Edipo a Colono (Sofocle - Romagnoli)/Secondo episodio

Da Wikisource.
Secondo episodio

../Primo stasimo ../Secondo stasimo IncludiIntestazione 13 novembre 2019 100% Da definire

Sofocle - Edipo a Colono (401 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1926)
Secondo episodio
Primo stasimo Secondo stasimo
[p. 173 modifica]

Terminato il canto del Coro entra in scena Creonte
seguito dai suoi uomini.

antigone
Da tante lodi celebrato suolo,
or devi chiaro i tuoi vanti provare.
edipo
770Che c’è di nuovo, o figlia?
antigone
 A noi s’appressa
Creonte; e non vien già senza satelliti.
edipo
Carissimi vegliardi, ora per voi
la mèta appaia della mia salvezza.
corifeo
Fa’ cuore, apparirà: vecchio son io,
775ma non vecchio è il vigor di questo suolo.

[p. 174 modifica]

creonte
Di questa terra o nobili signori,
nuovo terror v’ha colti, io ben lo veggo
dagli occhi vostri, per la mia venuta.
Ma non temete, ma parola infausta
780non pronunciate: io qui non vengo a compiere
opera trista: ch’io son vecchio, e giungo
a una città, lo so bene, possente
quanto altra mai ne l’Ellade. Ma qui,
vecchio quale io mi sono, m’inviarono
785perché quest’uomo al suolo dei Cadmèi
convincessi a seguirmi; e non d’un solo
l’invito fu, ma tutti mi vi spinsero:
ché piú d’ogni altro, in Tebe, a sofferire
le pene di costui, me designava
790comunanza di stirpe. Or dunque, ascoltami,
misero Edipo, e torna alla tua patria:
il popol tutto dei Cadmèi t’invoca,
bene a diritto, ed io primo fra tutti,
tanto piú, quanto piú - se no, sarei
795il piú tristo fra gli uomini - m’affliggo
per le tue pene: ch’io ti vedo, o vecchio,
presso altra gente esule andare, o misero,
sempre ramingo, ed un’ancella sola
compagna all’errar tuo: ch’io non credeva
800che in tal miseria ruinar potesse
dove caduta adesso è questa misera,
che te cura e la tua povera vita,
con cibi mendicati, in tale età,
senza sorte di nozze, e preda al primo
805che in voi s’imbatta. O a me turpe rampogna,
e a te, meschino, e alla progenie tutta!
Tanta miseria ora conviene ascondere.

[p. 175 modifica]

E tu, pei Numi patri, Edipo, ascoltami,
nascondila, con me volenteroso
810torna alla tua città, torna alla casa
dei padri tuoi. Questa città saluta
con cuore amico: essa n’è degna; eppure
maggior giustizia sembrerà, se veneri
la patria, che ti fu prima nutrice.
edipo
815O temerario, che tramuti in frode
variopinta ogni argomento onesto
,
perché fai questa prova, e nuovamente
trarmi fra i lacci vuoi, dove io, caduto,
dovrei dolermi? Un di, quando piú fiero
820mi crucciava il mio morbo, e andar fuggiasco
confortato m’avrebbe, io te lo chiesi,
e tu la grazia mi negasti: quando
sazio poi fui del mio corruccio, e dolce
piú m’era in patria rimanere, allora
825non ti fu caro essere a me parente:
ora che. infine, a me questa città
propizia vedi, e i cittadini tutti,
mi vuoi strappare, e dure cose dici
con blandi accenti. Eppur, che gioia è amare
830chi rifiuta l’amor? Come se, quando
per aver checchessia tu altrui lusinghi,
quegli non te la dà, né ti soccorre;
e allor che, poi, sazïetà di quanto
bramavi, t’empie il cuor, te l’offre, quando
835grata la grazia piú non t’è. Vorresti
piacer sí caro eleggere? Eppur, tale
è quello che tu m’offri ora: a parole

[p. 176 modifica]

dolce, e di fatto amaro. Ed anche a questi
parlare io vo’, mostrar quanto sei tristo.
840Tu sei qui giunto a prendermi, non già
per condurmi alla patria: alle sue soglie
allocarmi tu vuoi, perché rimanga
dalle offese d’Atene immune Tebe.
Via tu non l’otterrai: questo otterrai:
845che lo spirito mio vendicatore
abiti sempre in quella terra; e tanto
di quelle zolle avranno i figli miei,
quanto basti a morirci. Or, non vedo io,
meglio di te, le vicende di Tebe?
850Meglio assai più, quanto son più veraci
quelli ond’io l’odo: Apollo, e Giove stesso,
padre d’Apollo. La tua bocca subdola
giunge provvista di scaltrezza molta:
eppur, malanno dal tuo dire avrai
855più che salute; ma poiché non posso
rendertene convinto, adesso vattene,
lascia ch’io viva qui, seppure qui
male vivrò, quand’ io ne son contento.
creonte
Dopo tante parole, a me tu credi
860che il tuo contegno arrechi danno, o a te?
edipo
Dolcissimo è per me, se tu, né me,
né questi presso a me giungi a convincere.

[p. 177 modifica]

creonte
Sciagurato, neppur giunto a tali anni
fai senno, e obbrobrio alla vecchiaia rechi?
edipo
865Prode di lingua, tu; ma nessun giusto
mi so che bene in ogni causa parli.
creonte
Altro è molto parlare, altro a proposito.
edipo
Quanto conciso tu, tanto a proposito.
creonte
Non per chi mente avrà pari alla tua.
edipo
870Va’ via: tel dico a nome anche di questi:
qui stare io devo: non farmi la guardia.
creonte
Questi, non te, giudici vo’ di come
tu rispondi agli amici, e s’io ti prendo.
edipo
Prendermi, quando questi mi difendono?

[p. 178 modifica]

creonte
875Avrai, seppur non piglio te, gran cruccio.
edipo
Di qual misfatto la minaccia avventi?
creonte
Delle tue figlie, or ora una ho rapita,
spedita via; quest’altra ora ghermisco.
edipo
Ahi!
creonte
 Piú motivo avrai presto di gemere.
edipo
880Hai la mia figlia?
creonte
 E presto avrò quest’altra!
Si avventa su Antigone.
edipo
Ospiti, ahimè, che fate? mi tradite?
da questo suol non discacciate l’empio?

[p. 179 modifica]

corifeo
a Creonte.
Va’ via presto di qui; né quanto fai
né quanto hai fatto, o straniero, è giusto!
creonte
ai suoi satelliti.
885Tempo è per voi che, a mal suo grado, quando
di buon grado non vuol, costei meniate.
antigone
Tapina me, dove avrò scampo? quale
soccorso troverò, di Numi o d’uomini?
corifeo
Stranïero che fai?
creonte
 Non toccherò
890quest’uomo, ma costei che m’appartiene.
edipo
O voi, signori della terra!
corifeo
a Creonte.
 Ciò
che fai, non giusto è, stranïero...

[p. 180 modifica]

creonte
 È giusto.
corifeo
E come giusto?
creonte
 I miei con me conduco.
edipo
Strofe
O città!
corifeo
895O stranïero, che fai? La lasci? Presto alla prova
 verrai del braccio.
creonte
Sta lungi!
corifeo
 Non da te, se ciò disegni.
creonte
Con Tebe stessa, se m’offendi, pugni.
edipo
Non te lo dissi?

[p. 181 modifica]

corifeo
 Le man’ togli subito
dalla fanciulla.
creonte
 Tua non è: che ordini?
corifeo
al satellite che ha afferrata Antigone.
900Di lasciarla t’impongo.
creonte
 Ed io, che vada.
corifeo
Accorrete qui, venite qui, venite, o paesani!
La città, la mia città dalla forza è soverchiata.
 Deh, correte!
antigone
tratta via a forza.
Son rapita, o me misera! Ospiti, ospiti!
edipo
Dove sei, figlia?
antigone
 A forza via mi traggono.

[p. 182 modifica]

edipo
905Tendi le mani, o figlia mia!
antigone
 Non posso.
creonte
La conducete, o no?
edipo
 Ahimè, ahimè!
creonte
Piú non avrai di questi due bordoni
l’appoggio per la via. Quando vuoi vincere
la tua patria, e gli amici ond’ebbi io l’ordine
910di far, sebbene re, quello ch’io faccio,
vinci. Col tempo, ben vedrai, lo so,
ch’ora il tuo bene non procacci, né
lo procacciavi pel passato, quando
sazia facesti, a scorno degli amici,
915l’ira, che sempre fu la tua rovina.
Creonte fa per andarsene; ma il corifeo lo ferma.
corifeo
Fermati, stranïero!

[p. 183 modifica]

creonte
 Non toccatemi!
corifeo
Perché rapite le fanciulle m’hai?
Io non ti lascio.
creonte
 E maggior pegno allora
dovrai deporre per la mia città:
920ché non queste due sole io prenderò.
corifeo
E a chi ti volgerai?
creonte
 Porterò via
anche costui, prigione.
corifeo
 Audace parli.
creonte
Presto i fatti vedrai.
corifeo
 Qualora ostacolo
non t’opponga il signor di questa terra!

[p. 184 modifica]

edipo
925Svergognate parole! Oserai mettere
su me le mani?
creonte
 Taci, io te lo impongo.
edipo
Deh, queste Dive1 muto non mi rendano
a quanto ancora impreco a te, che l’occhio
debole2 agli occhi miei d’un tempo aggiunto
930via mi strappasti con la forza, o perfido.
A te stesso, per questo, alla tua stirpe,
il Nume dia che tutto vede, il Sole,
vita pari alla mia negli ultimi anni.
creonte
Di questo suol vedete, o abitatori...
edipo
935Me, te vedono; e pensano, che a fatti
sono offeso, e a parole mi difendo.
creonte
Piú lo sdegno non freno; a viva forza
lo condurrò, sebbene solo e vecchio.

[p. 185 modifica]

edipo
Antistrofe
Ahi, tapino!
corifeo
940Quanta arroganza qui ti condusse, se questo
 compiere vuoi, stranïero!
creonte
Lo vo’.
corifeo
 Città piú non sarebbe Atene.
creonte
Col buon diritto, vince i grandi un piccolo.
edipo
Le sue parole udite?
corifeo
 Oh, non potrà!
creonte
Lo sa Giove, non tu!

[p. 186 modifica]

corifeo
 Non è sopruso
945questo?
creonte
 È sopruso; eppur devi patirlo.
corifeo
Ahimè, corra tutto il popolo, della terra, ahimè, signori, qui correte in tutta fretta, qui correte, ché costoro
di già varcano i confini.

[p. 187 modifica]



Mentre si levano piú alte le grida, giunge d’improvviso Teseo.
teseo
Che gridate? Che succede? Quale mai sgomento è questo?
M’impediste che a Posídone, protettore di Colono
950io compiessi il sacrificio. Tutto or dite: ché piú presto
che piacere non facesse al pie’ mio, corso qui sono.
edipo
La tua voce conosco. Oh dilettissimo,
da costui che soprusi or or soffersi!
teseo
Quali soprusi? Chi t’offese? Parla!
edipo
955Creonte, questi che qui vedi, a me
strappò le figlie, il mio solo sostegno.
teseo
Che dici mai?

[p. 188 modifica]

edipo
 Ciò ch’io soffersi udisti.
teseo
Su’, dei famigli alcuno in tutta fretta
a quegli altari muova, e a tutto il popolo
960dei cavalieri e dei pedoni, imponga
che lasci i sacrifizi, e a briglia sciolta
corra dove le due strade convergono
dei viandanti, sì ch’oltre non vadano
le due fanciulle, e, soprattutto, a forza,
965del foresto ludibrio io non divenga.
Va’, come ordino, in fretta. E questi, poi,
se in ira, come io pur dovrei, salissi,
dalla mia man non uscirebbe illeso.
Or, con la legge ch’egli stesso addusse
970sarà trattato, e non con altre. Mai
non uscirai da questa terra, prima
che le fanciulle tu qui non adduca
palesemente, a me. Ché un atto indegno
di te compiesti e dei maggiori tuoi,
975e della terra tua, quando, venuto
a tal città che la giustizia pratica,
e nulla compie contro legge, tu
i suoi principi violando, piombi
su lei, quello che a te serve rapisci,
980e te l’approprí a forza, e vuota d’uomini
pensi che sia questa città, che sia
forse una serva, ed io pari a nessuno.
Pure, non ti educò Tebe a tristizia,
ché nutrire non ama uomini ingiusti,
985né lode a te darebbe, ove sapesse

[p. 189 modifica]

che le mie cose e degli Dei tu predi,
che via trascini a forza queste misere
e le suppliche loro. Oh, non io già,
se nella terra tua venuto fossi,
990e i diritti più santi avessi avuto,
senza il voler del re, chiunque ei fosse,
alcuna cosa avrei tolta o rapita;
ma ben saputo avrei come ad un ospite
diportarsi convien coi cittadini.
995Invece, una città che non lo merita,
svergogni tu, la tua. Gli anni che passano,
vecchiardo insieme te rendono e fatuo.
Già prima te l’ho detto, or lo ripeto:
qui le fanciulle alcun rechi al più presto,
1000se tu di questa terra abitatore
non vuoi restar contro tua voglia, a forza.
Con l’animo e col labbro io ti favello.
corifeo
Vedi a che punto, o stranïero, sei?
Giusto, da tal sei nato, esser dovresti,
1005e sei colto che compi opere inique.
creonte
Questa città non credo io priva d’uomini,
figlio d’Egèo, non priva di consigli,
come tu dici. Ma compiei quest’atto,
perché non supponevo io che il tuo popolo
1010sentisse mai tanta sollecitudine
pei miei, da nutricarli a mal mio grado:
credei che un uomo parricida e impuro
non accorrebbe, le cui nozze furono
empie palesemente, ed empio il frutto.

[p. 190 modifica]

1015Sapea che in questa terra esiste un saggio
Areopàgo, che non lascia vivere
coi cittadini vagabondi simili.
Tal fede avendo, questa preda io feci;
né pur fatta l’avrei, s’ei non avesse
1020alla mia stirpe, a me, lanciate amare
maledizioni. Offeso, allora, offesi
Ché l’ira invecchia sol quando essa muore:
Ed ora, fa’ciò che tu vuoi: ché debole
l’esser qui solo rende me, seppure
1025favello il giusto. Ma sebbene grave
son d’anni, a fatti tenterò resistere.
edipo
Anima spudorata, e quale pensi
vituperar, delle vecchiaie nostre?
La mia forse, o la tua? Nozze, omicidi
1030miserie, dal tuo labbro a me scagliasti
ch’io senza mio voler pativo, o misero;
ché tanto ai Numi piacaque, irati forse
contro la stirpe mia, dagli evi antich.
Ché, se tu guardi me, non troverai
1035traccia di fallo alcuna, ond’io dovessi
contro me, contro i miei tanto peccare.
Spiegami, dunque: se un divino oracolo
giunse a mio padre, che morir dovrebbe
per man del figlio suo, con che giustizia
1040la colpa attribuir vorresti a me,
che né dal padre ancor, né dalla madre
germi accolti non avea dell’essere,
concepito non ero? E se poi, nato
com’io nacqui, infelice, a lotta venni

[p. 191 modifica]

1046con mio padre, e l’uccisi, in tutto ignaro
di che scempio compiessi, e contro chi,
a un atto involontario, apporre biasimo
giustamente potresti? E di mia madre,
che tua sorella, o sciagurato, fu,
1050a narrare le nozze puoi costringermi
senza vergogna? Ed io le narrerò,
non tacerò, poiché l’empia tua bocca
è pur tanto trascorsa. Era mia madre,
era mia madre, ahimè, sciagura mia!
1055Ma non sapevo, io, non sapevo! Madre
m'era, e l’obbrobrio diede a me di figli!
Ma questa cosa io so: che cosciente
me tu diffami e tua sorella; e ignaro
io sposa l’ebbi, e a mal mio grado or parlo.
1060Ma non sarà che taccia di tristizia
per queste nozze io m’abbia, e per la strage
del padre mio, che sempre mi rimproveri
con vituperio amaro. Un punto solo
rispondi a me, di ciò ch’io ti domando:
1065se, d’improvviso qui giungendo, alcuno
volesse, o giusto, ucciderti, ricerca
faresti, se tuo padre è chi t’assale,
o ne trarresti subito vendetta?
La trarresti, se pur cara hai la vita,
1070senza indagar se tal vendetta è lecita.
Spinto dai Numi, a simile iattura
pervenni anch’io: smentir non mi potrebbe
seppur, vivesse, di mio padre l’anima.
Ma tu, che non sei giusto, e bello reputi,
1075checché tu dica, il lecito e l’illecito,
in cospetto a costor cosí m’oltraggi.
Il nome di Tesèo, bello è per te

[p. 192 modifica]

piaggiare, e Atene, e il suo governo saggio;
1080ma questo, poi, fra tante lodi oblii,
che, se una terra v’ha che d’onor sappia
ricolmare gli Dei, questa v’eccelle.
Quindi, per me rapir, vegliardo e supplice,
le man’su me gittasti, e le mie figlie
1085via trascinasti: ond’è che adesso invoco,
supplico queste Dee3 con le mie preci,
qui le astringo a venire, al mio soccorso,
a combatter per me, sí che tu vegga
da quali genti è custodita Atene.
creonte
1090Probo è l’ospite, o re: le sue sventure
orride son, ma di soccorso degne.
teseo
Basta il parlare; i rapitori affrettano,
e fermi stiamo noi, che siam gli offesi.
creonte
Debole io son: che debbo fare? Imponi.
teseo
1095Guidaci a quella volta; e nel tragitto
compagno io ti sarò. Ché, se ritieni
in questi luoghi le fanciulle, mostrale
a qualcuno di noi; se quelli, invece
che l’han ghermite, fuggono, per noi
1100l’affannarci non giova: altri s’affrettano;

[p. 193 modifica]

né sfuggir, della terra oltre i confini,
potranno ad essi, e grazie ai Numi renderne.
Guidaci, su! Tu tieni e sei tenuto,
cacci, e il destin te colse: riconoscilo.
1105Ciò che s’acquista con l’iniqua frode,
mal si compensa; e niuno avrai tuo complice.
Solo, bene lo so, né senza mezzi,
a tale eccesso qual’è il tuo, d’ardire,
tu non sei giunto; alcuno v’è, su cui
1110fidavi, quando tali atti compiesti.
E debbo io provveder: ché la città
piú debole di un sol non debbo io rendere.
Sei tu convinto? O le parole, inutili,
come allorquando il mal facesti, sembrano?
creonte
1115Nulla, finché son qui, merita biasimo
di ciò che dici a me. Ma quando in patria
sarò, ciò che far debbo anch’io saprò.
teseo
Minaccia, ma cammina. E tu, tranquillo
qui resta, Edipo; e sii pur certo, ch’io,
1120se pria non muoio, non desisto, avanti
che le figlie non rechi in tuo possesso.
edipo
Per la tua nobiltà, per l’equo provvido
senno ver’me, Teseo, sii benedetto!
Teseo esce con Creonte.

  1. [p. 338 modifica]Pag. 184, v. 927. - Queste Dive, cioè le Eumenidi.
  2. [p. 338 modifica]Pag. 184, v. 928. - L’occhio debole aggiunto agli occhi d'un tempo di Edipo, è Antigone, fatta strappare da Creonte dai fianchi del vecchio cieco.
  3. [p. 338 modifica]Pag. 192, v. 1085. - Queste Dee, cioè le Eumenidi.