Alcune monete inedite di Magna Grecia

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Arthur Sambon

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Alcune monete inedite di Magna Grecia Intestazione 18 marzo 2018 75% Numismatica

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Alcune monete inedite


DI


MAGNA GRECIA




LUCANIA AUSTRALIS.


SYBARIS.


Didramma.

D/ — Bove retrospiciente, a rilievo. Ha in testa una corona di globetti, ed alla estremità della coda si scorge il fiocco bipartito, anch’esso adorno di globetti. All’esergo MV; al di sopra del bue altro MV. Meandro d’intorno formato di due circoli concentrici, tra cui un ornato a volute e globetti. All’esergo, ornato a globetti.

R/ — Il medesimo bove del dritto in incavo. Meandro a linee dritte ed incavate all’ingiro; all’esergo una linea incavata e perfettamente liscia.

Arg. Mod. (Scala di Mionnet) 8. Peso gr. 7,55 (f. d. c.)


Il trovare due volte impresso, su di un medesimo lato della moneta, il nome della città, è cosa del tutto nuova, e vieppiù accresce l’importanza del fatto altra simile ripetizione su di un diobolo Metapontino, dell’istessa epoca del Sibarita.

E perchè non s’abbia a credere che, sobbalzando le due monete sul conio, abbiano ricevuto così, di [p. 140 modifica]sghembo, una seconda impressione, dirò che freschissime di conio, non offrono alcuno spostamento di tipo che valga a provare questo caso. Quanto alla metapontina in ispecie, la stessa disposizione delle leggende sgombra ogni dubbio. Imperocché se l’una di esse fosse stata riprodotta sulla moneta, per ispostamento del tondino, sarebbe apparsa colla sommità delle lettere rivolta all’orlo della moneta; ovvero, girando addirittura il tondino, in senso inverso a quello che si osserva difatti.


METAPONTUM.


Diobolo.

D/ — Spiga a rilievo; a d. META, a s. MET. Le due epigrafi vanno dalla parte inferiore in su, ed hanno le sommità delle lettere rivolte verso la spiga. Meandro a globetti.

R/ — Bucranio in incavo.

Arg. Mod. 2. Peso gr. 1,35 (f. d. c.)


Non è chi ignori la gran dovizia di monete, sia metapontine, sia sibarite, o di qualsivoglia altro luogo, che dall’uno e l’altro lato mostrano il nome della città. La ragione di questa ripetizione pare non debba in altro riporsi, che nel naturale orgoglio nazionale, come nella facilità maggiore di ravvisarle negli scambi di commercio, per cui è necessario, a prima vista, per qualunque verso si presenti allo sguardo la moneta, sia lì, ad evidenza, il nome della città che la coniò.

Ma non può dirsi il medesimo del tipo innanzi descritto, come che la ripetizione del nome, in questa guisa, debba avere pure il suo significato.

Negli ornamenti del bue non possiamo ravvisare un rito d’olocausto; ma speciali circostanze nelle quali [p. 141 modifica]si pensò così adornare l’immagine dell’animale, che, siccome simbolo della forza che rende produttiva la terra, raffigurava quasi la τύχη πόλεως, la prosperità sibarita. Il nostro didramma ed altre due monete di Sibari1 esprimono, a parer nostro, una idea medesima. La prima di queste ha per tutta epigrafe il vanto NKA; l’altra, col ramo d’alloro, simboleggia eziandio la vittoria, il trionfo. Ora è così naturale ripetere un nome, o come augurio in una lotta aspramente combattuta o come felicitazione di vittoria riportata, che ne pare verisimile fosse la nostra moneta coniata ne’ tripudii di un trionfo, e che Metaponto, partecipe della lotta, esprimesse a quella stessa maniera il suo gaudio, in pari tempo affermando la sua confederazione con Sibari. Questo è almeno certo, che tale simiglianza di un tipo affatto inusitato è prova d’un intimo rapporto fra le due monete, il quale, del resto, trova ampia conferma nelle relazioni ch’ebbero nel VI secolo a. C. le città che le coniarono.

Di confederazione Sibarita ho anzi veduto, non ha guari, un bellissimo ed anche strano esempio su moneta posseduta dal sig. Evans2. In essa è uno scambio di tipi e leggende; il MV fiancheggia il tripode crotonese, il ΟϘ è sottoposto al bove retrospiciente di Sibari. Non si poteva più efficacemente esprimere il sincero accordo delle due città, se non accennando, cosi, come la fusione amorevole de’ due popoli, la cui gloria comune assicuravano le armi concordi.

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THURIUM.


Tetradramma.

D/ — Testa di Pallade volta a destra. Sull’elmo è il mostro Scilla che colla destra lancia un sasso. Dietro la testa le lettere ΣΙ. Dinanzi si scorge, presso al mento, un aplustre.

R/ — ΘΟΥΡΙΩΝ — ΝΙ. Bove cozzante a destra. All’esergo un serpente che, ravvolto in ispire, drizza ostilmente il capo.

Arg. Peso gr. 15,95 (c1).


Per la prima volta m’è accaduto di veder, sopra moneta de’ Turini, un simbolo al mento di Pallade specialissimo questo dell’aplustre, che deve collegarsi a speciale avvenimento.

Simbolo significantissimo già di navigazione, l’aplustre valse pure a simboleggiare vittoria. Ne fanno fede alcune monete ateniesi, dove ricorda probabilissimamente la battaglia di Salamina; e un vaso, edito dal Lenormant, memoria pure di quell’evento, sul quale Minerva è raffigurata con l’aplustre nella destra, ond’esce una testa umana.

La storia di Turio non isfolgora di battaglie navali. È però memoria di un fausto evento, quando, movendo alla rovina di Turio una flotta di Dionigi il vecchio, affondarono le navi in una tempesta. E tale fu la gioia dell’inaspettato evento, che, dice Eliano3, i Turini dichiararono Borea loro concittadino, coll’appellativo di εὐεργέτης, assegnandogli una casa, una terra.

Ed il serpente all’esergo, nel suo atteggiamento [p. 143 modifica]ostile, esprime un concetto che ha molta analogia col precedente. Il serpente difendeva ad Atene l’Acropoli, tutti sanno; e gli si tributava ogni mese l’offerta di pani di miele. Pausania narra d’un prodigio a proposito d’un serpente, per cui fu salva la città. Spessissimo è memoria d’un nume tutelare, sotto le spoglie del serpente. Sulla nostra moneta, in atteggiamento di chi minaccioso si riscuote ad un pericolo che sovrasta, può dimostrare egualmente, e con molta evidenza, il pericolo, onde la città scampò, por opera di una divinità benevola.

METAPONTUM.


Didramma.

D/ — Testa di donna a a. Dietro ΣΥ. Dinanzi graffita, a lieve tocco di punta, la seguente denominazione: ΑΤΕ ΙΡΑ.

R/ — Spiga, e dappresso ΜΕΤΑΒΟ.

Arg. Cfr. Carelli, tav. CL, N. 49.


Riporto questo didramma, poiché fu da molti sostenuto si dovesse ravvisare, nella testa del dritto, una rappresentazione dell’eroe Metabus. Il Garrucci che, a quanto pare, non vide alcun esemplare di questa moneta, poiché non la riporta nelle sue tavole, dice che non può essere Metabus, poiché, secondo le tavole del Carelli, è alle volte testa virile (N. 49) ed alle volte testa di donna (N. 50), Il mio esemplare, di buona conservazione, addimostra una massa abbondantissima di capelli, di cui parte si raggruppa a ciuffi in sulla fronte e presso alle tempia, parte è ravvolta in trecce, siccome osserva il Minervino Questa nostra moneta corrisponde appunto al N. 49 del Carelli; e quindi ci addimostra che il prototipo [p. 144 modifica]di quel disegno dovette essere una moneta abbastanza logora. Non so se si possa ammettere che il graffito da noi riportato abbia relazione colla testa presso cui venne tracciato, che toglierebbe allora ogni dubbio che s’abbia ad intendere una donna e non già figura virile.


CAMPANIA.


FISTELIA.


Dirò di alcune varietà delle monetine coll’osca leggenda , già prima dall’Avellino e dal Micali ed ultimamente dal Garrucci attribuite alla Plistia o Phlistia menzionata da Tito Livio. Posseggo un obolo di questa città, colla scritta greca monca così: ΦΙΣΤΕΛΑ. Questa medesima omissione, dell’ ι finale, l’ho riscontrata anche su di un esemplare del Museo Nazionale di Napoli. Qui è l’omissione di una lettera; altrove, spessissimo, ve n’ha di soverchie. Di Taranto conosco un didramma con l’epigrafe ΤΑΣΡΑΣ4.

Il Fiorelli5 riportò un listino di errori di tal fatta; ma il numero n’è più esteso. Conosco una Cales, su cui si scorge la lira capovolta, mentre tutti gli altri accessorii e tipi sono esattamente disposti. Posseggo altresì una Nola, su cui non solo v’ha l’ι in più, già da altri notato, ma ancora lo scambio dell’α in v: ΝΙΩΙΛΛΩΝ. Il più strano è poi questo, che il riverso di questo didramma, identico per tipo a quello [p. 145 modifica]riportato dal Garrucci, al N. 22 della tav. LXXXVIII, ci presenta e leggenda, e tipo, e sigla, tutto rivolto a manca. Questa inversione completa, e la leggenda erronea, colla varietà dello stile, assai meno accurato che non in altre nolane, farebbe credere possibile una di quelle imitazioni di popoli limitrofi, delle quali non mancano esempi nella monetazione della Magna Grecia. Graziosissima è poi questa monetina della raccolta del Duca di Caianiello, la cui variante, più che a capriccio, si deve ad inavvertenza di zecchiere. È un bronzo di Teano, in cui la leggenda , nell’esergo del rovescio, è capovolta; di modo che le estremità inferiori delle lettere sono rivolte verso la sbarra, su cui poggia il bove. — Occorre poi, di frequente, trovare nelle leggende le lettere rivolte. Sono di mia collezione: un didramma tarantino, coll’ippocampo, che ha TAЯAZ; una dramma di Velia — VƎΛΗ; — un didramma crotoniate — ΟΡϘ; — un didramma napoletano di tipo arcaico — ; — e via dicendo. Questo andamento contrario delle lettere, circoscritto ad un’epoca determinata ed immediatamente consecutiva, o contemporanea della scrittura retrograda, ci accenna l’incertezza della transizione grafica. Interessanti, per questo riguardo, sono le monete cauloniate, aventi, sul dritto, l’epigrafe da sinistra a destra, e, sul riverso, la medesima in senso retrogrado.

Torniamo a Fistelia. Importante è la seguente varietà:

Obolo.

D/ — Testa virile, di prospetto, con tutto il collo. Attorno .

R/ — Conchiglia, acino d’orzo e delfino.

Arg. Peso gr. 0,73 (f. d. c.)

[p. 146 modifica]Giova raffrontare questa monetina con quella edita dal Millingen (Ancient coins ecc., London 1831) e di nuovo, poi, dal Garrucci a tav. LXXXIX, N.° 30, la quale ha duplice iscrizione; greca, cioè, attorno alla testa, ed osca al rovescio. Tra gli oboli di Fistelia, che al riverso, hanno il tipo cumano della conchiglia e grano d’orzo, è questo, del Millingen, l’unico che presenti la testa col collo; mentre tutti gli altri oboli con sola epigrafe osca, e quello totalmente anepigrafe del Museo Britannico, hanno soltanto la faccia.

Il Fabretti poi riportò una monetina con epigrafe greca, descrivendola sine collo; ma la citazione ch’ei fa del Friedländer, rende certa l’inavvertenza. Ho voluto ricordare queste particolarità, poiché messe a riscontro colla nostra monetina, che, tranne la variata epigrafe, offre le identiche diversità dell’obolo del Millingen, permettono di dire interessante questa nuova varietà, che, colmando un vuoto, determina cosi, siccome una graduata trasformazione di tipo, dall’obolo d’ambo i lati anepigrafi, a quello che ci presenta, insieme alla scritta osca, il nome greco ΦΙΣΤΕΛΙΑ.

L’epigrafe offre là solita forma retrograda: , tracciata in modo, che le sommità delle lettere si trovano sempre rivolte verso il viso.


LUCANIA OCCIDENTALIS.


LAUS.


T. H. ob.

D/ — Bue androprosopo retrospiciente. Sopra .

R/ — Ghianda. A destra ΛΑ di giù in su.

Arg. gr, 1,05 (c1).

[p. 147 modifica] Il Carelli aveva già pubblicata una monetina simile col bue laino; ma come la diè anepigrafe altri la credette quella istessa che ha il bove sibarita, con l’epigrafe MY.

Questa monetina, dai tipi esclusivamente laini, fu adunque cancellata, siccome immaginaria. Il mio esemplare però, freschissimo di conio, mostra evidente la testa umana e barbuta del bove, evidentissima la leggenda , che gira intorno, siccome in altra moneta della medesima città, e la trascrivo, poiché importa rilevare che, oltre alla monetina di confederazione tra Lao e Sibari, abbiamo poi, coi medesimi tipi, moneta propria di ciascuna città: per Lao, questa nostra; per Sibari, quella edita dal Fiorelli (Tav, II, N. 1 Osserv. ecc., 1843). La ghianda, che si trova in sul rovescio di tutte queste monete, conviene a Sibari, siccome a Lao, sia come simbolo felicissimo di produttività, che così copiosamente si produce, in sulla quercia, sia perchè abbondantissima ed utilissima in tutta Lucania, dove spesseggiavano quelle orde suine, di cui fecero menzione Orazio, Polibio, Strabone ed altri.


CALABRIA.


TARENTUM.


Due varietà del tipo colla ruota. Si cfr. Garrucci, T. XCVII, N. 14.

D/ — Taranto, sul delfino, volto a sinistra, con la destra levata in alto e la sinistra appoggiata sul cetaceo. Nell’area, una conchiglia.

R/ — Ruota e, in un angolo, un delfino.

Arg. Peso gr. 8,07 (c1).

[p. 148 modifica] D/ — Taranto a cavallo d’un delfino, verso sinistra. Protende le due braccia. Dietro TARA. Nessun simbolo nell’area.

R/ — Ruota.

Arg. Peso gr. 8,07 (c1).


Sono adunque parecchie le varietà dì questo tipo.

Si noti quella della leggenda TAPA, secondo il Garrucci; secondo il Carelli, ed alcuni miei esemplari, retrograda: AЯAT. Varia anche la ruota, che in un mio didramma è più piccola del solito e racchiusa in un secondo cerchio.

D/ — Taranto sul delfino verso sinistra. Tende in avanti le due braccia. Dietro TAЯA. Nell’area una conchiglia.

R/ — Ippocampo a destra; sotto, conchiglia.

Cfr. Carelli N. 43 – Peso gr. 8,13 (f. d. c.).


D/ — Personaggio assiso verso destra, ha nella destra un ramo, e tende avanti il braccio sinistro, poggiando il gomito sul ginocchio sinistro, in atto di chi conversa.

R/ — Taranto sul delfino a sin. Tende avanti la destra, ed ha al braccio sinistro uno scudo beotico. Nell’area una conchiglia.

Arg. Peso 7,45 (c2).


BRUTTIA.


CAULONIA.


In monete di Caulonia non mi è mai occorso di vedere il tipo nel dritto volto a sinistra; trascrivo quindi il seguente esemplare da me posseduto:

[p. 149 modifica]Tetrobolo.

D/ — Il solito tipo del giovane nudo, che nella destra agita una frasca, e che protende il braccio sinistro, sa cui corre, agitando anch’essa frasche, una piccola figurina. È però volto a sinistra. Dinanzi ha il cervo, dietro KAV.

R/ — Cervo volto a destra. Dinanzi un ramo d’alloro. Sopra VA〉| .

Arg. Peso gr. 2,45 (c1)


Napoli, aprile 1889.


Note

  1. L. Sambon, Recherches, ecc. tav. XIX, N.° 1. Id. pag. 293, N.° 4.
  2. Cfr. Garrucci, tav. CIX, N.° 1.
  3. Lib. XII. Cap. LXI. περὶ βοῤῥᾶ ἀνέμου τιμῆς
  4. Coll. del Duca di Caianiello.
  5. Osserv. sopra monete rare di città greche. Napoli 1848, pagina 28, nota 43.