre assolutamente che si curino le seguenti avvertenze:

1° Che l’aumento dell’andatura si faccia con progressione, abituando i cavalieri a crescerla senza scosse, come all’opposto invece avviene in oggi nello sviluppo delle andature col mezzo degli avvertimenti (che si riducono in comandi) dati dagli indicanti, mentre questi non dovrebbero che servire di semplice norma ai cavalieri per regolarsi, da loro stessi, nello spingere gradatamente il proprio cavallo, in guisa che rompa al galoppo, poscia allunghi, e quindi passi alla carriera.

2° Che i cavalli meno veloci siano messi in seconda riga.

3° Che lo spazio da percorrersi alla massima andatura sia relativamente breve, vuoi per non sfiatare o lasciare indietro dei cavalli, vuoi perchè è più difficile alla carica il mantenere l’allineamento di una fronte, specie se questa è alquanto estesa.

4° Infine, che da tutti si segua scrupolosamente il proprio comandante immediato, nonchè si osservi la guida al centro e che si chiuda immediatamente ogni vuoto che, per qualsivoglia ragione, (dipenda questa da un cavallo rimasto indietro, morto, ferito o semplicemente caduto) si faccia nelle righe.

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Così pure non nego che su di una piazza d’armi possa fare un bell’effetto il vedere avvenire l’urto con due righe ben distinte, ma non credo sia questo che si debba cercare di ottenere in pratica; anzitutto inquantochè onde la seconda riga possa portare il suo concorso, sia nell’urto, sia nella compattezza, e non vada ad urtare nella riga che sta dinanzi anzichè contro il nemico, non dovrà rimanersene indietro, ma si dovrà compenetrare nella prima, disponendosi al momenti della carica in corrispondenza dei vuoti, fra fila e fila; tanto più che ciò è anche necessario onde i cavalieri di 2a riga non siano travolti nelle cadute dei cavalli antistanti o facciano sovrapposte ai medesimi.

Confesso poi francamente e l’ho ripetuto in vari miei scritti, io non ho nessuna fiducia negli attuali esploratori del terreno; perchè, se si tratta di agire contro cavalleria, se vi saranno ostacoli insuperabili, essi lo saranno tanto per l’una quanto per l’avversaria; e se potranno superarsi, i comandanti stessi che cavalcano davanti e fanno da guida, tracciano loro, l’entità e la natura dell’ostacolo che si para dinanzi. Se si deve poi operare contro fanteria: in terreno scoperto e sotta il fuoco nemico, sarà difficile il farli avanzare da soli; ed in terreno coperto non servirebbero che a smascherare l’avanzarsi della cavalleria, la quale in oggi deve contare molto sulla sorpresa, per avere speranza di successo nei suoi attacchi. In tutti i casi a nulla avrebbero servito se all’ultimo momento s’incontrasse un intoppo che impedisse di procedere.

A mio modo di vedere l’esplorazione del terreno dev’essere effettuata, sempre che sia possibile, di nascosto, in precedenza, dallo stesso comandante o per lo meno da ufficiali arditi ed intelligenti, che sappiano, col concorso pure della carta, bene apprezzare la natura del terreno che sta dinanzi.

Il comandante di una cavalleria se vuole poter approfittare di tutte le circostanze favorevoli non deve attaccarsi al suo reparto come ostrica adesa in sullo scoglio; ma a tempa e luogo, dando semplici e brevi direttive a colui che deve sostituirlo, in ordine a date eventualità o per l’avanzata in una [p. 237 modifica]data direzione, deve sapersene allontanare di quel tanto che basti per poter abbracciare la situazione, o per potere eseguire una rapida ricognizione; giacchè nulla è più appropriato a tal riguardo del detto che «chi vuole vada, chi non vuole mandi; senza contare che fra il mandare e il farsi riferire passa sovente l’istante prezioso favorevole ad una data azione, e che ben altro è il vedere ed il giudicare coi propri occhi da quello che può essere riportato da seconda o terza persona.

Non comprendo poi come, in presenza del nemico, possano i cavalleggeri non aver già estratta la sciabola e come si possa aspettare ad estrarla appunto al momento di prendere il galoppo per la carica, creando uno scompaginamento inutile e senza che i cavalieri abbiano il tempo di far passare la dragona nel polso. So bene che il De Brack voleva che l’estrarre la sciabola ed il cadere addosso all’avversario fosse una cosa sola, ma ben diverse erano le condizioni nelle quali si effettuava in allora una carica.

Così pure troverei inutile il comando: per la carica che precede quello del galoppo; sia perchè tutti debbono avere già compreso che si tratta di caricare, sia perchè esso induce i cavalieri a caricare anzi tempo ed a sfuggire di mano, sia infine perchè non ha l’equivalente nel segnale di tromba.

Coll’insieme poi delle altre norme che si danno per l’attacco contro cavalleria, parmi nulla si faccia per impedire che le nostre cariche si sottraggano a quel solito apparato scenico, pel quale i due partiti, appena si scorgono, si spiegano e si caricano in un modo sempre identico.

Difatti, noi non vediamo mai negli attacchi di cavalleria contro cavalleria, quella manovra che deve prepararli, sia per attrarre l’avversaria sotto il fuoco della fucileria e dell’artiglieria in terreno sfavorevole; sia per costringerla a spiegarsi innanzi tempo per potere poi, con uno spostamento rapido, gettarsi obliquamente su di una sua ala; o finalmente per obbligarla ad abbandonare, magari col fuoco, una posizione di sbocco. In una parola, per la cavalleria non vedo che esista realmente ciò che si chiama tattica e questo per me ritengo sia un grave [p. 238 modifica]errore, inquantochè l’azione di una cavalleria contro altra cavalleria, salvochè non rappresenti la sorpresa, deve paragonarsi ad un vero duello, in cui i due veri avversari si stanno di fronte spiandosi a vicenda e con abili mosse ciascuno cerca di far scoprire l’antagonista, per essere pronto ad approfittare dei suoi falli.

Naturalmente, per poter però manovrare senza correre il rischio di essere colti in flagranza di crisi, occorrerà che il comandante conosca esattamente qual sia l’abilità manovriera dei propri squadroni e sappia usarne, nella guisa istessa che un abile marinaio deve conoscere l’ubbidienza al timone della propria nave onde valersene nelle varie contingenze della navigazione o del combattimento.

Per noi poi, quest’abilità manovriera, questa tattica è tanto più necessaria, inquantochè possedendo poca cavalleria, non potremo lottare con speranza di successo che col moltiplicarci per quanto è possibile sul teatro della lotta, coll’apparire improvvisamente colà dove non si possa essere attesi, e col saper schivare il combattimento quando non ci si trovi in condizioni favorevoli, e viceversa darlo quando se ne presenti l’occasione propizia!

So bene che taluni mi tireranno fuori la solita massima, causa prima degli attacchi scenici, che la cavalleria non deve mai lasciarsi attaccare, ma prendere sempre l’iniziativa dell’attacco, per cercare d’imporre la propria volontà all’avversario, infliggendogli lo svantaggio della difensiva; e questo principio è giustissimo, quando però si sappia interpretare a dovere ed applicare con criterio.

Tale non sarebbe però, ad esempio, lo spiegarsi anzitempo per correre addosso ad una cavalleria che si trova a distanza forte, per la quale essa abbia tutto il tempo per eseguire non solo il proprio schieramento, ma fors’anco un cambiamento di fronte diagonale; perchè è bensì vero che in allora si avrebbe l’iniziativa dell’attacco, ma si passerebbe poscia dall’offensiva alla difensiva coll’essere costretti alla nostra volta a cambiare fronte e per giunta in condizioni sfavorevoli. [p. 239 modifica]

Quel principio pertanto vuol essere inteso nel senso di attaccare il nemico: possibilmente per sorpresa, onde coglierlo, in momenti di crisi; con rapidità di mosse per costringerlo alla manovra difensiva; e sopratutto giunto l’istante e deciso l’attacco, andando a fondo celeremente, passando con rapidità fulminea, dalla forma concentrata, allo spiegamento ed alla carica.

Contro fanteria è prescritto che l’attacco venga preparato da qualche riparto a stormi se dessa ha sulla fronte una catena rada, ma che invece se ha dinanzi una catena fitta e continua, conviene, per scompaginarla, dirigere su questa il primo scaglione compatto senza far precedere gli stormi, mentre i successivi scaglioni, rotta la catena, debbono mirare ai riparti retrostanti in ordine chiuso.

Io ritengo per altro che, data la micidialità delle armi a fuoco moderne, salvo assoluta necessità, si debba evitare di attaccare della fanteria che ancora si trovi in quelle condizioni, ammenochè possa farlo per sorpresa, ed allora qualunque disposizione è superflua, l’importante si è caderle addosso al più presto.

Posto però che della cavalleria sia chiamata a sacrificarsi, per arrestare ad esempio l’avanzata del nemico, allora l’attacco principale della cavalleria, a mio credere, dev’essere sempre coperto da un riparto a stormi che richiami su di se il fuoco della fanteria, mentre il grosso spostandosi contemporaneamente e rapidamente dalla direzione del tiro attacca spiegandosi celeremente, evitando cioè l’ordine profondo che sarebbe consigliato dal nostro regolamento.

Tutti sanno difatti che l’attacco il più vicino, s’anco è di minore importanza, non può a meno di essere quello che preoccupa maggiormente il nemico; epperciò, il sacrificio di quei pochi uomini, permetterà al grosso di avanzare senza gravi perdite, tenuto calcolo specialmente che, com’è dimostrato dalla esperienza, il tiro è sempre diretto verso il centro del bersaglio, che non sarà quello del grosso, perchè segue una direttrice di marcia alquanto differente. Tutto ciò deve peraltro essere naturalmente compiuto con tale rapidità di concetto e [p. 240 modifica]di esecuzione a cui potrà solo aspirare una cavalleria veramente manovriera.

In tutti i modi l’ordine profondo vuolsi evitare, perchè la caratteristica del fuoco moderno, tanto della fucileria, quanto dell’artiglieria è appunto la profondità della rosa delle pallottole3: epperciò, se la cavalleria non vuole correre al suo sfacelo, deve assumere per l’attacco, contro le dette armi, alle distanze di tiro efficace, forme leggere di linee a scaglioni, con concomitanza e successione di attacchi, tali cioè da non dare tempo alla fanteria od all’artiglieria, come suol dirsi, di riprendere fiato.

L’ordine fondamentale d’attacco, dev’essere adunque sempre la linea spiegata e scaglionata, preceduta da stormi, quando si tratti di colpire fanteria od artiglieria, i quali, oltre a richiamare su di loro il fuoco dell’avversario, costituiranno i veri esploratori del terreno e completeranno la rapida ricognizione fatta, in precedenza, se fu possibile, da ufficiali o dal comandante stesso. Saranno questi stormi che potranno, e con esattezza, indicare la natura degli ostacoli che si parano dinanzi e che segneranno, in certo qual modo, la strada da seguire, ma non gli attuali esploratori non guidati da alcuno, e non spinti innanzi da nessuno e da nessun esempio.

La formazione in linea di colonne, adunque non può essere un ordine fondamentale nè contro la fanteria, nè contro l’artiglieria; epperciò è necessario che la cavalleria, quando è giunta nella zona di efficacia del tiro, abbandoni l’ordine concentrato e profondo e passi senz’altro dalla massa alla linea spiegata.

La linea di colonne, non può essere neppure un ordine fondamentale contro cavalleria, perchè desso è un parziale spiegamento con fronte presso a poco eguale a quella della linea spiegata, motivo per cui il comandante si mette, con esso, nella condizione di non potere, che con difficoltà, modificare la sua [p. 241 modifica]direzione d’attacco; e meglio vale allora che parta direttamente e subito a fondo spiegandosi immediatamente.

Il comandante di una cavalleria che vuole puntare contro altra cavalleria deve conservare sino all’ultimo momento, la sua massa concentrata, ed appena ha deciso l’attacco ed è giunto alla distanza che egli ritiene necessaria e sufficiente per spiegarsi nonchè per colpire con vigoria, deve, da quella stessa formazione di concentramento, spiegarsi e cascare addosso all’avversaria tentando di colpirla in direzione obliqua, onde scompaginarne la fronte.

Operando diversamente, un comandante smaschera anzitempo il suo giuoco, paralizza le sue mosse e se ha di contro un avversario intelligente ed ardito manovriero, non può a meno di avere la peggio.

L’attacco di una cavalleria contro altra cavalleria deve rassomigliare, mi si passi il confronto, a quello del gatto verso il sorcio, cioè ad un concentramento di aspettativa e di manovra per essere pronti a scattare nella direzione più opportuna.

Per la carica in ordine aperto è detto poi che i cavalieri di 2a riga si debbano portare a sinistra del loro capofila, e ciò in discrepanza di quanto generalmente si suol fare, inquantochè gli uomini appartenenti alla squadra di destra, sia nei raddoppi, sia negli spiegamenti sono abituati a portarsi sulla destra. Per non cambiare adunque principio di massima, io troverei che analogamente dovrebbero fare per passare dall’ordine chiuso a quello aperto.

Mi sia concesso per ultimo di osservare che, in tutte queste norme d’attacco, non si fa mai menzione della cavalleria appiedata, in tutto od in parte, facendo rilevare l’importanza da essa assunta sotto questo rapporto, dopo che venne armata col nuovo moschetto. Eppure io sono convinto che, specie nei nostri terreni coperti e frastagliati, la cavalleria non potrà, in oggi, conseguire grandi risultati sul campo di battaglia se non saprà combinare insieme l’azione del fuoco e del cavallo; l’azione cioè del cavallo per caricare sui terreni e nei momenti favorevoli, nonchè per spostarsi rapidamente da un punto ad un [p. 242 modifica]altro; e l’azione del fuoco sul fianco e sul rovescio di una truppa in marcia od in posizione non accessibile al cavallo, per sparire ancor più rapidamente, creando dovunque la preoccupazione ed anco distogliendo parte delle forze nemiche dall’attacco principale.

Insomma si dovrebbe accennare qui che la cavalleria sul campo di battaglia deve avere la febbre del movimento, non per correre all’impazzata di qua o di là, ma col sapere afferrare tutte le occasioni d’intervenire nel combattimento a piedi ed a cavallo, studiando all’uopo il terreno e le varie fasi dell’azione, e traendo partito della rapidità delle sue mosse per mettere, se occorre, le ali al moschetto, onde rendersi più che mai temibile, vuoi con cariche di sorpresa, vuoi con fuochi micidiali inaspettati.


XIII.

Della raccolta.

Uno dei mezzi più sicuri, per accertarsi dell’abilità di una truppa di cavalleria, ed uno dei fattori più importanti per la sua azione è la rapidità con la quale essa effettua la raccolta.

Il nostro regolamento, collo specificare che al segnale dell’adunata i cavalieri si raccolgono, al più presto che sia possibile, dietro al proprio capo, procurando di formare sollecitamente le due righe, senza riguardo alla prima disposizione, segnò già un vero progresso.

Mi è duopo però far rilevare che tale prescrizione non è, nè esatta, nè completa, inquantochè non considera che la speciale raccolta dopo la carica. Inoltre, anche in questo caso, è ancora poco osservata dai riparti, vuoi perchè sussiste pur sempre l’influenza del passato, che si atteneva molto al formalismo.

Non sarà adunque male che io vi spenda alcune parole attorno; e primieramente quand’è che può aver luogo una raccolta? Evidentemente nei seguenti casi:

1° Quando i riparti minori (plotoni o squadroni) agiscono per loro conto.

2° Dopo il passaggio di una stretta o di un ostacolo. [p. 243 modifica]

3° Per riunire i foraggeri.

4° Infine, dopo una carica, per l’inseguimento o per riunire gli avanzi di un insuccesso.

Esaminiamo ora partitamente ciascuno di essi.

1° Nel primo caso, non si tratta che di riunire dei riparti già costituiti in riparti maggiori, cioè gli squadroni, i mezzi reggimenti ed i reggimenti. In allora, è evidente che la prescrizione suddetta, non deve più riguardare la formazione delle due righe sibbene applicarsi all’ordine dei riparti nel riparto successivamente maggiore. Eppertanto, in tesi generale, il primo riparto che giunge sul sito, qualunque sia il suo numero d’ordine amministrativo deve collocarsi dietro al comandante e gli altri successivamente dietro od ai fianchi di quello; sia per stabilire subito la base della raccolta, sia perchè il comandante possa avere alla mano ed al più presto, il maggior numero di riparti possibile per poter agire.

Così ad es: nella riunione dello squadrone, il primo plotone che arriva si deve collocare dietro al capitano, il secondo sulla destra, il terzo ed il quarto se vi è, sulla sinistra, quando la raccolta fu ordinata in linea; oppure uno dietro l’altro secondo l’ordine del loro arrivo, se venne disposto per la formazione in colonna di plotoni.

La raccolta invece del reggimento, deve sempre essere fatta in massa, sia perchè è più facile, sia perchè non si deve mai, e specialmente in questo caso, prestabilire la fronte di spiegamento, fornendo così all’avversario il modo di colpirci di fianco, senza possibilità alcuna, in quel momento di crisi, di potere cambiare fronte. Dalla massa invece sarà facile, anche durante la raccolta, convergere a destra od a sinistra, e contemporaneamente spiegarsi per parare l’attacco.

Nel formare poi la massa, il primo squadrone, come al solito si porterà dietro al comandante per formare il centro e gli altri successivamente a destra od a sinistra, secondochè appartengono al mezzo reggimento di destra o di sinistra.4 [p. 244 modifica]

Nel portarsi al posto però è della massima importanza per tutti di attenersi alle seguenti norme:

a) di non intraversarsi mai nè sul fronte, nè sul rovescio, sia per non impedire al comandante di potere agire, sia per non ostacolare la riunione agli altri riparti;

b) di marciare per la via più breve per portarsi al proprio posto;

c) di eseguire il minor numero possibile di movimenti, e sopratutto di evitare i giri di vettura, che sono lenti e che fanno ostacolo agli altri riparti;

d) infine, dovendo eseguire dei dietro fronte di plotone di tenere calcolo dell’avanzata della massa, se questa è in marcia, per dare il comando per tempo, e di eseguirlo sempre verso la parte interna, sia onde gli altri riparti, che stanno per arrivare, possano regolarsi nel prendere l’intervallo, sia perchè, in caso contrario, anche rasentando lo squadrone che già trovasi a posto, l’intervallo riuscirà sempre eguale alla fronte del plotone e non mai di 10 passi com’è prescritto, o di 5 se lo sarà in avvenire.

Una cosa è inoltre da proibirsi in modo assoluto ed è la tendenza, ormai invalsa in tutti, di disporre a frotta il proprio plotone, già formato, per riunirsi allo squadrone. Ciò dimostra però, sia di non aver compresa la ragione di essere della frotta, fatta esclusivamente per poter attraversare con facilità terreni rotti frastagliati; sia la mancanza di abilità manovriera. I riparti debbono sempre, e possibilmente, portarsi a posto già costituiti, vuoi perchè quando il terreno non presenta ostacoli, la riunione si eseguisce in modo egualmente sollecito tanto a frotte quanto col riparto ordinato.

La frotta deve usarsi soltanto quando il terreno non consente di marciare altrimenti e quando il riparto non trovasi già riunito; ma anche allora il capo deve cercare, cammin facendo di riformarlo.

Non facciamo adunque abuso delle frotte, che debbono rappresentare per noi formazioni primordiali di esercizio per una truppa, o formazioni transitorie.

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Ricordiamoci inoltre che la frotta non deve essere confusa con gli stormi, essendo questi una vera e propria formazione di combattimento, e l’altra una formazione di marcia; eppertanto se dobbiamo cercare di abilitare gli individui nella manovra a stormi (per spiegarli, per raccoglierli, per cambiare fronte, ecc....), esercizio di somma importanza perchè mette, come nessun altro, gli uomini nella mano del proprio comandante; altrettanto dobbiamo evitare, con truppa già istruita, di usare la frotta; avvegnachè nella marcia gli individui debbono, per quanto è possibile, conservare l’ordine. La frotta, torno a ripeterlo, e non mai abbastanza, deve riservarsi esclusivamente per la marcia in terreno rotto, cercando anche qui di possibilmente allargare la fronte a stormi anzichè estendersi in profondità, e, come istruzione, per passare con celerità dal disordine all’ordine, ma per nessun altro scopo.

2° Il passaggio di una stretta non può effettuarsi che col centro, mentre si ripiegano le ali; e quindi per riformare i riparti, gli individui che sono rimasti indietro, non hanno che a portarsi in linea, regolandosi, in tutto e per tutto, come per la formazione della colonna dalla linea e viceversa.

Tanto l’ostacolo poi, quanto il terreno rotto, già l’ho accennato, si deve cercare di superarlo, per quanto è possibile, con ordine che si avvicini più agli stormi che alla frotta, inquantochè l’allungamento trae seco l’arresto della colonna e produce una perdita più o meno grande di tempo, che può essere preziosissimo. In tutti i modi, gli individui si troveranno sempre nella condizione di poter riprendere il loro posto primitivo, inquantochè non avranno che a serrarsi ed a disporsi in due righe oppure a portarsi in linea, secondochè si trovavano in formazione di stormi o di frotta.

3° Dopo una carica in foraggeri, la cosa sarà ben diversa, inquantochè non tutti saranno fortunati di poter rispondere all’appello, epperciò tanto in questo caso, come in quello che considereremo nel numero successivo, non v’è che un sol modo di raccogliersi, ed è quello delineato dal regolamento, cioè: i cavalieri si riuniscono dietro la guida il più presto possibile, senza tener conto, nè del numero, nè della riga [p. 246 modifica]che occupavano prima. L’unica norma da osservarsi, sarà la seguente: i primi giunti si collocano al centro, gli altri successivamente sulle ali per formare la prima riga, poco importa se dessa avrà un individuo di più od uno di meno, ed il resto si porta in seconda riga; l’importante essendo di abituare gli individui a riunirsi ed a seguire il proprio capo, perchè in tali circostanze non si deve manovrare, nè per due, nè per quattro, ed occorre solo di potersi trascinare dietro gli avanzi, e se necessita, di servirsene per caricare nuovamente sul tergo o sul fianco dell’avversario.

4° In modo perfettamente analogo devesi procedere per l’inseguimento, o per la raccolta dopo una carica. Il regolamento prescrive invece (pag. 96) che gli ufficiali, nel secondo caso, si rechino pei primi al loro posto per facilitare la formazione dei riparti dipendenti. Io però non sono di questo avviso, inquantochè anzitutto la raccolta si convertirà in una fuga disordinata, di cui l’ufficiale ne darà l’esempio; e secondariamente gli individui perdendo di vista il proprio capo plotone, che n’è il vero comandante, si dirigeranno a caso e si recheranno con probabilità all’ala opposta in cui dovrebbero andare e creeranno sul sito di riunione una vera babilonia, con calci, vocìo e movimento incessante di cavalli.

Ora, tutti questi inconvenienti sarebbero evitati, se i capi plotoni ripetendo il segnale od il comando di raccolta, senza fuggire, cercassero di riunire i superstiti cammin facendo, colle norme suaccennate, dirigendosi contemporaneamente, con non esagerata andatura, onde possano essere raggiunti dai ritardatari, verso il luogo di riunione per portarsi, col proprio riparto sufficientemente in ordine, al posto già specificato. Ricordiamoci che, con i soli capi plotoni, non si può fare la carica e quindi è perfettamente inutile che essi si portino pei primi e da soli sulla linea.

Precetto invece fondamentale in ogni raccolta dev’essere quello di abituare: gli individui ed i riparti a passare celeramente con calma e silenzio dal disordine all’ordine, di far sì che seguano il proprio capo dovunque e sempre, cercando nel tempo stesso di riordinarsi a partire dal centro e sul centro.


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Con ciò pongo fine a queste modeste idee, a questi concetti inspiratimi dal desiderio intenso d’infondere in tutti la profonda convinzione che io nutro sulla urgente necessità di dare alle nostre evoluzioni, alla nostra tattica, la speciale caratteristica imposta dalle nuove armi da fuoco e dai nostri terreni rotti, frastagliati e coperti; creando cioè tattica ed evoluzioni di riparti snodati, leggeri, elastici in cui regni sovrano in ogni singolo individuo lo spirito d’iniziativa e d’imitazione.

Io potrò errare, e desidererei esserne persuaso, ma è per questa stessa ragione che io ritengo troppo rigido il nostro dispositivo delle schiere, nonchè troppo pesante il nostro reggimento; ed a questa convinzione mi trassero: sia le manovre reali o sulla carta a cui presi parte; sia lo studio dei terreni delle nostre passate battaglie e di quelli su cui sarà probabilmente chiamata ad agire la nostra cavalleria nelle future lotte.

Dappertutto trovai terreni sui quali ben difficilmente una enorme massa di cavalleria, qual’è la nostra divisione, avrebbe potuto agire sotto l’impulso diretto ed immediato del comandante in capo, eseguire cioè: ammassamenti, avanzate, spiegamenti ed attacchi, nelle forme che noi eseguiamo sulle eccezionali brughiere di Somma e pianure di Pordenone; tantochè ritengo che, se queste sono utili per alcuni rami d’istruzione per dare aria, come suol dirsi, alla cavalleria, per evitare danni alle proprietà, parmi invece siano d’altra parte nocive in quanto fanno smarrire il concetto reale dei nostri terreni e delle nostre evoluzioni.

La Francia e le altre potenze, partendo dal principio di tracciare anzitutto le regole della tattica della divisione, unità di combattimento per la loro cavalleria e pei loro terreni, hanno poscia cercato le evoluzioni che meglio rispondevano a questa tattica. Altrettanto dobbiamo fare noi, ma non perdendo però di vista che diversi sono in generale i nostri terreni di manovra e che è sopratutto sulla natura di essi, come accennai nel primo paragrafo, che noi dobbiamo basare: il nostro armamento, i nostri dispositivi, le nostre evoluzioni e la nostra tattica.

F. D’Ottone.

Note

  1. Attualmente chiamansi segnali le indicazioni date a mezzo di suonerie, mentre il segnale porta con sè l’idea del segno di convenzione, del gesto che rappresenta ciò che vuolsi indicare. E pertanto, si dovrebbero più propriamente chiamare: comandi le indicazioni date colla voce; suonerie quelle impartite colla tromba; e finalmente segnali quelle tracciate colla sciabola, come appunto farò nel presente scritto, a scanso d’ogni equivoco.
  2. Coerente al mio principio, sopprimerei però nella conversione l’accenno al perno di fermarsi, lasciando soltanto l’indicazione all’ala marciante di avanzare anche perchè quel doppio segnale crea confusione, ed il perno deve comprendere lo stesso che deve diminuire l’andatura per agevolare il movimento.
  3. Si aggiunga che lo shrapnell perde ogni sua efficacia, tanto se scoppia all’indietro della fronte, quanto ad una distanza superiore ai 50 metri innanzi ad essa.
  4. Questo ben inteso finchè sussiste il riparto in mezzi reggimenti che io vorrei però vedere soppresso.