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Trattatelli estetici/Parte terza/XI. Menti che insaccano e menti che stivano, e ciò che ne segue

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Parte terza - XI. Menti che insaccano e menti che stivano, e ciò che ne segue
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XI.

MENTI CHE INSACCANO E MENTI CHE
STIVANO, E CIÒ CHE NE SEGUE.

Sono menti che ricevono alla rinfusa ogni cosa letta ed udita; e siccome nulla costa loro [p. 184 modifica]la collocazione, così atte sono a ricettare una maggior copia di notizie, di quello possano coloro a’ quali il distribuirle al debito sito domanda tempo e fatica. Altre sono che ogni cosa letta od udita collocano materialmente a quello che credono il posto ad essa conveniente, secondo alcune generalissime e superficiali categorie, tanto da potersi illudere con un’apparenza d’ordine e di ragionevole distribuzione. Anche a far ciò poco o nessuno studio richiedesi; e quindi anche qui abbiamo un numero di notizie non punto inferiori alle prime, dacchè a raccoglierle ed allogarle non s’è domandato diligenza punto maggiore.

Gli uomini che posseggono quelle due specie di menti che abbiamo testè descritte sono facilmente riconoscibili nelle loro scritture, ne’ loro discorsi, e poco meno che in ogni parte della loro vita. Possono essere distinti con due nomi particolari: quelli cioè che insaccano, e quelli che stivano. A prima giunta potrebbe sembrare che i primi fossero più spregevoli e dannosi, come quelli che non hanno, in quanto dicono e fanno, ordine e regola di sorte; ma considerate attentamente le cose, si troverà essere ancora più dannosi i secondi. Di fatti quelli che insaccano, se non hanno verun merito quanto all’ordine delle loro idee e delle loro cognizioni, non hanno neppure pretensione veruna; laddove i secondi, eguali ai primi nel difetto, sono [p. 185 modifica]anche ammorbati dall’arroganza che porta con sé la falsa credenza di avere in noi un qualche merito che in fatto poi non abbiamo. Diremo anche di più, che il discorso di questi secondi, essendo condotto giusta una certa apparenza di regolarità, oppone maggiori difficoltà ad essere raddrizzato, in quanto ch’egli conviene liberarci da quella falsa opinione in cui ne può indurre l’apparenza suddetta, prima di metterci con animo riposato a giudicare convenientemente. Sarà senza dubbio più spedito il lavoro di chi abbia davanti i materiali messi là come vien viene, e sciolti da qualunque legame, che non può essere quello di chi abbia prima a scomporre ciò che fu disposto a sproposito, per indi ricomporlo avvertitamente. Se mai a qualcuno de’ miei lettori è toccato di rivedere certe scritture di certi ingegni felici, e mettervi dentro, come suol dirsi, la mano, a renderle tollerabili nel cospetto del pubblico, potrà questo tale farsi mallevadore della verità di quanto s’è fin qui detto.

Non è, pur troppo, difficile l’abbattersi tanto in quelli che insaccano, quanto in quelli che stivano le proprie idee. Chi ci voglia studiare alcun poco, troverà che il discorso dei primi è per lo più rapido, impetuoso, accompagnato da gesti trasmodati e da notabili alterazioni di fisonomia. I secondi all’incontro parlano riposatamente e distribuiscono le loro moveuze secon[p. 186 modifica]do il bisogno. Girano gli occhi da dritta a sinistra con misura, e quando arriva la parola o il concetto che deve far breccia nel tuo animo te li piantano in fronte coraggiosamente. I primi per verità hanno maggior dose d’ingenuità e di buona fede; ai secondi puoi trovarti seduto da canto più volentieri, in quanto che non hai a temere che ti urtino, ti battano, ti trascinino, com’è probabile che ti tocchi trovandoti in vicinanza de’ primi. Chi volesse un’immagine molto sensibile del fare opposto di questi due generi di persone l’avrebbe, parmi, in ciò, che ascoltando gli uni ti sembra di aprire un libro a caso, e leggerlo a balzi; e all’ascoltare i secondi di leggere non più che l’indice, ove le materie contenute nell’opera sono disposte per ordine d’alfabeto. E chi legge il libro distesamente? È questa la terza specie di menti delle quali vorrei fare un ritratto capace d’indurre la più parte degli uomini ad imitarle.

Sono ben lungi dal presumere che di ogni cosa che ci viene letta od udita si possa fare il debito esame, e quindi disporla secondo è voluto dalla natura di lei e dalle relazioni al nostro particolare. Per altra parte non sono tanto stolto da credere che non giovino alcune generali divisioni, nelle quali abituandosi la vostra mente, possiamo con facilità al ricevere di ogni nuova notizia assegnarle un dato posto nella nostra memoria. Una e l’altra di queste opinioni [p. 187 modifica]sarebbe contraria egualmente alla buona istruzione dell’intelletto nel primo caso per soverchio abborrimento d’ogni ordine avremmo la ridicola avversione del secolo scorso a tutto ciò che putiva di scolastico, e alla dialettica in generale; nel secondo il soverchio zelo del nostro tempo di risuscitare alcune formule di argomentare, che furono abbandonate, non tanto per stravaganza ed amore di novità, quanto per la loro insufficienza al ritrovamento del vero. Torniamo a ripeterlo, le cognizioni non vogliono essere nė insaccate nè stivate. Quando andrete a comperare la scienza da chi la possiede o insaccata o stivata farete e nell’uno e nell’altro caso assai tristo mercato.

Messere, mi parli un poco di marea, e della influenza esercitata dalla luna in questo fenomeno. — Messere apre il sacco, ma ad una colle fisiche cognizioni da voi richieste, sdrucciolano fuori mille altre notizie archeologiche, mediche, mitologiche, fin anco politiche, sempre in proposito della luna. Il sacco è aperto e bisogna ricevere tutto ch’ei versa. Ora interroghiamo quest’altro: vorrei sapere alcun che di Caligola, ma sgombero dai fatti riguardanti la prosapia imperiale cui appartiene. L’interrogato si allarga nelle relazioni di tutti que’ bizzarri cervelli di reggitori di popoli che riscontrano col poco degno figlio di Germanico.

Due guise d’ordine sarebbe desiderabile che [p. 188 modifica]si adoperasse da ogni uomo; uno generale in tutti i discorsi, un altro proprio di ogni discorso in particolare. Va bene che all’udire raccontare alcuna cosa si trovi nella mente una qualche relazione a cose già udite in prevenzione; ma non è bene che s’inchiodi con essa, a così dire, per modo che non sia più possibile di scompagnarnela. Quanti falsi giudizii da un la to, per non avere regola alcuna nei proprii ragionamenti! Quanti altri falsi giudizii dall’altro lato, per non voler mai allontanarsi da alcuni generali principii, che sono pur veri considerati assolutamente, ma che non rimangono più tali poste alcune applicazioni particolari! Oh sacca! Oh stive! Che triste ingombro non siete nei fondachi dell’umano sapere!