Viaggio da Milano ai tre laghi Maggiore, di Lugano e di Como e ne' monti che li circondano/Capo II

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Capo II. Da Gallarate alle isole per Sesto Calende

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Capo I Capo III
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CAPO II.

Da Gallarate alle Isole per Sesto Calende.


Chi vuol andare alle Isole Borromee, che talora son l’unico scopo del viaggio, in modo da far il più breve tragitto pel lago, da Gallarate va a Sesto Calende, ad Arona, a Belgirate, a Stresa, ove cerca e facilmente trova una piccola barca che lo porti all’Isola Bella. Da Gallarate per altra strada, se più gli piace, piega al nord e va a Varese, oppure va a Varese direttamente da Milano, accorciando la via, come verrà più sotto indicato. Ma se non gli dispiace di far quindici miglia pel lago, allora s’imbarca a Sesto Calende. Uscito che sia da Gallarate, non tarda a vedersi in faccia sur un’altura Crena, (picciol villaggio il cui nome vuolsi derivato da κρήνη, fonte) e a salire sur un altro piano [p. 10 modifica] più elevato del precedente ed egualmente esteso, ma più ineguale. Questo pure è un fondo di ghiaja, e in parte incolto, che dicesi la Brughiera di Somma. Lascia a destra Arsago e Mezzana, giunge a questo grosso borgo, signoria antica de’ Visconti, i cui discendenti godeano, non ha molti anni, qualche resto de’ prischi privilegi, co’ quali avuto aveano quel distretto dall’Abate del monistero di S. Gallo, che n’era signore. Ivi sono alcuni bei castelli e giardini; ma il curioso vedrà con maraviglia un cipresso che ha ben sedici piedi di circonferenza del tronco, e che annunzia la più grande vetustà. Si osserva in Somma con maraviglia che la parte elevata ha vene abbondanti e d’ottima acqua a pochi piedi di profondità; il che nasce da alcuni laghetti o paludi superiori; mentre la parte bassa deve trarre l’acqua da pozzi profondissimi, forse a livello del Ticino.

Somma ha molti indizj d’antichità; e v’ha tutta l’apparenza che ivi sia stata data da Annibale la sconfitta a Scipione, combinandosi in questo luogo tutte le circostanze indicate da Polibio e da Livio, cioè la distanza di cinque miglia da Vico Seprio, ch’era il Vico o abitazione principale degl’Insubri; i tumuli, o sia i monticelli, che sono ivi sparsi sull’alto piano; il Ticino, che scorre lì sotto, e l’essere al piede delle Alpi. Le antiche [p. 11 modifica] iscrizioni che in Somma e ne’ vicini paesi si sono conservate, furono pubblicate dal dott. Campana1: ma l’erudito antiquario, giacchè qui trovasi, andrà sin al mentovato villaggio d’Arsago, ove, oltre l’esservi gran numero di romane iscrizioni, v’è pur un antico tempio ottangolare, che servì di battistero alcuni secoli addietro, ma che vedesi evidentemente formato colle ruine d’un più vecchio tempio del Gentilesimo. In Arsago altri sentono l’ara Caesaris, altri l’arsus ager.

Da Somma per una nuova strada, che passa appiè del mentovato cipresso, si tragitta più in alto il torrente Strona (nome comune a varj de’ nostri torrenti, e derivato dal celto Stream), si passa presso Vergiate, e con dolce declivio si giugne al lago, ossia a Sesto Calende. Presso la Strona, fra i graniti d’ogni varietà, trovasi della bianca lumachella, composta di chioccioline, per lo più discoliti, dette comunemente ammoniti, frumentarie, o lenticolari.

Molte antiche iscrizioni erano a Sesto, che raccolte da un Archinto nel secolo xvi, furon insieme a quelle di Varese, di Castel-Seprio e d’altri paesi portate a Milano nella casa che già fu degli Archinti, ed appartien’ ora al sig. Giuseppe Rossi presso San Bartolomeo. A [p. 12 modifica]Sesto esce dal lago il Ticino, della cui navigazione parleremo in appresso; e poco al di sotto veggonsi ancora i resti d’antichissimo ponte da’ Romani, e non già da’ Galli, come altri scrisse, costruitovi. II Ticino divide il dipartimento d’Olona da quello dell’Agogna, come pur lo divide il lago, fino a quel punto in cui sottentrano gli Svizzeri, che dei Baliaggi italiani, ora componenti il Canton Ticino, nel 1516 divenner signori, quando il re di Francia, che impossessato sen’era, loro li cedè in compenso delle spese di guerra.

A Sesto, o tragittando il Ticino vassi sulla nuova strada del Sempione, di cui parlerassi alla fine di questo Capo, o vero prendesi la barca per andare alle Isole; e allora prudente cosa ella è di far qui la necessaria provvigione per la mensa, onde cibarsi navigando, a risparmio di noja e di tempo.

L’oggetto più importante da vedersi è il Colosso d’Arona; ma prima si passa presso la Badia (luogo ov’era una badia, data poi allo Spedal Maggiore), indi presso Lisanza, ruinato castello. Il curioso può progredire sino ad Angera (Angleria), ove pur vassi per via carreggiabile Angera è un contado, cui fra i principali loro titoli contarono alcuni dei duchi di Milano, che lo diedero in feudo ai signori conti Borromei, come lor diedero la [p. 13 modifica]maggior parte de’ paesi posti sul Verbano. Ivi sta in alto un antica rocca, ove sono alcune vecchie e pregevoli pitture, rappresentanti le gesta dell’arcivescovo Ottone Visconti, in un abbandonato salone; e varie altre pur rimarchevoli in altre sale sen veggono. Nel contiguo giardino v’ha parecchie antiche iscrizioni, fra le quali è rimarchevole quella di C. Metilio Marcellino.... patrono causarum fidelissimo.... civi abstinentissimo.... patrono coloniae Foro Juliiriensium etc., rammentando in queste ultime parole, mal copiate da tutti gli antiquarj, il Foro degl’Iriesi, or villa del Foro non lungi dalla Scrivia. Nella chiesa vedonsi a’ fianchi del battistero due statue marmoree dei SS. Pietro e Paolo, non ispregevoli per essere lavoro de’ bassi tempi. Alcuni avanzi d’antiche colonne fregiate di bel rilievo veggonsi pure sul piazzale della chiesa. Ivi era l’antica Statione, cioè luogo ove stava un romano accampamento, detta ne’ bassi tempi Stazzona, capo di esteso contado. Gli antiquarj ci contano della vetustà di Angera cose da fare strabiliare, poichè la vogliono edificata da un Anglo nipote d’Enea, e dedicata alla dea del silenzio Angerona2. [p. 14 modifica]

Sotto la rocca è una sorgente d’acqua epatica, ed un’ampia torbiera, che qui comincia e finisce ad Ispra. D’ottima qualità è la torba, e di comodo trasporto su carri sino al lago, o ad Angera si conduca, o a Incuasso in faccia ad Ispra per cammino ancor più breve: ma malgrado la general lagnanza della carezza e scarsezza di materia combustibile, e la facilità di ridurre la torba a carbone servibile a tutti gli usi del carbon di legna, gli uomini non hanno ancora saputo indursi a farne uso. Angera e l’opposta Arona stanno appiè di due monti dello stesso sasso, il che vedesi ad evidenza quando si sta sul lago fra ambedue; e vedesi che il monte era continuato, ma fu diviso dal Ticino, che si aprì qui la strada. Il calcare posa per tutto sopra lo scisto argilloso. Benchè lo stesso sia il sasso calcare, trovasi però che quello d’Angera è più compatto e prende il lustro. Fuvvi progetto d’estrarre da qui un canale, che risparmiando la faticosa navigazione del Ticino, portasse al tempo stesso l’irrigazione alle brughiere di Gallarate e della Grovana.

Fatto il traverso del lago, s’entra nel porto d’Arona assai comodo ed ampio. In questa piccola città, di cui erano signori i Borromei, molto fioriva il commercio, essendo luogo opportunissimo pel passaggio delle merci dal Mediterraneo alla Germania. Nella [p. 15 modifica]chiesa prepositurale v’ha delle belle pitture di Gaudenzio Vinci, fatte nel 1511. Non è improbabile che sieno di Gaudenzio Ferrari. Ma perchè chiamasi Vinci?

La rocca d’Arona, or atterrata, dev’esser visitata dall’uom che venera in San Carlo Borromeo il gran santo, e il gran politico de’ suoi dì, poichè vedrà, se non più la stanza, almeno il luogo ove nacque nel 1538. Egli volgerà i suoi passi verso il gran Colosso posto sur un vicin colle. Passerà, andandovi, presso le cave di rozzo marmo calcareo, con cui, oltre molti altri edifizj, si va fabbricando il duomo di Pavia: ed osservando i pezzi di quel sasso, vi troverà alcune belle dendriti.

Il Colosso sorprende a ragione chiunque lo esamina. Esso è sì ben proporzionato, che da lungi il reputi una statua gigantesca, e nulla più. Pur ha circa 66 piedi d’altezza, oltre il piedestallo di granito, che ne ha 46. La testa, le mani e i piedi sono di bronzo fuso: il resto è di grossa lastra di rame. Internamente ha, direm così, per anima una specie di guglia costruita di grossi sassi, da cui sporgono delle barre di ferro, che servono a tenere e ad assicurare contro l’impeto de’ venti la statua. Servon anche di scala a chi, entrandovi dentro per una piega del rocchetto (la quale è grande abbastanza per questo oggetto), vuol salire sino al capo, ove [p. 16 modifica]comodamente, a meno che non sia d’enorme mole, potrà sederglisi entro il naso. Fu elevato questo Colosso, lavoro di Siro Zanella pavese, e di Bernardo Falconi luganese, a spese degli abitatori de contorni del lago e d’altri divoti, e specialmente de’ Borromei, l’anno 1697.

Da Arona talora vuolsi andare al Santuario d’Orta, e passare di là alle Isole Borromee. Vi si va per due vie: in vettura per Borgomanero, Gozzano e Bussone; ma chi è a cavallo o a piedi, da Arona va ad Oleggio Castello, indi ad Invorio di sotto, ove alcuni vogliono che nascesse il summentovato Ottone Visconti. Sin qui trovasi il monte calcare. S’entra poi nella valle dell’Agogna, fiume che dà il nome al più occidentale dipartimento del Regno (di cui capo luogo è Novara), ed ivi il monte è di scisto micaceo granatifero; ma ha la crosta esterna sì guasta dall’azione dell’atmosfera, che i duri granati si staccano, e trovansi strascinati dall’acqua per la via. Si risale alquanto, e lasciando a sinistra Bussone all’estremità meridionale del lago, passando per Gorgogno ed Imolo, si discende ad Orta. Nella discesa incontrasi la nuova via carreggiabile ch’è sostenuta in alto, e quando sia continuata, s’unirà presso il fiume Tosa alla nuova strada del Sempione.

Per andare da Arona alle Isole, a lago [p. 17 modifica]placido (poichè se v’ha vento, scegliesi il luogo o più difeso se contrario, o più esposto se favorevole), si tende alla punta di Ranco, e di là alla punta di Belgirate, attraversando due volte il lago. Questi traversi però accorciano, anzichè allungare il cammino; poichè, essendo le sponde di questo, come in generale di tutti gli altri laghi, ad angoli salienti e rientranti, farebbe lunghissimo circuito chi sempre costeggiasse; e vedesi chiaramente che presso alle punte sempre passa la più retta, e quindi la più breve via che colà conduce.

Questo lago, non essendo circondato da alte montagne, almeno nella parte inferiore, non soggiace a improvvisa procella, come gli altri; e le barche son qui più sicure che sul Lario, perchè il punto d’appoggio de’ remi è più lontano dal centro. Ma le vele, benchè meno alte, hanno l’inconveniente delle comasche, di cui parleremo; sebbene alcune barche Borromee (il Bregantino ed il Caicco) mostrino quanto più vantaggiose sieno le vele latine, o che alle latine s’avvicinano, e sì disposte, che più sicuro e più facile ne riesce il maneggio.

Chiamasi qui Inverna, cioè Inferna, o sia inferiore il S. O. o libeccio, e Margozzolo (riguardo alle Isole) l’O. o ponente, che vien dal monte o dal paese di questo nome; Vento semplicemente, o vero Maggiore il N., o [p. 18 modifica]sia la tramontana; e Vento Bergamasco lo scilocco, che soffia molto di rado.

Vedesi a destra in alto Ispra, sotto cui è una sorgente d’acqua epatica; e più in alto si vedono Besozzo, e varj di que’ paesi situati in bell’aspetto che sovrastano al lago di Varese. È formata la punta di Ranco d’un duro sasso arenario stratificato; e l’arena ond’è composto mostra sovente de’ giacinti e del titano; per la qual cosa quel sasso, che prende un bellissimo pulimento, quanto un bel porfido, ha un’azione positiva nell’elettrometria. Proseguendo a destra in vista d’Arolo e Moallo, s’arriva al sasso di S. Catterina (Sasso Ballaro), noto pel santuario, e degno di esser veduto dal naturalista pel fenomeno singolare d’un masso precipitato nella volta della chiesa, che sembra starvi sospeso contro la forza della gravità. Chi ben l’osserva scorge chiaramente ove s’appoggia, e come siavi sostenuto; ma in ogni modo non vedesi senza maraviglia che un sì gran masso, che potè cadendo traforare la volta e spezzarne un capitello di granito, sia stato sostenuto e il sia ancora pel solo contrasto che un superior masso gli fa sur una estremità. Tutto quello scoglio dentro cui è fabbricato il santuario e la casa, altre volte convento di Carmelitani, è calcare. Per angusta apertura si penetra nella sottoposta grotta, nella quale dicono che [p. 19 modifica]santamente vivesse il B. Alberto Besozzo. Chi sale in vetta allo scoglio vede de’ bei colli e piani coltivati. Li presso è Legiuno (Legiodunum), nome derivato da Legiones. Sotto questo luogo profondissima è l’acqua, di modo che il fondo del lago credesi ivi più basso che la superficie del mare Adriatico e del Ligustico.

Ripigliando la sponda sinistra presso Arona, vediamo al basso le terre di Meina e Solcio, in alto Daniente e Massino. Questo villaggio, antica badia de’ monaci di S. Gallo, fu donato ai Visconti, che ancor vi posseggono casa e fondi.

Da Solcio si naviga a Lesa per lungo giro, essendovi un ben coltivato piano, formato dalla scomposizione del sovrapposto monte. A Lesa bella è la casa de’ signori Stampa: indi si va a Belgirate, piccol borgo, ma pel commercio già emulo d’Arona. Il tratto che da Solcio va sino alla punta, popolato di molte case sparse, dicesi Sala o Vergante; e difficilmente vedrassi un monte più ripido e meglio coltivato. Solo fa meraviglia che non vi si piantino gli ulivi, i quali benissimo v’allignerebbero, come il provano i pochi che vi sono, e come certamente un tempo v’allignarono, giacchè gli antichi Statuti Novaresi vogliono che piantinsi frequenti viti e ulivi.

Veggonsi le Isole a misura che s’avanza la [p. 20 modifica]barca nel seno formato dalla Tosa. A destra L’Isolino, o Isola di S. Giovanni, pare attaccato a Pallanza, indi l’Isola Madre sorge nel mezzo; poscia con ben ornato prospetto appare l’Isola Bella, che dietro di se nasconde l’Isola Superiore.

All’entrata del seno in cui stanno le Isole si ha una prospettiva imponente di monti, che per gradi s’innalzano dai granitosi di Baveno e Montorfano sino al sempre nevoso Sempione. A sinistra vi è Stresa, di cui parleremo.

Nello avvicinarsi all’Isola Bella si ha una scena teatrale, e d’esser sembra presso l’isola d’Alcina o di Calipso. Dieci giardini, posti uno sopra l’altro a foggia di scalinata colossale, veggonsi in prospetto: da un lato vi è una ridente selva d’aranci vetusti e fronzuti, sostenuta interamente da archi fondati nel lago, e dietro ad essa un folto e nero bosco di sempre verdi allori altissimi, entro cui mormoreggia e spuma un’artificiale cascata; le torri, gli archi, le statue rompono il verde ridente delle limoniere, che tutte coprono le pareti, frammiste a luogo a luogo di fiori d’ogni forma e colore. Ove l’esposizione al nord non soffre gli agrumi, i muri son coperti d’alloro e di fiorente tino. Un boschetto pur vi si aggiunse, non ha guari, de’ più begli alberi ed arbusti esotici che nel nostro clima [p. 21 modifica]allignano. Oltrepassando questi magnifici terrazzi, vedi casucce di pescatori, che costruite sembrano e abitate dalla indigenza. Fra esse però sorge non inelegante il pubblico albergo del Delfino, ove lo straniere trova comodo alloggio; indi viensi al grandioso palazzo, in cui da oltre un secolo ogni proprietario impiegar soleva molt’oro per ornarlo secondo il suo genio e il gusto del giorno. Le stanze e più i mobili spirano magnificenza e profusione di ricchezze. L’amator delle belle arti ha ben qui ove occupare delle giornate, essendovi pitture dei più gran maestri e nelle due gallerie e sparse in tutte le stanze. Vi si ammirano i quadri di Luca Giordano, del Procaccini, dello Schidoni, del Lebrun, ec., e v’ha ne tre piccoli appartamenti, detti del Tempesta, molti quadri di questo celebre pittore che qui visse alcuni anni. I marmi i più scelti e l’oro s’incontrano in ogni ornato, e i primi servono sovente di tela a’bei quadri. I sotterranei formano un appartamento a musaico veramente delizioso, ove alcune belle statue marmoree vi si ammirano; e di tutta magnificenza è il salone ornato architettonicamente, disegno del chiarissimo professore sig. cavaliere Zanoja, come lo è la vaga domestica cappella. Altra cappella or si medita per collocarvi i tre magnifici marmorei mausolei che i Borromei posseggono, ritirati da soppresse chiese, ove gli antenati loro gli avean collocati. [p. 22 modifica]Era quest’isola in erigine un nudo scoglio di roccia argillosa scistosa primitiva, tagliata da’ filoni di trappo contenente ferro, con rognoni e qualche rilegatura di quarzo a strati inclinati al S. O. Tali pur sono l’Isola Superiore, l’Isola Madre e l'Isolino. Venne in capo al conte Vitaliano Borromeo di crearvi una delizia verso l’anno 1670; e tanto fece distruggere di sasso, e tanto edificare di pilastri, archi e pareti, e tanta terra vi fece dal vicin continente apportare, che dielle la figura, la bellezza e la fertilità che vi si scorge. A render compiuta la magnificenza veramente regia de’ giardini e del palazzo manca solo che perfetto sia ed ornato il tondo salone che ’l chiude all’occidente, e che darà la necessaria comunicazione a tutti gli appartamenti; e quindi aggiunganvisi gli altri abbellimenti che l’isola prolunghino sin allo scoglio detto la Malghera, che vedesi sorgere fuor d’acqua, quando basso è il lago. In questa parte dev’essere lo sbarco, o sia l’ingresso all’isola. Veggasene in una sala il modello in legno, disegno del ch. architetto Morelli. Ma verrà egli mai più un tempo in cui eseguir si possa!

Rousseau, come rileviamo dalle sue Confessioni, nello scrivere la Nouvelle Héloise, pensò a fissare in quest’isola il domicilio [p. 23 modifica]della sua Giulia. Tutto pareagli adattato alla sensibilità di cui voleva dotarla ma lo trattenne il vedervi troppo lavoro dell’arte, e troppo poca opera della natura.

Non dispiacerà il vedere qui riportato l’elogio che di questo luogo fa il cel. Saussure. Alcuni Viaggiatori moderni, dic’egli, hanno mostrato del disprezzo per queste isole, perchè non sono disposte all’inglese e ordinate alla moda.... Ma esse presentano sempre un idea bella e grandiosa: ella è una specie di creazione il metamorfosare in superbi giardini uno scoglio dianzi affatto nudo e sterile, e farvi germogliare e maturare i più bei fiori e i migliori frutti d Europa, in luogo de’ muschi e de’ licheni che li vestiano. E certamente i viaggiatori, tanto quelli che ammirano questi prodigj dell’arte, quanto que’ che li criticano, devono trovar ben più, commendevole quel Vitaliano Borromeo che ebbe, 130 anni fa, questo magnifico capriccio, che se avesse speso il suo oro in un lusso di cui non rimanessero vestigj. Aggiungasi che questa famiglia è stata al tempo stesso del pari generosa e prodiga in istabilimenti di divozione e di pubblica beneficenza. Esistono ancora questi stabilimenti; e la medesima Biblioteca Ambrosiana, in cui io scrivo, fondata e dotata dall’immortal card. Federigo Borromeo, e amministrata specialmente dai suoi [p. 24 modifica]successori, ha io que’ contorni de fondi per dotare annualmente buon numero di quelle povere fanciulle.

L’Isola Superiore, detta anche de’ Pescatori, fa coll’antecedente un singolar contrasto. Casucce picciole; angustissime strade ornate generalmente di festoni di reti poste ad asciugarsi; uomini e donne arse dal sole, e aggrinzate dall’acqua, sono sovente gli oggetti che si presentano, e che presentaronsi al card. Federigo Borromeo, quando nel secolo xvii vi stabilì un curato. Non v’è però tanta povertà, quanta sen mostra, poiché tutti sono proprietari d’una casa, d’un battello, d’una rete, e sovente di qualche po’ di terreno nel continente. È sorprendente la popolazione di quest’isola, che in meno di mezzo miglio di circuito sostiene più di 200 persone, e più di 100 ne ha l’isola Bella, in cui pochissimo luogo agl’indigeni sembrano lasciare le delizie Borromeo.

Il ch. conte Morozzo negli Atti della R. Accad. di Torino3 ci ha dato lo spaccato, direm così, del lago al luogo delle isole mentovate; e da esso vediamo che ivi la superficie del lago è a 122 tese parigine (a un di presso metri 244) sopra il livello del mare; che la profondità del lago non oltrepassa ivi le 100 tese, e che fra un’isola e l’altra non [p. 25 modifica]è maggiore di 3 tese. Il medesimo accademico ha in quelle vicinanze esaminato il calore dell’acqua a diverse altezze, ed ha trovato che mentre all’aria il termometro era a 17 gr. reaumuriani, alla superficie dell’acqua era a 16, a 200 piedi era a 15, ed a 300 era a 14 e mezzo4.

L’Isola Madre, detta anche l’Isola di San Vittore su alcune vecchie carte, meno ornata dall’arte ma fatta più bella dalla natura, è posta in mezzo al seno del lago: presenta al sud e all’est cinque lunghi giardini a spalliera, boschetti e pergolati d’agrumi; al nord e all’ovest un ampio bosco di vetusti ed eccelsi allori, abeti, cipressi ed altri alberi sempre verdi, circondati a luogo a luogo da vigne; e mostra in vetta una casa di semplice architettura bensì, ma che pur sarebbe grandiosa nella sua semplicità, ove fosse terminata. Appartiene pur questa ai Borromei. Il bosco è popolatissimo di fagiani e di galline di Numidia, che ivi stanno perchè vi hanno comoda e libera sussistenza, e perchè non hanno bastante forza da stendere il volo sino all’opposta riva... Non v’ha altri abitatori che i custodi e i coltivatori dell’isola.

L’Isolino, detto pure l’Isola di San [p. 26 modifica]Giovanni e di San Michele, piccola cosa è sì, ma tanto comoda ella è, sì vicina a terra e a Palanza, che impossibil pare che non siavi signore che la abiti, sebbene e pulita casuccia e bei giardini d’agrumi vi sieno, e luogo opportunissimo per fare un bosco anche d’ulivi. I Borromei ne sono investiti a titol di perpetua enfiteusi.

De’ vicini circostanti paesi e monti parleremo or ora.

Fin qui ho descritto il viaggio per acqua da Sesto alle Isole, perchè la barca è stata sino a questi ultimi tempi il solo mezzo di andare colà comodamente, ed è pur oggi il mezzo più economico. Ora però si può andare, e molti certamente andranno, in vettura sino in faccia all’Isola Bella, giacche n’è compiuta la magnifica strada. Tragittato il Ticino, prendesi la via d’Arona amena e comoda, fra collinette ora ben coltivate, ora deserte e coperte di ciottoli e sassi. Viensi nella città d’Arona, di cui già s’è parlato. Si costeggia il lago, che in alcuni luoghi fu rispinto per far luogo alla strada. Viensi a Meina e a Selcio, paese posto presso il torrente Erna che viene dal monte Margozzolo, e che sembra colle alluvioni aver formata la fertile pianura, che assai stendesi entro il lago, e su cui veggonsi le ruine di antico castello. Tal pianura però non si costeggia; ma la [p. 27 modifica]strada, radendo il monte da Solcio e Solcietto sino al mentovato torrente, e andando quindi a Lesa, forma, direm così, la corda d’un grand’arco. Ivi il naturalista può vedere a luogo a luogo lo scistoso nocciolo del monte, che più non è calcare, come presso Arona, e le ruine de’ monti superiori. Percorresi Lesa, ch’è un lungo borgo, ricco pe’ vini copiosi ed eccellenti, e abbondante d’ottima frutta. Tale è pur Belgirate, a cui, costeggiando sempre il lago, presto si giunge; e progredendo verso il nord-ovest, s’entra nel summentovato seno delle Isole Borromee. Può il passaggiere cercare una barca a Stresa, di cui parleremo nel Capo IV; ma se vuole di più accorciare la navigazione, viene sino al torrente detto il Rotto, e può anche tragittarlo su magnifico ponte, per essere rimpetto all’Isola Bella. La nuova strada è dappertutto ampia e ben soda, avendo il fondo or di sassi portativi, or dello stesso scoglio scarpellato; ed è sempre sostenuta da grossissime pareti con frequenti eleganti ponti di graniti diversi, sovente trovati sul luogo istesso. Nel tagliare il nocciolo del monte, specialmente da Belgirate a Stresa, si sono scoperti de’ filoni di rame e di piriti diverse: v’ha in alto presso Gralia della pirite che credesi aurifera, e presso Ginesio del piombo; ma non tali sinora che per la qualità e la quantità meritino un regolar lavoro. [p. 28 modifica]E poiché molti alle Isole Borromee vengono per andar quindi a vedere tutta la nuova strada del Sempione, questa indicherò ora brevemente, cominciandola da Stresa sino all’alta vetta oltre il villaggio di Sempione. Qui non farò che accennare i paesi pe’ quali si passa, e le osservazioni da farsi troverannosi ne’ seguenti Capi. Da Stresa, passato il summentovato torrente Rotto, che quasi sempre è arido, si costeggia il lago sino a Baveno, si tragitta sul bel ponte il torrente Fiume, e si va a Feriolo. Una diritta strada, scostandosi dal lago, conduce a Gravallona, ove tragittasi la Strona; e di là vassi ad Ornavasso, oltre il qual paese, quando giugnesi rimpetto a Cuciago, villaggio alla sinistra della Tosa, si tragitta su bel ponte di granito questo fiume; e la nuova strada lo costeggia, passando per Premoselo e sotto Vogogna, sino all’abbandonata chiesa della Mason. Ivi tragittasi il fiume nuovamente, e vassi dirittamente a Pallanzeno, indi a Villa, ove si tragitta il fiume Ovesca, e vassi a Domo. Da questo borgo una diritta strada conduce a Creola, ove tragittasi il fiume Vedro; e di questo costeggiasi la sinistra riva sino a Varzo, indi a Isella, San Marco e Gondo, prima del qual paese trovansi i confini del regno italico e la dogana. Oltre la gran galleria del Frassinone vassi per breve tratto [p. 29 modifica]sulla sponda destra del fiume, ma presto ritornasi sulla sinistra sin oltre la galleria del Gabbio, dopo la quale si tragitta il fiume su ponte di legno, presso il confluente del rivo che viene dalla valle Lachina. Si tragitta il fiume, e si sale al villaggio di Sempione; di là, passando pel picciol casolare di Camasca e presso la casa isolata del sig. barone di Stokhalber che per qualche tempo servì d’ospizio ai Canonici regolari di San Bernardo, si sale alla parte più alta, delta il Plateau, da dove poi discendesi costeggiando il torrente che porta le acque sue al Rodano, e questo fiume si costeggia poi sino al lago di Ginevra. Per andare da Milano sino al Sempione, e se si vuole, sino a Parigi, evvi il comodo della Diligenza, colla quale si va in buona carrozza per la posta. Parte la Diligenza due volte la settimana. Pagasi per ogni posta un prezzo diverso pe’ luoghi di dietro, verso i cavalli e fuori della carrozza.

Le Poste sono:

Da Milano a Ro |||
 posta 1. ¼
Alla Cascina delle Corde |||
 ” 1. ½
A Sesto Calende |||
 ” 2.    
A Belgirate |||
 ” 1. ½
A Baveno |||
 ” 1.    
A Vogogna |||
 ” 2.    
A Domo d’Ossola |||
 ” 1. ¼
Al villaggio Sempione |||
 ” 3.    
  1. Monumenta Somae locorumque adiacentium. Mediolani, apud Galeatium, 1787.
  2. Descrizione d’Angera di Socrate Pedisestro, Bergamo, 1779
  3. Ann. 1788-9, pag. 177
  4. Ivi, pag.213.