Alcesti (Euripide - Romagnoli)/Secondo episodio

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Secondo episodio

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Euripide - Alcesti (438 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1928)
Secondo episodio
Primo stasimo Secondo stasimo
Questo testo fa parte della raccolta I poeti greci tradotti da Ettore Romagnoli
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Mentre suonano le ultime note del peana, sulla scena irrompe improvviso Ercole.

ercole

Ospiti, che dimora avete in questa
terra di Fere, trovo in casa Admèto?

primo corifeo

Ercole! In casa è di Feréte il figlio.
Ma, di’: qual causa ti sospinse al suolo
della Tessaglia, alla città di Fere?

ercole

Compier per Euristèo debbo un’impresa1.

primo corifeo

E dove? quale strada è a te prescritta?

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ercole

Del tracio Dïomède il cocchio io cerco.

primo corifeo

Come l’avrai? Non sai chi è quel barbaro?

ercole

No! Dei Bistonî al suolo io mai non giunsi.

primo corifeo

Quei corsier, senza lotta aver non puoi.

ercole

Mio costume non è fuggir fatica!

primo corifeo

Tornerai se l’uccidi; o laggiú resti.

ercole

Non è già questa la mia prima impresa.

primo corifeo

E se uccidi il signor, poi che farai?

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ercole

Reco i corsieri, di Tirinto al re.

primo corifeo

Por morso a quelle fauci non è facile.

ercole

Spirano forse dalle nari fiamme?

primo corifeo

Con voraci mascelle sbranan gli uomini.

ercole

Belve alpestri son dunque, e non cavalli!

primo corifeo

Vedrai di sangue infusi i lor presepî.

ercole

E l’uom che li allevò, qual padre vanta?

primo corifeo

Marte. Dei Traci clipei d’oro è re.

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ercole

Il travaglio che dici, è quale il Dèmone
li serba a me: duro, a meta ardua volto,
se coi figli di Marte appiccar zuffa
io devo sempre. Con Licóne2 prima,
poscia con Cigno; e in questo terzo agone,
tali cavalli e tal signore affronto.
Ma nessuno vedrà che tremi il figlio
d’Alcmèna pel valor dei suoi nemici.

primo corifeo

Ercole, vedi! Il re di questa terra,
Admèto, dalla sua reggia s’avanza.
Entra Admeto.

admeto

Stirpe di Giove e di Persèo, salute!

ercole

E a te salute, o Admèto, o re dei Tessali!

admeto

Salute avessi, come tu me l’auguri!

ercole

Che avvenne? A che le chiome hai rase a lutto?

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admeto

Quest’oggi seppellir devo un defunto.

ercole

Il mal dai figli tuoi distolga un Nume!

admeto

Vivi son nella casa i figli miei.

ercole

Se morto è il padre, a morte era maturo.

admeto

Anch’egli è vivo, e lei che a luce diemmi.

ercole

Morta non è la tua consorte, Alcesti?

admeto

Dare debbo per lei risposta ambigua.

ercole

D’una morta favelli? o vive ancora?

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admeto

Vive e non vive: ed il mio cuore angoscia.

ercole

Non ne so piú di prima. Oscuro parli.

admeto

Non sai quale destino su lei pesa?

ercole

Sí. Che morire elesse in vece tua.

admeto

E se tanto accettò, puoi dirla viva?

ercole

Ah! Non piangerla avanti! Attendi l’ora.

admeto

Morto è chi morir dee. Chi morí, sparve.

ercole

Non è dover morire esser già morto.

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admeto

Tu cosí pensi; ed io penso altrimenti.

ercole

Chi piangi, via? Qual dei tuoi cari è morto?

admeto

Una donna: una donna, or or t’ ho detto.

ercole

Stranïera, o di stirpe a te congiunta?

admeto

Stranïera: e al mio tetto era pur utile.

ercole

E come in casa tua finí la vita?

admeto

Mortole il padre, fu cresciuta qui.

ercole

Ahimè!
Trovato non t’avessi, Admeto, in duolo!

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admeto

Perché dici cosí? Che mai disegni?

ercole

D’altri ospiti alla mensa andare io penso.

admeto

Mai non sarà. Tal male, oh, non avvenga!

ercole

A chi soffre, molesto giunge l’ospite.

admeto

I morti sono morti. Entra, su via.

ercole

Turpe è il banchetto, se gli amici piangono.

admeto

Appartata è la stanza ov’io ti reco.

ercole

Lasciami andare; e grato ti sarò.

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admeto

D’altr’uomo a mensa non andrai. Precedimi.
Le camere remote apri degli ospiti,
ed ai ministri di’ che t’apparecchino
quello che brami.
Ercole entra. — Ai servi.

                              E sian chiuse le porte
di mezzo. Chi banchetta, udire gemiti
non deve. Né attristar bisogna gli ospiti.

primo corifeo

Che fai? Su te grava tal male, o Admèto,
e hai cuor d’accogliere ospiti? Sei folle?

admeto

Se dalla casa via, se dalle mura
respinto avessi l’ospite, m’avresti
data lode? Minor, se inospitale
fossi, sarebbe la sciagura mia?
S’aggiungerebbe ai mali un mal, se detto
fosse il mio tetto inospital. Costui,
quando alla terra sitibonda giungo
d’Argo, il miglior degli ospiti è per me.

primo corifeo

E perché mai celasti la tua sorte
all’uom, che, come dici, amico t’è?

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admeto

Se conosciuto il mio dolore avesse,
la mia soglia varcata ei non avrebbe.
Forse anche a lui, cosí facendo, folle
sembrerò; lode non ne avrò; ma il tetto
mio non sa né scacciar né spregiare ospiti.
Esce.

Note

  1. [p. 336 modifica]Per Euristeo, figlio di Stenelo; cfr. p. 126, v. 1.
  2. [p. 336 modifica]Con Licone prima ecc. Licone era figlio di Marte, e di esso null’altro sappiamo se non che fu ucciso da Ercole. Marte pure ebbe due figli di nome Cigno, l’uno da Pelopia e l’altro da Pirene: e anch’essi furono tutti e due uccisi da Ercole.