Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri/Libro I/VI

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Libro I - Cap. VI

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CAPITOLO SESTO.

Si descrivono le Piramidi d’Egitto, e mummie

del Deserto.


R
Estandomi ancora da vedere le Piramidi d’Egitto, e mummie del Deserto, nè ciò potendosi fare senza buona compagnia, per timore degli Arabi; parlai al Consolo, acciò mi proccurasse qualche sicura maniera di andarvi. Egli per sua bontà, prese la fatica di parlare ad alcuni Francesi, che si preparavano a far lo stesso con buona scorta, e così fui di lor compagnia.

Dovevamo partire il Martedì 18. ma mi trovai infermo degli occhi, per aver lasciata la finestra aperta la notte, per lo gran caldo; quantunque fossi stato avvertito di non farlo, perché il male è infallibile: onde il dopo desinare andai camminando sopra un’asino per gli [p. 95 modifica]Bazar, e piazze della Città. Incontrai per istrada un’uomo di 40. anni in circa, barbato, e tutto nudo da capo a piedi, al quale tutti correvano a baciar le mani; ciò che non lasciò di fare il mio asinajo per divozione. Alcune donne gli baciavano l’estremità di quelle parti, che la modestia deve nascondere, per rendersi feconde. Avendo richiesto chi si fusse, mi dissero, che colui era un gran Santone.

Partimmo adunque il Mercordì 19. per Bulac, o Pulac, montati sopra una dozzina d’asini. Ivi giunti ci ponemmo in barca, non potendosi andare per terra, a causa dell’inondazione. Giugnemmo prima di mezzo dì alle piramidi (o, per meglio dire, smisurate montagne di pietre) non essendovi, che 12.m di cammino. La curiosità m’indusse, insieme con alcuni Francesi, a salire sino alla sommità della prima, con le ginocchia più tosto, che co’ piedi; per essere i primi gradini alti quattro piedi, e larghi tre, che girano ugualmente all’intorno, e vanno a poco a poco sin sopra stringendosi. Dalla cima, o piazza della Piramide si scuopre una immensità di paese, o più tosto, un grandissimo deserto [p. 96 modifica]d’arena. Calati con grandissimo incomodo, ci disponemmo per vedere il sepolcro, che dicono di Faraone, dove s’entra per un forame mezzo serrato dall’arene. Il P.F. Fulgenzio de Tovars Cappuccino, e Superiore dell’Ospizio del Cairo, buon Matematico, avendo disegnata la piramide, e presene tutte le misure dalia parte di dentro, e di fuori, io me le feci dare; siccome anche quelle del pozzo, che vi è dentro, quali il Padre Lazaro, parimente Cappuccino, 20.anni prima aveva prese; facendosi ligare, e calar giù, con una corda, nell’oscurità dei medesimo, per mera curiosità.

Questa gran Piramide, ch’è la più vicina al Cairo dalla parte di Settentrione, tiene 208. gradini di pietre di differente altezza, che si stima essere state coperte di marmi, tolti col tempo per uso d’altre fabbriche. Tutta l’altezza perpendicolare è di 520. piedi, la larghezza d’ogni lato 682. la piazza della sommità è composta di 12. pietre, che fanno in quadro piedi 16. e due terzi; donde dicono, che una freccia, tirata da valente arciero, non oltrepassaria lo spazio della medesima piramide. Alla porta si monta per sedici gradini, a fine de’ quali si entra, per un [p. 97 modifica]sentiero, che và in giuso, di figura quadrata sempre uguale: tre piedi e sei pollici alto; tre piedi, e tre pollici largo; e lungo in tutto 76. Dopo di ciò si truova un luogo di circa dieci piedi, dal quale si entra in altro cammino dell’istessa lunghezza di 76. piedi, che va all’in sù, a capo del quale si truovano due strade: una paralella all’orizonte, 12. passi lunga, con una stanza in fine; e l’altra, che va verso sopra, larga sei piedi, e quattro pollici, lunga 162. In fine di questa, per una galleria, si entra in una sala 32. piedi lunga, larga 16, ed alta 19. il soffitto della quale è piano, e composto di 9. pietre. Dentro sì fatta sala (ch’è circa alla terza parte della piramide) si vede un sepolcro vuoto (che dicono di Faraone) di marmo bianco, rosso, e nero, che ha di lunghezza sette piedi, e due pollici; di larghezza tre piedi, e un pollice; e di altezza tre piedi, e tre pollici; picciolo spazio invero per capire un sì potente Monarca. Scorgesi però dalla misura di questo sepolcro, che gli uomini di oggidì sono così grandi, come erano quelli di tre mil’anni addietro; e che noi non siamo più piccioli di quello, che si furono i nostri bisavoli. Di più, che bisognò porvi cotal pietra, [p. 98 modifica]prima che si compisse l’edificio; perocchè non v’è via, per la quale abbia potuto entrarvi.

Tra le accennate due strade, è a destra un pozzo, che si vede nel basso, per una linea perpendicolare all’Orizonte, che fa la figura del Lamed Ebraico; in cui, a fine di 77. piedi, è una finestra quadrata, che dà l’ingresso in una picciola grotta, cavata nella pietra tenera, (essendo la piramide edificata su la viva rocca) che si stende ad Occidente. In questa grotta, 15. piedi sotto, si truova una strada obliqua, intagliata nella pietra medesima, larga due piedi, e un terzo, ed alta due piedi, e un secondo, che va in giuso 123. piedi; dopo di che è serrata d’arena, e pietre, Dicono que’ barbari, che indi si passava, per vie sotterranee, sino alla testa vuota d’un’Idolo, ch’era non molto lungi dalla piramide. Di questo Idolo la parte dalle spalle in su, ch’è rimasa, tiene 26. piedi d’altezza sino alla sommità della testa, e dall’orecchio al mento 15. Tutto ciò ch’è detto, si vedrà più distintamente nella seguente figura.

A. Ingresso della Piramide 3. piedi, e 6. pollici alto, e 3. piedi, e 3. pollici largo.

B. Scesa lunga 76. piedi. [p. 99 modifica]

C. Spazio in fine di detta scesa, di 10. piedi.

D. Salita lunga 76. piedi.

E. Salita larga 6. piedi, e 4. pol. lunga 161. pie.

F. Strada di 8. in 10. piedi di lunghezza.

G. Camera vuota.

H. Camera 32. piedi lunga, 16. larga, e 19. alta.

I. Sepolcro vuoto lungo 7. piedi, e 2.pollici: 3. piedi, e un pollice largo: e 3. piedi, e 3. pollici alto.

L. Cammino per entrare nella camera del sepolcro, 8. o 10. passi lungo.

M. Piazza della sommità di 16. piedi, e due terzi.

N. Altezza perpendicolare 520. piedi.

O. Larghezza d’ogni lato 682. piedi.

P. La prima profondità del pozzo di 77. piedi.

Q. Profondità seconda di piedi 123.

L’altra piramide, uguale in altezza alla descritta, è da questa lontana 200. passi, verso Ponente: la pianta è poco minore, e con difficoltà (per le concavità delle pietre corrose dal tempo) si può montar in alto, tanto più, che non ha gradi, che sporgono in fuori come la prima. Vicino a queste due piramidi, ve n’è un’altra picciola per la quarta parte, fondata sopra l’eminenza d’una rocca: ciascheduno de’ suoi lati è 20. piedi meno della prima; e quantunque ella sia bassa, e più picciola, [p. 100 modifica]e nondimeno di una pietra tutta bianca, e di larghezza uguale all’altezza.

Passammo la sera, con sì buona compagnia, verso Settentrione, alle piramidi delle mummie, lontane due ore di cammino, e discoste dal Cairo ugualmente. La notte la passammo allegramente sotto tende.

Venuto il Giovedì 20. (mentre gli altri compagni erano a patteggiare con gli Arabi, per farci veder le mummie) io, e il Padre Fulgenzio entrammo nella più gran piramide delle 11. che ivi sono; della quale avendo egli prese le misure per dentro, e fuori, si trovò ciaschedun suo lato di 643. piedi: l’ingresso è a Settentrione, quasi alla quarta parte della sua altezza, ma non nel mezzo della linea orizontale; perche ha dalla parte d’Oriente 316. piedi, e da Occidente 327. Evvi una sola strada, che ha di larghezza tre piedi, e mezzo; e quattro d’altezza, sempre calando per lo spazio di 267. piedi: a fine di essa è una sala lunga 27. piedi e mezzo, larga 11. con la volta a forbice, o dorso d’asino. Nell’estremità di tal sala, si vede un’altra strada paralella all’Orizonte, che ha tre piedi di larghezza, e nove e mezzo di lunghezza; [p. 101 modifica]per dove si và in un’altra Camera lunga 21. piedi, e larga 11. (con la volta parimente a dorso d’asino) e molto alta; avendo dalla parte d’Occidente (dove si stende la sua lunghezza) una finestra quadrata, 24. piedi, e due terzi lontana dal suolo. Da questa camera si entra in un’altra strada assai larga, ad altezza d’uomo, paralella all’orizonte, e lunga 13. piedi, e 2. pollici; a capo della quale è una gran sala, con la volta dell’istessa guisa, lunga 26. piedi, e 8. pollici; larga 24. e un poll. Il pavimento è di viva rocca, con alcune punte, che sporgono in fuori inegualmente, lasciando nel mezzo un certo spazio.

Ad un’altra piramide ivi vicina non si può salire, perche le pietre non lasciano gradi al di fuori, come le descritte: di questa misurata la pianta, si trovò ogni suo lato 631. piedi.

L’altre nove piramidi, toltane una eguale alla mentovata, generalmente sono mezzane, e picciole; però di differenti lavori: ed alcune assai belle, di pietre di smisurata grandezza, che impossibile pare, aversi potuto colà per umano ingegno riporre.

I Cronologi, ed Auttori Arabi sono [p. 102 modifica]di parere, che quelle piramidi siano siate fabbricate da un tal Re d’Egitto, appellato Saurid, 300. anni prima del diluvio: ed intrecciano la narrazione con tante favole, ch’oscurano quel poco di verità, che dicono. Eglino scrivono, che questo Re avendo avuta una visione, in cui gli parve la terra esser rinversata sossopra, gli uomini star distesi colla faccia in terra, e le stelle cadere dal Firmamento; si turbò molto, ma lo tenne secreto: dopo vide cader le stelle dal Cielo in forma di uccelli, che servivano di guida a gli uomini, per condurgli dentro due grandi montagne, dalle quali poi rimaneano fracassati, e le stelle divenivano oscure. Spaventato di tal visione, unisce 130. indovini di tutte le Provincie di Egitto, fra’ quali era il famoso Aclimon, a’ quali esposto il sogno: eglino giudicarono, e predissero, che dovria venir un diluvio grande, da cui il paese d’Egitto correria rischio d’essere sommerso; e che l’effetto doveva seguirne indi ad alcuni anni. Ciò sentito il Rè, fece edificare queste piramidi, ed alcuni condotti sotterranei, per distornare l’acqua del Nilo dentro la Provincia nominata Alseida; mettendo intanto dentro le piramidi, quanto egli [p. 103 modifica]avea di prezioso: dopo averle finite, le fece coprire di un bel drappo di seta, e fecevi pomposa festa, col concorso di tutti i suoi sudditi. Narrano Selden. de Dijs Syrij. Scalig. in Manil. Astronom. molte altre favole ridicole, e fra le altre, i Copti una bellissima ne scrivono ne’ loro libri, cioè, che sotto la gran piramide vi sia un’iscrizione dei tenor seguente.

Il Rè Saurid ha fabbricato le Piramidi in tempo, etc. ed in sei anni le ha finite. Chiunque verrà appreso a lui, o si crederà così potente, come egli è stato, intraprenda di distruggerle in 600. anni; benche sia più facile di distruggere una fabbrica, che di elevarla. Egli l’ha coperte di seta, vegga un’atro di coprirle di stuoje.

Dapoi che il Calipha Almamoun entrò in Egitto, ebbe curiosità di sapere, che cosa fusse racchiusa dentro queste piramidi; e quantunque gli rappresentassero la cosa impossibile, egli nondimeno a forza di aceto, e fuoco, come anche di ferri temprati in una particolar maniera, superò ogni difficultà. Infatti la porta, che si vede nella gran Piramide, fu opera di lui; trovossi però dentro di un muro larghissimo, tesoro tale, che rinfrancò la spesa dell’apertura. Trovarono anche un pozzo quadro, e [p. 104 modifica]da tutti e quattro i lati porte, che davano ingresso a certe volte, dove erano corpi morti, involti in tela. Verso l’alto della piramide, s’abbatterono in una pietra, dentro la quale era una statua di un’uomo, e dentro la statua un corpo, con una piastra d’oro sul petto tempestata di gemme; una spada di gran valore, e sopra la testa un carbonchio, quanto un’uovo, molto brillante. Sotto la pietra erano caratteri, che nulla persona al Mondo seppe esplicargli. Aggiungono, che dapoi, che Almamoun fece fare quell’apertura, molti vi entrarono, de’ quali alcuni morirono: e questo è quanto gli Auttori Arabi favolosamente ne scrivono.

La verità però si è, che queste piramidi sono state fabbricate, per servir di sepolcri; siccome Strabone e Diodoro affermano, e dal sepolcro, che si vede nella più grande (sia di Cheopos, come dice Erodoto, o di Chemis, secondo Diodoro) apertamente si scorge. E quantunque Aristotile dica, che i Re d’Egitto intraprendessero sì fatte fabbriche, per esercitare lor tirannia; e Plinio, per ostentazione di lor possanza, e per tenere i sudditi occupati, acciò non [p. 105 modifica]pensassero a rivoltarsi: con tutto ciò il fine principale si fù, per servir di sepolcri, e conservarvi i corpi per lungo spazio di tempo: poiche credendo eglino, che le anime resteriano altrettanto in compagnia de’ corpi, quanto che questi si conservarebbono interi (non per informargli, ma per custodirgli, come loro prime abitazioni) proccurarono perciò, con ogni studio, preservargli dalla corruzione, imbalsamandogli, e riponendogli in sì famose fabbriche: nè questo pensiero è loro in tutto fallito, poiche dopo due e tre mila anni, si sono quegli trovati interi, e duri; ciò che diede motivo a Platone Strab. lib. 75 (che restò 13. anni in Egitto) di tirarne la conseguenza dell’immortalità dell’anima.

Fecero quei buoni Re le piramidi di tal figura, per farle durare più lungamente; mentre l’alto non carica il basso, nè la pioggia può far loro nocumento: avvegna che alcuni dicano, che le facessero così, per rappresentare la figura de’ loro Iddij. Egli però si crede con qualche fondamento Procl. Commentar. lib. 1. in Timæum Platonis., che dalla sommità delle medesime gli Egizj facessero le loro osservazioni astronomiche, e stabilissero il loro anno caniculare. [p. 106 modifica]

Essendo i gradi di queste piramidi di pietra massiccia, e ben pulita, stimano Diodoro, ed Erodoto, che siano state tagliate dentro le montagne dell’Arabia, che sono sopra Delta. Di più crede Erodoto, che pietre tanto grandi siano siate levate in alto a forza di ordigni, e macchine di legno, poste sul primo grado, per alzar le pietre al secondo. Diodoro però dice, che in quei tempi, non essendo per anche state inventate le macchine, si faceva un monte di terra dell’altezza, che bisognava, ed ivi sopra conducendosi le pietre, poi si lasciavano voltolare verso la fabbrica: ciò che non può digerirsi da chi non ha stomaco Greco.

Tralasciammo a bello studio di veder l’altre più lontane, ch’erano più di 30. sparse per lo deserto; ed andammo condotti dagli Arabi, a vedere i pozzi, o sepolcri delle mummie, che quegli avidi Barbari tengono nascosti, per cavar danaro da’ Franchi. In fatti vollero da noi venti pezze da otto.

Molti credono, che le mummie si truovino per entro i deserti dell’Arabia, e che siano corpi dì persone soffocate, e sepolte dalla rena, quando soffiano [p. 107 modifica]venti meriggiani; ma s’ingannano fortemente, perche altro non sono, che corpi degli antichi Egizj imbalsamati. Se ne truovano molte, entro grotte sotterranee, presso le rovine dell’antica Memphis, che tutta di sopra, e sotto è cavata: nelle quali grotte si entra per pozzi quadrati, fatti in maniera, che vi si può scendere, mettendo i piedi ne’ buchi, che sono ne’ lati opposti. Questi pozzi sono tagliati in una pietra bianca tenera, che si truova per tutte quelle contrade, dopo un braccio di arena; ne sono di uguale profondità, ma i meno profondi sono di 42. piedi. Nel fondo di essi si veggono aperture quadrate, e un passaggio 10. o 15. p. lungo, che conduce entro camere quadre a volta, delle quali ciaschedun lato è di 15. o 20. piedi: da ogn’uno de’ medesimi si vede una pietra, sopra la quale sono i corpi imbalsamati, alcuni dentro casse di gesso nero; altri dentro tombe fatte dell’istessa pietra, a figura d’un’uomo con le braccia stese. Si truova ordinariamente sotto la lingua di questi corpi, una piastra d’oro, del peso di due doppie; e perciò gli Arabi guastano tutte le mummie, (che poi vendono a’ Maomettani, e questi a’ Cristiani) benche alle volte non ci [p. 108 modifica]truovino niente. Presso alla testa di queste mummie si truovano anche Idoletti, e a’ piedi figure di uccelli; su le pareti stanno intagliati geroglifici, che forse servivano di epitaffio; e oltreacciò sono in ogni camera molti sepolcri di fanciulli, e d’altri. In ciascheduno poi di questi pozzi sono più camere, e grotte, che hanno comunicazione una con l’altra, senza altro lume, che dell’apertura del medesimo pozzo.

Calati entro un di questi, trovammo una camera di 20. piedi in quadro, tagliata, com’è detto, nella pietra: all’intorno vi erano sepolcri di persone qualificate, e nel pavimento di servi. Non vi erano che due mummie ordinarie, che credo fussero state poste di bel nuovo dagli Arabi, per prender danari; queste erano infasciate a modo di bambini, e poste dentro due casse di gelso, assai grosse, e massiccie; nelle quali si trovarono alcune figurine di creta, che si conservano appresso di me, con un cranio imbalsamato, che mi toccò in sorte; buono, per quel che dicono, per ferite, ed altre infermità.

Imbalsamavano gli Egizi questi cadaveri (parlo delle persone qualificate) aprendo loro il ventre, con una pietra, [p. 109 modifica]ben tagliente: poi tirandone gl’intestini, lavavano questi nel vino, e facendovi passare per entro una polvere aromatica, gli empievano di mirra pura, cassia, ed’altri aromi, senza incenso; e rimessigli in fine dentro il corpo, lo ricucivano. Ciò fatto ponevano il corpo dentro il nitro, e ve lo lasciavano 70. giorni, a fine de’ quali lo lavavano di nuovo, e l’inviluppavano strettamente con fascie di lino, che ungevano di sopra d’una certa gomma, della quale eglino solean servirsi in luogo di sale. Questi corpi poi ponevano dentro casse di gelso nero, grossolanamente fatte a figura di maschio, o di femmina; come alla giornata se ne truovano dentro le cave.

Usciti dal pozzo, gli Arabi ci condussero a vedere un laberinto, dove l’antichità dava sepoltura a gli uccelli. Per uno stretto spiraglio calammo in una camera, dalla quale per un buco, con la pancia per terra, passammo in certe strade, in cui si può camminare all’impiedi comodamente: da amendue i lati di queste si veggono urne, dove furono sepolti gli uccelli, nelle quali non si truova altro che poca polvere. Queste strade sono tagliate in una pietra [p. 110 modifica]nitrosa, e si stendono più miglia, come una Città sotto terra, ciò che chiamano Laberinto.

Ritornammo la sera nel Cairo, pagando per la spesa di questo piccolo viaggio, quattro zecchini di parte mia.

Per lo cammino vidi fra’l Cairo vecchio, e nuovo, gli esercizj militari, che facevano i soldati Turchi, in un bel piano vicino al Nilo. Erano circa 4. mila cavalli, che correvano a due a due, lanciando nel corso destramente un legno di palma. Alì allora Bassà del Cairo veniva ogni Mercordì, e Sabato a vedergli, per un balcone della casa di un Grande; oltre il concorso de’ Bey, o Principi, co’ loro sudditi, e schiavi, e vestiti assai bene. Mi narrarono, che i diciotto Bey, che sono al Cairo hanno molte Terre, e circa 500. mila scudi di rendita per ciascheduno, che spendono per mantener con fasto la superbia, e fierezza maomettana, tenendo nelle loro stalle centinaja di cavalli.