Atlante Astronomico/III. Sistema Planetario

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III. Sistema Planetario

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II. La Luna IV. Le Comete
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III. — SISTEMA PLANETARIO

O

SISTEMA DEL SOLE.


..... per ben capire la grandezza dell’universo non bisogna
subordinarne la parte siderale alla terrestre.....




1. Noi siamo sulla Terra, e da qualunque punto della sua superficie vediamo il cielo come la cupola di un tempio sconfinato, come un emisfero cavo che ci sovrasta, e pare riposi sul nostro orizzonte. Pare soltanto, poichè sotto all’orizzonte, sotto ai nostri piedi esiste un altro emisfero cavo, continuazione di quello che ci sovrasta. Noi colla Terra ci libriamo sospesi nello spazio, e la sfera celeste, limite apparente di questo spazio, non mai interrotta ci avvolge da ogni parte.

Tramonta il Sole, sopraggiunge la notte e la volta del cielo splende di astri innumerevoli, ma sotto ai nostri piedi, sotto al nostro orizzonte un altro firmamento esiste pur disseminato di stelle. Se la Terra fosse trasparente, se il Sole cessasse per un momento di splendere, noi ci troveremmo pressochè al centro d’una vasta sfera tutta sparsa di stelle. Mi ricordo d’aver letto una poesia gentile, in cui il poeta, vogando una notte serena su lago tranquillo, vede in esso riflettersi le stelle, e pensa di navigare fra due cieli. L’immagine del poeta è una realtà; la Terra è appunto sospesa fra due cieli, ed è circondata per ogni dove da stelle.

La Terra, essendo opaca, noi vediamo di notte la metà soltanto della sfera stellata che ci circonda; in faccia al Sole scomparendo ogni astro, di giorno non vediamo stelle, ma di giorno come di notte stelle esistono in ogni direzione attorno a noi, sopra e sotto il nostro orizzonte. Tutte queste stelle senza eccezione cambiano rispetto all’orizzonte incessantemente di luogo, e tutte, trascorse 24 ore, riprendono rispetto ad esso la medesima posizione.

Immagini il lettore che O P R P′ (fig. 2) rappresenti il firmamento; immagini la Terra in C, ed in O C R uno degli orizzonti terrestri. Tutte le stelle conservano invariata la propria distanza dal punto P (polo settentrionale) che nelle nostre latitudini appare ad un’altezza di 45 gradi circa sull’orizzonte a nord; Fig. 2.tutte percorrono con moto uniforme ed in 24 ore circoli paralleli, come quelli rappresentati proiettivamente dalle linee O O′, S U S′, T V T′, R′ R; alcune stelle non tramontano mai, e sono le disseminate sulla calotta O P O′; altre non sorgono mai, ed appartengono alla calotta opposta R P′ R′; alcune stelle rasentano l’orizzonte senza tramontare e percorrono il circolo O O′, altre si muovono lunghesso R R′, rasentano l’orizzonte e sovr’esso non sorgono; la più gran parte delle stelle, quella disseminata nella vasta zona O O′ R R′ del firmamento, tocca l’orizzonte e sott’esso scompare per riapparire più tardi in un punto simmetrico ed opposto.

Se non splendesse il Sole, e se la Terra fosse trasparente basterebbero 24 ore per vedere il moto generale delle stelle appena descritto. Si direbbe che il firmamento ruota, con moto incessante ed uniforme, intorno ad un asse ideale determinato dai punti P [p. 18 modifica] e P′, portando seco tutte le stelle. Questo dissero infatti gli antichi, guidati dalle apparenze. Per loro il cielo era una sfera reale, e le stelle giacevano tutte sulla superficie di questa sfera; essa ruotava incessantemente intorno a sè medesima, compieva in 24 ore una rotazione, e produceva così il moto diurno delle stelle.

Per noi il cielo non è che una parvenza, le stelle si librano nello spazio a distanze diversissime, e solo per le leggi della prospettiva noi le vediamo proiettate sulla volta che apparentemente contermina lo spazio. Per noi non è il firmamento, non sono le stelle che si muovono. A che far muovere tante stelle? È la Terra che, librata nello spazio, ruota attorno a sè stessa, compiendo in 24 ore una rotazione. La rotazione diurna del firmamento da oriente ad occidente, da destra a sinistra di chi volge la faccia a nord, è una pura apparenza, ed è prodotta da una rotazione reale inversa, da occidente a oriente, della Terra.

2. Fra gli astri del cielo alcuni pochi, pur partecipando al moto diurno di tutte le stelle, cambiano continuamente rispetto a queste la loro posizione. Sono astri erranti, e per questo gli antichi li chiamarono pianeti; formano in cielo una famiglia a parte, e costituiscono fin dall’antichità il Sistema planetario.

Per gli antichi i pianeti erano sette; i loro moti erano prodotti da ciò che essi si aggiravano a distanze diverse ed in orbite circolari concentriche attorno alla Terra; erano a questa più vicini quelli che si muovevano più velocemente, e per ordine di distanza si susseguivano così: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno. Da queste loro idee nacque la settimana di tanti giorni quanti appunto erano i pianeti; nacquero i nomi dei giorni, Lunedì da Luna, Martedì da Marte, Mercoledì da Mercurio, Giovedì da Giove, Venerdì da Venere, Sabbato da Saturno, Domenica dal Sole; nacque il Sistema dell’universo detto Tolemaico da Tolomeo, nel quale (tav. XIV e XV) la Terra occupa appunto il centro, e attorno ad essa si svolgono successivamente le orbite dei pianeti, abbracciate tutte dalla sfera delle fisse.

Gli antichi nei loro concetti intorno al Sistema dei pianeti si lasciavano guidare in parte dall’osservazione dei loro moti, in parte dalle idee preconcette che il circolo, la più perfetta delle linee, era la sola orbita possibile pei corpi del cielo, e che la Terra, soggiorno dell’uomo, era il solo centro degno del mondo. Noi ci facciamo guidare invece unicamente dai fatti; osserviamo prima questi, ed i fatti osservati cerchiamo poi di dominare col lavoro del pensiero.

L’osservazione dei moti dei pianeti condusse noi a scambiare le parti della Terra e del Sole, a mettere questo immobile nel centro dell’universo, e a far muovere la Terra in quell’orbita che gli antichi attribuivano al Sole. La Terra da centro e capo del Sistema decadde così a semplice parte di esso; la Luna sola continuò a muoversi intorno ad essa come a centro, ma la Luna pure, da pianeta ch’essa era presso gli antichi, decadde ad essere un semplice satellite della Terra.

Non fu cosa facile riescire a tanto; ci vollero secoli di lavoro accumulato, ci volle l’intuito del vero metodo di ricerca, lo studio profondo di uomini di genio, Copernico, Keplero, Galileo, Newton. Il Sistema planetario, quale da noi si concepisce, Sistema Copernicano, non è un concepimento puro ed astratto, ma è il portato dei moti planetarii osservati, e la verità sua risulta da ciò appunto che esso di tutti questi moti dà, come sarà mostrato in seguito, perfettamente ragione.

3. Nel Sistema Copernicano ha grande importanza la linea detta ellissi: è una curva chiusa che, come il circolo, ritorna infinite volte sopra sè medesima. Nell’interno del circolo v’è un solo punto speciale, il centro; nell’interno dell’ellissi ve ne sono due, i fuochi. Nel circolo ogni punto della circonferenza è ugualmente lontano dal centro; nell’ellissi ogni punto è tale che la distanza da esso ad uno dei fuochi sommata a quella da esso all’altro fuoco dà una quantità costante. Oltre ai due fuochi S, S1, (fig. 3) son degni di nota nell’ellissi il centro C, la linea A B, asse maggiore, la linea D E, asse minore, la distanza C S, Fig. 3.eccentricità, e rispetto ad uno dei fuochi, S ad esempio, importa nell’ellissi considerare la distanza A S, distanza perielia, la B S, distanza afelia, il punto A, perielio, il punto B, afelio.

Nel Sistema Copernicano ogni pianeta percorre nello spazio un’ellissi; tutte le ellissi del Sistema hanno uno dei fuochi comune, e in questo giace il Sole. Già gli antichi avevano osservato che i movimenti dei pianeti non sono uniformi, ed a spiegare questo fatto per mezzo di soli circoli avevano dovuto ideare un edifizio celebre, ingegnoso, ma complicatissimo. La forma ellittica delle orbite, col Sole in uno dei fuochi, dà del fatto stesso una spiegazione generale, semplice e conforme alle leggi della Meccanica.

L’ellissi percorsa da un pianeta, orbita del pianeta, giace in un piano determinato, piano dell’orbita; i [p. XIV modifica] Sistema Copernicano Sistema Tolemaico. Sistema delle stelle fisse componenti la nostra Via Lattea. [p. XV modifica] Sistema Egiziano.Sistema Ticonico. [p. 19 modifica] piani di tutte le orbite planetarie si riferiscono al piano dell’orbita della Terra, eclittica. Si considera a parte la linea d’intersezione del piano d’ogni orbita planetaria col piano dell’eclittica, linea dei nodi; si considera ancora l’angolo che il piano d’ogni orbita fa coll’eclittica, inclinazione dell’orbita. Questi due dati, che determinano il piano in cui giace l’ellissi percorsa da un dato pianeta, gli altri già accennati, quali l’asse maggiore, l’eccentricità e via, che servono a determinare la forma e le dimensioni dell’ellissi stessa, costituiscono tutti insieme gli elementi dell’orbita.

Nella tavola XIV-XV è disegnato il Sistema Copernicano con tutte le orbite dei pianeti e con quelle di alcuni altri corpi, Comete, che si aggirano attorno al Sole. Le orbite dei pianeti hanno piccole eccentricità, ed appaiono all’occhio come circoli; quelle delle Comete sono fortemente ellittiche; i pianeti considerati sono Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, già noti agli antichi, Urano, i piccoli-pianeti, Nettuno scoperti dopo l’invenzione dei cannocchiali; ogni pianeta è indicato dal segno convenzionale per esso adottato dagli astronomi (tav. XVI). A farsi un’idea chiara del come le cose stanno in realtà giova pensare che l’eclittica sola coincide col piano del disegno, e che tutte le altre orbite nella tav. XIV-XV disegnate stanno in parte sopra, in parte sotto l’eclittica. Le linee d’intersezione dei piani di queste orbite coll’eclittica passano tutte pel punto in cui giace il Sole, e per alcune orbite sono indicate inoltre dai punti ☊ ed ☋, nodi.

4. Le orbite che nella tavola XIV-XV tanto si addensano attorno al Sole, in realtà hanno dimensioni delle quali difficilmente si arriva ad avere un concetto concreto. Si tratta di milioni di chilometri, come risulta dal quadro numerico seguente, nel quale sono scritte le distanze medie dei grandi pianeti dal Sole, posta l’unità uguale, colonna A, ad un milione di chilometri, e, colonna B, alla distanza media che separa la Terra dal Sole.

Distanza dal Sole Diametro Massa
A B C D
Mercurio 57,5 0,387 4816 0,38 0,04
Venere 107,5 0,723 11969 0,94 0,78
Terra 148,7 1,000 12756 1,00 1,00
Marte 226,5 1,524 6745 0,53 0,11
Giove 773,8 5,203 143757 11,27 308,00
Saturno 1417,8 9,539 119080 9,55 92,00
Urano 2851,4 19,183 59171 4,64 14,00
Nettuno 4467,6 30,057 54979 4,31 17,00

Nel Sistema planetario il Sole prepondera e per le dimensioni sue, e per la quantità di materia, massa, in esso raccolta; il suo diametro misura 1386690 chilometri ed equivale a 108,71 diametri della Terra; la sua massa è 322800 volte la massa terrestre, o in altre parole esso pesa 322800 volte il peso della Terra. I diametri e le masse dei pianeti principali sono date dal quadro numerico precedente; per le masse è presa come unità la massa della Terra, pei diametri è preso per unità nella colonna C il chilometro, nella D il diametro terrestre.

Meglio di tutti questi numeri giova, a farsi un concetto chiaro e concreto della grandezza relativa dei diversi corpi del Sistema solare, uno sguardo gettato sulla tav. XVI, nella quale il grande disco rappresenta il Sole, e i dischetti quello a che di fronte al Sole si riducono i pianeti. Così grande è il Sole, che esso, ove avesse il suo centro nel centro della Terra, occuperebbe col suo corpo smisurato non solo tutta la sfera che ha per raggio la distanza (tavola XVI) dalla Terra alla Luna, ma spingerebbe la propria superficie molto oltre la Luna, 48 raggi terrestri al di là di essa.

5. Mercurio è il pianeta più vicino al Sole, e da questa prossimità e da ciò che nella Mitologia il dio Mercurio gode tutta la confidenza di Apollo trasse forse il suo nome. I Greci lo chiamarono talora Stilbon, lucente. Fra gli astrologi ebbe quasi un culto, ed esso, secondo loro, dava allo spirito umano l’acutezza e la versatilità, all’animo la vivacità, al corpo la forza e la salute.

La sua forma è quella di una sfera; la sua superficie misura la settima parte circa della superficie terrestre, il suo volume i sei centesimi appena del volume della Terra. Si muove attorno al Sole in una ellissi, di cui l’eccentricità C S (fig. 3) è i due decimi circa del semiasse maggiore C A, e le sue distanze minima, media, massima dal Sole seguono press’a poco il rapporto dei numeri 66, 83, 100. In circa 88 giorni (87g 23h 15m 44s) compie una rivoluzione; la velocità con cui esso corre sulla propria orbita è vertiginosa; essa varia da uno ad un altro punto dell’ellissi, varia in modo che in tempi uguali il pianeta percorre attorno al Sole aree uguali, ma in media è tale che per essa Mercurio lascia dietro di sè in un minuto secondo 49 chilometri circa. Nello stesso tempo che rivolgesi attorno al Sole, esso ruota intorno a sè medesimo; si ritenne per lungo tempo la durata di questa rotazione uguale a 24 ore circa, ma lo Schiaparelli dimostrò recentemente che Mercurio si rivolge nella sua orbita mantenendo sempre lo stesso emisfero verso il Sole, e che la sua rotazione e la sua rivoluzione hanno ugual durata.

Mercurio è opaco, splende per luce solare che la sua superficie riflette, ed esso riceve dal Sole una luce sette volte circa più intensa di quella che riceve la Terra. Le righe oscure dello spettro luminoso di Mercurio corrispondono a pennello a quelle dello spettro del Sole; si incontrano in esso quelle righe ancora che nello spettro solare vedonsi soltanto quando il Sole è basso sui nostri orizzonti, e sono prodotte dall’assorbimento esercitato sovra i suoi raggi luminosi dall’atmosfera terrestre. Probabilmente quindi anche Mercurio è per ogni parte avvolto da un oceano aereo, il quale ha sulla luce solare un’efficacia assorbente sensibile, e all’esistenza di questa sua atmosfera anche le osservazioni telescopiche dirette sono favorevoli. [p. 20 modifica]

La superficie di Mercurio è sparsa di macchie oscure (fig. 4) permanenti quanto a forma e disposizione, ma non sempre ugualmente manifeste, divenendo esse talvolta più intense, tal altra più pallide. Sono appunto queste macchie che guidano a ricercare quanto duri la rotazione del pianeta, sebbene sulla loro natura sia difficile esporre una opinione fondata. Esse potrebbero dipendere semplicemente, come nella Luna, dalla diversa materia e struttura degli strati solidi superficiali, ma, esistendo su Mercurio un’atmosfera capace di condensazioni e forse anche di precipitazioni, potrebbero anche essere qualche cosa di analogo ai nostri mari.

Mercurio si muove attorno al Sole ad una distanza media da esso che è 1/3 circa di quella a cui si muove la Terra. Ne segue che Mercurio è più lontano dalla Terra che dal Sole, che esso non può raggiungere una distanza dalla Terra minore di più che 81 milioni di chilometri, e può dalla Terra allontanarsi fino a 222 e più milioni di chilometri, che il suo diametro apparente, anche nell’istante del suo valor massimo, è di soli 13 secondi d’arco, e qualche volta diminuisce fino a misurarne 5 appena. Ne segue ancora che la orbita di Mercurio è dentro quella della Terra, è dall’eclittica per ogni parte abbracciata, e che, mentre Mercurio compie una rivoluzione, la Terra percorre appena 1/4 della sua orbita.

Dato questo ordine di cose non è difficile farsi un concetto chiaro delle apparenze sotto cui Mercurio deve mostrarsi agli abitanti della Terra, tanto più che in questa indagine, essendo il moto della Terra assai più lento, non produrrà error sensibile il supporre che, mentre Mercurio percorre l’orbita sua, la Terra rimanga fissa in un punto T della propria (fig. 5). Immaginisi Mercurio in A oppure in C; nell’un punto e nell’altro si trova Fig. 4.Fig. 5.alla maggior distanza angolare possibile dal Sole, distanza misurata dall’angolo A T S ed uguale in media a 23 gradi; sia in A che in C presenta alla Terra una parte sola del suo emisfero illuminato dal Sole, ed appare quindi, in quanto splende di luce solare riflessa, falcato così come la Luna. Quando è a sinistra del Sole in A (elungazione) segue il Sole nel suo moto diurno, e, questo tramontato, esso rimane per qualche tempo visibile nel crepuscolo, basso sull’orizzonte verso occidente. Quando è nell’elungazione [p. 21 modifica] opposta C, a destra del Sole, precede il Sole nel suo moto diurno; prima dell’aurora il Sole è ancora sotto l’orizzonte e Mercurio, che lo precede, brilla già sovra esso verso oriente. Nell’una e nell’altra elungazione Mercurio appar quindi falcato, e nell’una appare ad occidente appena tramontato il Sole, nell’altra ad oriente prima che il Sole sorga. Mercurio si trova nel punto B della propria orbita, congiunzione inferiore, volge alla Terra l’emisfero sul quale la luce del Sole non arriva, giace in un piano diverso da quello in cui stanno il Sole e la Terra, e diventa per conseguenza invisibile. Mercurio passa pel punto D dell’orbita sua esso pure fuori del piano dell’eclittica (congiunzione superiore); è allora alla sua massima distanza dalla Terra, ma a questa rivolge l’emisfero illuminato dal Sole ed appare quindi rotondo, intero, sotto forma di un disco lucentissimo. — Mercurio pieno in D, falcato in A ed in C, invisibile in B, passa insensibilmente, percorrendo i rimanenti tratti dell’orbita sua, da pieno a falcato, da falcato ad invisibile, ed, in altre parole, passa durante una rivoluzione per fasi analoghe a quelle della Luna, fasi che l’occhio nudo non può afferrare, e che solo un cannocchiale di qualche forza riesce a mettere in evidenza. Le sue fasi dipendono da ciò che esso è opaco e splende per luce solare riflessa; le sue fasi e le altre apparenze sue dipendono da ciò che esso si muove attorno al Sole e non attorno alla Terra.

6. Venere si rivolge attorno al Sole così come la Terra, e l’orbita sua è intorno intorno chiusa per intero dall’orbita terrestre, così com’è l’orbita di Mercurio. Le circostanze del moto rivolutivo di Venere essendo analoghe a quelle del moto di Mercurio, analoghe ne sono pure le apparenze. Anche Venere, quando è nella sua congiunzione inferiore (punto B fig. 5), scompare agli osservatori terrestri; anch’essa, quando è nella sua congiunzione superiore (punto D), appare rotonda, piena e sotto forma di un disco perfetto; anch’essa, allorchè si trova nelle elungazioni (punti A e C), appare falcata; anch’essa, pochi giorni prima della congiunzione inferiore, appare come una sottilissima falce luminosa; anch’essa, durante una rivoluzione, passa per fasi analoghe a quelle della Luna.

Cynthiae figuras aemulatur mater amorum.

Anche Venere, come Mercurio, non vedesi mai più lontana dal Sole di un angolo determinato, 48 gradi circa. Si trova allora nelle sue elungazioni; e se nell’elungazione a sinistra del Sole, lo segue nel suo moto diurno, ed, esso tramontato, brilla ancora per qualche tempo sull’orizzonte ad occidente; se nell’elungazione a destra del Sole, precede questo nel suo moto diurno, e, mentre il Sole è ancora sotto all’orizzonte, essa brilla già ad oriente. Espero o apportatore della sera nell’un caso, Lucifero o apportatatore della luce nell’altro; nell’un caso e nell’altro

                                                .....stella
Che il Sol vagheggia or da coppa or da ciglio.

Le fasi di Venere e di Mercurio, le loro elungazioni e le rimanenti particolarità del loro moto costituirono uno degli scogli più gravi pel Sistema Tolemaico, e formarono uno dei più validi argomenti a favore del Copernicano... Da questa mirabile esperienza, sono parole di Galileo, abbiamo sensata e certa dimostrazione di due gran questioni rimaste fin qui dubbie fra i maggiori ingegni del mondo. L’una è che i pianeti tutti son di lor natura tenebrosi: l’altra che Venere necessariamente si volge attorno al Sole, come anco Mercurio; cosa che degli altri pianeti fu creduta dai Pitagorici, dal Copernico e da loro seguaci, ma non sensatamente provata come ora in Venere ed in Mercurio...

Già fra gli antichi alcuni avevano in parte corretto il Sistema Tolemaico, facendo muovere Mercurio e Venere attorno al Sole. Nel Sistema Egiziano infatti (tav. XIV-XV) la Luna, il Sole, Marte, Giove e Saturno girano attorno alla Terra, mentre Mercurio e Venere girano attorno al Sole. Qualche cosa di analogo escogitò pure Ticone, posteriore a Copernico, pur di non dare moto alla Terra. Nel suo Sistema (tav. XIV-XV) la Terra continua a rimanere centro dell’universo, ma intorno ad essa non girano più che Luna e Sole, e tutti i rimanenti pianeti Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno girano attorno al Sole.

Venere si muove attorno al Sole in un’orbita ellittica di minima eccentricità, e per conseguenza assai poco diversa da un circolo; compie una rivoluzione in poco meno che 225 (224,70) giorni; durante una rivoluzione appare agli abitanti della Terra con diametri diversissimi (tav. XVI), talora sotto un angolo di perfino 65 secondi d’arco, talora sotto uno di 10 appena, e ciò perchè, in grazia del suo moto nello spazio e della posizione dell’orbita sua rispetto alla terrestre, essa passa a distanze diversissime dalla Terra, avvicinandosi ad essa fino a 37 milioni di chilometri, allontanandosene fino a 266 circa.

Venere non mostra schiacciamento o deviazione alcuna dalla forma sferica; il suo diametro, la superficie, il volume di poco sono inferiori a quelli della Terra, di molto superano quelli di Mercurio. La grandezza del diametro suo, l’essere dessa prossima al Sole e ciò non pertanto abbastanza lontana da poter mostrarsi in cielo non sempre, come Mercurio, avvolta da forte crepuscolo, fanno sì che Venere è di gran lunga il più splendido e brillante dei pianeti. La sua luce tutte le altre lascia di molto dietro a sè; il suo è uno splendore che affascina, e forse da ciò nacque il suo nome in una età vaga di tutto poetizzare. Quando è piena, essa è anche alla sua distanza massima dalla Terra, e, malgrado nella sua massima fase, appare piccola, nè molto lucente (tavola XVI). Essa raggiunge il suo massimo splendore quando è falcata, e quando l’angolo compreso fra le visuali che dalla Terra vanno ad essa ed al Sole è di 40 gradi; il suo splendore non cresce colle fasi, in ciò ben diversa dalla Luna.

Il disco di Venere non appare tempestato di [p. 22 modifica] macchie oscure permanenti; qualche volta soltanto si vede lo splendor suo uniforme impallidire qua e là per breve tratto, ma si tratta in generale di cosa da poco e fugace. Venere ha certo un’atmosfera, e probabilmente un’atmosfera più pura e trasparente della terrestre, ciò che dovrebbe produrre sovr’essa un cielo assai meno e più di rado corrucciato che il nostro. Le piccole macchie che finora si è giunti a constatare su Venere sono infatti poco frequenti, appaiono tenui, diffuse, e più che le nostre nubi richiamano le nostre nebbie meno dense. La tenuità di queste macchie rende assai difficile determinare quanto duri la rotazione di Venere intorno a sè medesima, anzi può dirsi che la durata di questa rotazione è tuttora un problema aperto ed insoluto. Le recenti ricerche dello Schiaparelli escludono che essa sia di circa 24 ore, come dai più si è creduto, e rendono piuttosto verosimile che essa duri quanto la rivoluzione, e che Venere rivolga essa pure, così come Mercurio, sempre lo stesso emisfero al Sole.

Talora, mentre Venere brilla sull’orizzonte ridotta a falce sottilissima, si vede di essa l’intero disco (tav. XVI fig. 1) grazie ad una luce debole ed incerta sovr’esso diffusa. È una luce che richiama la luce cinerea della Luna, ma che non si può spiegare in modo analogo, ricorrendo a luce riflessa dalla Terra oppure da Mercurio verso Venere. Alcuni l’hanno attribuita ad una fosforescenza intrinseca all’atmosfera o alla superficie del pianeta, ma anche questa spiegazione ha il suo lato debole. La luce secondaria di Venere, fenomeno che si osserva saltuariamente e a lunghi intervalli, rimane per ora inesplicata.

7. Dare moto alla Terra, farla roteare e ad un tempo correre velocissima attraverso allo spazio universo fu certo il pensiero più robusto ed audace della mente umana. Stando sulla Terra, noi attribuiamo al Sole un movimento che in realtà appartiene alla Terra. Questa si muove attorno al Sole in un’orbita ellittica che per ordine di distanza vien dopo quella di Venere, e contemporaneamente ruota intorno a sè stessa. Compie la sua rivoluzione in 365 giorni e un quarto circa, la sua rotazione in 24 ore; la sua rivoluzione produce il nostro anno, la rotazione il nostro giorno, il sorgere, il tramontare del Sole e di tutti gli astri del cielo.

La Terra è, come gli altri pianeti, tenebrosa, opaca; splende essa pure quale astro nello spazio per luce solare riflessa; vista dal Sole apparirebbe come un globulo lucente, una pallottola di diametro apparente uguale a circa 17 secondi d’arco. A così piccola cosa può ridursi questa Terra, che è pur così grande, solo che si cambii il punto di vista! La Terra non è sferica, non è neppure di forma esattamente e geometricamente definibile. La forma che meglio delle altre si avvicina alla sua è quella di un ellissoide di rivoluzione di cui il semidiametro equatoriale misura 6378249 metri, il semidiametro polare 6356515: quando si parla di raggio terrestre si accenna all’equatoriale.

Nell’economia terrestre ha una parte importantissima l’atmosfera, ed è probabile che altrettanto succeda in tutti i pianeti d’atmosfera dotati. Nell’atmosfera terrestre correnti continue si succedono senza posa, le une ascendono, le altre precipitano; le une vanno dall’equatore al polo, le altre battono la via opposta, ed in mezzo a tanto movimento le nubi si formano, le bufere si svolgono, la grandine ha origine, l’elettricità si sviluppa e si condensa, i lampi e i tuoni si susseguono, le aurore polari splendono, i semi della vita organica si agitano sospesi, la luce in mille guise si inflette e riflette generando il colore del cielo, i colori vari ed attraentissimi degli oggetti, le onde sonore in modo inconcepibile s’incontrano, si fondono, si percuotono e ripercuotono, veicoli inconsci dell’armonia e del suono, del linguaggio e delle idee umane.

Al di là dell’atmosfera terrestre, molto al di là, a una distanza di 384400 chilometri, v’è qualche cosa che appartiene ancora alla Terra, v’è il satellite suo (cap. II), la Luna, di cui il diametro è 0,273 del diametro terrestre, e di cui la massa è 1/80 della massa della Terra.

8. Tutti i pianeti che si aggirano attorno al Sole a distanze maggiori della Terra, pianeti superiori, presentano alcune particolarità di moto che importa conoscere. V’è un momento in cui il pianeta, il Sole e la Terra si trovano rispettivamente in C, in S, in O (fig. 6), ossia (astrazion fatta dall’inclinazione che il piano dell’orbita del pianeta ha sull’eclittica) in linea retta, essendo il Sole frammezzo (congiunzione del pianeta); allora dalla Terra, e il pianeta e il Sole si vedono lungo visuali che giaciono in un istesso piano, ed essi passano per conseguenza contemporaneamente al meridiano, ed il pianeta immerso nella luce solare è invisibile. V’è un altro momento in cui i tre corpi vengono ancora a disporsi in linea retta, S O O, essendo però la Terra frammezzo (opposizione del pianeta); allora il pianeta è a 180 gradi dal Sole, culmina 12 ore dopo di esso, e durante la notte se ne può seguire in cielo l’intero arco diurno. Quando il pianeta esce dalla sua congiunzione col Sole, è alla sua distanza massima dalla Terra, ed appare piccolissimo; quando è in opposizione, è anche alla sua distanza minima dalla Terra, ed assume per conseguenza la sua grandezza massima apparente.

Tutti i pianeti pel loro moto proprio percorrono il cielo da occidente verso oriente, da destra verso sinistra di chi li guarda. I pianeti superiori nella più gran parte di loro apparizione si muovono essi pure di questo moto diretto, ma prima di arrivare all’opposizione rallentano a gradi a gradi il loro moto, finchè si arrestano per intiero; dopo una sosta (stazione) di qualche durata, prendono a muoversi da oriente ad occidente, da sinistra a destra (moto retrogrado), e retrocedendo fra le stelle raggiungono l’opposizione; continuano al di là di questa il loro moto retrogrado, ed arrivano così ad una seconda sosta o stazione, a partire dalla quale riprendono il moto normale diretto, da occidente ad oriente. [p. XVI modifica]Grandezze relative del Sole e dei pianeti. Venere. 1. Nelle vicinanze della congiunzione inferiore.3. Espero nel suo massimo splendore.
4. Lucifero nella sua massima elungazione.
2. Nella congiunzione superiore. [p. 23 modifica]

Finchè si volle tener fissa la Terra, questo rallentarsi, stare, retrocedere, riavanzare dei pianeti superiori ebbe una spiegazione complicata, contorta, difficilissima. Dato il moto alla Terra, esso scaturì naturalmente dalla semplice rappresentazione dei fatti. La Terra si muove nella propria orbita, che qui si può supporre circolare, attorno ad S (fig. 6); il pianeta si muove in un’orbita esteriore a quella della Terra, e, per le leggi della prospettiva, chi da questa Fig. 6.lo guarda, lo proietta sul fondo del cielo che apparentemente contermina lo spazio. Allorquando la Terra è in 0 sulla propria orbita, ed il pianeta sull’orbita rispettiva è pure in 0, questo è in opposizione e dalla Terra vien proiettato sul cielo in 0. I punti 1, 2, 3... sull’orbita terrestre, i punti 1, 2, 3... sull’orbita del pianeta sono i punti contemporaneamente e rispettivamente occupati dalla Terra e dal pianeta; i punti 1, 2, 3... in alto della figura sono quelli nei quali il pianeta viene sul cielo proiettato negli istanti in cui la Terra occupa rispettivamente le posizioni 1, 2, 3... Nel tempo durante cui la Terra e il pianeta vanno sull’orbite loro da 1 a 2, il pianeta va apparentemente in cielo con moto diretto da 1 a 2; mentre la Terra e il pianeta vanno da 2 a 3, il pianeta pare in cielo fisso nel punto 2 (stazione); la Terra e il pianeta vanno dal punto 3, al punto 4, al punto 0, al punto 5, e il pianeta pare in cielo retrocedere (moto retrogrado) dal punto 2, al punto 4, al punto 5, passando nel frattempo per 0; la Terra e il pianeta continuano nello spazio il loro moto reale che li porta rispettivamente da 5, in 6, in 7 ed il pianeta prende apparentemente a muoversi in cielo di moto diretto da 5 verso 6 verso 7.

9. Marte si distingue facilmente pel color suo rosso, che gli valse l’appellativo di sanguigno e forse il nome del Dio della guerra e del sangue. È opaco, e splende per luce solare riflessa, sì che nello spettro suo luminoso ripetonsi le righe oscure proprie dello spettro del Sole.

Marte compie in circa 24 ore (24h 37m 23s) una rotazione intorno a sè stesso, ed in 687 giorni circa (686g 23h 30m 41s) una rivoluzione intorno al Sole; durante la medesima esso assume distanze diversissime dalla Terra, e in conseguenza diametri apparenti diversissimi. Si avvicina alla Terra nelle opposizioni fino a 59 milioni di chilometri, se ne allontana nelle congiunzioni fino a 407; il suo diametro apparente passa da 10 a 25 secondi, l’ottantesima parte del diametro apparente del Sole. Non in tutte le opposizioni raggiunge questo diametro massimo, e ciò perchè la distanza fra esso e la Terra muta da una ad un’altra opposizione, secondo che questa avviene trovandosi il pianeta in uno od in un altro punto dell’orbita sua molto ellittica ed eccentrica.

Marte è più piccolo della Terra; il suo diametro di poco supera la metà del terrestre; la sua superficie è i 3/10 della superficie della Terra, il suo volume è 1/6 circa del volume della Terra. Non si è ben certi se Marte sia una sfera perfetta, oppure ruoti intorno ad un asse più corto che il suo diametro equatoriale. Il disco di Marte è disseminato di macchie permanenti, che in 50 anni e più non hanno mutato forma ed aspetto, e che appartengono alla parte continentale del pianeta. Sono macchie grandi e cupe, separate da altre meno scure e più lucenti; striscie lunghe e nere attraversano le macchie lucenti, e rilegano le oscure; macchie e striscie formano un intreccio complicato di dettagli diversamente tinti, ricchi di contrasti, di gradazioni e sfumature di ombre e di luce; macchie e striscie dànno luogo a configurazioni analoghe a quelle della Terra, e vedendole, le parole isola, istmo, stretto, golfo, penisola, promontorio, seno e via sorgono spontanee nella mente e corrono al labbro. Lo Schiaparelli sui dettagli visibili della superficie di Marte ampliò con osservazioni sagaci e celebri le cognizioni nostre, e dei disegni suoi sono appunto una riproduzione quelli della tavola XVII.

Nello spettro di Marte s’incontrano alcune righe che nello spettro solare non si dànno, e che corrispondono invece alle righe di assorbimento dell’atmosfera terrestre. Marte ha quindi un’atmosfera analoga alla nostra, nella quale esiste una quantità notabile di vapore d’acqua allo stato di gas trasparente. Sul disco di Marte appaiono talora macchie mutabili e fugaci. Si formano con vicenda più o meno rapida, si muovono, si deformano, si allungano in diverse maniere e qualche volta si sciolgono in filamenti [p. 24 modifica]paralleli; nascondono per qualche tempo i dettagli della superficie sottoposta quasi fossero un velo; si sciolgono, e i dettagli superficiali riappaiono. Evidentemente sono nebbie e nubi dell’atmosfera di Marte, e poichè vapori d’acqua in questa esistono, probabilmente sono nebbie e nubi analoghe alle terrestri.

Sul disco di Marte esistono due macchie bianche e splendenti come neve, che occupano le regioni circostanti ai due poli di rotazione del pianeta. La similitudine di posizione e di colore colle nevi dei poli terrestri è perfetta, e la supposizione che esse siano veramente masse di materia congelata e cristallizzata sarebbe per ciò solo molto probabile. Ma le variazioni che esse macchie subiscono, dipendentemente dalla più o meno intensa irradiazione del Sole sulle regioni loro, cambiano la probabilità in certezza quasi assoluta.

Su Marte esistono nebbie, nubi, vapori (probabilissimamente d’acqua) sotto forma vescicolare, ghiacci polari. Ora come potrebbero queste cose esistere se un fluido non esistesse sulla superficie del pianeta? Evidentemente Marte è circondato da un’atmosfera, e la superficie sua, a quest’atmosfera sottoposta, risulta di materiali in parte solidi, in parte liquidi. Il suo materiale liquido probabilissimamente è acqua, e le apparenze della superficie sua sono prodotte da regioni continentali ed oceaniche, da vere isole, penisole, continenti, da veri mari, laghi, fiumi, canali; la somiglianza di Marte alla Terra è grandissima.

10. Marte ha due satelliti, Phobos (spavento), Deimos (fuga), scoperti solo nel 1877 dall’astronomo americano A. Hall. Sono difficilissimi a vedere per le circostanze del loro moto, e quando diventano visibili lo sono solo attraverso a forti cannocchiali; sono vicinissimi a Marte, e, quando furono scoperti, Phobos distava dal contorno di Marte poco più che una volta il raggio apparente di questo, Deimos sei volte circa. Si tratta di distanze apparenti minime, uguali a 12 ed a 72 secondi d’arco circa, e vedere a distanze tali, in mezzo al bagliore della luce viva di Marte, due corpi esilissimi, quasi due punte d’ago luminose, può riescire solo all’occhio la cui forza di penetrazione sia acuita da un cannocchiale potente.

Phobos e Deimos sfuggirono per secoli alle ricerche umane, nè può far maraviglia, tanto essi sono piccoli e vicini al loro pianeta. Più che lune sono lunole; il diametro di Phobos misura appena 9,5 chilometri, quello di Deimos 8,4; Phobos dista dal centro di Marte 9340 chilometri, Deimos 23300; Phobos compie una rivoluzione intorno a Marte in poco più di 7 ore (7h 39m 15s), Deimos in 30 circa (30h 17m 54s).

11. Se si indica col numero 4 la distanza media che separa Mercurio dal Sole, le distanze analoghe di Venere, della Terra, di Marte, di Giove, di Saturno sono espresse rispettivamente dai numeri 4 + 3; 4 + 6; 4 + 12; 4 + 48; 4 + 96 o, ciò che è lo stesso, dai numeri 7, 10, 16, 52, 100. Manca a questa progressione, ad essere continua, il numero 4 + 24 ossia 28, e per gran tempo alcuni pensarono che fra Marte e Giove, alla distanza dal Sole espressa, nella progressione armonica di Titius e di Bode, dal numero 4 + 24 un corpo ignoto doveva esistere. Lo pensarono, malgrado si sapesse che la progressione numerica, avvertita da Titius e intitolata dal nome di Bode, non è matematicamente esatta, è empirica e non ha un vero fondamento scientifico. Lo pensarono sovratutto guidati da quel senso della simmetria e dell’armonia che all’uomo è ispirato dalla più gran parte delle opere della natura.

Nei primi giorni del secolo nostro l’astronomo Piazzi scoprì a Palermo un pianeta, al quale diede il nome di Cerere, la placida Dea dell’agricoltura, e il quale si aggira ad una distanza media dal Sole press’a poco uguale a quella indicata dalla lacuna voluta dalla progressione dei numeri di Titius. Fu una fortunata scoperta, feconda di molte altre. Cerere è un pianeta assai piccolo, e non è unico nella plaga dello spazio in cui si aggira. Altri pianeti si muovono in essa, tutti a distanze dal Sole poco diverse fra loro, tutti piccoli, e costituiscono la famiglia dei piccoli pianeti, che ogni anno cresce, e che oggi ne conta 293.

Questi piccoli pianeti finora noti sono nella zona fra Marte e Giove disseminati sopra un’estensione larga tre volte circa la distanza che in media separa la Terra dal Sole, e che si sa (par. 4) essere uguale a 148 e più milioni di chilometri. Le orbite da essi percorse formano col loro intreccio vario e complesso un insieme, il quale nel Sistema del Sole contrasta singolarmente colle orbite ordinate a distanze ritmiche dei pianeti maggiori; una proprietà caratteristica hanno però comune con queste, ed è che esse pure vengono tutte percorse dai rispettivi planetoidi con moto diretto, da ovest verso est.

Si credette per qualche tempo che i piccoli pianeti fossero altrettanti frammenti dispersi di un pianeta unico, ma questo concetto cessò da lungo tempo di essere conciliabile coi dati dell’osservazione, nè si potrebbe ammettere che le 293 orbite di piccoli pianeti oggi conosciuti sieno mai passate un giorno tutte per un medesimo punto. Questi planetoidi sono disseminati nella zona interplanetaria loro propria in modo disuniforme; essi si aggruppano in gran numero intorno al luogo in cui secondo la legge di Titius dovrebbe muoversi un unico pianeta, ma formano altri gruppi minori a distanze diverse dal Sole, lasciando fra gruppo e gruppo plaghe intermedie relativamente vuote, plaghe che, cosa notevolissima, corrispondono a distanze medie dal Sole, per le quali i periodi di rivoluzione stanno in un rapporto semplice con quello di Giove.

I planetoidi si possono dividere in due gruppi, formati l’uno da quelli che pei fenomeni del loro splendore l’assomigliano a Marte, l’altro da quelli che, quanto a dipendenza di splendore dalla fase, hanno una certa affinità colla Luna. I piccoli pianeti non hanno luce propria sensibile. Le masse di tutti i planetoidi, noti ed ignoti, esistenti possono, insieme [p. XVII modifica]Marte in proiezione ortografica col centro di prospettiva in 0°, 90°, 180° e 270° di longitudine areografica. Carta di Marte nella proiezione di Mercator. [p. 25 modifica]unite, produrre una massa equivalente al più ad un quarto della massa terrestre. È questo un limite massimo cui esse non potrebbero oltrepassare, senza produrre perturbazioni nel Sistema del Sole, che non sfuggirebbero certo alla precisione delle osservazioni odierne. Ora le dimensioni dei piccoli pianeti sono minime; il maggiore fra essi ha un diametro di 512 chilometri appena, e da questo diametro massimo si discende giù fino a planetoidi che hanno diametri di 22 e di 15 chilometri. I volumi dei piccoli pianeti ora noti fanno, insieme uniti, un volume che di poco supera la quattromillesima parte del volume della Terra; si hanno argomenti per pensare che le densità dei planetoidi sono minori della densità terrestre; i nostri 293 piccoli pianeti sono quindi colle loro masse ben lontani da quel quarto della massa terrestre che ne segna il limite massimo.

Tutto porta a pensare con fondamento che molti e molti piccoli pianeti ancora ignoti percorrono la plaga dello spazio interplanetario che si estende da Marte a Giove, che la zona dei planetoidi costituisce nel Sistema solare una riserva abbondante di materia tuttora ignota, e che l’êra delle scoperte in questa zona non è ancora chiusa.

12. Giove ha grande splendore, ed una luce giallognola caratteristica; il suo diametro apparente misura nell’opposizione 51 secondi d’arco, nella congiunzione 31; non è sferico, ma sensibilmente ovale; ruota rapidamente intorno a sè medesimo, e nello stesso tempo si rivolge attorno al Sole percorrendo una ellissi poco eccentrica; compie una rotazione in meno di 10 ore, una rivoluzione in 12 anni circa (11a 314g 20h 2m 8s); durante una rivoluzione prende distanze diversissime dalla Terra, comprese fra 591 e 965 milioni di chilometri; il suo diametro equatoriale è 12 volte quello della Terra; dopo il Sole esso tiene nel Sistema solare il primo posto; è il più grande dei pianeti, ed è ben degno del nome potente che l’antichità gli diede.

Sulla superficie di Giove, e lunghesso il suo equatore, una striscia luminosa, come una fascia non interrotta, circonda il corpo del pianeta. Ai lati di essa, altre striscie meno lucenti, pure parallele all’equatore fasciano il pianeta; più oltre verso nord e verso sud, su ciascuno degli emisferi, ed anche fin verso i poli, altre e molte striscie appaiono, tutte però più strette e pallide delle equatoriali, tutte limitate ad un breve tratto di superficie, talune anzi bruscamente rotte e terminate.

La fascia equatoriale, pur variando nei dettagli, conserva talora per qualche tempo lo stesso aspetto generale (tav. XVIII, 2 e 28 febbraio 1872); da epoca ad epoca cambia intieramente e colore e struttura (tav. XVIII, anni 1870-72-73); a lunghi intervalli riprende gli stessi colori ed aspetti analoghi (tav. XVIII, febbraio 1872, settembre 1880-81). Le fascie minori mutano continuamente e forma, e colore, e splendore. Eccezionalmente appaiono su Giove macchie singolari, con caratteri diversi da tutto ciò che le circonda. Scompaiono, si trasformano profondamente le striscie e le fascie a loro dintorno, ed esse perdurano immutabili, partecipando solo al moto generale di rotazione del pianeta. Tale fu la macchia ovale, intensamente rossa, che apparve a fianco della fascia equatoriale nel 1879, che perdurò parecchi anni, e che a poco a poco impallidì fino a scomparire nel 1883 (tav. XVIII, 16 settembre 1880, 14 settembre 1881). Queste macchie temporariamente permanenti escluse, le variazioni sono incessanti sul disco di Giove; movimenti e mutazioni di luogo, variazioni di forma, di colore, di splendore.

Probabilmente Giove è in tutto od in massima parte ancor fluido; la sua massa fluida e di grande densità è, come quella del Sole, in preda a sconvolgimenti continui, e Giove, quanto allo stato e modo di essere della sua materia, è profondamente diverso dalla Terra, da Marte, da Venere, da Mercurio. Le righe numerose dello spettro di Giove coincidono in gran parte con quelle del Sole; una sola riga oscura nella parte rossa dello spettro è in esso speciale e caratteristica. Giove splende quindi per luce solare riflessa, e la massa gasosa, ond’esso in tutto o in massima parte risulta, esercita sui raggi del Sole un’efficace azione assorbente.

13. Giove ha quattro satelliti, quattro lune che si aggirano intorno ad esso come a loro centro di gravitazione, e che segnano la prima scoperta astronomica fatta con cannocchiali. Fu Galileo che primo li vide, che primo ne seguì il corso (1610), che primo insegnò all’Europa maravigliata il grande vantaggio che poteva trarsene per la navigazione. Furono trovati contemporaneamente, ed appaiono in cielo splendenti come stelle di sesta grandezza; nelle nostre latitudini non si possono vedere ad occhio nudo, ma un piccolo cannocchiale basta a mostrarli; non furono loro dati nomi speciali, e si distinguono l’uno dall’altro cogli appellativi affatto aritmetici di primo, secondo, terzo, e quarto; il seguente quadro numerico dà per ciascuno di essi la distanza dal centro di Giove espressa in raggi equatoriali di questo, la durata della rivoluzione intorno a Giove espressa in giorni, ore, minuti e secondi, il diametro espresso in chilometri.

Satellite Distanza Iovicentrica Durata della rivoluzione Diametro
r g h m s km
I 5,94 1 18 27 33 3814
II 9,46 3 13 13 42 3413
III 15,03 7 3 42 33 5580
IV 26,54 16 16 32 11 4771

I quattro satelliti di Giove hanno tutti un diametro maggiore di quello della Luna; si muovono in orbite pochissimo inclinate rispetto all’equatore del proprio pianeta, e appaiono per conseguenza quasi sempre sopra una stessa linea retta e sul prolungamento della gran fascia equatoriale di Giove; si muovono in orbite pochissimo inclinate sull’orbita di Giove, e, ogniqualvolta vengono a passare sul [p. 26 modifica] prolungamento della linea che unisce i centri del Sole e di Giove, cadono nel cono d’ombra proiettato da questo, restano per qualche tempo privi della luce che ad essi invia il Sole e si eclissano, ogni qualvolta vengono a porsi fra il Sole e Giove sulla linea che ne unisce i centri, intercettano essi stessi i raggi solari ed eclissano il Sole ad una plaga determinata del loro pianeta.

Ogni rivoluzione di satellite, qualche eccezione fatta pel quarto, apporta quindi a Giove un’eclissi solare ed una lunare, eclissi in massima parte totali. Delle eclissi solari prodotte su Giove dai satelliti suoi, noi ci accorgiamo in quanto vediamo le ombre proiettate da questi passare sul disco del pianeta; le ombre dei tre primi satelliti sono dischetti distinti, intensamente neri, che saltano tosto all’occhio; l’ombra del quarto è meno oscura, quasi diffusa e riesce difficile ad osservarsi (tav. XVIII). Questo color nero delle ombre proiettate dai satelliti prova ancora una volta che su Giove, là dove non arriva raggio di Sole, noi non vediamo luce alcuna, che Giove non ha luce propria e brilla solo per luce solare riflessa.

14. Al di là di Giove, e, fin verso la fine del secolo scorso, ai confini del Sistema solare si muove Saturno, il gran padre antico della Mitologia. La sua luce è tranquilla e bianca, il suo splendore è pari a quello delle stelle di prima grandezza, ma non raggiunge mai nè quello di Giove, nè quello di Venere; pegli astrologi fu l’astro della melanconia e della sventura.

Saturno ha forma ovale, e ruota rapidissimamente intorno a sè, compiendo in circa 10 ore (10h 29m 17s) una rotazione; si rivolge attorno al Sole in una ellissi poco eccentrica, e a compiere una rivoluzione impiega più che 29 anni (29a 166g 5h,3); ora più ora meno si allontana dalla Terra e prende da essa tutte le distanze comprese fra 1196 e 1654 milioni di chilometri; il suo diametro apparente oscilla fra i 21 e i 15 secondi d’arco; il suo diametro reale è 10 volte circa quello della Terra; fra i pianeti la grandezza sua è superata appena da quella di Giove.

La superficie di Saturno presenta fascie analoghe a quelle di Giove, di queste anzi più larghe (tavola XIX), sebbene più difficili ad essere osservate, e pel loro pallore meno risaltanti sul fondo del pianeta. Lo spettro luminoso di Saturno coincide perfettamente con quello di Giove, e questa corrispondenza delle apparenze superficiali e degli spettri porta a pensare che Saturno pure ha un’atmosfera assai densa, e che la sua massa è forse dessa pure in tutto od in massima parte allo stato di fluidità.

15. In giro a Saturno si libra un anello concentrico al pianeta, situato quasi nel prolungamento del piano dell’equatore di questo, largo e sottile, ossia esteso nel verso della retta che, a partire dal centro del pianeta, nel piano dell’equatore e dell’anello, va verso la periferia di questo, assai esile nel verso perpendicolare a questa retta (tav. XIX).

A partire dal centro del pianeta, su una retta che passi per esso e che sia contenuta nel piano dell’anello, si contano 59540 chilometri per arrivare alla superficie di Saturno; se ne contano 31760 per andare da questa al contorno interno dell’anello, 47820 per arrivare dal contorno interno dell’anello al suo contorno esterno.

Questo grande anello luminoso risulta di due anelli concentrici (tav. XIX), l’uno interno (anello B) largo 28360 chilometri, l’altro esterno (anello A) largo 16230 chilometri, separati da una zona oscura (divisione di Cassini) larga essa stessa 3230 chilometri, e che appare (tav. XIX) come un anello sottile, oscuro, frapposto ai due anelli luminosi A e B.

L’anello esterno A è esso stesso diviso da una zona pallida, di debole luce (divisione di Encke) in due altri concentrici e di ineguale larghezza (tavola XIX), e, secondo alcuni, altre tre zone oscure e concentriche lo interrompono nel verso della sua larghezza.

Fra l’anello B e la superficie del pianeta, ad una distanza da questa di 15600 chilometri, esiste un altro anello largo 14075 chilometri, concentrico a quelli finora descritti, chiuso da questi, ma interamente oscuro, e visibile per l’ombra che esso proietta sul corpo del pianeta diversa assai da quella proiettata dagli anelli luminosi.

L’anello di Saturno non giace nel piano dell’eclittica nel quale trovasi sempre la Terra; esso è inclinato rispetto a questo piano, e per una parte si innalza, per l’altra si abbassa sott’esso. Muovendosi la Terra e muovendosi Saturno noi vediamo l’anello, che nelle diverse posizioni dello spazio si mantiene sempre parallelo a sè stesso, ora secondo il suo fianco sottile, ora obliquamente secondo la sua maggior dimensione. Nel primo caso ci appare come una striscia esile che attraversa il pianeta e che prolungasi dalle due parti di esso (tav. XIX fig. di mezzo), nel secondo così come lo mostrano le figure in alto e in basso della tavola XIX.

Il mirabile insieme degli anelli di Saturno vedesi soltanto con forti cannocchiali. In esso più volte furono osservate mutazioni notevoli, apparenze nuove, non vedute prima, non rivedute poi. Questa mutabilità è in accordo colle teorie meglio accettate intorno alla costituzione sua. Secondo le medesime, gli anelli di Saturno non possono essere solidi e continui, e, questo ritenuto per fermo e dimostrato, pensano alcuni che essi sieno semplici aggregati di materia discontinua, quasi sciami di corpuscoli staccati che si aggirano attorno al pianeta, pensano altri che essi sieno invece masse fluide vischiose, l’oscuro eccettuato che potrebbe anche essere gaseiforme.

16. Al di là dell’anello gravitano ancora attorno a Saturno, come a centro, otto satelliti, dei quali uno fu scoperto già nel 1665, quattro lo furono fra il 1671 ed il 1684, due nel 1789, uno nel 1848. Splendono debolmente; ad essere visti, richiedono cannocchiali di qualche forza, anzi alcuni sono oggetti difficili anche pei cannocchiali più forti. Il quadro [p. XVIII modifica] 2 Febbraio 1872. 28 Febbraio 1872. 31 Gennaio 1870. 13 Marzo 1873. 16 Settembre 1880. 14 Settembre 1881. Giove. [p. 27 modifica] numerico seguente dà per ciascuno di questi satelliti il nome, la distanza dal centro di Saturno espressa in raggi equatoriali di questo, la durata della rivoluzione intorno a Saturno espressa in giorni, ore, minuti e secondi, il diametro espresso in chilometri.

Satellite Distanza Saturnicentrica Durata della rivoluzione Diametro
r g h m s km
1. Mimas 3,02 0 22 37 6 513
2. Encelado 3,88 1 8 53 7 635
3. Teti 4,80 1 21 18 25 989
4. Dione 6,16 2 17 41 9 941
5. Rhea 8,60 4 12 25 12 1295
6. Titano 19,96 15 22 41 24 2443
7. Iperione 38,26 21 6 38 30 330
8. Japeto 58,04 79 7 56 40 843

17. Nel 1781 Guglielmo Herschel segnalò una stella di sesta grandezza, dotata di lentissimo moto proprio apparente, e che qual fissa era già stata da altri osservata nel 1690 e nel 1756. Ben presto gli astronomi s’avvidero che l’astro segnalato, e per le apparenze sue, e per le circostanze del suo moto non poteva essere altro che un nuovo pianeta del Sistema solare, e lo chiamarono Urano. Si aggira attorno al Sole in una vasta ellissi, poco eccentrica e di cui il semiasse maggiore è più che doppio di quello che appartiene all’orbita di Saturno; dalla Terra appare come un dischetto pallido, il cui diametro misura appena 3,9 secondi d’arco; il contorno di questo disco, considerato attentamente, risulta ovale, e questa sua forma e alcune sue macchie recentemente osservate permettono di indurre con fondamento, che Urano esso pure ruota rapidissimamente intorno a sè medesimo. Nello spettroscopio Urano produce uno spettro debolissimamente luminoso, e difficile da osservare; ciò malgrado si notano in esso le righe proprie dello spettro solare ed altre righe oscure ad esso speciali, e questo prova che la luce di Urano è luce solare riflessa, e che attorno ad Urano esiste un’atmosfera capace di esercitare sui raggi del Sole un’efficace azione assorbente.

Attorno ad Urano si aggirano quattro satelliti, che sono fra gli oggetti del cielo più difficili ad essere veduti, ed ai quali si arriva solo con telescopi e cannocchiali fra i più potenti. Ariel, il più vicino al pianeta, si muove ad una distanza media da questo misurata da un angolo apparente di 13,8 secondi, e compie la sua rivoluzione attorno ad Urano in due giorni e mezzo circa (2g 12h 29m 21s); Umbriel, Titania, Oberon si muovono a distanze apparenti dal pianeta in media uguali rispettivamente a 19,20 a 31,48 a 42,10 secondi d’arco, e compiono le loro rispettive rivoluzioni in quattro (4,1442), in otto (8,7059), in tredici (13,4633) giorni. Tutti e quattro questi satelliti hanno orbite di una eccentricità insensibile alle nostre osservazioni; tutti, almeno per quanto i fatti osservati possono dimostrare, si muovono in uno stesso piano, e questo piano è quasi esattamente perpendicolare a quello dell’orbita di Urano.

18. La scoperta di Nettuno è un trionfo dell’astronomia matematica, ed è insieme una prova stringente del Sistema Copernicano. Studiando il moto di Urano attorno al Sole, si trovò che di esso non si poteva dare abbastanza ragione supponendo che avvenisse sotto l’azione sola del Sole e degli altri pianeti noti. A darne completamente ragione era necessario ammettere nello spazio una nuova massa attraente, od in altre parole un nuovo pianeta al di là di Urano. Del nuovo pianeta si calcolò la posizione in cielo, e a un grado di distanza dal luogo precalcolato esso fu appunto scoperto nel 1846; lo si chiamò Nettuno.

Nettuno segna ora il confine noto del Sistema planetario e compie intorno al Sole, a grande distanza da esso, una rivoluzione in circa 165 anni (164a 285g 15h 0m 43s). Appare in cielo come un disco pallido, uniformemente luminoso e terminato da un contorno ben definito; ha un diametro apparente variamente determinato dai diversi osservatori, ed in media uguale a 2,7 secondi d’arco; finora non potè nel contorno del disco del pianeta essere constatata forma ovale sensibilmente diversa dalla circolare, nè sulla superficie sua furono viste o striscie diversamente luminose, o macchie.

Attorno a Nettuno finora fu scoperto un solo satellite, e lo fu nel 1847. Esso muovesi intorno al pianeta ad una distanza media apparente di 16,3 secondi d’arco, compie la sua rivoluzione in circa 6 giorni (5g 21h 5m 51s), è più facilmente osservabile che non i satelliti di Urano, e pare questi superi d’assai in grandezza.

Lo spettro luminoso di Nettuno è di difficilissima osservazione, e pare lo si possa ritenere analogo a quello di Urano, ciò che accennerebbe ad analoghe condizioni fisiche dei due pianeti.

19. Nel Sistema planetario il Sole soltanto irradia luce propria, tutti i pianeti sono tenebrosi, e tutti, la Terra non esclusa, splendono nello spazio per luce solare riflessa. Mercurio, Venere, Marte e Terra si rassomigliano qual più, qual meno; sono in massima parte costituiti da un nucleo solido e tutti hanno un’atmosfera; sono poveri di satelliti: Mercurio e Venere ne mancano, se pure le osservazioni non riusciranno in avvenire a scoprirne qualcuno, Marte ne ha due piccolissimi, la Terra uno; hanno diametri relativamente piccoli, e piccole masse. Giove, Saturno, Urano, Nettuno son dissimili dagli altri pianeti più prossimi al Sole (pianeti inferiori), ma hanno fra loro essi pure analogia di caratteri; hanno diametri grandi, masse potenti; sono in tutto o in massima parte formati da materiali allo stato fluido, e, benchè in condizioni fisiche diversissime da quelle dei pianeti inferiori, i materiali loro non sono da quelli di questi ultimi essenzialmente diversi; sono ricchi di satelliti, Giove contandone quattro, Saturno otto, Urano quattro.

Molto su questi pianeti diversi, su questi corpi [p. 28 modifica] che senza figura rettorica e con certezza assoluta possiamo oramai chiamare altrettante terre del cielo, la scienza è riuscita a scoprire, ma non poco rimane tuttora a fare intorno ad essi. Gli ultimi dettagli loro, ai quali noi possiamo arrivare anche col più forte cannocchiale conosciuto, sono ancora troppo grandi, perchè noi ci possiamo vantare di avere dei diversi pianeti una cognizione piena. Venere e Marte sono, sotto questo punto di vista, i pianeti che dalla Terra si possono meglio studiare, eppur l’ultimo dettaglio visibile su Venere ha ancora una dimensione di 31 chilometri, l’ultimo visibile su Marte ne ha una di 49. Perchè sia possibile vedere un oggetto ed assegnarne insieme la forma, bisogna che esso misuri in ogni direzione su Venere 62 chilometri, su Marte 98. Su Mercurio, su Giove, su Saturno gli ultimi dettagli ancora visibili hanno rispettivamente dimensioni di 68, di 492, di 997 chilometri, e dimensioni circa doppie di queste hanno in ogni verso gli oggetti dei quali si può assegnare la forma, e queste dimensioni vanno notevolmente accresciute, se, invece che il più forte cannocchiale (97 centimetri d’apertura), si considerano cannocchiali ordinarii. È bene avere in mente i numeri appena scritti, se si vuole con giusta misura giudicare la portata delle cognizioni nostre sulle apparenze superficiali dei diversi pianeti.

[p. XIX modifica]31 Dicembre 1874. 3 Novembre 1848. Agosto e Settembre 1872.

Saturno

[p. 28 modifica]