Storia della letteratura italiana (Tiraboschi, 1822-1826)/Tomo VIII/Prefazione al tomo IX della prima edizione

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Prefazione al tomo IX della prima edizione

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Tomo VIII Tomo VIII - Libro III

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PREFAZIONE

AL TOMO IX DELLA PRIMA EDIZIONE1


Quali ragioni mi abbiano determinato a non entrar nella Storia della Letteratura del nostro corrente secolo, già si è per me accennato nella prefazione al tomo viii di questa mia opera, nè fa bisogno di qui ripeterle, o di svolgerle più lungamente. Ampio e luminoso argomento sarà al certo, per chi vorrà a tempo opportuno trattarlo, lo stato della letteratura italiana ne’ primi cinquant’anni di questo secolo, per accennar questi soltanto, senza innoltrarsi negli altri a noi troppo vicini. Se altri nel corso di quegli anni non avesse ad additare l’Italia che un Muratori e un Maffei, non potrebb’ella di essi soli andar lieta e superba? Se la storia di tante città italiane ha cominciato ad uscir dalle tenebre, fra le quali era stata in addietro involta, per mezzo di antiche Cronache rozze quanto allo stile, ma schiette e veridiche ne’ loro racconti, disotterrate dalla polvere in cui giaceano; se una innumerabil serie di autentici documenti, racchiusi prima inutilmente e condannati a imputridir negli archivi, ha veduta la luce; se le rivoluzioni, i costumi, le leggi de’ bassi tempi si son finalmente conosciuti per modo che poco più resta a scoprirne; se la storia della più antica fra le famiglie regnanti d’Italia, libera dalle favole da cui l’ignoranza e la credulità de’ secoli precedenti l’avea ingombrata, è stata posta nel vero suo lume, per tacere di tante altre opere di tanti diversi argomenti da lui [p. vi modifica]vi rnE fazione pubblicate, non ne sinm noi, e non ne saranno i nostri posteri debitori all’immortal Muratori? E se tanti pregevoli monumenti d’antichità ritolti alle tenebre sono stati dottamente illustrati, se Verona ha avuto un rischi aratore della sua Storia degno della sua grandezza e del suo nome, e se ha veduto nelle sue mura raccolto uno de’ più ricchi musei che si offrano all7 occhio di un erudito ricercatore; se l’Italia può agli stranieri additare una tragedia che dalle stesse critiche ad essa fatte trae argomento a provare l’invidia che in essi ha destata; e se possiamo vantarci di avere in un uom solo avuto un antiquario, uno storico, un filosofo, un poeta , un bibliografo , in ciascheduno di questi generi d’erudizionc superiore a molti, a pochi inferiore, non deesene per avventura la gloria al marchese Maffei, degno perciò della statua che a lui ancor vivo la riconoscente sua patria volle innalzare? Ho detto che questi due uomini soli basterebbono a render gloriosa I7 Italia di averli prodotti. Ma aggiungo ancora , che , quando ella pur non gli avesse , potrebbe tanti altri additarne che non avesse che invidiare ad alcun7 altra nazione. E a qual sorta infatti di studi si potranno rivolgere i nostri posteri, di cui non trovino egregi coltivatori ne’ lor maggiori che nel detto tempo fiorirono? Qual era lo stato della Storia letteraria prima che Apostolo Zeno si accingesse ad illustrarla? Quante favole nelle Vite de’ dotti! Qual superficiale ampollosità negli Elogi ad essi tessuti! Quanta negligenza nell’indicare le epoche della lor vita, l7 edizioni delle lor# opere, le contese per esse insorte! E qual sorgente inesausta di notizie in tal genere pregevolissime sono e le Lettere, e le Dissertazioni vossiane, e le Note alla Biblioteca di monsig. Fon lanini, e il Giornale de’ Letterati d7 Italia, in cui egli ebbe sì gran parte, e più altre opere di quell’indefesso scrittore, a cui non so se debbasi maggior lode per la vastissima erudizione di cui fu adorno, o per le amabili e dolci maniere, e per le belle virtù che ne renderon più ammirabile l7 erudizione! E a lui ancora deesi il vanto di aver riformata la drammatica poesia , tanto corrotta dal reo gusto del secolo precedente , riconducendola alla gravità e al decoro clic delibi esserle proprio , e aprendo così la via al più felice c [p. vii modifica]AL TOMO IX DELLA PRIMA EDIZIONE VII piii tenero suo successore , per sollevarla a tal perfezione, che omai si debba temere di vederla decader nuovamente. E poichè si è qui fatta menzione della poesia , essa può certo gloriarsi di aver riparato interamente il torto che il capriccio e I1 irregolar fantasia di molti poeti del secolo precedente le avean recato. E quando si ricorderanno i nomi de’ Manfredi, de’ Rolli, degli Ercolani, de’ Zanotti, de’ Ceva, de’ Lazzarini, de’ Martelli , de’ Lorenzini , de’ Conti, de’ Frugoni , si dovrà confessare per avventura che se questa età non può contrapporre un numero di poeti uguali a quello che fiorì nel secolo xvi, essa ne ha avuti non pochi che in vivacità d’immagini, in forza di sentimenti e in robustezza di stile non soffrono di rimanersi addietro ad alcuno. Lo studio della lingua greca , quello delle antichità, e quel della storia, e tutte le parti dell’amena letteratura, quanto hanno acquistato di ornamento e di luce dalle opere di Anton INI uria Salvini, uomo nella lingua e nell’ crudizion greca dottissimo , del P. Odoardo Corsini, uno de’ più benemeriti e de’ più giudiziosi illustratori delle antichità greche e delle latine , di monsig. Filippo della Torre , a cui pur tanto dee questa classe d’erudizione, di monsig. Gian Vincenzo Luechesini elegante scrittore di storia latina e non meno elegante traduttore di Demostene, dei Cardinal Corradini e del P. Rocco Giuseppe Volpi, da’ quali abbiamo avuta la tanto pregiata opera sulle Antichità del Lazio, di monsignor. Fontanini, dei canonico Giovanni Checcozzi, di Giammario Crescimbeni, dell’arciprete Baruffaldi, del marchese Orsini, e di tanti altri scrittori, i cui nomi soli potrebbonci occupare non poco! Che se da questi piacevoli studi facciam passeggio ai più gravi, qual nuovo e vasto campo ci si aprirebbe a correre, e quali oggetti gloriosi all’Italia ci si offrirebbero agli occhi! I due pontefici che hanno aperta e chiusa la prima metà del secolo , Clemente XI, io dico , e benedetto XIV, con quali elogi dovrebbon esser esaltati! il primo uomo dottissimo nella lingua greca, coltivatore indefesso degli studi d’ogni maniera, anche fra le gravissime occupazioni de’ ministeri prima del pontificato affidatigli , autore di un grati numero di TlRABOSUU, Voi XV. a [p. viii modifica]Vili PREFAZIONE trallati e di opere, poche delle quali si hanno alla luce, le altre si conservano presso la nobilissima sua famiglia , ristoratore di quella sacra, grave e maestosa eloquenza che rendette una volta sì celebri i Grisostomi e i Leoni , splendido e magnifico protettore delle belle arti e delle scienze d’ogni maniera; il secondo dotto per modo nella scienza de’ sacri canoni, nella storia ecclesiastica , nella liturgia e in tutti quanti sono i rami della sacra erudizione, che pochi a lui si possono paragonare, e le cui opere finché la Religione avrà coltivatori e seguaci , saranno sempre considerate come feconde e pure sorgenti a cui attinger la più profonda dottrina. Nè poco ci occuperebbono le opere del Cardinal Angelo Quirini, che tanti e sì diversi generi d’erudizione sacra e profana abbracciò nelle sue opere, del Cardinal Gotti uno de’ più valorosi apologisti della Chiesa cattolica , di monsig. Alessandro Borgia arcivescovo di Ferrara uno dei più dotti prelati di questo secolo, e che ha in certo modo segnata la via al vivente Cardinal Stefano suo nipote, a cui tanto dee ogni genere di erudizione, di monsig. Francesco Bianchini illustrator benemerito della cronologia, dell’antichità, della storia, del p. Giovanni Lorenzo Lucchesini, del dottor Giuseppantonio Sassi, e di più altri scrittori, da cui tanti punti di storia ecclesiastica e di sacro e di profana erudizione sono stati sì dottamente illustrati. Quai nomi poi dovremmo noi rammentare , quando dovessimo far passaggio allo studio della fisica e della matematica, o a quelli della storia naturale, della medicina , dell’anatomia? Un marchese Poleni, un conte Jacopo Riccati a cui rimarrà incerta la posterità se debba esser più grata o per le opere date alla luce, o pe’ figli da lui lasciatici; un P. Grandi, un Zendrini ne’ primi; un Lancisi, un Lanzoni, un Valsalva , un Morgagni, un Vallisnieri, un Torri, un Pacchioni, un Tilli , un Micheli ne’ secondi; e l’Istituto di Bologna col suo autore e padre il celebre co. Marsigli, di quali elogi sarebbon degni, e quanto ornamento riceverebbe da essi la storia! Questi e più altri illustri scrittori, che potrebbonsi con ugual ragione qui ricordare, e eli" io non pretendo di posporre ai sinor nominati col non farne menzione, daranno un giorno a qualche penna miglior della mia copioso argomento di scrivere. [p. ix modifica]AL TOMO IX DELLA PRIMA EDIZIONE IX Io frattanto , pago di aver condotto il mio qualunque lavoro fino al termine che mi sono prefisso, prendo ora a ritoccarlo e a toglierne quegli errori e quelle mancanze che in parte vi ho io stesso scoperte, in parte mi sono state additate da’ cortesi e dotti amici, Una Storia di sì vasto argomento, qual è quella ch’io ho presa a tessere, avesse ella pure avuta la sorte di cader sotto la penna del più erudito e del più esatto scrittore che mai sia vissuto, non avrebbe potuto andare esente da molti difetti. In quanto più gravi errori dovea cader io troppo lontano dall’aver quel corredo di erudizione che sarebbe a ciò necessario! Io ho sempre temuto di me medesimo; e confesso che più volte dopo avere messo la mano al lavoro, mi ha atterrito la immensa estensione del campo clf io dovea correre, e la incredibile moltitudine degli oggetti che mi si offrivano ad esaminare. Perciò e nelle Prefazioni a’ primi tomi della mia Storia, e con replicate mie lettere ha implorato l’aiuto di dottissimi uomini, perchè coll esattezza delle loro ricerche riparassero i falli ne’: quali io ben conosceva di dover necessariamente cadere. Le mie preghiere non sono state inutili; e io ho avuto il piacere di veder molti de’ più eruditi uomini che abbia ora l’Italia, adoperarsi con non lieve loro fatica nel suggerirmi i passi ne’ quali la mia Storia abbisognava di correzioni e di supplementi. Essi possono fare testimonianza con qual riconoscenza io abbia ricevuti i loro avvisi, e come me ne sia loro dichiarato tenuto non altrimente che di un singolar beneficio, Io gli anderò indicando di mano in mano che se ne offrirà l’occasione. Ma mi si permetta il ricordare fin d’ora i nomi di alcuni a’ quali singolarmente mi protesto perciò debitore; cioè di monsignor. Giuseppe Garampi nunzio apostolico alla corte di Vienna (poi cardinale), di monsig. Onorato Gaetani de’ duchi di Sermoneta , del sig. aliate Pierantonio Serassi , del sig. abate Francesco Cancellieri, del P. Lettor Tommaso Verani agostiniano della Congregazione di Lombardia, del sig. Annibale degli Abati Olivieri, dui IV. U. sig. Giovanni Roberto Pappulàva, del sig. abate Jacopo Morelli custode della libreria di S. Marco, del sig. conte Giovanni FanLuzzi, del P. abate don Giovanili Crisostomo Trombetti canonico regolate del Salvatore, [p. x modifica]X PREFAZIONE del P. abaio don And rea Mazza monaco Casincse, del P. Ireneo Affò Minor osservante regio bibliotecario in Parma, di monsig. Rambaldo degli Azzoni conte A vogato e di monsig. Giovanni conte Trieste amendue canonici in Trevigi, di monsig. Francesco Scipione Dondi dall’Orologio canonico di Padova, del sig. marchese Carlo Valenti Gonzaga , del sig. ubate Saverio Bettinelli, del sig. abate D. Giovanni Andres, del P. Eustachio Michele d" Afflitto dell’Ordine de’ Predicatori , del sig. don Domenico Diodati, del signor. don Baldassare Popadia, del sig. Giuseppe Bencivenni già Pelli custode della real galleria in Firenze, del sig. don Baldassare Oltrocchi prefetto della biblioteca Ambrosiana, del signor abate Giuseppe Antonio Cantova, di monsiglior. Mario Lupi primicerio della cattedrale di Bergamo, del signor barone Giuseppe Vernazza segretario di Stato di S. M. il re di Sardegna; e fuor dell’Italia del sig. Pierantonio Crevenna d’Amsterdam, del sig. abate Mercier abate di S. Leger, del sig. Cristoforo Teofilo de Murr patrizio di Norimberga , oltre più altri che a suo luogo dovrem rammentare (i). Qual sorte per me, anzi qual sorte per l’italiana letteratura, è stata che tanti valentuomini siensi uniti in correggere que’ difetti de’ quali io avea sparsa questa mia Storia! L’uso che io ho fatto delle erudite loro riflessioni, darà, io spero, a conoscere quanto io sia lungi dall’ostinarmi in ciò che una volta ho asserito, e quanto volentieri io cambi opinione, quando mi si recan monumenti e ragioni che mi persuadono. Parrà forse ad alcuno che da questa legge mi sia dispensato solo in riguardo al Saggio del sig. abate dori Saverio Lampillas , che ne’ quattro tomi di esso da me finora veduti si è impiegato singolarmente in ribattere le calunnie colle quali egli pretende eli" io abbia cercato di oscurare la fama della letteratura spagnuola. Ho creduto di dover (i) Dopo In prima edizione, molti altri mi hanno gentilmente comunicali 1 loro lumi; e tra essi delibo rammentare singolarmente il sig. abate Gaetano Marini archivista Vaticano, il signor Vincenzo Malacarne professore nella reai università «li Pavia, 11 P. abate don Angelo Fumagalli cisterciense, il sig. abate Giuseppc Gennari, il sig.Giuseppe* Reltramelli cd altri che in più luoghi sono stati nominali (Nota ulta seconda edizioni, di Modena’ )[p. xi modifica]AL TOMO IX DELLA PRIMA EDIZIONE XI rispondere a diversi capi d’accusa, co’ quali ei mi ha voluto spacciare come dichiarato nimico della sua nazione; e confesso che nel rispondere ho forse secondata alquanto quella vivacità da cui guardasi difficilmente chi si sente oltraggiato in ciò di che dee essere più sollecito, cioè nell’onore. Perchè non ha egli il sig. ahatc Lampillas, uomo, com’egli è certamente, di acuto ingegno, di molto studio, di vasta erudizione, tenuta una via alquanto diversa nell’illustrare la gloria della sua Spagna? Perchè invece di fingersi in me un nemico de’ suoi concittadini, e invece di credere, o almen di affermare ch’io avea diretta, per quanto pareva, la mia Storia a disonorar gli Spagnuoli, non ha egli impiegato il suo felice talento a far conoscere all’Italia quanto la sua nazione sia degna della stima de’ dotti, e quanti uomini in ogni genere di sapere chiarissimi abbia prodotti? Io sarei stato il primo o laiplauso al suo amor patriottico, e mi sarei unito con lui a celebrare que’ celebri geni che la Spagna ci ha dati. Quelli che ho l’onore di avere per corrispondenti ed amici, sanno quale stima io faccia della Ri(diote«-n spagnuoln «li IViccolò Antonio , ch: io soglio rimirare come una delle più belle opere in genere di storia letteraria, che abbia veduta la luce. Sanno che io ho proccurato che a questa ducal biblioteca non mancassero i Cataloghi ile’ INI SS. arabici e greci delle regie biblioteche pieni di esatte e profonde ricerche per opera de’ signori Casiri ed Iriarte, che con somma diligenza gli han compilati, la bellissima edizione del Sallustio spagnuolo, a cui aggiungono sì gran pregio e la eccelsa mano impiegatasi nel tradurlo, e le dottissime Dissertazioni del sig. canonico Bayero, a cui pochi si uguagliano nella cognizione delle antichità fenicie e greche, la continuazione della España Sacrada, e della Raccolta delle Medaglie spagnuole, la Raccolta delle Poesie spagnuole anteriori al secolo xv, dottamente illustrate da don Tommaso Sanchez,, ed altre opere piene di recondita erudizione, che in questi ultimi anni singolarmente ci ha date la Spagna. Sanno finalmente in qual pregio io abbia le opere de’ Perpiniani , degli Agostini, de’: Mariana, de’: Martini , de’ Majansi e di più altri colti ed eleganti scrittori spagnuoli, ai quali renderò sempre quella giustizia [p. xii modifica]XII PREFAZIONE che al loro raro talento è dovuta. Ma che io non dovessi perciò) parlare di Seneca, di Lucano, di Marziale, come han finora parlato quanti hanno avuta idea del buon gusto; che non dovessi dire ciò che tanti anche fra gli stranieri hanno detto, che dall" Italia si è sparso nelle altre provincie d’Europa quel germe della buona letteratura , il quale sì copiosi frutti ha prodotto; che dovessi intorno alla patria di alcuni scrittori seguir quella opinione che a me paresse o falsa, o dubbiosa; che mi si dovesse imputare di delitto se io ripetessi ciò che della decadenza della letteratura e della corruzion del buon gusto avean prima di me affermato cent’altri scrittori; ch’io dovessi nella Storia della Letteratura italiana far l’elogio del Cardinal Torquemada, del Tostato e del P. Cassafages; come potea io crederlo , e come potea sospettare che io dovessi perciò essere tratto quasi in giudizio innanzi al tribunale della nazione spagnuola, ed accusato come autore di un" opera diretta principalmente a screditarla? Io però ho avuto un troppo dolce e onorevol conforto al dispiacere che mi ha recato il soverchio amor patriottico del sig. abate Lampillas, e ne’ sentimenti co’ quali alcuni de’ più dotti Spagnuoli si son dichiarati intorno al merito di questa contesa, e nella per me troppo onorevole accoglienza che la reale Accademia di Storia di Madrid si è degnata di fare alla mia Storia da me trasmessale , perchè in ciò ella avesse una testimonianza della mia stima per quella sì illustre adunanza, e per quella nazione, della cui letteratura essa è in certo modo arbitra e legislatrice. Io desidero adunque che nel leggere le risposte ch’io anderò di mano in mano facendo alle accuse del signor abate Lampillas, si abbian sempre presenti que’ sentimenti di stima ch’io mi son protestato di avere per la nazione spagnuola, e che si troveranno ancor ripetuti nel decorso di queste Giunte. Che sia per giudicare di esse l’ab. Lampillas, chi può saperlo? Forse ei ne trarrà materia di più volumi: forse troverà in esse altri delitti di cui accusarmi, e prendendo le mie parole in quel senso che più gli tornerà in grado, mi rimprovererà infedeltà, alterazioni, troncamenti, ec.; e io mi aspetto, fra l’altre cose, ch’ei meni un alto rumore, perchè al principio delle Giunte ho asserito che dopo [p. xiii modifica]A.L TOMO IX DELLA PRIMA EDIZIONE XIII la pubblicazione della mia lettera, nella quale mi protestava di non aver mai avute le ree intenzioni da lui attribuitemi, egli ha voluto sostenere eli’ io avcule avute veramente, e che a lui più che a me in ciò doveasi fede; e che citerà contro di me la sua stessa risposta , nella quale vorrebbe far credere che non mi avesse mai attribuite cotali intenzioni. Ma chi leggerà la risposta medesima , vedrà che significhino tali parole, e come in esse ancora ei continuamente mi rimprovera le arti da me usate e gli occulti miei fini da lui accortamente scoperti. Qualunque cosa però egli dica, con qualunque numero di volumi mi asso Ili, sia egli pur certo ch’io non riprendo la penna in mano per fargli altra risposta. Io sono sempre stato nimico delle battaglie; e mi sarei volentieri da questa ancora astenuto , s’ei non mi avesse assalito da tal fianco, che mi rendesse necessario il difendermi, per isfuggir quei disgusti che dal mio silenzio potean nascere, ove esso si considerasse come una confession del reato da lui appostomi. Or tornando alle Giunte, io le ho distribuite secondo l’ordine de’ volumi della mia Storia. Ma mi è avvenuto ciò che in tai lavori suole spesso accadere. Mentre le Giunte si andavano stampando, altre osservazioni o mi venivano da’ miei amici comunicate , o per esse medesime mi si offrivano. Quindi alle prime Giunte mi è convenuto l’aggiugnere le seconde, e alle seconde le terze. Nelle opere di questo genere ogni giorno si vanno scoprendo monumenti e notizie che giovano a correggerle, o a migliorarle. Fra qualche anno, ove a Dio piaccia di concedermi tanto di vita, io penso di fare una nuova edizione della mia Storia, in cui queste Giunte saranno a’ loro luoghi più opportunamente inserite. E quando frattanto, come è probabile, si vengano a trovar altre cose da aggiugnersi , o da cambiarsi, ad esse ancora si darà luogo, coll’avvertenza però di stamparle anche a parte ad uso di quelli che hanno questa edizione (i). Un pregevole monumento della letteratura italiana del secolo xvi ho pubblicato in questo tomo. Il celebre (i) Così si c fatto in «picsta nuota edizione (Noia alla «•conila edizione di Modena). [p. xiv modifica]XIV PREFAZ. AL T. IX DELLA PRIMA EDIZIONE Paolo Giovio, allor quando dopo il famoso sacco di Roma nel 1527 ritirossi per qualche tempo nell’isola d’Ischia, detta latinamente Aenaria , scrisse a sollievo delle disgrazie da lui sofferte tre Dialoghi, uno su’ famosi generali, l’altro su gli uomini dotti, il terzo sulle matrone più celebri de’ suoi tempi. Questi insieme con altre opere di esso conservansi in Como presso il signor conte Giambattista Giovio , che in età giovanile ha già fatto in più opere conoscere al mondo il suo ingegno e la sua erudizione. Egli mi ha cortesemente trasmessa copia del secondo, benchè mancante del suo principio, come cosa adattata all1 argomento di questa mia Storia. E io ho creduto di fare cosa grata agli amanti della letteratura col renderlo pubblico per le belle notizie che in esso s’incontrano di molti di quegli uomini dotti , de’ quali nel decorso della Storia si è favellato (i). Io avea per ultimo disegnato di unire alle Giunte l’Indice generale formandone un sol volume. Ma le prime sono a tal segno cresciute, e il secondo è di tale estensione , che è stato necessario il formarne due tomi, ciaschedun de’ quali sarà uguale a un di presso di mole ai precedenti. (l) Questo frammento in questa nuova edizione è stato aggiunto alla fine della Storia del secolo xvi , a cui appartiene (.Nota alla seconda edizione di Modena’ ).

  1. Il tomo ix della prima edizione, a cui questa Prefazione fu premessa, conteneva le Giunte e le Correziuni a tutti i tomi precedenti. Queste insieme con più altre sono state ora inserite a’ loro luoghi opportuni; e perciò si dà qui questa Prefazione, perchè nulla manchi a questa edizione di ciò ch’era nella prima (Nota alla seconda edizione di Modena).