Vai al contenuto

La traviata/Atto secondo

Da Wikisource.
../Atto primo

../Atto terzo IncludiIntestazione 10 gennaio 2015 100% Da definire

Atto primo Atto terzo


[p. 12 modifica]

ATTO SECONDO



CASA DI CAMPAGNA PRESSO PARIGI.


Salotto terreno. — Nel fondo in faccia agli spettatori è un camino, sopra il quale uno specchio ed un orologio, fra due porte chiuse da cristalli, che mettono ad un giardino. Al primo panno due altre porte, una di fronte all’altra. — Sedie, tavolini, qualche libro, l'occorrente per iscrivere.


SCENA PRIMA


Alfredo entra in costume di caccia.



Lunge da lei per me non v’ha diletto!... (depone il fucile)
Volaron già tre lune
Dacchè la mia Violetta
Agi per me lasciò, dovizie, amori,
E le pompose feste
Ove, agli omaggi avvezza,
Vedea schiavo ciascun di sua bellezza...
Ed or contenta in questi ameni luoghi
Solo esiste per me... qui presso a lei
Io rinascer mi sento,
E dal soffio d’amor rigenerato
Scordo ne’ gaudii suoi tutto il passato.
De’ miei bollenti spiriti
Il giovanile ardore
Ella temprò col placido
Sorriso dell’amore!
Dal dì che disse: Vivere
Io voglio a te fedel,
Dell’universo immemore
Mi credo quasi in ciel.

[p. 13 modifica]

SCENA II.


Detto ed Annina in arnese da viaggio.


Alfredo Annina, donde vieni?
Annina                                     Da Parigi.
Alfredo Chi tel commise?
Annina                             Fu la mia signora.
Alfredo Perchè?
Annina             Per alienar cavalli, cocchi,
E quanto ancor possiede...
Alfredo                                             Che mai sento!
Annina Lo spendio è grande a viver qui solinghi...
Alfredo E tacevi?...
Annina                  Mi fu il silenzio imposto.
Alfredo Imposto!... e v’abbisognan?...
Annina                                                     Mille luigi.
Alfredo Or vanne... andrò a Parigi...
Questo colloquio ignori la signora...
Annina (parte)


SCENA III.


Alfredo solo.


Oh mio rimorso!... Oh infamia!...
E vissi in tale errore!...
Ma il turpe sonno a frangere
Il ver mi balenò.
Per poco in seno aquetati,
O grido dell’onore,
M’avrai securo vindice,
Quest’onta laverò. (esce)


SCENA IV.


Violetta ch’entra con alcune carte, parlando con Annina, poi Giuseppe a tempo.


Violetta Alfredo?
Annina              Per Parigi or or partiva.

[p. 14 modifica]

Violetta E tornerà?...
Annina                      Pria che tramonti il giorno...
Dirvel m’impose...
Violetta                                  È strano!...
Giuseppe Per voi... (le presenta una lettera)
Violetta (prende la lettera) Sta bene... In breve
Giungerà un uom d’affari... entri all’istante...

(Annina e Giuseppe escono)


SCENA V.


Violetta quindi il sig. Germont, introdotto da Giuseppe, che, avanzate due sedie, riparte.


Violetta (legge la lettera) Ah! ah!... scopriva Flora il mio ritiro!...
E un’invito a danzar per questa sera!...
Invan m’aspetterà... (getta il foglio sul tavolino e siede)
Giuseppe                                    Giunse un signore...
Violetta (Ah! sarà lui che attende...) (accenna Giuseppe d’introdurlo)
Germont Madamigella Valery?..
Violetta                                         Son io.
Germont D’Alfredo il padre in me vedete.
Violetta                                                       Voi! (sorpresa gli accenna di sedere)
Germont Sì, dell’incauto che a rovina corre (sedendo)
Ammaliato da voi.
Violetta Donna son io, signore, ed in mia casa, (risentita alzandosi)
Ch’io vi lasci assentite
Più per voi che per me. (per uscire)
Germont                                         (Quai modi!) Pure...
Violetta Tratto in error voi foste... (torna a sedere)
Germont                                           De’ suoi beni
Egli dono vuol farvi...
Violetta                                       Non l’osò finora...
Rifiuterei.
Germont                   Pur tanto lusso...
Violetta                                                 A tutti
È mistero quest’atto... A voi noi sia... (gli dà le carte.)
Germont (dopo averle scorse coll’occhio.)
D’ogni avere pensate dispogliarvi!...
Ah il passato perchè, perchè v’accusa!...

[p. 15 modifica]

Violetta Più non esiste... or amo Alfredo, e Dio
Lo cancellò col pentimento mio.
Germont Nobili sensi invero!...
Violetta                                         Oh come dolce
Mi suona il vostro accento!...
Germont (alzandosi)                               Ed a tai sensi
Un sagrifizio chieggo...
Violetta (alzandosi)                      Ah no... tacete...
Terribil cosa chiedereste certo...
Il previdi... v’attesi... era felice
Troppo...
Germont                 D’Alfredo il padre,
La sorte, l’avvenir domanda or qui
De’ suoi due figli...
Violetta                                 Di due figli!..
Germont                                                         Sì.
Pura siccome un angelo
Iddio mi diè una figlia;
Se Alfredo nega riedere
In seno alla famiglia,
L’amato e amante giovane
Cui sposa andar dovea
Or si ricusa al vincolo
Che lieti ne rendea...
Deh non mutate in triboli
Le rose dell’amor..
A’ prjeghi miei resistene
Non voglia il vostro cor.
Violetta Ah comprendo... dovrò per alcun tempo
Da Alfredo allontanarmi... doloroso
Fora per me... pur...
Germont                                   Non è ciò che chiedo...
Violetta Cielo!... che più cercate?... offersi assai...
Germont Pur non basta.
Violetta                           Volete che per sempre
A lui rinunzi?...
Germont                             È duopo!
Violetta                                               No... giammai.
Non sapete quale affetto
Vivo, immenso m’arda il petto?...
Che nè amici nè parenti
Io non conto tra’viventi?...
E che Alfredo m’ha giurato

[p. 16 modifica]

Che in lui tutto io troverò?...
Non sapere che colpita
D’atro morbo è la mia vita?
Che già presso il fin ne vedo?...
Ch’io mi separi da Alfredo!...
Ah il supplizio è sì spietato,
Che morir preferirò.
Germont        È grave il sagrifizio,
Ma pur tranquilla udite...
Bella voi siete e giovane...
Col tempo...
Violetta                                    Ah più non dite
V’intendo... m’è impossibile...
Lui solo amar vogl’io...
Germont             Sia pure... ma volubile
Sovente è l’uom...
Violetta                                             Gran Dio! (colpita)
Germont             Un dì, quando le veneri
Il tempo avrà fugate
Fia presto il tedio a sorgere...
Che sarà allor?... pensate..
Per voi non avran balsamo
I più soavi affetti;
Poichè dal ciel non furono
Tai nodi benedetti...
Violetta             È vero!...
Germont                             Ah dunque sperdasi
Tal sogno seduttore,
Siate di mia famiglia
L’angiol consolatore...
Violetta, deh pensateci,
Ne siete in tempo ancor!...
È Dio che ispira, o giovane,
Tai detti a un genitor.
Violetta (Così alla misera, — ch’è un dì caduta,
Di più risorgere — speranza è muta!...
Se pur benefico — le indulga Iddio
L’uomo implacabile — per lei sarà!...)
Dite alla giovane — sì bella e pura (a Germont piangendo)
Ch’avvi una vittima — della sventura,
Cui resta un unico — raggio di bene...
Che a lei il sagrifica — e che morrà!

[p. 17 modifica]

Germont Sì piangi, o misera... — supremo, il veggo,
E il sagrifizio — ch’or io ti chieggo...
Sento nell’anima — già le tue pene...
Coraggio... e il nobile — cor vincerà. (silenzio)
Violetta Or imponete.
Germont                         Non amarlo ditegli.
Violetta Nol crederà.
Germont                       Partite.
Violetta                                     Seguirammi.
Germont Allor...
Violetta         Qual figlia m’abbracciate... forte
Così sarò.... (s’abbracciano) Tra breve ei vi fia reso,
Ma afflitto oltre ogni dire... a suo conforto
Di colà volerete... (indicandogli il giardino, va per iscrivere)
Germont                                 Or che pensate?
Violetta Sapendol, v’opporreste al pensier mio.
Germont Generosa!... e per voi che far poss’io?...
Violetta         Morrò!... la mia memoria (tornando a lui)
Non fia ch’ei maledica,
Se le mie pene orribili
Vi sia chi almen gli dica.
Conosca il sagrifizio
Ch’io consumai d’amor...
Che sarà suo fin l’ultimo
Sospiro del mio cor.
Germont         No, generosa, vivere
E lieta voi dovrete;
Mercè di queste lacrime
Dal cielo un giorno avrete;
Premiato il sagrifizio
Sarà del vostro cor...
D’un’opra così nobile
Andrete fiera allor.
Violetta Qui giunge alcun, partite!...
Germont                                           Ah grato v’è il cor mio!..
Violetta Non ci vedrem più forse... (s’abbracciano)
a 2                                             Felice siate.. Addio!...
Germont (esce per la porta del giardino)

[p. 18 modifica]

SCENA VI.


Violetta, poi Annina, quindi Alfredo.


Violetta Dammi tu forza, o cielo!..
(siede, scrive, poi suona il campanello)
Annina Mi richiedeste?
Violetta                            Sì, reca tu stessa
Questo foglio...
Annina (ne guarda la direzione, e se ne mostra sorpresa)
Violetta                           Silenzio... va all’istante. (Annina esce)
Violetta Ed or si scriva a lui...
Che gli dirò?... chi men darà il coraggio!
(scrive e poi suggella)
Alfredo Violetta che fai?...
Violetta                                 Nulla. (ascondendo la lettera)
Alfredo                                             Scrivevi?
Violetta No... sì... (confusa)
Alfredo                 Qual turbamento!.. a chi scrivevi?...
Violetta A te...
Alfredo           Dammi quel foglio.
Violetta                                               No, per ora...
Alfredo Mi perdona... son io preoccupato.
Violetta Che fu!!.. (alzandosi)
Alfredo                 Giunse mio padre...
Alfredo                                                     Lo vedesti?
Alfredo No, no, un severo scritto mi lasciava...
Ma verrà... t’amerà solo in vederti...
Violetta Ch’ei qui non mi sorprenda... (molto agitata)
Lascia che m’allontani... tu lo calma...
Ai piedi suoi mi getterò... divisi (male frenando il pianto)
Ei più non ne vorrà... sarem felici...
Perchè tu m’ami, Alfredo, non è vero?..
Alfredo Oh quanto!.. perchè piangi?..
Violetta Di lacrime avea duopo... or son tranquilla,
Lo vedi?... ti sorrido... (forzandosi)
Sarò là, tra quei fior, presso a te sempre...
Amami, Alfredo, quant’io t’amo... Addio.
(corre in giardino.)

[p. 19 modifica]

SCENA VII.


Alfredo, poi Giuseppe, indi un Commissionario a tempo.


Alfredo Ah vive sol quel core all’amor mio!.. (siede, prende a caso un libro, legge alquanto, quindi s’alza, guarda l’ora sull’orologio sovrapposto al camino.)
È tardi, ed oggi forse,
più non verrà mio padre.
Giuseppe (entrando frettoloso.)
La signora è partita...
L’attendeva un calesse, e sulla via
Già corre di Parigi... Annina pure
Prima di lei spariva.
Alfredo                                     Il so, ti calma...
Giuseppe (Che vuol dire ciò?) (esce.)
Alfredo                                   Va forse d’ogni avere
Ad affrettar la perdita... ma Annina
La impedirà... (si vede il Padre attraversare in lontano il giardino.) Qualcuno è nel giardino!...
Chi è là?.. (per uscire).
Commission. (sulla porta.) Il signor Germont?
Alfredo                                                             Son io
Commission.                                                                         Una dama
Da un cocchio, per voi, di qua non lunge
Mi diede questo scritto... (dà una lettera ad Alfredo, ne riceve qualche moneta, e parte.)


SCENA VIII.


Alfredo, poscia il signor Germont ch’entra dal giardino.


Alfredo Di Violetta!.. Perché son io commosso?..
A raggiungerla forse ella m’invita...
Io tremo!.. oh ciel!.. coraggio!. (apre e legge.)
Alfredo, al giungervi di questo foglio....
(come fulminato grida:)
Ah!.. (Volgendosi si trova a fronte del padre, nelle cui braccia si abbandona esclamando:)
Padre mio!

[p. 20 modifica]

Germont                                      Mio figlio!..
Oh quanto soffri... tergi, ah tergi il pianto,
Ritorna di tuo padre orgoglio e vanto.
Alfredo (disperato siede presso il tavolino col volto tra mani)
Germont Di Provenza il mare, il suol — Chi dal cor ti cancellò?
Ai natio fulgente sol — Qual destino ti furò?...
Oh rammenta pur nel duol — Ch’ivi gioia a te brillò,
E che pace colà sol — Su te splendere ancor può.
Dio mi guidò!
Ah il tuo vecchio genitor — Tu non sai quanto soffrì!..
Te lontano, di squallor — Il suo tetto si coprì...
Ma se alfin ti trovo ancor, — Se in me speme non fallì,
Se la voce dell’onor — In te appien non ammutì..
Dio mi esaudì!
Nè rispondi d’un padre all’affetto? (abbracciandolo)
Alfredo        Mille furie divoranmi il petto...
Mi lasciate... (respingendolo)
Germont                               Lasciarti!...
Alfredo                                                   (Oh vendetta!) (risoluto)
Germont        Non più indugi, partiamo,... t’affretta...
Alfredo (Ah fu Douphol!)
Germont                                   M’ascolti tu?
Alfredo                                                          No.
Germont        Dunque invano trovato t’avrò?
No non udrai rimproveri;
Copriam d’oblio il passato;
L’amor che m’ha guidato
Sa tutto perdonar.
Vieni, i tuoi cari in giubilo
Con me rivedi ancora;
A chi penò finora
Tal gioia non niegar.
Un padre ed una suora
T’affretta a consolar.
Alfredo (scuotendosi, getta a caso gli occhi sulla tavola, e vede la lettera di Flora, la scorre ed esclama:)
Ah!.. ell’è alla festa!.. volisi
L’offesa a vendicar. (fugge precipitoso seguito dal padre)

[p. 21 modifica]

SCENA IX.


Galleria nel palazzo di Flora, riccamente addobbata e illuminata. Una porta nel fondo e due laterali. A destra più avanti un tavoliere, con quanto occorre pel giuoco; a sinistra, ricco tavolino con fiori e rinfreschi, varie sedie e un divano.


Flora, il Marchese, il Dottore, ed altri invitati entrano dalla sinistra discorrendo fra loro.


Flora Avrem lieta di maschere la notte;
N’è duce il viscontino...
Vïoletta ed Alfredo anco invitai...
Marchese La novità ignorate?..
Vïoletta e Germont sono disgiunti.
Dottore e Flora           Fia vero?..

Marchese                          Ella verrà qui col barone.
Dottore           Gli vidi jeri ancor!.. parean felici. (s’ode romore a destra)
Flora           Silenzio... Udite?...
Tutti (vanno verso la destra) Giungono gli amici.


SCENA X.


Detti e molte signore mascherate da Zingare, che entrano dalla destra.


Zingare                 Noi siamo zingarelle
Venute di lontano;
D’ognuno sulla mano
Leggiamo l’avvenir.
Se consultiam le stelle
Null’avvi a noi d’oscuro,
E i casi del futuro
Possiamo altrui predir.
I.                 Vediamo?... Voi signora
(prendono la mano a Flora e la osservano)
Rivali alquante avete...
II.                     Marchese, voi non siete (fanno lo stesso al Marchese)
Model di fedeltà.

[p. 22 modifica]

Flora                 Fate il galante ancora? (al Marchese)
Ben... vo’ me la paghiate...
Marchese                     Che diamin vi pensate?... (a Flora)
L’accusa è falsità.
Flora                 La volpe lascia il pelo,
Non abbandona il vizio...
Marchese mio, giudizio,
O vi farò pentir.
Tutti                 Su via si stenda un velo
Sui fatti del passato;
Già quel ch’è stato è stato,
Badate (Badiamo) all’avvenir.

(Flora ed il Marchese si stringono la mano)


SCENA XI.


Detti, Gastone ed altri amici mascherati da Mattadori e Piccadori spagnuoli, ch’entrano vivacemente dalla destra.


Gastone e Mattadori                 Di Madride noi siam mattadori,
Siamo i prodi del circo de’ tori;
Testè giunti a godere del chiasso
Che a Parigi si fa pel Bue grasso;
E una storia, se udire vorrete,
Quali amanti noi siamo, saprete.
Gli Altri                     Sì, sì, bravi, narrate, narrate,
Con piacere l’udremo...
Gastone e Mattadori                                                               Ascoltate.
È Piquillo un bel gagliardo
Biscaglino mattador,
Forte il braccio, fiero il guardo
Delle giostre egli è signor.
D’andalusa giovinetta
Follemente innamorò;
Ma la bella ritrosetta
Così al giovane parlò:
Cinque tori in un sol giorno
vo’ vederti ad atterrar,
E se vinci, al tuo ritorno
Mano e cor ti vo’ donar.

[p. 23 modifica]

Sì gli disse, e il mattadore
Alle giostre mosse il piè;
Cinque tori vincitore
Sull’arena egli stendè.
Gli Altri                 Bravo invero il mattadore,
Ben gagliardo si mostrò!
Se alla giovane l’amore
In tal guisa egli provò!
Gastone e Mattadori                 Poi tra plausi ritornato
Alla bella del suo cor,
Colse il premio disïato
Tra le braccia dell’amor
Gli Altri                 Con tal prove i mattadori
San le amanti conquistar!!
Gastone e Mattadori                 Ma qui son più miti i cori
A noi basta folleggiar...
Tutti                 Sì, sì, allegri... or pria tentiamo
Della sorte il vario umor;
La palestra dischiudiamo
Agli audaci giocator.

(Gli uomini si tolgono la maschera, e chi passeggia, chi si accinge a giocare)


SCENA XII.


Detti ed Alfredo, quindi Violetta col Barone; un Servo a tempo.


Tutti Alfredo!.. Voi!...
Alfredo                           Sì, amici...
Flora                                             Violetta?
Alfredo                                                           Non ne so.
Tutti Ben disinvolto!.. Bravo!.. Or via, giocar si può.
Gastone (Si pone a tagliare, Alfredo e altri puntano.)
Violetta (entra al braccio del Barone)
Flora Qui desïata giungi... (andandole incontro.)
Violetta                                   Cessi al cortese invito.
Flora Grata vi son, barone, d’averlo pur gradito.
Barone Germont è qui!.. il vedete?... (piano a Violetta)
Violetta                               (Cielo! egli è vero!) Il vedo. (piano)
Barone Da voi non un sol detto si volga a questo Alfredo. (piano)
Violetta (Ah perchè venni! incauta!.. pietà di me, gran Dio!) (da sè)

[p. 24 modifica]

Flora Meco t’assidi, narrami, quai novità vegg’io?..

(fa sedere Violetta presso di sè sul divano; il Dottore si avvicina ad essa che sommessamente conversano; il Marchese si trattiene a parte col Barone, Gastone taglia, Alfredo ed altri puntano, altri passeggiano.)

Alfredo Un quattro!
Gastone                     Ancora hai vinto.
Alfredo                                                   Sfortuna nell’amore
Vale fortuna al gioco... (punta e vince)
Tutti                                           E sempre vincitore!...
Alfredo Oh vincerò stassera; e l’oro guadagnato
Poscia a goder fra’ campi ritornerò beato.
Flora Solo?
Alfredo         No, no, con tale, che vi fu meco ancor:
Poi mi sfuggia...
Violetta                       (Mio Dio!)
Gastone                                     (Pietà di lei) (ad Alfredo indicando Violetta)
Barone (ad Alfredo con malfrenata ira) Signor!...
Violetta Frenatevi, o vi lascio. (piano al Barone)
Alfredo (disinvolto)                 Barone, m’appellaste?
Barone Siete in sì gran fortuna, che al gioco mi tentaste.. (ironico)
Alfredo Sì?.. la disfida accetto...
Violetta                                         (Che fia?.. morir mi sento!)
Barone Cento luigi a destra... (punta)
Alfredo                                       Ed alla manca cento... (punta)
Gastone Un asso... un fante... hai vinto!.. (ad Alfredo)
Barone                                                     Il doppio?...
Alfredo                                                                 Il doppio sia.
Gastone Un quattro... un sette... (tagliando)
Tutti                                          Ancora!...
Alfredo                                                     Pur la vittoria è mia!
Coro Bravo davver!.. la sorte è tutta per Alfredo!..
Flora Del villeggiar la spesa farà il baron, già il vedo.
Alfredo Seguite pur... (al Barone)
Servo                   La cena è pronta.
Flora                                            Andiamo.
Coro                                                         Andiamo. (s'avviano)
Alfredo Se continuar v’aggrada... (tra loro a parte)
Barone                                         Per ora nol possiamo.
Più tardi la rivincita.
Alfredo                                     Al gioco che vorrete.
Barone Seguiam gli amici, poscia...
Alfredo                                             Sarò qual mi vorrete.
Tutti (entrano nella porta di mezzo; la scena rimane un istante vuota)

[p. 25 modifica]

SCENA XIII.


Violetta che ritorna affannata, indi Alfredo.


Violetta Invitato a qui seguirmi
Verrà desso?.. vorrà udirmi?..
Ei verrà... chè l’odio atroce
Puote in lui più di mia voce...
Alfredo    Mi chiamaste?... che bramate?..
Violetta    Questi luoghi abbandonate,
Un periglio vi sovrasta...
Alfredo    Ah comprendo!... Basta... basta.
E sì vile mi credete?...
Violetta    Ah, no, mai...
Alfredo                             Ma che temete?
Violetta    Tremo sempre del barone...
Alfredo    È tra noi mortal quistione...
S’ei cadrà per mano mia
Un sol colpo vi torria
Coll’amante il protettore...
V’atterrisce tal sciagura?
Violetta    Ma s’ei fosse l’uccisore!...
Ecco l’unica sventura
Ch’io pavento a me fatale.
Alfredo    La mia morte!... che ven cale?
Violetta    Deh partite, e sull’istante.
Alfredo    Partirò, ma giura innante
Che dovunque seguirai
I miei passi...
Violetta                             Ah no, giammai.
Alfredo    No!... giammai!...
Violetta                                   Va, sciagurato
Scorda un nome ch’è infamato..
Va... mi lascia sul momento...
Di fuggirti un giuramento
Sacro io feci...
Alfredo                           E chi, potea?..
Violetta    Chi diritto pien ne avea.
Alfredo    Fu Douphol?...
Violetta    (con supremo sforzo) Sì.
Alfredo                                                 Dunque l’ami?

[p. 26 modifica]

Violetta    Ebben... l’amo...
Alfredo    (corre furente a spalancare la porta, e grida.)
  Or tutti a me.


SCENA XIV.


Detti, e Tutti i precedenti, che confusamente ritornano.


Tutti    Ne appellaste?... che volete?...
(additando Violetta che abbattuta si appoggia al tavolino)
Alfredo    Questa donna conoscete?
Tutti    Chi?... Violetta?
Alfredo                                 Che facesse
Non sapete?
Violetta                           Ah taci.
Alfredo                                         No.
Ogni suo aver tal femmina
Per amor mio sperdea...
Io cieco, vile, misero,
Tutto accettar potea.
Ma è tempo ancora, tergermi
Da tanta macchia bramo...
Qui testimon vi chiamo
Ch’ora pagata io l’ho. (getta con furente sprezzo una borsa ai piè di Violetta che sviene tra le braccia di Flora e del Dottore. In tale momento entra il Padre.)


SCENA XV.


Detti ed il signore Germont ch’entra alle ultime parole.


Tutti Oh infamia orribile
Tu commettesti!...
Un cor sensibile!
Così uccidesti!...
Di donne ignobile
Insultator,
Di qua allontanati
Ne dèsti orror.
Germont Di sprezzo degno se stesso rende (con dignitoso fuoco)
Chi pur nell’ira la donna offende...
Dov’è mio figlio?... più non io redo;
In te più Alfredo — trovar non so.

[p. 27 modifica]

(Io sol fra tutti so qual virtude
Di quella misera il sen racchiude...
Io so ch’ell’ama, che gli è fedele;
Eppur crudele tacer dovrò!)
Alfredo (Ah sì!... che feci!... ne sento orrore!... (da se)
Gelosa smania, deluso amore
Mi strazzian l’alma... più non ragiono...
Da lei perdono — più non avrò.
Volea fuggirla, non ho potuto...
Dall’ira spinto son qui venuto!...
Or che lo sdegno ho disfogato,
Me sciagurato!... rimorso io n’ho!)
Violetta Alfredo, Alfredo, di questo core (riavendosi)
Non puoi comprendere tutto l’amore..
Tu non conosci che fino a prezzo
Del tuo disprezzo — provato io l’ho.
Ma verrà giorno, in che il saprai...
Com’io t’amassi confesserai...
Dio dai rimorsi ti salvi allora...
Io spenta ancora — pur t’amerò.
Barone A questa donna l’atroce insulto (piano ad Alfredo)
Qui tutti offese, ma non inulto
Fia tanto oltraggio... provar vi voglio
Che tanto orgoglio — fiaccar saprò.
Tutti Ahi quanto peni... ma pur fa core... (a Violetta)
Qui soffre ognuno del tuo dolore;
Fra cari amici qui sei soltanto
Rasciuga il pianto che t’innondò.

(Il signor Germont trae seco il figlio, il Barone li segue. Violetta è condotta in altra stanza dal Dottore e da Flora; gli altri si disperdono.)



FINE DEL SECONDO ATTO.