Dei conduttori per preservare gli edifizj da' fulmini/6

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Del Conduttore Elettrico posto al Campanile di S. Marco in Venezia

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Del Conduttore Elettrico posto al Campanile di S. Marco in Venezia
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DEL CONDUTTORE ELETTRICO

POSTO NEL CAMPANILE

DI S. MARCO IN VENEZIA.

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Lettera Dedicatoria della Prima Edizione


AGL’ILLUSTRISS., ED ECCELLENTISS. SIGNORI

Francesco Morosini 2.° K.r

Sebastian Venier

Nicolò Erizzo i.° K.r

D.n Lodovico Rezzonico K.r

PROCURATORI DI SAN MARCO, DELLA PROCURATIA DE SUPRA.

AVendo adempito il grazioso comando venutomi dall’ECCELLENZE VOSTRE di dirigere la costruzione del Conduttore per il Campanile di S. MARCO, ho stimato mio dovere di render conto, non meno all’istesse [p. 66 modifica]ECCELLENZE VOSTRE che al Pubblico, della mia operazione: il che ho fatto nella presente breve Memoria, che per ogni titolo ai Venerati Loro Nomi divotamente umilio e consacro

di V. V. E. E.


Padova 25. Maggio 1776.



Umiliss.mo Divotiss.mo Osseq.mo Servitore

Giuseppe Toaldo.

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DEL CONDUTTORE POSTO AL CAMPANILE

DI SAN MARCO.

1.
L’
Eccelsa Torre di S. Marco in Venezia secondo il Sansovino avrebbe avuto cominciamento d’intorno nove secoli addietro, cioè nell’anno 888 della nostra era, sotto il Dogado di Pietro Tribuno; ma sarà stato un altro campanile demolito; poichè il Vasari nella vita di Arnolfo attesta, che un celebre architetto per nome Buono, verso il 1152, al tempo del Doge Domenico Morosini, fondò il campanile di S. Marco, con molta considerazione e giudizio, dice, avendo fatto così bene palificare e fondare la platea di quella torre, ch’ella non ha mai mosso un pelo1. Per quello che soggiunge, non aver essa altro di buono in se, nè maniera, nè ornamento, nè in somma cosa alcuna che sia molto lodevole, il Vasari ha torto; poichè se nel corpo inferiore non ha incrostature di marmo, nè colonne, come quelle di Firenze e di Pisa, non manca alla camera delle campane, ed all’Attico, nè di colonne, nè di marmi, nè di bronzi, nè di sontuose cornici, ed altri ornamenti; e certamente in pieno questa Torre ha la lode di grandezza, di robustezza, e di bellissima proporzione nel suo tutto, e nelle sue parti.

2. Comunque sia di ciò, la grande elevazione di questa Torre, il suo sito isolato, e più ancora, come si proverà, le molte ferramenta che vi entrano l’hanno resa soggetta in passato al frequente insulto de’ fulmini; e negli Archivj dell’Eccellentissima Procuratia di Sopra per occasione di ristauri si trova registro di nove fulmini, che solamente ne’ quattro ultimi secoli la percossero.

3. Il primo fu nel 1388 ai 7 di Giugno. Il secondo nel 1417 per cui incendiossi la piramide, il cui castello era di legname, e così deve essere stata rifatta; poichè nel 1489 ai 12 di Agosto a ore di notte arse di nuovo per fulmine, nel qual momento fu [p. 68 modifica]colpito anche il campanile de’ Minori Conventuali detti li Frari, e sette campane restarono fuse. Allora fu che pensarono i Signori di fabbricare l’obelisco tutto di pietra, come è al giorno d’oggi, quadrato di fuori, rotondo di dentro, cogli angoli cioè pieni. Non cessò per questo l’ingiuria de’ fulmini, ma cambiarono sito; poichè d’allora in poi caddero tutti sotto la base della piramide, e sotto la prima cornice, del che accennerò ben tosto una ragione.

4. Il quarto fulmine accadde nel 1548 al Mese di Giugno; il quinto, pochi Anni dopo nel 1565: la Polizza del ristauro è dei 16 di Ottobre; nel 1653 il sesto; quindi li più recenti: nel 1745 ai 23 di Aprile il settimo, che fu rovinosissimo, e con 37 fratture tra piccole, e grandi, minacciò l’intiera rovina della Torre; il ristauro costò più di 8 mille Ducati: l’ottavo nel 1761 che fece poco danno; il nono nel 1762 ai 23 di Giugno, nel sito istessissimo, che quello dell’Anno precedente, ma con effetti assai più perniciosi in queste rovine perirono varie persone nelle botteghe contigue al Campanile2.

5. Considerando perciò gli Eccellentissimi Signori Procuratori presidenti alle fabbriche tanti pericoli, danni, e dispendj, mossi da nobile, e giusto zelo, hanno deliberato di far uso del Conduttore, praticato ormai non solo in Inghilterra e in America ove è universale, ma anche in altre parti di Europa, nominatamente nello Stato Veneto, e la cui utilità a preservazione degli edifizj viene altamente commendata dalla teoria insieme e dall’esperienza: sul quale Articolo, io non m’estenderò, rapportandomi a quanto ho scritto in questa materia nel Saggio Meteorologico 1770, nella mia Informazione al popolo; e specialmente nella Nuova Apologia de’ Conduttori, dove sono esaminati gli obbietti, e posta ne’ suoi giusti confini la fiducia che si deve avere in tale difesa, il che prego i galantuomini di considerare.

6. Il Conduttore dunque del Campanile di S. Marco restò posto [p. 69 modifica]e terminato nel Sabbato 18 Maggio dell’Anno 1776. La sua configurazione e positura avendo qualche cosa di particolare, ha bisogno di esser descritta, perchè può andar soggetta a varie interrogazioni, per non dire, censure; del che nulla mi stupirei, mentre forse mai non fu eretto Conduttore in pubblico, che non fosse oggetto di dicerie, di scherzi, o di reclami. Il Sig. di Saussure, Professor di Ginevra, fu costretto stampare l’Apologia del suo, che ho tradotta e pubblicata dietro l’Informazione al popolo. Ed attualmente il Chiar. Frisi (or Abate) essendo stato uno dei Deputati alla costruzione del Conduttore ultimamente applicato alla fabbrica degli Archivj in Milano, deve subire gli sfoghi di quel popolo non ancor filosofo: non v’è sproposito, mi scrive un amico, che non venga detto a questa occasione; e tanti ne ho sentiti io per il Conduttore di questa Specola di Padova; e tanti forse se ne sentiranno per quello di S. Marco. Ma certo conviene lasciar esalare il loro senso tanto ai belli spiriti, ai saputi, che agl’ignoranti, i quali facilmente ammetterebbero la forza di qualche magico e superstizioso segno, ma non mai capiranno, come con qualunque ragionato mezzo fisico, e con istromento materiale di poca mole, si possa sventare il fulmine. Lasciamo il corso degli umori umani, e venghiamo alla descrizione del nostro Conduttore.

7. Conosciuta ne’ metalli, e nell’umido la forza attraente del fuoco del fulmine, convinto e dimostrato di natura elettrica, almeno nella maggior parte dei fulmini; puossi impiegare il metallo in una fabbrica, per tramandare i fulmini, in varie figure, in vario sito, contiguo o separato, dentro o fuori. In prima, qualunque giro può darsi alla catena, purchè dall’alto penetri dentro terra, senza interruzione, e può stare utilmente, come dissi, tanto dentro come fuori delle fabbriche, senza pericolo; e vi furono saette che percossero tutti i giuochi che fanno i fili delle campanelle in varj appartamenti di un Palazzo, senza lasciar segno, se non dove vi fosse interruzione, o nel termine. In una parola, la catena del Conduttore rispetto al fuoco del fulmine, è come un tubo di grondaja rispetto all’acqua piovana: che questo tubo discenda per dentro, o per di fuori dei muri, come più comoda per le altre circostanze, non fa differenza.

8. Sommariamente due mire si possono avere per due differenti disposizioni de’ Conduttori. Una è di andar incontro, e di assalire in certo modo la nuvola istessa, tentare di disamarla, prevenire gli [p. 70 modifica]attacchi, spogliandola del fuoco che contiene, sottirandolo a poco a poco; il che si ottiene sporgendo in alto quanto si può delle lancie di metallo che abbiano comunicazione colla terra.

9. Comunque questa forma di Conduttori sembri la più usitata, v’è un’altra maniera, del pari consona alla teoria, ed è quella di restare sulla pura, e semplice difensiva, aspettando in certo modo l’attacco della nuvola, e del fulmine, e in tal maniera aver disposto un apparecchio, capace di pararlo, sventarlo, e tramandarlo nella terra. Consiste questo apparecchio nel porre il Conduttore tutto interno, tralasciando le punte, facendolo comunicare con i metalli sparsi naturalmente nelle fabbriche, che sono i veri somiti dei fulmini, e per essere limitati, e interrotti, occasione delle loro stragi. Aprendo dunque un esito ed uno sfogo a questi metalli nel principal conduttore, diretto, e continuato fin fotto terra, o nell’ acqua, il Conduttore diventa allora un vero Emissario del fulmine, non mai, come da alcuni viene appreso, un irritamento. Questa maniera in apparenza meno coraggiosa, da celebri fisici viene tenuta3 per la più cauta che si possa praticare; e ciò particolar[p. 71 modifica]mente in certe fabbriche, quali sono le altissime torri, terminate in guglia, ch’esigerebbero anche una mole immensa di fatture, ed anche per l’estensione, una moltiplicazione di punte a’ varj siti, non togliendo tuttavia il bisogno di legare colla catena principale i molti metalli esposti della fabbrica istessa.

10. Or tale è la torre di S. Marco: elevata da terra fino alla corona dell’Angelo, posto in cima alla guglia, 300 piedi Veneti che sono più di 320 piedi di Parigi (la proporzione essendo di 144:154); la piramide sola è alta piedi 80; l’Angelo nove piedi. Questo Angelo è di legno, coperto di rame: gira intorno ad un gran fuso di ferro, che lo penetra fino al petto, poggiando ivi in una scodella di bronzo, che ferma con pironi comunica col rame della superficie, e trapassando al basso la base di pietra, poggia sopra una grande spranga di ferro orizzontale, alla quale, come dirò, s’è appiccata la catena, che perciò è disposta a tramandar una saetta, che cadesse sull’Angelo con cui comunica.

11. La guglia ha le facciate coperte di lastre di rame dorato, che dall’Angelo si estendono fino alla base, gli angoli soli restando di pietra nuda. Quattro mani di catene orizzontali in crociera trapassano da un capo all’altro, e con ciò comunicano con le lastre esterne di rame. Or questi metalli continuati furono quelli, per mio parere, che, sollevando la cupola, portarono i fulmini al di sotto, per esser ivi l’interruzione de’ metalli. Quivi è (dico, alla prima cornice) dove cominciano in copia, le sprange, le catene, e ogni sorte di serrature interrotte; e queste serrature interrotte senza dubbio furono gli attraenti de’ fulmini, e le cagioni delle stragi tante volte accadute in questo sito.

12. Partendo da questo principio, fondato sulla teoria e sulla osservazione di quasi tutti i fulmini, ho pensato in conseguenza di [p. 72 modifica]disporre, e dirigere la Catena del Conduttore in modo, che dovesse legare e scaricar nel caso tutti questi metalli interrotti.

13. Ho dunque attaccato la catena (in tutto si prestò con diligenza e zelo il Sig. Bernardino Macaruzzi valente Architetto Veneto) alla stanga che porta il fuso dell’Angelo. Si può dire che questo fuso faccia l’ufficio di lancia, comunicando, come dissi, con tutto l’Angelo, che nelle ali, nella corona, e in altre parti termina in figura acuta di metallo. A questo fuso però ho fatto sporgere e toccare l’ultimo pezzo della catena, tirato in punta, per assorbire vie meglio il fuoco, se mai venisse da quella parte. Discendendo la catena pel vuoto, tocca, e si lega con tutte le traverse di ferro, che di mano in mano s’incontrano; e lo stesso si è fatto anche con maggior scrupolo sotto la guglia, per tutto l’Attico, e la camera delle campane: qualunque ferro, che per la figura, situazione, esposizione, poteva essere pericoloso, si trova ora comunicante col filo maestro del Conduttore per iscaricarsi in esso.

14. Sotto le Campane entra la catena nella canna di mezzo; poichè questo campanile è doppio, con muri, o pilastri, uno dentro l’altro, la scala essendo tra due. In questo spazio dalle campane alla terra non s’incontrano se non 4 spranghe di ferro poste dopo, in occasione di restauri, a’ quattro piani, nell’angolo verso tramontana che riguarda l’orologio, angolo più degli altri infestato dal fulmine. Or queste quattro spranghe, che vengono dall’esterno all’interno dell’angolo, sonosi parimente legate con bastoni di ferro al Conduttore.

15. Il Conduttore discende, come dissi, entro la canna interna lungo il pilastro angolare che riguarda Maestro, dal canto della porta del Campanile. Al sito dell’imposta di questa porta, a destra entrando, esce la catena, ed incassata discende fino al limitare, dove s’inclina colla breve scala, entra sotto il pavimento della Piazza allontanandosi dalla muraglia, e dal fondamento della Torre 50 piedi, direttamente verso le Procuratie vecchie, e s’immerge in terra, di là dal primo mascherone, presso uno di que’ pozzi, che raccolgono l’acqua piovana della Piazza, penetrando otto o nove piedi sotterra, cioè cinque piedi sotto comune, come si dice a Venezia, che vuol dire, sotto il livello medio dell’acqua, sicchè la punta della spranga ultima resta sempre in terra umida, fangosa, o piuttosto nell’acqua che penetra da per tutto.

16. La lunghezza della catena, comprese le molte piegature, è [p. 73 modifica]dunque tutta di 400 piedi in circa. La grossezza del filo è poco meno di un’oncia, o sia di un digito, del ferro più dolce di Svezia, passato per la trafila. Li pezzi componenti la catena sono di varie lunghezze, secondo la situazione, si uniscono all’anello od uncino, in modo che il precedente, oltre l’anello va a ferire il seguente con una punta, ch’è il modo più facile di comunicazione: non era possibile tendere un ferro di tal grossezza di un pezzo solo a tanta estensione.

17. Questa catena è adombrata colla linea nera della Figura I (Tav. II.) che rappresenta la sezione del Campanile.

AB è il Fuso di ferro, intorno cui gira l’Angelo.

AAAAA il Conduttore principale, che dal fuso dell’Angelo discendendo va a seppellirsi nella Piazza nel modo già detto.

FFFF sono Catene di ferro, che avendo i capi al di fuori traversano la guglia, e vengono legate con la catena principale iscaricarvi il fuoco del fulmine se mai vi scendesse.

fffff sono Arpici, o spranghe di ferro limitate, e perciò ancora più pericolose; e però si sono fatte tutte comunicare con cura al Conduttore, come torrenti che si scaricano in un fiume reale.

Nel sito L v’è una Crociera di legno, che porta però molti ferri nei capi, e nel mezzo: tutto fu legato alla catena. In somma non v’è ferro visibile, che non possa tramandare al Conduttore quel getto di fuoco che gli venisse scagliato dall’aria; per mancanza del qual emissario producevano detti ferri in passato l’esplosioni rovinose delle saette. Tale è la costruzione di questo, che io chiamerò più tosto Emissario che Conduttore, e lo credo egualmente e forse più utile, che se avesse delle punte esterne, o fosse tutto posto di fuori.

18. Ora due punti di difficoltà sono da prevenire. I. può far obbietto ad alcuni il non essersi isolata la catena con vetri, pece, o per altra via. Veramente ho ommesso in questo caso l’isolamento, perchè non lo credo punto necessario, nè poi tanto sicuro quanto un può crederlo. Oltre la comunicazione espressamente fatta coi ferri della fabbrica, di tratto in tratto ho fatto porre dei bracci di ferro che ritengano e sostentino la catena, imitando in ciò la libertà degl’Inglesi, che non curano punto questi scrupoli: e in fatti debolissima è la difesa di un vetro per grosso che sia, quando un violento fulmine avesse una forte chiamata laterale con un ostacolo al progresso diretto; tanti vetri ho veduto infranti, e traforati, [p. 74 modifica]come con trapano, dalle saette4. Lo studio principale deve essere di ben continuare la catena; e nulla importa che abbia de’ bracci laterali: un torrente che scende per alveo declive ed aperto, non declina per un incavo nella ripa, o per un buco aperto in una peschiera laterale, quando l’alveo non sia impedito. Così li bracci di ferro del Conduttore saranno bensì animati ed elettrizzati per la contiguità; ma il fuoco trovando un esito più ampio, e più libero nella catena, correrà sempre a spandere per essa nel vasto seno della terra, e dell’acqua. Sopra di ciò non mi resta veruno scrupolo.

19. II. Si dimanda poi, e si dice: dunque essendo il Conduttore interno, un fulmine, per ritrovarlo, dovrà trapassare, e rompere i muri del Campanile. Questa dimanda procede da non riflettersi bene sopra la teoria, l’indole, e la simpatia del fuoco elettrico coi metalli.

20. Rispondo dunque, che i fulmini a preferenza di tutti i corpi seguono i metalli, e l’acqua. Dunque un getto di fuoco fulmineo, che si raggiri intorno del Campanile, sarà determinato ad entrarvi non per li muri, ma più tosto verrà attratto dai tanti ferri, che sono nella superficie, e che s’internano nella Fabbrica5. Essendo dunque tutti questi ferri, per quanto si hanno potuto scoprire, dalla cima al fondo legati col filo maestro della catena, in questa scaricheranno sempre il fuoco del fulmine che ricevessero6. [p. 75 modifica]

21. Che da un tale apparecchio si debba attendere effetto buono, si può lusingare dagli effetti cattivi, che nascono nei Campanili disarmati, con metalli interrotti. I fulmini tanto frequenti sono attratti dalle croci, e bandiere di ferro, poste in cima delle guglie7 e sugli angoli. Spesso sono spezzate, e lanciate in pezzi le pietre che sostentano queste croci; se la cuba sia di legno coperta di metallo, sovente s’incendia; s’è veduto ardere quella del Campanile di S. Giustina in Padova8 più d’una volta, e già due Anni quella non lontana delle Monache della Misericordia. Spesso anche restano uccisi gli uomini che suonano le campane, perchè il fulmine viene trasmesso giù per le corde di canape; quanto meglio lo farà una catena di ferro, e ciò senza danno, purchè vada ad immergersi in terra! Sembra certo una grande inerzia e cecità quella degli uomini, che potendo con un filo di ferro, teso dai metalli più alti fino a terra, garantire e fabbriche e persone, trascurano di porre in opera un mezzo sì facile ed ovvio.

22. Or pensi ognuno al modo suo: la forma intanto descritta del nostro Conduttore, io la credo la più conforme all’intenzione [p. 76 modifica]della macchina, ch’è di sventare i fulmini, la più confacente alla teoria, direi quasi, la meglio intesa, ma certo la più cauta, e più sicura. Sicchè colle riserve indicate altrove, v’è tutta la lusinga, che colla benedizione di Dio Signore e del Santo nostro Protettore San Marco, così bella, e gelosa fabbrica resti per quanto dipende da mezzo umano, da gravissimi danni del fulmine in avvenire difesa, e preservata.

23. Aggiungo coll’occasione qualche riflesso per edifizj di altra specie.

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TAV. II.


Note

  1. Il Sig. Temanza, dottissimo Architetto Veneto, nel bel volume delle Vite de’ più celebri Architetti e Scultori Veneziani di recente dato alla luce, rileva l’error del Vasari, e conferma con chiare prove la tradizione del Sansovino.
  2. Devo render giustizia di queste notizie all’esattezza del Sig. Francesco Todeschini, Cittadino Veneto, Notajo dell’Eccell. Procurativa, soggetto pieno non meno di onore, che di cognizioni, per una continua lettura, che solo potrebbe dare un’istoria interessante delle insigni Fabbriche sulla piazza di S. Marco, in particolare della gran Torre, essendo in pieno possesso di tutte le cose registrate in questo Archivio.
  3. Nelle Transazioni Filosofiche, vol. 54, e nell’Istoria dell’elettricità vol. II. pag. 384, e segg. è descritto il fulmine che cadde nel Campanile, e sulla Chiesa di S. Bride a Londra, con molta rovina. Si vede questo fulmine ne’ suoi effetti similissimo a quelli del Campanile di S. Marco, condotto, come chiaramente dagli effetti apparve, per li metalli interrotti: poichè è visibile, „dice il Dottor Watson nella sua Relazione, che il danno del Campanile provenne dagli sforzi fatti dal fulmine, dopo di aver rotto il gallo della cima, per aprirsi un passaggio attraverso le ferrature sparse nel Campanile medesimo; e poichè ciò non potea farsi se non per salto, non essendovi comunicazione metallica continua, è chiaro, che grande essendo la forza del fulmine, squarciar dovea tutto ciò che non era metallo, e che gli facea resistenza". Conchiude non v’esser altro mezzo di preservare quel Campanile se non quello dei Conduttori.
    Ma il Signor Wilson, in una memoria scritta alla stessa occasione, consiglia in generale di evitare le lancie, o punte esterne di ferro: „Come è inevitabile, dice, che i fulmini in una maniera, o nell’altra, vengano a visitarci, non vi può esser ragione per invitarveli: bensì quando vengono ad attaccare i nostri edifizj, devono trovare un apparecchio tale, che serva a scaricarli. Per ottener questo fine propone di lasciar sussister le fabbriche, come sono all’esterno, senza elevar sopra di esse alcuna punta metallica; ma vuole che dentro la parte più alta della fabbrica, a due piedi in circa di distanza, si ponga una spranga, e questa nè pure acuta, che si continui al basso lungo della muraglia fino in terra, e in qualche luogo umido". Questo è il discorso del Sig. Wilson.
    Senza però bandire generalmente le punte, che secondo i siti possono esser utili, ho creduto che una simile maniera di Conduttore, attese tutte le circostanze, fosse la più appropriata alla Torre di S. Marco, e se nelle cose di ragione valesse l’autorità, quella del Sig. Wilson verrebbe al mio appoggio.
  4. Il P. Barletti nella recente sua memoria Dubbj sull’elettricità, prova che il vetro è permeabile, benchè a stento, dal fuoco elettrico; nè occorrono gran discorsi, quando tutto giorno si veggono i fatti. Tra l’altre prove dal gran fulmine che colpì il palazzo Minuzzi nel territorio di Ceneda li 15. Giugno 1776. più di 800. vetri si trovarono trapanati, o infranti. L’isolamento dunque per via di vetri, pece, seta, o corpo simile, può esser utile per le sperienze delle nostre Macchine, per formare un Osservatorio elettrico dell’atmosfera: ma per allontanare i fulmini non è assolutamente necessario, e, come si vede, nè pure tanto sicuro.
  5. Non includo nella classe de’ fulmini elettrici i globi di fuoco, che fossero di materia sulfurea, nitrosa, analoga alla polvere da cannone. Questi globi se si danno, che pare di sì, sono come tante bombe scagliate; ed essendo d’altra natura ch’elettrica, non cadono sotto la potestà de’ Conduttori. Vedete l’Apologia N.° VIII.
  6. Due altri obbiettini ho inteso farsi dopo. Il primo riguarda i fulmini che possono venir da terra, che altrove ho detto scaricarsi nelle nuvole per mezzo delle punte, che mancano al nostro Conduttore. Rispondo prima, che il fondo di Venezia paludoso, e ampiamente comunicante colla laguna e col mare, non sembra atto a produrre fulmini terreni. Dipoi dico, che al nostro Conduttore non mancano punte: la sua punta è l’asta di ferro, che porta l’angelo, e che termina vicina al rame che lo copre, e che sporge molte punte, nelle ale, nella corona, nelle mani.
    L’altro obbietto riguarda le legature tra i ferri del campanile e la catena: queste non sono di filo egualmente grosso, che la catena istessa, e perciò si possono temere insufficienti. È vero; era troppo incomodo far girare e ripiegare in tanti meandri un bastone grosso di ferro. Si è perciò impiegato de’ fili meno grossi, secondo i siti; ma sempre di maggior diametro di due linee, ch’è più abbondante di quello venisse prescritto altre volte il filo istesso della catena; nè più grosso è il filo che si adopra per li vascelli: un filo, come un ferro da calzette, ha talora tramandato de’ fulmini.
  7. Nel fulmine del palazzo Minuzzi, che portava 24. guglie, le punte di ferro si trovarono fuse, per prova ch’esse aveano provocato il fulmine.
  8. Osservabile è un fatto, attestato da’ Monaci a questo proposito. Quando non è colpito il campanile, altrettanto spesso la saetta s’avventa ad una croce di ferro inferiormente posta rimpetto al Campanile medesimo (con un cortile frammezzo) sopra la fronte d’un Dormitorio, ch’è il Chiericato.