Delle biblioteche e dei libri popolari

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Antonio Bruni (insegnante)

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DELLE BIBLIOTECHE

E

DEI LIBRI POPOLARI


QUINTA RELAZIONE

LETTA DAL CAV. AVV. ANTONIO BRUNI

Inaugurando l’Anno VIII

DELLA

BIBLIOTECA POPOLARE CIRCOLANTE

di Prato


Estratto dalla Gazzetta Ufficiale


FIRENZE

TIPOGRAFIA EREDI BOTTA

1869

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A Mr Jules Simon e Mr Jean Macè.

Io ebbi più d’una volta l’onore di ricevere gli omaggi della vostra affettuosa stima; e per questo era in debito di esprimervene il ricambio che più di me di gran lunga vi meritate.

La dedica di queste mie parole pronunziate a Prato davanti ai soci della Prima Biblioteca popolare italiana è il modesto tributo che vi offro; e spero che alla tenuità del lavoro perdoneranno l’autore del L’Ecole e l'autore dell’Histoire d’une bouchée de pain; si discorre in esse del movimento generale che nel mondo civile hanno preso e devono ancora suscitare lé Biblioteche Circolanti pel popolo, delle quali entrambi siete in Francia operosi ed eloquenti apostoli.

Conservatevi a far progredire col vostro ingegno la grande opera della rigenerazione delle plebi e accogliete un saluto affettuoso e fraterno dal

Vostro

a. bruni.


Firenze, 1° marzo 1869. [p. 5 modifica]


1. Non basta che un popolo sappia leggere: conviene che abbia buone cose da leggere.

2. Vorrebbersi per gli operai biblioteche, non tanto da dare i libri in famiglia, quanto da leggerli in comuni adunanze.

3. Il luogo di lettura diventa ricreazione e rifugio dalla noia, dalla servitù, dal dolore.


Il nuovo assetto politico del nostro paese ci volle tutti collaboratori nell’opera del miglioramento civile e morale del popolo. E in nome e nel desiderio di questo che oggi ci troviamo al periodico convegno col quale ci è dato salutare l’arrivo dell’anno 8° della nostra istituzione.

L’epoca in cui siamo ha un carattere tutt’affatto popolare e democratico che da noi si deve tradurre in atto col mezzo potente dell’associazione: l’individualismo è crollato, e cedettero davanti alla necessità storica delle cose le più altere personalità. Nell’associazione, dove uno è per tutti e tutti per uno, v’è il benessere comune, il miglioramento progressivo del mondo: è dessa che va oggi studiata ed applicata. Noi la troveremo tanto più tetragona, quanto più trae vita da un’Idea: le Catacombe la vincono sulle torture delle prigioni e sulla scure del carnefice; la Lega lombarda fa la più bell’epoca della storia [p. 6 modifica] italiana, la virtù della Confederazione dà all’America le migliori libertà. Più durevole ancora si manifesta in un campo morale, com’è quello dell’istruzione e dell’educazione; allora essa è leva potente che redime e rinnuova, crea e feconda.

Il governo e il comune sono provvidenze sociali che non possono occuparsi di tutte le più minute creazioni del bene; queste dipendono dalla spontanea concorrenza di tutte le forze vive del corpo civile e delle libere intelligenze che s’associano per produrle.

Egli è un campo libero, aperto a tutti, anzi vi è lavoro per tutti, e per poco che la concordia degli sforzi si effettui, le traccio della decadenza si cancellano, i giorni della libertà inaugurano i giorni della ricchezza.

Questi principii furono intesi fra noi. Corsero già 7 anni ed eravamo un sol gruppo di pochi amici convinti d’un pensiero che l’unione fa la forza, e che per potere ciò che si vuole, bisogna prima rassegnarsi a volere ero che si può.

Che cosa volevamo noi? Chiamar tutti senza distinzioni di classi all’opera caritatevole di propagare l’istruzione col mezzo del libro, destinandolo a formare la cultura intellettuale del popolo in continuazione della scuola. Colla forza della perseveranza e della concordia si vide prosperare la nostra impresa e portare resultati che mai si sarebbe osato sperare. Questi resultati vi sono ben noti, ed io non abuserò certo della vostra indulgenza intrattenendovi sui medesimi.

Intanto la nostra idea lanciata là senza pretensione come a forma d’esperimento, colla [p. 7 modifica] pubblicità che ebbe nei nostri atti e stampati, i quali per le mani dei soci onorali e donatori si diffusero e corsero per tutta Italia, si potè render pratica e viva col fatto in più di 250 città del Regno; e a tal numero sommano finora le Biblioteche che sono fondate o si vanno istituendo a beneficio del popolo.

Oggi tutti i più valenti scrittori e i più rinomati educatori si sono dati la mano in questo nobile arringo, in questa lodevole iniziativa; chi riannodando siffatti principii di progresso alla autorità di Pestalozzi e di vecchi maestri, chi con nuove e varie argomentazioni proclamarono tutti che l’istruzione elementare ha bisogno di esser sussidiata dalla lettura di libri appropriati alle diverse classi della società.

In Francia il ministro Duruy e il segretario Robert hanno alzato la voce dicendo che il buon successo dell’istruzione è raccomandato all’istituzione delle Biblioteche comunali, e il Simon: «A che pro avete insegnato a leggere all’umile faticante, quando egli non avrà mai un libro nella sua casupola? Istituite le Biblioteche popolari, fate che in tutta la Francia non vi sia una capanna senza un libro.» Ma la crociata in questi tempi è diretta principalmente dal Macè, dal Simon, dal Baudrillart, dal Boussingault, Léfébure in Francia; dal Tarlier, Buls, Annoot in Belgio; dal Virchow, Pfeiffer in Prussia; e dove queste istituzioni non erano entrate ancora negli usi del paese, l’apostolato del libro ha trovato facilmente per tutto dei fautori assennati e influenti.

Sarebbe strano voler trovare l’origine delle Biblioteche popolari vere e proprie in tempi a [p. 8 modifica] noi molto remoti, come per vezzo o manìa archeologica da molti si suol fare in tutte le cose, quasi a dileggio del presente; ei non era possibile democratizzare l’istruzione e moltiplicare a prezzo popolare il libro, finchè non fosse nata almeno la prodigiosa invenzione della stampa: ma certo è un fatto che attesta molto buon senso (ed io lo citerò come un bell’esempio che stia a conforto dei nostri principii pei quali vogliamo dare tanta importanza ai libri) quello del re Osimandìa, che nella sua reggia a Tebe fece ordinare una collezione d’opere, ponendo sulla porta questa sapiente iscrizione: Medicina dell’anima; e l’altro del giovine Plinio che, dopo avere stabilita una pubblica scuola in Como, la dotò di una Biblioteca, celebrandone l’apertura con un discorso recitato innanzi ai magistrati.

Le Biblioteche popolari però non hanno che una nascita recente; in pochi anni appartengono già ai due mondi e sono una istituzione direi quasi cosmopolita. L’Inghilterra, la Germania, la Francia, la Svizzera hanno le loro Biblioteche popolari; la piccola Alsazia ne conta 55, e più di 100 il Belgio coi suoi quattro milioni e mezzo di abitanti: fino in Istria, a Suez, in Algeria1 s’aprono Biblioteche pel popolo, ed oggi stesso mi viene notizia da un mio carissimo amico di Trento, A. Panizza, che là pure inaugurasi per opera sua la prima col permesso dell’I. R. Luogot. austriaca. Anco la Spagna si è risveglia e una Società promotrice è di già organizzata a Valenza [p. 9 modifica] ed a Madrid, coll’appoggio di questo municipio e coi nomi di Castellar, Viscarondo, Guitasola. In Prussia dal 1842 al 1847 la Società letteraria raccolse una vistosa somma che, unita ai doni dei privati e al sussidio annuo di lire 5000 del comune di Berlino, valse ad aprire buon numero di queste Biblioteche, ed ora già 7 sono nella stessa capitale2. L’America per una legge del 1855 ne ha una in ogni comune senza contare le molte delle libere Società, come quella stabilita a New-York dai commessi di negozio che conta 5000 soci, 87,000 volumi, 170 riviste e 140 fogli quotidiani3 e la Biblioteca popolare fondata da Franklin a Filadelfia, che conta oggi 800 mila volumi: fino ai nostri antipodi dove la civiltà ha poco più di trenta anni, quest’apostolato del libro si è posto di fianco all’apostolato del maestro di scuola, e l’Australia, cosa incredibile a dirsi, con appena 200,000 abitanti [p. 10 modifica] ha 44 Biblioteche composte in gran parte di libri popolari. Melbourne, capoluogo della colonia Vittoria, fino dal 1853 ha una Biblioteca in parte fissa, in parte circolante, con 50,000 volumi e molte opere italiane in doppia copia, originali o tradotte; essa è ordinata con norme liberalissime e frequentata da molte donne e fino da 400 lettori al giorno4.

Ma la patria veramente delle Biblioteche popolari è contrastata alla Scozia dalla industre Olanda, questa popolazione paziente debellatrice dell’Oceano che secondo le famose carte del Manier non ha che tre analfabeti per 100 abitanti! Infatti Giovanni Nieuwenhuizen fondava a Monikedam nel 1784 una filantropica Società col titolo: Tot nut van't Algemeen, ossia Società per il bene pubblico, composta di 15,000 soci: e questa diede all’Olanda in breve volgere di tempo 266 Biblioteche popolari e un gran numero di scuole in ogni città.

In Scozia non si ha traccia di Biblioteche popolari che all’ottobre del 1821 e il nome di Leonardo Homer va per il promotore di esse nelle scuole degli artigiani (Mechanic’s Institutions) di Edimburgo. Manchester ne imitava il bell’esempio nel 1824, sicchè la Gran Bretagna nel 1860 aveva 700 di queste istituzioni con 120,000 associati: ivi le Società cooperative concorrono alla compra di libri popolari e quindi i soci ed i clienti che vi prendono le vettovaglie richiedono ed ottengono anco il libro che scivola quasi [p. 11 modifica] accartocciato col cibo nelle loro mani; salutare distribuzione del pane dello spirito insieme a quello del corpo! Quasi tutte queste istituzioni sorsero coll’obolo e col risparmio degli operai inglesi i quali soglion dir sempre: di ciò che non si paga non si tiene alcun conto.

A questo proposito è importante conoscere la relazione d’un fatto a cui si trovò presente l'illustre professore Villari nell’escursione che vi fece nel 18625.

Era un’adunanza preparatoria presieduta da lord Brougham. Fu sollevata la questione se cioè bisognasse fondare di questi clubs o Società con danaro dei privati gentiluomini, o se anco gli operai dovessero concorrere coi loro mezzi. Gli adunati furono unanimi a concludere che ove l’operaio non pagasse qualcosa e non si considerasse com’anch’egli fondatore e proprietario, l’impresa non riuscirebbe; nei pochi centesimi dell’operaio, concluse un altro oratore, sta tutta la vita e l’avvenire dell’istituzione che noi vogliamo promuovere. E in questo punto fu introdotto nella sala un operaio e fu interrogato perchè aprisse liberamente il suo animo intorno alla questione.

Egli parlò con molta franchezza; disse ch’egli era co’suoi colleghi sostenitore di questi clubs progettati, che la morale dei braccianti ne avrebbe vantaggiato assai; le nostre famiglie li desiderano, perchè i padri e i mariti lasceranno così le bettole, vi sarà minore ubbriachezza, scemeranno i vizii; siamo d’avviso che spetti a noi di [p. 12 modifica] aprire il club, che debba esser nostro; accettiamo, anzi chiediamo l’aiuto dei più ricchi perchè i nostri mezzi non bastano e ricusiamo che altri paghi per noi tutta la spesa. Così fra gli applausi generali finiva il discorso dell’operaio: lord Brougham apriva quindi la soscrizione con alcune lire sterline e gli altri lo imitarono.

Da questo quadro che ho brevemente tratteggiato parrebbe forse che le Biblioteche popolari avessero già corso gran pezza e conquistato abbastanza terreno; ma sarebbe follia il crederlo. Esse debbono tuttavia penetrare in ogni comune, in ogni scuola e, come disse il Simon, in ogni capanna6: il loro posto è ancora nella Caserma, e là il libro può far fruttare le lunghe ore d’ozio del soldato, distraendo lui pure dal giuoco e dalla bettola dove profonde il soldo quotidiano e il peculio della casa; ivi il libro dee farsi continuatore delle scuole reggimentali ora fortunatamente istituite, e confermare nell’amor di patria quella gioventù cui è affidata la sua difesa. Io non sarò di quelli che attribuiscono tutti gli allori di Sadowa alla potenza dell’alfabeto e dei libri, ma certo si devono in buona parte alla preminenza dell’istruzione prussiana.

Ma il libro deve ancora abitare negli ospedali e introdursi quale angelo consolatore per le sale dei nosocomii confortando alla pazienza, raffermando nella virtù del soffrire, educando quelle fra le anime gementi che non s’aprirono mai ai sentimenti del buono e del bello. [p. 13 modifica]

L’Asilo dei Convalescenti a Parigi che è sotto il patronato dell’ imperatrice Eugenia, diè a questo modo il primo esempio di conferenze popolari, e tre ospedali di quella città s’avvantaggiarono, or’ è poco, del benefizio dei libri, per il lascito di cospicua somma che un giovane e distinto medico, Ernesto Godard, stato ivi ammalato, poi morto a Gerusalemme, destinava all’acquisto di una Biblioteca per gli infermi; e i giornali francesi non ha guari si lodavano altamente di questa sapiente disposizione per la quale certo si rendeva meno tedioso e anzi proficuo insieme ed istruttivo il soggiorno negli asili del dolore.

Ma il libro deve ancora discendere messaggero di luce e di pace nelle prigioni e negli ergastoli7. — Non è a credersi quanto giovi il segreto consiglio d’un libro agli infelici racchiusi in un carcere: possono dircelo le anime severe di Marco Polo, di Serra, del Pallavicino, di Federico Confalonieri che ebbero la fortuna d'averne e lo spirito gentile di Silvio Pellico che dal Dante e dalla Bibbia trasse immenso conforto.

Non sempre, come ben avvertiva un mio bravo amico e paziente cultore di studi carcerarii, Alberto Errerà, non sempre giovano ai condannati, nè son troppo frequenti, le conversazioni dei filantropi, dacchè raramente avviene che la dimestichezza sia tale da ingenerare fiducia e l’abito della simulazione rende meno agevole la scoperta della [p. 14 modifica] verità! Io ne udii parecchi dolenti di non avere un libro su cui soffermare la mente e meditando trarre profitto del lungo ozio: forse molti delitti si lascierebbero a mezzo, molte colpe si sconsiglierebbero e tante recidive, con più emende. E che altro rimane in uno stato di solitudine intellettuale, se non che raccorre il vaniloquio dei compagni, seguire il triste pendìo delle prave inclinazioni e architettare nuove turpitudini?

Nelle carceri tedesche una scelta Biblioteca sta sempre a disposizione; gli ottimi giornali educativi e illustrati, di cui abbonda la Germania, si offrono in gran copia. Forse non andrà molto che anco nelle nostre carceri ciò che colà è un fatto non sia più un desiderio. A Venezia, a Milano, a Bergamo e specialmente nelle carceri di femmine si fa quest’utile ed importante esperimento: ed anco a Vicenza, come ne ebbi notizia dall’illustre commendatore Lioy, una libreria ambulante gratuita gira dalle scuole rurali degli adulti fino ai magazzini cooperativi ed alle carceri8. [p. 15 modifica]Intanto quello che mi conforta è il vedere che in Italia, dove è lo scarso numero di 200 Biblioteche pubbliche, si comincia a pensarvi e con molta alacrità l’iniziativa privata s’è messa all’opera; questa fede nell’importanza della scuola del libro si è fatta generale e può dirsi fede comune di tutte le intelligenze, di tutti i partiti: 220 di queste istituzioni già fondate; 4 Società di provincia già in essere a Milano, a Venezia, a Siena, a Livorno, 12 Consigli provinciali che stanziano sussidii9, è un bel fatto e di molto significato.

Speriamo che la moderna Società sappia comprendere a dovere questo bisogno che si è manifestato così spontaneo e generale, persuadendosi che la ricchezza pubblica sta principalmente nell’educazione morale e civile: e certo oggi che si provvede ai giardini pubblici e ai square pel popolo, più che mai si ha da pensare a diminuire il coefficente della criminalità e quel grosso miliardo di tributo annuale, che nelle industrie noi paghiamo ai forestieri. Auguriamoci, come ben disse il nostro bravo amico professore Galanti, che la donna entri nelle nuove associazioni di Biblioteche popolari: dal libro trarrà ammaestramenti per dispogliarsi [p. 16 modifica] dei pregiudizi e ai suoi bambini raccolti amorosamente a sè d’intorno insegnerà verità da lei stessa poco prima ignorate: essa diverrà l’apostolo della sua casa; nel libro forse dopo una giornata di stento troverà un conforto inatteso, dopo la sciagura un’ ora di consolazione, dopo il pianto un sorriso.

Le scuole sono una preparazione e un indirizzo al quale bisogna far seguito e complemento con appropriate cognizioni sociali e tecniche; la pianta (come fu detto benissimo con bella metafora) chiede aiuto costante, benignità continua di terreno e di cielo10. Se vuolsi che il popolo non fallisca la via e il poco appreso non rivolga a danno del consorzio civile, fa d’uopo dirigersi al cuore e all’intelletto con un [p. 17 modifica] amico, con un maestro continuo che non aggrava se non di pochi soldi il bilancio del comune e delle famiglie.

Il libro risponderà a questo bisogno; vi risponderà quando cessi di essere privilegio, ma vada cercando invece dell’umile faticante nei riposi della sua casa; quando la lettura in comune lo inviterà a pensare, ad imparare ed anche a vergognarsi di non sapere; quando il racconto pronunziato dal giovinetto dodicenne al suo vecchio padre che non seppe mai leggere farà la gioia e la consolazione di parecchie serate d’inverno e la dolcezza del focolare domestico. Nè vale l’opporre che abbiamo ancora accampato un buon numero d’analfabeti, che già la lettura in comune giova pure a costoro e per illuminare e per scuotere l’inerzia; nè per questi sarebbe ragionevole il trascurare gl’interessi di tanta parte di popolo che sa leggere ed a cui manca che cosa leggere.

Se non che ad agevolare la missione delle Biblioteche popolari ed insieme la loro diffusione è senza dubbio necessario che fra i vecchi nostri libri e da giovani nostri ingegni si prepari qualcosa per l’istruzione vera del popolo; che le provincie11 e lo Stato incoraggino gli autori intenti a raccogliere il buon seme della scienza popolare, ad ammannire l’erpice che deve sradicare l’ignoranza. [p. 18 modifica]E tanto meglio io credo ne avverrebbe, se una grande società si venisse formando e questa, collo stimolare l’iniziativa privata alla fondazione di biblioteche, le fornisse l’elemento sodo e nutritivo che non fosse di quelle certe compilazioni poco sostanziose, impropriamente battezzate col nome di popolari, ma d’una letteratura che, mescendo l’utile al dolce, diriga l’operaio alla vita pratica e civile, all’istruzione professionale ed alle conoscenze tecniche.

Io ho manifestato pubblicamente per due volte questa idea perchè si apprezzi e si discnta l’importanza del progetto; ma il mio nome sta per un solo, nè io sono di tanto per mettermi alla testa dell’impresa, lo che tocca ai più antorevoli ed ai più savi, specialmente in un paese in cui la gioventù, come fu ben osservato, se è ricca talvolta di aspirazioni è bensì povera d’influenze. Avrei caro però che si discutesse questo vitale argomento, del preparare i buoni libri, del modo di ordinarli e farli noti con un sistema di benintesa pubblicità, senza di che le buone cose pur non fanno cammino.

Oggi vi è anco il bisogno di far argine a quei tanti libri e giornaletti a pochissimo prezzo che, appunto per questo, corrono per le mani di moltissimi, libri e giornaletti che, trovandosi liberi padroni del campo, falsano i principii, sciupano il buon gusto e, quel che è peggio, il costume.

Ci pensino quelli a cui vanno queste mie parole; ci pensino quelli che nell’apostolato educativo sono capitani; pensiamoci infine tutti su cui cade la responsabilità del non avere operato, [p. 19 modifica] mentre abbiamo il dovere di curare questo bene generale e di mantener vivi e salutari gli effetti della libertà! Moltiplichiamo dunque le istituzioni educative e ricordiamo che la sola scienza rende libero il lavoro e la sola istruzione rende libera l’umanità.


  1. Anco la colonia italiana a Buenos-Ayres aprì due anni or sono una Biblioteca popolare.
  2. Atti della Società d’arti e mestieri d’Annover, 1867, fasc. 3°.
  3. Ma gli Stati Uniti, che certo non v’è paese al mondo che li superi nei sacrifizi e spese che vi si fanno per l’istruzione popolare, vantano una popolazione ricca e bene educata. Il Duvergier che l’anno scorso vi fece un viaggio e fu a visitare il Massachussetts, entrando in uno stabilimento industriale di Boston, trovò che la più gran curiosità del luogo è il lavorante medesimo. Quei 300 uomini che vi sono addetti, quando ritornano da desinare tutti serii e ben vestiti si dura fatica a credere che sian braccianti. Gli operai delle nostre città dei quali più si vanta l’intelligenza non sono in confronto ad essi che poveri diavoli; là non vi è il popolano senza cultura che fatica giorno per giorno senza avvenire; il segreto di questo prodigio sta nell’istruzione.
  4. Queste notizie sull’Australia riferirono i socii Amati e Cantù all’Istituto Lombardo. V. Atti, 2° semestre 1868.
  5. Villari, Scritti pedagogici, 1868.
  6. Ad una Biblioteca Circolante per la gente di mare nissuno avea pensato finora, tranne il carissimo avvocato Mazza di Loano.
  7. Impariamo della carcere a fare scuola; anco le carceri avrebbero ad avere la loro biblioteca Tommasèo, Dizion. Morale pag. 32.
  8. Riferisco in proposito quanto me ne scrisse l’illustre comm. Lioy:

    «17 maggio 68

    «Illustre e caro signore, «Grazie dei suoi preziosi doni e della memoria che conserva di me...

    Le scuole serali che sotto il cessato governo erano 8 in questa provincia, con soli 480 scalari, salirono ormai a 220, con 13,850 scolari. Il progresso è dunque consolante. Cerco diffondere buoni libri, e già Vicenza vanta una Biblioteca circolante gratuita delle operaie con 700 volumi e una libreria ambulante gratuita, che gira dalle scuole rurali degli adulti, alle carceri, ai magazzini cooperativi. Altre librerie circolanti gratuite s’istituirono a Bassano, Asiago, Lugo. Ella avrà sempre il merito d’aver preso l’iniziativa di sì utili istituzioni, s’imagini dunque quanto le vuol bene e la stima

    «il suo: Lioy

  9. Vedasi il mio lavoro storico-statistico che ha per titolo Le Biblioteche Popolari in Italia dal 1861 al 1869.
  10. S’insegna leggere alla generazione futura e si spera forse che questi nuovi letterati faranno buon uso della scienza acquisita per istruirsi in ciò che loro spetta di sapere. Ma parmi questa una vana speranza. I contadini lombardi hanno tutti o pressochè tutti frequentato nell’infanzia loro le scuole comunali; ma sino a che in coteste scuole non s’acquista altro che uno strumento per imparare ciò che veramente è necessario a sapersi, non si può sperare che il giovanetto licenziato dalla scuola perchè ha raggiunto il 12° anno di sua vita è rimandato alle fatiche e alle sofferenze domestiche col solo vantaggio di poter leggere, scarabocchiare il proprio nome ed eseguire le due prime operazioni dell’aritmetica, non si può sperare io dico che esso impieghi utilmente il suo magro corredo di cognizioni per acquistarne altre indispensabili ad un popolo che vuol essere libero. Ciò che deve invece accadere e che accade di fatto si è che il giovanetto stesso che sapeva leggere a 12 anni, non lo sa più passati i 20. C.a Trivulzio Belgiojoso, Osservazioni sullo stato attuale d’Italia, ecc.
  11. L’Amministrazione provinciale di Milano ha dato già un nobile esempio: essa fa pubblicare a sue spese dei libriccini di letture popolari più specialmente storiche: altre deputazioni provinciali, come Cremona, premiarono pure dei buoni libri.