Storia della letteratura italiana (Tiraboschi, 1822-1826)/Tomo II/Libro I/Capo X

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Capo X - Stranieri eruditi in Roma

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Capo X.

Stranieri eruditi in Roma.

I. Quanto più ampiamente stendevansi i confini dell’impero romano, tanto maggiore era il numero degli stranieri che da ogni parte venivano a Roma, e tra essi non pochi uomini dotti che speravano di procacciarsi col lor sapere e onori e ricchezze. Per l’addietro gli eruditi stranieri che vedevansi in Roma, erano per lo più Greci. Ma a’ tempi de’ quali scriviamo, si vider uomini di più altre nazioni, Spagnuoli, Galli e Giudei ancora rendersi celebri tra’ Romani colla loro erudizione. I due Seneca, Lucano, Marziale, Columella, Pomponio Mela, Porcio Latrone e molti altri ne vennero dalla [p. 375 modifica]Spagna; Favorino, Crina, Carmi de, Domizio Afro, Giulio Affricano ed altri dalle Gallie; molti de’ filosofi, dei quali abbiam di sopra parlato, erano o Greci, o di diverse provincie dell’Asia; la guerra coi Giudei e la rovina di Gerusalemme trasse a Roma molti ancora di quella nazione. Roma in somma era un troppo luminoso teatro, perchè non vi avessero ad accorrere da ogni parte coloro che per qualche via potevano lusingarsi di trovarvi favorevol fortuna; e quindi Roma, come dice il filosofo Seneca (De Consol. ad Helv. c. 6), era quasi la comun patria del mondo tutto; e vi si vedeva una piacevole mescolanza e confusion di nazioni d’abito, di lingua, di costumi diverse. Questo si gran concorso di stranieri d’ogni provincia recò non piccolo danno alla lingua latina, come nella Di ssertazione preliminare si è dimostrato; ma giovò insieme a tener vivo per alcun tempo il fervor degli studj, che senza ciò sarebbe forse illanguidito più presto e venuto meno. Molti di questi dotti stranieri sono già stati da noi annoverati nel decorso di questo libro. E altro perciò or non faremo che parlar brevemente di alcuni altri, de’ quali finora non si è ragionato. * li. Tra essi degni singolarmente d’essere nominati sono due Ebrei che per la loro erudizione si rendettero famosi in Roma, ove vissero per alcun tempo, cioè Filone e Giuseppe. Il primo, nato di genitori ebrei in Alessandria, ebbe agio in quella dotta città d’istruirsi nella greca letteratura, in cui di fatto mostrossi versato, e singolarmente nella filosofia di Platone, [p. 376 modifica]3^(j LIBRO come dalle molte sue opere/ che ci sono rimaste, tutte scritte in greco, comprovasi chiaramente. Venne a Roma ai tempi di Caligola, mandato da’ suoi a sostenere la comun causa della nazione contro i cittadini d’Alessandria, i quali aveano essi pure mandata un’ambasciata, di cui, come si è detto, era capo Apione, per eccitare l’imperadore a sdegno contro de’ Giudei, Ma questa spedizion di Filone non ebbe troppo felice successo, come egli stesso confessa nella bella storia che ne compose. Un’altra volta tornò a Roma Filone, se crediamo ad Eusebio (Hist. eccl. l. 2, c. 18), a’ tempi di Claudio, e allora lesse in senato l’apologia de’ suoi, ch’egli avea composta; ed essa piacque per tal maniera a que’ padri, che per loro decreto ella fu riposta in una pubblica biblioteca. Anzi asseriscono alcuni, come affermano lo stesso Eusebio e S. Girolamo (Catal.S< ript. eccl), che in tale occasione ei parlasse coll’apostolo S. Pietro; e Fozio vi aggiugne (Bibl. cod. 105) che abbracciasse la religion cristiana, benchè poscia di nuovo tornasse all’ebraismo. Ma ciò, come osservano i medesimi allegati scrittori, non è appoggiato che ad una incerta tradizione del volgo. Più lungo tempo soggiornò in Roma Giuseppe. Questi ci ha descritta ei medesimo la sua Vita, da cui raccogliamo che in età di ventisei anni venuto a Roma, e introdottosi nell’amicizia di Poppea moglie di Nerone, da lui ottenne la libertà ad alcuni suoi concittadini. Quindi tornato in Giudea, dopo aver tenuta una assai saggia condotta ne’ tumulti onde essa era sconvolta, nella guerra di Vespasiano [p. 377 modifica]finalmente astretto a render per assedio la città di Jotapa, eli’ ei difendeva, predisse l’impero a Vespasiano ed a Tito. Da essi perciò tenuto prigione, finchè videro avverata la predizione, e rimesso poscia in libertà, trovossi con Tito all’assedio di Gerusalemme, di cui descrisse la Storia. Venuto finalmente a Roma, vi fece stabil dimora fino alla sua morte , che pare non avvenisse se non dopo il decimoterzo anno di Domiziano; caro sempre agli imperadori, e a Vespasiano singolarmente, da cui ebbe il diritto della cittadinanza romana, alcune terre della Giudea, e il suo proprio nome, onde poi egli fu detto Flavio Giuseppe. Anzi narra Suida (in Lex.) ch’egli ebbe ancora l’onore di una statua innalzatagli in Roma. Io passo leggermente su questi due benchè illustri scrittori, perchè essi non appartengono se non indirettamente al mio argomento. Di essi parlano più ampiamente, oltre tutti gli autori di storie e di biblioteche ecclesiastiche, il Tillemont (Hist. De Emper. t. 2, Ruine des Juifs, art. 23, 79, ec.), il Fabricio (Bibl. gr. t.3,p. i o5, 293), il Bruckero (Hist. crit. Phil. t. 2, p. 708, 797) e molti altri autori da essi allegati. III. Due altri scrittori stranieri, celebri singolarmente per opere a storia appartenenti, vissero a questi tempi, Fidone Biblio detto ancora Erennio Filone, e Flegonte nativo di Traile liberto di Adriano. Del primo non sappiamo la patria; ma di lui ci narra Suida (in Lex.) che fu circa a’ tempi di Nerone, e che visse assai lungamente. Lo stesso Suida annovera i molti libri da lui composti, uno della 111. Tra’ Grerì Erennio Filone e ilegoule. [p. 378 modifica]3j8 MERO storia di Adriano, dodici sulla scelta de’ libri altri sugli uomini illustri che in ciascheduna città erano nati. Ma forse maggior vantaggio recò egli alle scienze col traslatare dalla lingua fenicia nella greca l’antichissima Storia di Sanconiatone (Porph. l. 4 in Christ.), e a lui perciò noi dobbiamo in parte i frammenti che ce ne sono rimasti, conservatici da Eusebio. Veggansi il Vossio (De Histor. gr. l. 2, c, 10) e il Fabricio (Bibl. gr. t. 3, p. 120), che altre opere ancora rammentano da lui composte. Molte ancora ne scrisse Flegonte, e un’opera cronologica singolarmente divisa per olimpiadi,] in cui di ogni cosa avvenuta segnava esatta-, mente il tempo. Adriano avendo scritta la sua propria Vita, la pubblicò sotto il nome di Flegonte (Spart, in Hadr.), il che ci fa conoscere i ch’egli avea fama di colto ed elegante scrittore. A lui ancora dobbiamo il testimonio che egli ci ha lasciato della ecclissi avvenuta nella morte di Cristo (V. Voss. de Histor. gr. l. 2, c. 11; Fabr. Bibl. gr. t. 3, p 3yy; TiUenù ’ Hi.il. des Emper. t. 2, Adrien, art. 18). <* Molti altri gramatici e retori greci ancora furono di questi tempi in Roma, tra i quali Suida rammenta Zenobio a’ tempi di Adriano, di cui, oltre alcune altre opere, ricorda una traduzione che fece in greco delle Storie di Sallustio; Eraclide Pontico rivale di Apro a’ tempi di Claudio e di Nerone, e autore di molti poemi epici e di altre opere; Potamone da Mitilene professore di eloquenza a’ tempi di Tiberio, di cui narra lo stesso Suida che volendo Potamone tornare in Grecia, Tiberio accompagnollo con una [p. 379 modifica]lettera, nella quale minacciava guerra a chiunque lo oltraggiasse; Apollonio Alessandrino, detto anche Anterio, gramatico in Roma a’ tempi di Claudio, ed altri ». IV. Ma de’ filosofi stranieri principalmente ebbevi in Roma grandissimo numero. I Greci che vi avevano introdotti dapprima i filosofici studj, pare che volessero conservare gelosamente il diritto di mantenerveli. La storia della filosofia di questi tempi da noi esposta poc’anzi anzi n’è chiara prova; poichè abbiamo veduto che assai maggiore fu il numero de’ filosofi stranieri, che non de’ romani. E noi nondimeno non ne abbiamo nominati che i più illustri. Assai più se ne petrebbono aggiugnere, come Anassilao di Larissa (Bruì k. t. 2, p. 86), Alessandro Egeo (ib. p. 474 Cheremone egiziano (ib. p. 543), Eufrato alessandrino (ib. p. 565), e moltissimi altri, che vissero almeno alcun tempo in Roma, e che da Seneca , da Plutarco, da’ due Plinii, e da altri scrittori di questi tempi si annoverano. Ma basti il detto fin qui a conoscere quanto grande fosse la copia degli stranieri filosofi che venivano da ogni parte del mondo o a coltivare, o a render celebre il loro ingegno in Roma. V. Agli eruditi stranieri fin qui nominati , aggiugniamone ancora un solo, cioè Eliano autore di un’operetta greca che ci è rimasta, De instruendis aciebus. Si è comunemente creduto per lungo tempo che fosse un solo l’autore di quest’opera, e di due altre che pur vanno sotto il medesimo nome, intitolata l una della Natura degli Animali, l’altra Storia varia [p. 380 modifica]I. Ma Jacopo Perizon con argomenti a mio pa. rerc fortissimi ha dimostrato (V. praef ad Aeliani Hist var. ex edit. Gronov.) doversi distinguere due Eliani, uno scrittor di arte militare, l’altro delle altre due opere sopraccennate; greco il primo, romano il secondo, benchè pure scrivesse in greco; quegli vivuto ai tempi di Adriano, questi assai più tardi. Del secondo noi ragioneremo nell’epoca susseguente. Qui basti l’accennare che lo scrittore dell’operetta sull’ordinare le schiere fu certamente greco, come ricavasi manifestamente dalla sua prefazione medesima; e che visse almeno per alcuni tempo in Italia a questa età appunto di cui trattiamo; perciocchè nella stessa prefazione egli indirizza e consacra la sua opera aA’Adria-; 110, e dice di aver veduto in Formie Traiano! di lui padre adottivo, o creduto almen tale;] e di avere innoltre parlato con Frontino, che chiama uomo illustre tra’ consolari, e per la scienza dell’arte militare salito a gran fama. I Intorno a questo Eliano e aa’altre opere da lui composte veggasi l’erudito Catalogo de’ Codici greci della Biblioteca Laurenziana del ch. canonico Bandini (t. 2).