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Busto Arsizio - Notizie storico statistiche/Parte II/IV

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Cap. IV

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IV.


Chiese — Serie dei rettori e dei paroci di S. Giovanni e di S. Michele. — Confraternite e compagnie della Crocetta — Case d’Umiliate — Monastero e sua chiesa — Processione al sepolcro di S. Carlo in Milano — Numero e nome dei sacerdoti residenti in Busto nel 1789.


Lasciati in abbandono, anzi demoliti li edifizj del culto antico, e costruiti talvolta i nuovi templi cristiani sopra le aree di quelli, l’architettura e le arti sorelle si svilupparono assumendo una seconda volta forme rispondenti alle idée della religione trionfatrice.

Nei primi tempi le chiese che si andavano erigendo, dedicaronsi in onore di Maria, degli apostoli e dei più famosi martiri. I Longobardi, come attestano i loro monumenti, erano tratti da una speciale divozione verso il nome del Salvatore, dell'arcangelo Michele e di S. Giovanni Battista, in guisa che al nome di questi solevano quasi unicamente raccommandare le loro basiliche. Anche i Bustesi, come appare da pergamene, professarono la legge longobarda, ed adottarono li usi e i costumi di questa nazione. Quindi non è meraviglia se le due loro chiese principali fossero dedicate a San Giovanni Battista ed a S. Michele.

Chiesa di S. Giovanni Battista. — Difficile è l’indagare l’origine di questa chiesa parochiale. Da memorie conservate nella curia arcivescovile si ha che nel 1346 furono consacrate due cappelle, l'una di S. Giovanni [p. 198 modifica]Battista e l’altra della Beala Vergine. Quest’ultima venne fondata il 5 di febrajo di quell’anno con testamento del prete Giovanni Restagni. Già fin dal 1212 questa chiesa era amministrata da un rettore il quale esercitava la cura d’anime in tutto il borgo. La basilica divisa in tre navi (forma ch’era già in uso fin dai tempi di Procopio) misurava in lunghezza circa 72 cubiti e larghezza 43; ma abbisognando in appresso di lavori e ristauri fu consacrata il 25 di novembre del 1549 con la concessione di tre giorni d’indulgenza a chi la visitasse nella Pentecoste che era appunto il giorno in cui celebravasi l’anniversario solenne della consacrazione. Anche il pontefice Gregorio XIII con Breve del 18 di giugno del 1576, concedette indulgenza plenaria per anni venti a chi pure la visitasse “a primis vesperis usque ad occasum solis, die festivitatis S. Iohannis Baptistae.„

Tuttavia il tempio maestoso, come vedesi oggidì, venne cominciato nel 1609 su la vecchia chiesa, e ridutto a compimento nel 1644 su’l disegno del Richini; è lungo 110 cubiti e largo cinquanta. La facciata adorna di colonne trasportate da Castel Seprio presenta due ordini, lo jonio nella parte inferiore e il composito nella superiore, e fa di sè bella mostra per la piazza regolare che vi sta innanzi. Li scomparti interni sono bene distribuiti e li incrociamene degli archi delle navate presentano combinazioni singolari.

Sopra questo tempio cadde un fulmine nel secolo XVII, del che a ricordanza fu collocato e ancor si vede nella chiesa stessa un ampio quadro.

Il canonico e pittore Biagio Bellotti, morto nel 1789, dipinse in S. Giovanni sa la parete del coro1 il [p. 199 modifica]battesimo dei Battista, e su la vôlta del presbiterio la gloria di S. Sabino martire.

Il battistero fu eretto nel 1594, nel qual anno medesimo si fece anche il tabernacolo di legno dorato e dipinto che quasi costò 1200 scudi d’oro raccolti per oblazioni dei borghigiani. Nel tabernacolo si conservano le molte reliquie recate da Roma nel 1541 da Luca Tosi monaco di S. Saba, e a dimostrare quale fosse la fede di que’ tempi mi piace di accennarne alcune citate negli atti di visita a Busto del 1603 esistenti presso la Curia arcivescovile.

De sepulcris Domini in monte Calvario
De pane Beatae Mariae Virginis
De rosa seu viola plantata a Maria Virgine.
De incenso oblato a Magis.
De lapide unde Moyses eduxit aquas in deserto.

Aveva inoltre arredi sacri, di serico velluto ricamato in oro, consistenti in un pallio, una pianeta, due dalmatiche ed un piviale su cui leggevasi il molto mit zait;2 cose tutte donate alla collegiata dalla duchessa di Milano, in benemerenza del cordiale accoglimento che ella ricevette nell’occasione di una sua visita a Busto. Ma di tutto ciò non rimane oggidì alcuna traccia. Nella chiesa di S. Giovanni, che era già detta basilica fin dal 1243 come appare da un documento di quell’anno, eranvi i sepolcri della società di S. Orsola de’ Bonsignori, de’ Crespi, de’ Ferrari, de’ Pozzi e de’ Rauli.

Sopra una parete della cappella dell’ossario che fiancheggia l’estremità del lato destro di chi entra nella basilica vi è un epigrafe così formulata: Traesti da [p. 200 modifica]busti esusti il nome tuo Busto; Busto sei tu, qual ne ritorni al Busto. Questa cappella, che fu investita a lato della chiesa attuale, è ornata di affreschi che sentono al quanto della scuola di Michelangelo ed anche i compartimenti e le modanature, sebene probabilmente appartengano al sec. XVI, tuttavia ricordano lo stile d’un età anteriore.

L’istituzione del Capitolo è molto antica. Risiedeva esso fin dal 1127 in Olgiale Olona, distante da Busto poco più di due millia; era costituito dal prevosto e da 22 canonici i quali officiavano secondo l’antico costume in due chiese, cioè l’estiva e la jemale. I canonici avevano il carico della parochialità in tutte le terre della pieve avanti che fossero erette in singolari parochie. Il preposto poi aveva distinti privilegi di onore e di giurìsdizione, tra cui quello di conferire i beneficj plebani; cosicchè in dignità poteva pareggiarsi ad un vescovo.

Il Capitolo fu trasferito da Olgiate Olona in Busto Arsizio nell’anno 1585 per decreto di S. Carlo3, induttovi dalla risultanza della visita pastorale di questa pieve, avendo egli, fra le altre cose, rilevato che il luogo di Olgiale Olona era mollo angusto e povero, contando appena sessanta famiglie.

Busto pareva sede opportuna ad una collegiata massime che i borghigiani si obligavano di mantenere non solo i paramenti necessarj al servigio di quella, ma di far anche rizzare a proprie spese la canonica e l’abitazione del proposto.

A’ tempi del Card. Federico Borromeo constava di undici canonicati ai quali vennero poi uniti altri otto [p. 201 modifica]eretti da private famiglie che ne ebbero il patronato4. Il Capitolo che nel 1796 aveva l’entrata annua di lire 1761 dovette sostenere anch’egli due contribuzioni militari, la prima di lire 4495 e La seconda di 2250.

Di fianco alla chiesa di S. Giovanni stava il cimitero di una pertica e mezzo in estensione, al quale si accedeva per tre porte e durò fino a che si costruì quello di S. Gregorio (1630).

Il Commune nel 1716 aveva determinato di cambiare la casa, vulgarmente detta del Pazzo, con la caserma denominata di Roberto, propria del Commune Arconati, per ceder poi questa alla fabriceria della collegiata di S. Giovanni Battista che l’avrebbe demolita ad ampliamento della piazza. Il fisco, a cui fu presentata l’istanza per l’approvazione, acconsentì alla proposta purchè, innanzi passare all’effettuazione del cambio, la fabriceria prestasse sicurtà per il pagamento de’ carichi che gravitavano su quella casa. Di faccia a S. Giovanni sorgeva ancora nel 1719 una casa degli eredi di Girolamo Clerici che venne demolita per ampliare la piazza.

Amo compiere la serie delle notizie intorno alla chiesa di S. Giovanni con far parola della torre delle campane. È dessa una delle più belle di que’ dintorni, di altezza non commune, di stile lombardo e della più robusta costruzione, e fu eretta nel 1418 Pochissime erano in allora le chiese, anche ne’ grossi villaggi, che avessero un campanile mediocre a due campane. La maggior parte delle chiese ne aveva una sola su due pilastri, ed allogata meglio sopra il fianco della facciata. [p. 202 modifica]Nell'anno 1765 la torre fu riparata; ventisette anni dopo, dietro ripetute istanze dei Bustesi, si giunse ad ottenere il permesso di trasportare le già esistenti campane della torre della chiesa di S. Michele, e di rimetterne un nuovo concerto a quella della Collegiata. A tal uopo fu assegnata la somma di 25 mila lire. Non paghi di ciò i borghigiani tutti, fecero, secondo i loro mezzi, una spontanea offerta che fruttò L. 3468; e tra oblatori li più generosi contansi:

Assalini Giuseppe che diede Lire 180
Azimonti Carlo, canonico " 180
Bianchi Gian Donato, teologo " 90
Candiani Giuseppe, canonico, ogni anno, vita sua
    naturale durante
" 400
Cabiati Giacomo " 60
Gallazi Girolamo e fratelli " 45
Lualdi Pietro " 100
Marchesi Giuseppe, curato " 45
Pariani Francesco " 180

Ecco la cronotassi de'Rettori e de'Paroci:

Prima porzione Curata
in S. Giovanni.
1 Augusto, Rettore 1212
2 Domenico    " 1219
3 Corrado Restagni 1290
4 Pietro Crespi, primo curato 1343
5 Uberto Crespi 1378
6 Antonio Candiani 1396
7 Pietro Birigozzi 1441
8 Francesco De Adisio 1450
9 Ambrogio Crespi 1460
10 Pietro Rajnoldi 1461
11 Antonio Crespi 1467
12 Fortunato Pozzi 1484
13 Bossi Michele 1496
14 Francesco Bossi 1510
15 Ambrogio Bossi 1517
16 Lorenzo Ferrari 1549
17 Pietro Giovanni Cantoni 1532
13 Gio. Pietro Gussoni 1587
19 Gio. Antonio Ferrario 1588
20 Gabriele Ravoli 1597
21 Domenico Carnago 1601
22 Bernardino Landriani 1623
23 Girolamo Bonsalio 1662
24 Alessandro Ravoli 1663
25 Carlo Maria Lampugnani 1668
26 Gio. Pietro Canevesi 1728
27 Ranzani Sebastiano 1743
28 Giuseppe Canevesi 1756
29 Antonio Cortellari 1774
50 Gio. Domenico Pensotti 1825
31 Celso Cattaneo 1843
32 Luciano Todeschini5 1863
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Seconda porzione curata, ora prepositura. Eretta nel 1343 e alla quale S. Carlo unì la prepositura di Olgiate nel 1582.
1 Gio. Crespi 1343
Paolo Crespi 1396
Pietro Crespi 1434
4 Donato Pozzi 1460
5 Corrado Crespi 1484
6 Francesco Crespi 1506
7 Pietro Azimonti 1524
8 Beltramino Azimonti 1547
9 Cristoforo Brunorio
10 Girolamo Crespi 1577
Vacante questa, si riunì la propositura.
1 Ippolito Seta, primo prep. 1582
2 Camillo Frigio di Pavia 1589
3 Carlo Girolamo Candiani di Busto 1593
4 Gio. Antonio Armiraglio di Busto 1611
5 Francesco Bossi 1658
6 Girolamo Pozzi 1684
7 Felice Curioni di Gallante 1695
8 Alessio Custodi di Busto 1710
9 Cari' Antonio Rahzani di Milano 1728
10 Pietro Borroni di Omegna 1735
11 Gio. Francesco Bossi di Curiglia 1779
12 Antonio Giani di Cusano 1787
13 Gio. Maggi di Monza 1804
14 Bartolomeo Piazza di Viggiù, ora in carica 1832
Terza porzione curata fondata dal Commune nel 1434, 11 di giugno.
1 Ambrogio Lupi 1434
2 Ballanti Pietro 1450
3 Alberto Gallazzi 1461
4 Pietro Arnaldo 1484
5 Bernardino Crespi 1493
6 G. B. detto Pasquale Candiani 1524
7 Pietro Antonio Crespi Castoldo 1588
anche per S. Michele
9 Carlo Bossi 1616
10 Girolamo Macchi 1624
11 Francesco Bernardino Piatti 1627
12 Gio. Battista Reguzzoni 1631
13 Pietro Agostino Crespi 1641
14 Cario Pozzi 1662
15 Benedetto Landriani 4687
16 Antonio Maria Palazzi 1730
47 Andrea Azimonti 1752
18 Gio. Candiani oblato 1799
19 Luigi Ajroldi (ora in carica) 1822
[p. 204 modifica]sacerdote, sicchè, non bastando le cure di lui insieme con quelle del rettore della chiesa parochiale6 per sopperire a tutti i bisogni dell’accresciuta popolazione, la Communità ricorse all’arcivescovo Giovanni Visconti perchè eleggesse un altro sacerdote che co’ primi due sostenesse la cura delle anime. Ciò fu accordalo nel 1343 coll’obligo però al beneficiario di S. Michele tra le altre cose di offrire il 24 di giugno d’ogni anno un cereo di libre tre sopra l’altare di San Gio. Battista, durante la messa solenne, e d’invitare nel giorno di S. Michele il Rettore di S. Giovanni col chierico per celebrarne la festività. La cappellania che già esisteva nella chiesa di S. Michele, fondata da Giovanni Lupi ed accresciuta da Donato Lupi sotto l’invocazione de’ SS. Cosma, Damiano e Bernardino, fu eretta anch’essa in benefizio parochiale. In appresso queste due porzioni curate della chiesa di S. Michele furono dal card. arciv. Federico Borroméo unite con altri canonicati, in guisa che i due preti ad essa preposti avessero a chiamarsi in perpetuo canonici curati coadjutori.

Ma co’ l volgere degli anni la chiesa divenuta troppo angusta per capire tutti i parochiani, ed in parte deperita, i Bustesi stabilirono di atterrarla, e di alzarne un’altra da una sola nave, più ampia e decorosa; al che si diede opera nel 1652 con le oblazioni dei communisti, e coi sudori dei contadini. Così il tempio maestoso che vuolsi disegno di certo Ferrario, fu compiuto nel 1679, salvo la facciata, per ultimare la quale venne concesso nel genajo del 1792 ai fabriceri di prendere a mutuo lire otto mila milanesi. Finalmente nel 1834 [p. 205 modifica]si rinovarono le opere interne a ristauro della vòlta e delle pareti laterali a spese del curato Giovanni Bossi sotto la direzione dell’ingegnere Giuseppe Rossetti; ma ciò non bastando a fronte delle private elargizioni per ridurre in istato di stabile sicurezza l’edifizio di questo maestoso tempio, la Fabriceria domandò ed ottenne l’abilitazione a contrarre un prestito di lire dieci mila.

II secondo altare a destra di chi entra nel tempio di S. Michele presenta un quadro a tempra assai prezioso, ma guasto, che raffigura la Vergine seduta, avente su le ginocchia la salma di Cristo, lavoro del Borgognone o della sua scuola.

Il campanile è antico e fu eretto sur un avanzo di una delle sette torri, come può vedersi anche oggidì. Li affreschi che ornano il già cimitero presso la chiesa appartengono al fu ricordato canonico Bellotti.

Da un lato sopra la porta della casa della Torre, posta nella via detta parimente di S. Michele, vedesi un affresco alquanto deperito nella parte inferiore prossima all’arco; il dipinto ritrae dalla scuola lombarda della fine del secolo XV. Vivido e bello ne è l’impasto, ma poco felice il disegno; che rappresenta il Padre Eterno seduto sopra una nube e portante in una mano il globo.

In varie parti del borgo poi e delle cascine dipendenti sono sparse delle pitture murali di poco o nessun pregio.

Ben diversa dall’odierna è la maniera che una volta sì seguiva nell’elezione dei paroci in città ed in campagna. Il vescovo aveva quasi nessuna ingerenza, non solo riguardo ai benefizj di juspadronato, ma anche su quelli la cui nomina era elettiva. Nella nostra diocesi la nomina dei curati spettava ai parochiani tam de iure communi, quam consuetudinario totius ecclesia ambroxianae. [p. 206 modifica]Rimasta vacante la cura di S. Michele al 10 di genaio del 1630 (non è detto se per rinunzia o per morte d'Antonio Maria Pozzo) i consoli e consiglieri di Busto nominarono pastore Pietro Agostino Crespi Castoldo, in allora paroco di Azate, patrizio e letterato. Ma perchè questa nomina non andava a genio ad alcuni borghigiani, o si volevano anche mettere in campo alcuni diritti creduti inerenti alla fondazione di quel beneficio per favorire Giovanni Battista Reguzzone canonico di Busto, il quale risiedeva in Milano nell'ospitale delle donne di S. Celso, si pensò di andare in tutte le case de' privati a raccogliere i voti. Per avventura il numero maggiore de'parochiani aveva eletto il Castoldi. Di quì ebbe origine tra i due sacerdoti una contesa di vera o falsa elezione che si protrasse fino all'uscire del maggio, allorquando si manifestò energicamente la peste. In sì critica circostanza il consiglio e i terrieri si rivolsero ora all'uno ora all'altro affinchè accettassero la parochia. Ma il timore d'essere colti dal morbo determinò entrambi a rinunciare il pericoloso officio.

Questo codardo contegno obligò i parochiani della chiesa di S. Michele ad eleggersi per curato Pietro Gio. Battista Carnago giovine in vero letterato, ma quasi incapace a resistere ai pesi d'una parochia. Finalmente dopo diverse vicende il su accennato Giovanni Battista Reguzzone fu eletto paroco della chiesa collegiata di San Giovanni co'l pieno favore popolare.

Cronotassi dei Paroci di S. Michele.

Prima porzione curata in S. Michele fondata nel 1343.
1 Girolamo Crespi, primo curato 1343
2 Michele Lupi 1378
3 Filippo Candiani 1449
4 Donalo Lupi 1455
5 Alberto Crespi 1478
6 AnlOftio Tosi 1547
7 Cristoforo Bonsignori 1564
8 Antonio Marta Pozzi 1590
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9 Gio. Battista Carnaghi 1630
10 Gio. Battista Visconti. 1685
14 Giuseppe Maria Visconti 1747
15 Carlo Marchesi 1724
13 Ambrogio Marchesi7 1745
14 Giuseppe Marchesi8 1764
15 Carlo Francesco Robecchi 1809
16 Carlo Pettazzi oblato 1817
17 Gio. Bossi (ora in carica) 1832
Seconda porzione curata di San Michele di padronato communale fondata nel 1512.
1 Girolamo Crespi 1512
2 Gabriele Crespi 1538
3 G. B. Reguzzone 1583
4 Pietro Bossi 1625
5 Gio. Ambrogio Marchesi 1639
6 Paolo Antonio Tosi 1658
7 Giuseppe Pozzi 1700
8 Gio. Pietro Crespi oblato 1729
9 Giuseppe Badone Gallazzi 1761
10 Girolamo Guidi 1765
11 Clemente Biscella 1805
12 Giovanni de Maria 1820
13 Giuseppe Crespi Mariotti (ora in carica) 1845

Confraternita di S. Orsola nella chiesa di S. Giovanni e di S. Michele. — La congregazione secolare delle Vergini di S. Orsola9 fu istituita in Busto nel 1572 da un Padre Francescano detto Girolamo Santagostino. Questa confraternita che tornava di vantaggio al paese fu soppressa il 4 di maggio del 1786 con decreto intimato alle priore dei due consorzj di cui l’uno era addetto alla chiesa collegiata di S. Giovanni, e l’altro alla parochiale di S. Michele. Il consorzio possedeva nella collegiata per lascito di Maddalena Pozzi una casa nel centro del borgo, la quale serviva di ricovero alle Orsoline inferme povere ed alle figlie orfane. Era [p. 208 modifica]stabilito che, rimanendo la casa in libertà, venisse sostituito l’Ospedale di Milano, come da istrumento del giorno 29 di marzo del 1630 rogato dal notajo di Milano Giambattista Visconti. L’altro consorzio in S. Michele non possedeva stabili, ma solo pochi oggetti mobiliari. Avevano le Orsoline di Busto una cartella del 6 di giugno del 1766 su ’l banco di Sani’ Ambrogio del capitale di lire 1275.

S. Maria detta di Piazza. — Questa chiesa di elegante architettura, una volta detta delle sette torri, ora di Piazza, è posta quasi nel centro del borgo. Incominciata nel 151810 su l’area di una chiesa ivi preesistente, per opera di un Lonati, e su disegno dato dal Ballarati allievo di Bramante, sembra ch’essa non fosse ancora ridutta a compimento nel 1576, perocchè negli atti di visita a Busto del vescovo di Famagosta trovasi ch’egli raccommandò ai confratelli di S. Maria11 di perseverare nel loro proposito e continuare la bella fabrica, ricordando loro che li altari erano ancora sprovisti di cancelli e d’ornamenti. Questo grazioso tempietto s’inalza all’altezza di 36 cubiti e presenta esternamente la forma quadrata a tutta l’altezza del primo ordine. Sopra di esso ergesi una cupola ottagona, il cui tamburo è praticabile per mezzo di un’elegante galleria ad archi. Sorgono agli angoli svelte gugliette che circondano la copertura di metallo dell’istessa cupola foggiata a curva concavo-convessa, finalmente il vertice è sormontato da un grazioso cupolino a doppio ordine con [p. 209 modifica]candelabri isolati che ne accrescono la venustà. L’interno è disposto ad ottagono con quattro nicchioni angolari, ed uno sfondo quadrilatero di fronte alla porta maggiore comprende il presbitero. La cupola fu ruinata dal fulmine il 18 di maggio del 1563 e ristaurata l’anno successivo con le offerte de’ Bustesi, che ammontarono a 4000 scudi d’oro12. La decorazione interna del tamburo presenta 32 nicchie, dove sono collocate altretante statue intagliate in legno, lavoro di Fabrizio De-Magistris, levigate nel 1602 da Antonio Bongiannino, sicchè imitano la lucidezza del marmo. Benedetto Tatti di Varese dipinse a fresco il vago portichetto, e le mezzelune al di sopra delle porte esterne credonsi opera di Rafaello Crespi. L’interno poi è dipinto a fresco da Giovanni Pietro Crespi13 (nativo di Busto ed avo del Cerano), che rese grazioso l’aspetto della cupola, effigiando sibille a profeti e ponendo altre decorazioni a riparli geometrici. È pure di lui il bel tabernacolo dov’è rappresentato il Redentore. Giovanni Battista della Cerva, discepolo di Gaudenzio Ferrari e maestro di Paolo Lomazzo, dipinse nel 1542 la storia de’ tre Magi su le pareti dell’altare maggiore, ma è a dolersi che questo severo affresco sia assai guasto. Davanti all’altare medesimo consecrato il 2 di aprile del 1560, come da un’iscrizione su la fronte di [p. 210 modifica]esso, sta sospesa ad un serpente di bronzo una lampada d’egual metallo. La costituiscono tre puttini pure di bronzo fuso di un sol pezzo, specie di basso rilievo, i quali sostengono una corona di fiori cesellata con naturalezza su ’l finire dello scorso secolo da un artefice di cui ignorasi il nome; e fu donata al tempio con l’espressa condizione che vi debba continuamente essere esposta: nel caso contrario s’abbia a consegnare alla catedrale di S. Gaudenzio di Novara dove si trovano sei candelabri del medesimo fabro. Il pavimento a scagliola, come vedesi oggidì, fu incominciato nel 1859.

Ma il più prezioso ornamento di questo tempio è una vasta composizione posta sopra la parete dietro l’altare maggiore, ricchissima d’intagli in legno dorato, divisa in compartimenti che incorniciano varj dipinti di Gaudenzio Ferrari14. Il suggetto precipuo è nel campo centrale di forma arcuata e rappresenta l’Assunta su le nubi cinta da un leggiadrissimo gruppo di angioletti; al di sotto si vedono i dodici apostoli che estatici ammirano il prodigio. I due riparti laterali pure arcuati contengono le figure intiere di S. Giovanni Battista e di San Michele, e al disopra di queste sono effigiati a mezza figura S. Girolamo nel deserto e S. Francesco. Nel timpano del frontone sta il Padre Eterno ritratto con divina maestà di concetto. Nella zona inferiore sono dipinte in varj quadretti figure di piccolissima dimensione che rappresentano alcuni fatti della vita della B. V. Considerati questi dipinti ad uno ad uno, hanno già da sè per vivacità [p. 211 modifica]di colorito, purezza di contorni, morbidezza di carni e aggiustatezza d’espressioni un rarissimo pregio al pari di qualsiasi capo lavoro dell’arte; riuniti poi e ben locati, come qui sono, ad esprimere un solo concetto pittorico ed architettonico offrono un tipo di quel bello ideale che tanto ci commove, signoreggia, e rapisce più che possa io a parole significare.

In questa chiesa, oltre la scuola di S. Maria di cui si ha memoria fin dal 1529, officiava quella di S. Giuseppe, fondata nel 1531 da un canonico lateranense chiamato Gregorio, e la scuola del Rosario all’altare maggiore, la quale ebbe origine il 2 di giugno del 1572 per opera di fra Gervaso Guidiciolo dell’ordine dei Predicatori. Eravi finalmente anche una Congregazione denominata dell’Intiero, instituita durante la signoria spagnuola.

Oratorio di S. Antonio Abbate. — In quest’oratorio la scuola del Corpus-Domini, di cui li scolari portavano l’abito di tela cilestra, ebbe vita nel 1572. Oltre a questa vi offiziava la confraternita di S. Bernardino, che vestiva l’abito turchino, alla quale ultima, allorchè nel maggio del 1786 fu data la notizia della di lei suppressione, si sollevarono mille e più persone in guisa che il subeconomo canonico Michele Crespi fu costretto di lasciar agli scolari la libertà dell’uso particolare dell’oratorio. E siccome siffatto consorzio soleva assistere anche alle funzioni del Sacramento nella chiesa prepositurale di San Giovanni Battista, il sub-economo permise altresì che li scolari continuassero in questa pratica.

Nel publico congresso però tenutosi posteriormente per affari della Communità si suscitò da certuni un nuovo ammotinamento, ed ottennero dal cancelliere Francesco Magnaghi un’ordinazione scritta contro l’operato del Crespi. [p. 212 modifica]

Vi ebbe pure la scuola della Concordia, la quale nel 1583 ricevè l’abito ed il carico dell’amministrazione delle cose spettanti al culto del Santissimo Sacramento.

Oratorio di S. Croce. — Tra le principali società laiche o confraternite fu quella dei Disciplini, che sì scelsero a speciale patrona S. Marta. All’oratorio di Santa Croce, bello di sacri dipinti, era annesso un casamento posseduto da codesta confraternita. Fondata fin dal dicembre del 1480 da un certo Albertino (il medesimo che istituì la Scuola de’ Disciplini di S. Giovanni Guggirolo in Milano), nel 1582 contava circa 100 scolari portanti un abito di tela bianca, che recitavano l’officio della Beata Vergine nei giorni festivi e si disciplinavano. Andò suggetta alle stesse vicende delle altre essendo stata suppressa nello scorso secolo XVIII e privata di tutti i suoi beni, venduti in appresso a profitto della Nazione.

L’oratorio fu adattato parzialmente nel 1795 per le scuole normali. Ma alcune circostanze sfavorevoli, tra cui la mancanza del fondo per l’assegno de’ maestri, impedirono che si effettuasse questo lodevole progetto.

La maggior parte de’ suppressi confratelli occupavasi, in oratorio, nell’istruire i fanciulli nella dottrina cristiana.

Parte del casamento annessovi, e propriamente un’ampia stanza detta il Camerone, conteneva le carte dell’archivio communale.

Oratorio di S. Rocco. — È posto in via Sciornago e precisamente presso la porta Novara oggidì atterrata, Fu costruito, a quanto sembra, subito dopo la pestilenza del 1524, che infierì anche nel nostro borgo, e se ne trova cenno negli alti di visite arcivescovili fin dal 1596, E siccome S. Rocco, giusti una antica tradizione [p. 213 modifica]popolare, era tenuto special protettore contro la peste; così i Bustesi ad onore di lui eressero quest’umile chiesuola. Essa fu ristaurata di recente. Finalmente trovansi in Busto anche due oratorj privati, l’uno spettante agli Ajroldi, e l’altro ai Turati.

Chiesa di S. Maria delle Grazie. — Nel 1710 il 26 di luglio fu posta la prima pietra della chiesa della Beata Vergine delle Grazie, fatta erigere da Benedetto Landriani canonico della collegiata, il quale dispose che vicino si dovesse costruire un collegio per due oblati missionari della Congregazione di Rho, coll’obligo ai medesimi di abitarvi continuamente. Era situata fuori del borgo e serviva per li abitanti delle cascine tra levante e settentrione. Nel 1802 l’artiglieria leggera italiana fu alloggiata co’l suo treno nel Commune di Busto per molti mesi. In mancanza di altri locali la chiesuola fu designata a servire di magazino per la polvere; e la casa del custode di essa ridutta a quartiere della guardia del magazino stesso.

Oratorio di S.Giuseppe. — È annesso all’Ospitale.

Chiesa di S. Gregorio. — Durante la peste del 1630, non bastando più l’ordinario cimitero a contenere i morti, si pensò ad acquistare un fondo, che era di proprietà della Scuola dei Poveri, posto fuori della porta Basilica. Il prevosto insieme co’l clero della collegiata e co’l popolo si recò il giorno 12 d’aprile su’l luogo, e lo benedisse. Ivi si inalzò una cappella ed un altare d’occasione, affinchè li ammalali che giacevano nelle vicine capanne potessero ascoltare la messa nei dì festivi. Questo luogo destinato alla sepoltura dei morti fu chiamato S. Gregorio in Campo Santo, ove coi denari lasciati dai defunti venne fabricata la chiesa. [p. 214 modifica]

Presso questa trovasi l’Oratorio e la scuola festiva maschile di S. Girolamo.

Il cimitero fu allargato da poco tempo, e vi sorge nel mezzo una sola croce, non essendo in Busto la pratica che vige altrove di apporne una su la fossa di ciascun defunto. L’area primitiva, che si componeva di pertiche 5 e tavole 20, pari a metri quadrali 3,859. 85 (omesse le otto pertiche donate nel 1656 dalla Scuola de’ Poveri) fu ampliata nel 1858 di pertiche 12 e tavole 8, o sia di metri quadrali 8,196.80, sicchè complessivamente l’odierno cimitero raggiunse la superficie di metri quadrati 12,036.55. Il disegno devesi all’ingegnere Carlo Ferrario e l’esecuzione alle cure del capomastro Pietro Comolli da Borsano.

Oratorio della B. Vergine in Prato fuori di Porta Piscina. — Anticamente sorgeva fuori di Porla Piscina ad un bivio una cappella nella quale era dipinta a fresco un’effigie della B. Vergine. Fu ristaurata ed ampliata verso il 1584 per cura del nobile Gabriele Tosi. Finalmente per il concorso di molli fedeli e per l’abondanza delle elemosine che vi si raccoglievano fu convertita in un oratorio amministrato dai deputati della Communità. La cupola è abbellita da un affresco del Bellotti in cui si rappresenta il serpente seduttore.

Oratorio della Cascina de’Poveri. — La sua origine mi è ignota, ma a quanto sembra, è molto antico. Fu dedicato all’Annunziazione della B. Vergine, e nel mezzo della cupola della cappella è dipinto il mistero dell’Annunziazione. Trovasi in quest’oratorio un’iscrizione come segue: [p. 215 modifica]Posteritati Memoria. Beata Virgo Iuliana de Busto Arsitio hic nata anno MCCCCXXVII obiit in monte Deiparæ anno MDI clara miraculis.

Ma nel 1684, come leggesi negli atti pastorali di visita, non constando ancora della beatificazione di lei giusta la forma delle ordinazioni apostoliche, venne ingiunto che si cancellassero le parole Beata et clara miraculis fino a nuova deliberazione.

Oratorio di S. Maria in Veroncara detto delle selvette. — Parecchi villaggi, casali e località, hanno il nome di ronco, aruncata, roncalia, che pare derivato, massime nell'alta Italia, dalla terra inculta e sterile, resa di poi fruttifera. Ma siccome qui presso Busto non v'è alcuna località con questo nome, così amo meglio adottare l'opinione di chi credette che l'aggiunta di Veroncara derivasse dal verbo averruncare, Dii averruncent. Li Dei tengano lontani li inforlunj.

Questo oratorio, dedicalo all'Annunziazione dell'Angelo, è anteriore alla peste del 1630 e dista dal borgo più d'un millio. Nel 1694 ne furono chiuse le quattro arcate, e nel 1855 fu ristaurato a spese di quel cappellano Luigi Falciola. Li abitanti delle Cascine presso alle brughiere verso Verghera e Sammarate vi accorrono ad ascoltare la messa ne' giorni festivi.

S. Bernardino. — Oratorio annesso alla cascina detta dei Poveri, e distante dal borgo due millia verso Gallarate, dove si celebra la messa nelle festività per quelli abitanti e dove pure si tumulano i loro cadaveri, attesa la notabile distanza dalla parochia. Quanto alla manutenzione dell'oratorio è a carico del Luogo Pio dei Poveri, e le funzioni di culto sono sostenute a spese dei massaj che vi hanno abitazione.

Battistero. — A sinistra di chi entra nella chiesa [p. 216 modifica]di S. Giovanni vedesi la chiesuola intitolata a S. Filippo eretta nel 1744, la quale è destinata ad uso dì battistero. Com'è noto, dai tempi di Costantino in poi divenne quasi universale l'uso di collocare i battisteri separati dal corpo delle chiese o basiliche ed al lato meridionale delle medesime. Verso il mille il battesimo solevasi ancora amministrare ad adulti, massime nelle solennità di Pasqua e di Pentecoste: chè l'uso di battezzare i fanciulli poc'anzi nati vuolsi stabilito su'l finire dell' XI secolo15.

Compagnie della Crocetta. — Esistevano in Busto fin dal secolo XVI quattro compagnie della Crocetta, sotto i titoli di S. Barnaba, di S. Ambrogio, di S. Carlo e de' Santi Re Magi. Eranvi anche nei dintorni diverse croci e cappellette che solevano visitare i terrieri insieme co'l clero e le confraternite nella ricorrenza delle Litanie maggiori e minori. E nell'intento di vieppiù chiarire la cosa ne riporto i nomi: I. Croce di Basilica (la quale con licenza del magistrato venne levata, nel 1784, dal suo posto, dove esisteva da circa un secolo e mezzo); II. Croce di Svico; III. Croce di Piscina e di Sciornago; IV. Croce detta alle guardie; V. Croce in via Legnano.

Cappelletta di via S. Alò in Vernasca; cappelletta in Novate; cappelletta in Gallarasca; cappelletta in Semada; cappelletta nel trivio d'Incirasca; cappelletto detta il sepolcro in selva lunga; cappelletta in via d'Olgiate; cappelletta in Verniate; cappelletta in via di Milano; cappelletta detta la Madonnina; cappelletta in via Borghetto; cappelletta in via di Borsano.

Queste società di laici erano una qualche imagine ed una reminiscenza dei collegi delle arti esistenti [p. 217 modifica]fin dai primordj di Roma. [...] le tracce che lasciarono contribuirono all'accrescimento delle scuole pie le quali si difusero non solo nelle città, ma anche nelle borgate e nei paesi di minor importanza. Infatti nel nostro borgo, come abbiam già veduto, sotto le rispettive chiese, queste fratrie erano non poche, anzi dagli atti Arcivescovili si desume che comprendevano più della metà degli abitanti. Verso la fine del secolo XVIII però cessarono anch'esse quasi tutte di esistere con la suppressione degli Ordini religiosi.

Case d'Umiliate. — Monastero e sua chiesa. — Le monache Umiliate16 di Busto Garolfo furono costrette a ripararsi a Busto Arsizio per essere state spogliate de' loro beni e diritti, non si sa precisamente il quando, ma al certo prima del 1245, come si deduce da una pergamena di quell'anno. In un catalogo poi del 1554, usufruittato dal Tiraboschi, non è indicata alcuna casa di frati, ma sì due di suore. — Domus de la Piscina in Busto Arsicio Magno sorores tres, de Platea ibi supra sorores sex. Questo scrittore però opina che lo scarso numero delle conviventi abbia fatto che queste due case si congiungessero appresso in una sola, dove, giusta il cronista Crespi, è fama che fiorisse Verfiore Castoldi monaca in voce di santa. Sorgeva in Busto [p. 218 modifica]un monastero detto vecchio sotto la regola di S. Benedetto e a cui S. Carlo aggregò nel 1576 le monache del monastero nuovo o di S. Girolamo fondato da Orsina Candiani, durante il dominio del duca Filippo Maria Visconti, e per il quale il fratello di lei Antonio, paroco di S. Giovanni, aveva offerto nel 1441 una casa e diversi altri beni. Moglie d'un Filippo Visconti, allora governatore del borgo a nome de'Milanesi, era Giovanna Bernerio, sorella del vescovo di Lodi, la quale, essendo vincolala da alcuni voti, ne venne sciolta a patto che contribuisse una grossa somma di denaro per la costruzione del nuovo monastero. Infatti un diploma del duca di Milano, dato il 16 di settembre del 1453 (Doc. N.º IX) alla monaca Orsina Candiani, prova che il nuovo monastero era già incominciato sopra un'area posta nel borgo e di proprietà della supplicante stessa. Nel documento si concede alla Candiani di far acquisto sotto qualunque titolo di tanti beni immobili fin al valore di mille fiorini d'oro pe'l sostentamento di lei e delle consuore.

S. Carlo stimò opportuno di congiungere non solo le suore, ma anche i riti, ordinando loro di portare le vesti nere, e recitare l'officio secondo il rito ambrosiano: pratiche proprie del monastero nuovo e dell'ordine di S. Agostino. Volle che si uniformassero tutte alla regola di S. Benedetto, e riconoscessero una sola priora ed abbadessa. Nel resto dovevano osservare il prescritto dalle Costituzioni pontificie e dai concilj provinciali della chiesa milanese. Le quali disposizioni, benchè potessero credersi per sè sufficienti al retto governo delle religiose, non bastarono punto a spegnere nelle più scrupolose il desiderio di una riforma. Il perchè, con molestia delle compagne, tentarono quelle introdurre [p. 219 modifica]un metodo di vita più aspro, al quale intento fecero capo al Card. Federico Borromeo. L'arcivescovo, considerate le cose con maturità, lasciando libero a ciascuna professa di continuare il tenore di vita consueto, stabilì nel 1613 che le desiderose di riforma dovessero usar sempre un pagliariccio, indossare il cilicio il giovedì, digiunare a pane ed aqua il venerdì, ed orare in silenzio due volte il giorno per un'ora; nel resto conservare l'antico metodo di vita. Commandò pure che per l'avvenire non si ammettesse alcuna monaca alla professione senza avvisarla delle nuove pratiche, ed ottenerne la dichiarazione d'esser pronta ad osservarle. Nel seguente secolo poi, in conformità degli articoli fondamentali per la sistemazione dei monasteri di monache annessi ad un sovrano dispaccio del 5 di dicembre del 1783, dovette ciascuna monaca corista separatamente ed in iscritto nel termine di 30 giorni dichiarare se voleva adattarsi ad un sistema di vivere che la rendesse utile al publico, sia nell'educare le figlie di civile e nobile condizione, sia co'l tenere scuole gratuite per le fanciulle del popolo, o finalmente coll'insegnare a queste ultime alcuni speciali lavori donneschi conducenti al progresso dell'industria nazionale in fatto di manifatture. Si accontentò tuttavia il governo di destinare su le prime a tale impiego solo un discreto numero di monache, purchè la maggioranza del loro ordine accettasse nell'insieme il nuovo genere di occupazione, quantunque di fatto non fosse obligata ad esercitarlo. Nel caso però che la pluralità delle monache si fosse dichiarata per il vigente istituto, protestando contro qualsiasi cambiamento, i loro monasteri dovevansi supprimere ed anche alcuni ridurre nelle forme che il governo avrebbe ordinato dopo l'esame delle accennate [p. 220 modifica]dichiarazioni, 17; all'incontro i monasteri sarebbero stati conservati quando la maggior parte delle monache fossero state disposte ad abbracciare alcuno degli indicati partiti. Le claustrali impiegale nell'istruzione della gioventù dovevano ricevere a carico della Communità qualche rimunerazione per la loro opera personale.

Negli atti poi della Curia arcivescovile si legge che nel 1594 vennero fatte alle monache di S. Maria Maddalena di Busto le seguenti formali prescrizioni:
„ Che le monache non fazano più mercantia di tela particolarmente.
„ Che alla porla non vengano a far mercato nè di vino nè di biada, eccetto la ministra, ovvero vicaria.
„ Che non stiano a parlare con la porta del monastero aperta.
„ Che non s'impediscano di pigliare impresa di far fare tela fora del monastero per altri, ma solamente tanto quanto possono far loro nel monastero et non più.

In cotali atti leggesi ancora che nel 1684 i redditi annui del monastero ascendevano alla somma di lire duemila e più, che le monache velate erano trentasei, le converse nove, e le educande due. In appresso un decreto del Governatore di Milano del 4 di ottobre del 1740 al podestà di Busto Arsizio proibiva alle monache di vendere medicinali al publico e ciò nell'intento di [p. 221 modifica]difendere la regia giurisdizione, e di conservare la dignità dell'istituto religioso. Ben io so che in questi tempi di secolarizzata civiltà il rammentar siffatti particolari è come presentare un mazzo di fiori appassiti; pur lo feci per rivelare anche l'intima vita del popolo.

La chiesa di S. Maria Maddalena eretta nel secolo XV ad uso delle monache, sia che fosse divenuta angusta per il loro numero sempre crescente, sia che fosse in deperimento, fu demolita per ordine di Livia Canadella prefetta del monastero, la quale con le offerte de'conterranei e l'opera quasi gratuita de'contadini fece inalzare la seconda, di cui la prima pietra venne posta il 6 di genaio del 1591. Fu consecrata nel 1604 dal Card. Federico Borromeo.

La chiesa e il monastero furono suppressi sul finire del passato secolo e divennero proprietà de'privati.

Processione al sepolcro di S. Carlo in Milano. - Il cardinale Federico Borromeo nel 1603 tenne un sinodo diocesano, indi visitò Busto e la dipendente sua pieve. L'anno appresso i Bustesi si recarono in processione, in numero di 2,500 circa, al sepolcro di S. Carlo nella vigilia di S. Croce offrendovi in dono una statua d'argento del valore di 100 scudi d'oro, seguiti dal conte di Busto Paolo Camillo Marliani, dai Consoli, dai Consiglieri, dal Preposto della collegiata Girolamo Candiani, e dai quattro curati Pier Antonio Crespi, Domenico Carnago, Gio. Battista Reguzzoni, ed Antonio Maria Pozzi. Era bello e commovente spettacolo il vedere la pietà delle donne e la modestia principalmente delle vergini Orsoline, che tutte bianco-vestite e velate procedevano lentamente con la loro priora, la quale portava in mano un giglio argenteo, e su'l capo una corona fulgida d'oro, d'argento e gemme preziose. Numerosi accorsero i [p. 222 modifica]cittadini alla catedrale per la novità del fatto. Compiuta la sacra cerimonia, le Orsoline furono accolte nella casa della Congregazione delle Vergini a S. Lucia, dove il cardinale ordinò fossero ospitate e proviste di tutto il necessario. Nè fu minore la liberalità del conte Marliani e di sua moglie Giulia Martinengo, la quale non isdegnò, durante il banchetto, di prestare i più umili servigi.

Quando venne eretto il santuario del Sacro Monte sopra Varese, i Bustesi raccolsero in una sola matina 400 scudi d'oro e li inviarono colà perchè fosse esposto alla publica venerazione il corpo della beata Giuliana.

Numero e nome dei Sacerdoti residenti in Busto mi 1769. — In una relazione del 3 di marzo del 1769 di Francesco Bellotto cancelliere della Communità alla real Giunta Economale si hanno i nomi dei sacerdoti che componevano la collegiata, non che dei sacerdoti semplici, quasi tutti nativi di Busto ed ivi dimoranti. Non tornerà perciò discaro se quì li ricordo.

Pietro Borrone prevosto dell'insigne collegiata di S. Giovanni Battista. — Antonio Lavazza, canonico e teologo. — Carl'Andrea Azimonti, canonico e curato della stessa collegiata. — Giuseppe Canavesio, canonico e cu-curato come sopra. — Giuseppe Marchese, canonico come sopra e curato della chiesa parochiale di S. Michele. — Girolamo Guidi, canonico e curato come sopra. — Baldassare Custodi, canonico. — Alessandro Candiani, canonico. — Biagio Bellotti, canonico. — Desiderio Ponzo, canonico. — Gio. Lombardini, canonico. — Giuseppe Landriano, canonico. — Carlo Marcora, canonico. — Fortunato Crespi, canonico. — Agostino Toso, canonico. — Michele Crespo Mariotto, canonico. — Baldassare Prandone, canonico. — Ignazio Lombardino, canonico. — Carlo Azimonti, canonico. [p. 223 modifica]Sacerdoti semplici. — Carlo Crespi altre volte canonico. Carlo Ballarati. Gio. Battista Bonsignori. Benedetto Turati. Carlo Girolamo Marchese. Carlo Giuseppe Bosso. Giovanni Radice. Pietro Bosso Gorla. Francesco Pozzo. Natale Crespo Mondino. Bartolomeo Bosso. Giuseppe Toso. Gio. Battista Visconti. Stefano Crespo Forlano. Carl'Antonio Bosso. Giberto Raulo. Paolo Bonora. Giulio Canevesio. Francesco Ferrario Pusterlino. Bernardo Candiano. Ambrogio Azimonti Gallora. Benedetto Bonsignore. Gian Antonio Pozzo. Gio. Battista Ballarati. Gio. Battista Bosso. Gio. Battista Custodi. Fortunato Pozzo. Carlo Giuseppe Turato. Antonio Candiano. Carlo Milano. Stefano Custodi. Giuseppe Pessina. Ambrogio Milano. Carlo Girolamo Ballarati. Carl'Anlonio Azimonti Gallora. Giuseppe Crespo Forlano. Benedetto Candiano Canavella. Gio. Battista Azimonti. Felice Ferrano. Giovann'Antonio Cattaneo, maestro di cappella. Giovanni Luvino. Gio. Battista Pessina. Giuseppe Marcora. Carlo Gio. Azimonti. Ciovan Graziano. Donato Toso Bassino. Giovan Donato Raulo. Pier Antonio Pozzo. Giuseppe Gavazzo. Carlo Gio. Pettazzo. Giovanni Marcora. Francesco Crespo Mariotto. Carlo Visconti. Dott. Fisico Gaspare Alfieri. Francesco Crespo Moretto. Gio. Battista Ferrano Pusterlino. Andrea Bosso Gorla. Pielro Crespo Mariotto. Pietro Crespi18.


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Note

  1. Il coro è per altro una parte dell’antica chiesa.
  2. Mit zait, cioè con tempo. Questo motto che scorgesi anche in qualche stemma su la Loggia degli Osii in Milano e in altri di famiglie nobili contiene un augurio di future grandezze.
  3. Ciò risulta da un strumento del 4 di aprile del 1585 esistente nella Curia arcivescovile.
  4. Alle canoniche delle pievi erano unite le scuole pel clero minore, nelle quali s’insegnavano la grammatica ed il canto ecclesiastico. Che anche Busto avesse una scuola di tal natura per ammaestrare i soli chierici, lo dicono li atti delle visite arcivescovili del 1597.
  5. Luciano Todeschini naque in Magenta nel 1829 e di 14 anni rimase orfano del padre. Compiuta la sua educazione religiosa, saliva nel 1851 sacerdote all'altare coll'aureola della scienza e della santità. Da prima contribuì all'istruzione del giovine clero nel seminario di S. Pietro, poi passò vicario a Seregno, indi a Castiglione, dove non curando pericoli e stenti assistette con esemplare carità i colerosi, avvalorando con le azioni i proprj insegnamenti. Obediente ai desideri del suo superiore si tramutò in appresso a Torrevilla come supplente in cura d'anime e finalmente inviato a Busto come canonico curato. Qui si acquistò l'universale simpatia e rispetto; e venuti i giorni delle battaglie nazionali contro lo straniero, divise co'l popolo le trepidazioni e le gioje. Persuaso che l'educare il popolo sia far grande l'Italia, consacrò con raro amore e intelligenza la sua vita al nostro Asilo infantile, e al riordinamento delle scuole communali, massime feminili, raccogliendo a sè dintorno le maestre cui impartiva assennate lezioni di belle lettere. Nell'esercizio di queste virtù cittadine, alle quali felicemente in lui si accoppiavano le domestiche, ei fu rapito dalla morte il 21 di marzo del 1863. Una privata sottoscrizione raccolse l'occorrente per fargli erigere un busto in marmo di Carrara dal valente scultore Giosuè Argenti.
  6. Così da istrumento del 19 di genaio del 1512, rogato da Tomaso Gallarati notajo cancelliere della Curia arcivescovile.
  7. Fu ammazzato per non aver voluto acconsentire a matrimonio in parentela.
  8. Nominato dal Commune in attestato di cordoglio e gratitudine ai servigi dello zio.
  9. L’istituto delle Orsoline che ebbe a fondatrice nel 1535 sant’Angela Merici da Desenzano, donna di oscuri natali, ma di alte virtù, fu introdutto in Milano nel 1567, poi in altre terre e borghi della Diocesi. (A Brescia nel 1580 le Orsoline ascendevano a circa 400). Tali vergini “rimanendo nelle proprie case, doveano vivere in perpetua castità ad imitazione delle antiche vergini velate; doveano inoltre esercitarsi nelle opere manuali, istruire le fanciulle ed educarle alla pietà, assistere agli infermi, farsi insomma specchio di domestiche e civili virtù.„ (V. Dozio, Notizie di Vimercate e sua Pieve, p. 35). L’ospizio delle Orsoline contava nel 1770 venti monache.
  10. L’aspetto d questo edifizio mostra un gusto talmente puro, che se non ne fosse certa l’epoca dell’erezione, si potrebbe di leggieri attribuirgli una data anteriore.
  11. Fu per vezzo chiamata dal legato di Gregorio XIII, visitatore apostolico della diocesi di Milano, & Maria Formosa.
  12. Da un istrumento del 4 di dicembre del 1567 presso l’Archivio Diplomatico ritraggo che lo scudo d’oro corrispondeva a lire 5 e soldi 18 di allora. Oggidì una di queste lire si può ragguagliare a franchi 2,20. — V. il Politecnico (fascicolo di febraio, 1839, pag. 149, in nota).
  13. Di questo pittore esiste nella chiesuola di S. Caterina del Sasso eretta sopra uno scoglio del lago Maggiore nell’ultima cappella a sinistra di chi entra un quadro sul legno (di maniera secca, ma bello) che rappresenta la Beala Vergine ed altre figure con l’iscrizione: Ioannis Petri Crispi Busti opus, 1510, die 31 julii. — Devo questa notizia alla cortesia del già citato archeologo Caffi.
  14. Di Bernardino Luino, che fu uno de’ maestri di Gaudenzio Ferrari, esiste nella chiesa patronale di Legnano un quadro di sì rara bellezza che alcuni inglesi, pochi anni or sono, offrirono a quel Commune per la cessione di esso più di mezzo millione.
  15. Dozio, Notizie di Vimercate e sua Pieve, Milano, 1853, p.13.
  16. Quest'ordine ebbe origine da alcuni milanesi liberati dalla prigionia (1017), che avevano sofferto presso l'imperatore Enrico II per essere stati partigiani di Ardoino re d'Italia. Si rese celebre prima per santità, poi per ricchezze ammassate nell'esercizio del trafico delle lane, e finalmente per rilassatezza che indusse Pio V ad abolirlo nel 1571, poco dopo il noto attentato contro la vita di S. Carlo. Nella sola città e campagna di Milano il Tiraboschi (Vet. Hum. Mon.) su l'enumerazione di un catalogo del 1208, a cui altre case aggiunse colla scorta de'documenti, annoverò circa 230 sedi d’Umiliati, donde conchiuse che fosse l'Ordine il più moltiplice in conventi.
  17. Eccone, per atto d'esempio, una tra quelle che ci rimasero:
    „ Accetto li articoli fondamentali espressi da sua Maestà Imperiale il
    „ giorno 5 dicembre 1783 con assumere l'obligo di tenere l'educazione
    „ delle figlie nobili e civili, con quelle modificazioni che il Governo si
    „ degnerà di accordarmi.
    „ Io Donna Antonia Giuseppa Bossi — S. Maria Maddalena.

    “ Busto 8 marzo 1786. „

  18. Il numero degli abitanti all'epoca di cui parlo era di circa 9000, laddove oggidì con una popolazione più che duplicata abbiamo solo diciotto ecclesiastici. Questo raffronto mi sembra mollo significativo.