Similemente canoscensa move

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Dotto Reali

Guido Zaccagnini/Amos Parducci XIII secolo Indice:Rimatori siculo-toscani del Dugento.djvu Duecento Similemente canoscensa move Intestazione 16 luglio 2020 25% Da definire

Questo testo fa parte della raccolta Rimatori siculo-toscani del Dugento
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SONETTI

I

A Meo Abbracciavacca

Domanda schiarimenti perché egli abbia cuore scontento
e volontà imperfetta.

A te, Meo Abracciavacca, Dotto Reali, menimo frate dell’ordine dei cavalieri di beata Maria, manda salute.

Pensando che lo cor dell’omo non si chiami contento in de lo stato là’ u’ si trova; e si come sono divizi li stati e le condissioni dell’omo, cosí sono divize le volontadi. E per le volontade, che sono diverse in del corpo de l’omo, perfessione non si trova in intelletto, ma parte de le cose si puon sentire per esperiensa e per ingegno; e ciò giudica ragione umana. E io, conoscendo in me simile core e volontade per defettiva parte del mio sentire, mi movo per fare me chiaro del mio difetto. E, accioché scuritate riceva lume da quella parte che dar lo pò, mando a te questo sonetto per tutte quelle cose che di sopra son dille. E risponsione mi manda di ciò che senti. E mostralo a frate Gaddo e a Finfo. [p. 105 modifica]


Similimente canoscensa move
lo cor dell’om, che spesso si disforma,
si come l’aire face quando piove,
che per contrario vento si riforma.
E venta puro e mostra cose nòve
in occhio d’om per parer non per forma.
A simil, parlo per intender prove
del meo defetto da ciò che più forma.
E ciò è mezzo di principio fine,
e di fine principio naturale,
ch’assai paleze mostra, in cui figura
qual d’esti dui più sente, e chi di fine
intenda, non che porti naturale,
per sé manda per compier la figura.

II

Allo stesso

Sulla questione: Se l'anima viene compita da Dio,
com'è che può fallire?

A piò voler mostrar che porti vero
non magistero — di ciò sta nascoso,
e di ciò spesso me medesmo chero
e si mi fero — ch’eo vivo doglioso.
Qual per natura pò sentire intero
ciò ch’è mistero, — di che non dire oso?
Per me comune piò che ’l lume cero
non mi dispero — e faccio risposo.
A intelletto volontà pertene,
perché convene — che l’alm’aggia vita
e sia finita, — ben discenda pura.
Che suo vazel tal natura — mantene,
qual li adivene — da quella ch’è unita,
ancor ch’aita — sia d’altra fattura.