Orlando furioso (1928)/Canto 9

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Canto 8 Canto 10

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CANTO NONO

1
     Che non può far d’un cor ch’abbia suggetto
questo crudele e traditore Amore,
poi ch’ad Orlando può levar del petto
la tanta fé che debbe al suo signore?
Giá savio e pieno fu d’ogni rispetto,
e de la santa Chiesa difensore:
or per un vano amor, poco del zio,
e di sé poco, e men cura di Dio.

2
     Ma l’escuso io pur troppo, e mi rallegro
nel mio difetto aver compagno tale;
ch’anch’io sono al mio ben languido et egro,
sano e gagliardo a seguitare il male.
Quel se ne va tutto vestito a negro,
né tanti amici abandonar gli cale;
e passa dove d’Africa e di Spagna
la gente era attendata alla campagna:

3
     anzi non attendata, perché sotto
alberi e tetti l’ha sparsa la pioggia
a dieci, a venti, a quattro, a sette, ad otto;
chi piú distante e chi piú presso alloggia.
Ognuno dorme travagliato e rotto:
chi steso in terra, e chi alla man s’appoggia.
Dormono; e il conte uccider ne può assai:
né però stringe Durindana mai.

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4
     Di tanto core è il generoso Orlando,
che non degna ferir gente che dorma.
Or questo e quando quel luogo cercando
va, per trovar de la sua donna l’orma.
Se truova alcun che veggi, sospirando
gli ne dipinge l’abito e la forma;
e poi lo priega che per cortesia
gl’insegni andar in parte ove ella sia.

5
     E poi che venne il dí chiaro e lucente,
tutto cercò l’esercito moresco:
e ben lo potea far sicuramente,
avendo indosso l’abito arabesco;
et aiutollo in questo parimente,
che sapeva altro idioma che francesco,
e l’africano tanto avea espedito,
che parea nato a Tripoli e nutrito.

6
     Quivi il tutto cercò, dove dimora
fece tre giorni, e non per altro effetto;
poi dentro alle cittadi e a’ borghi fuora
non spiò sol per Francia e suo distretto,
ma per Uvernia e per Guascogna ancora
rivide sin all’ultimo borghetto:
e cercò da Provenza alla Bretagna,
e dai Picardi ai termini di Spagna.

7
     Tra il fin d’ottobre e il capo di novembre,
ne la stagion che la frondosa vesta
vede levarsi e discoprir le membre
trepida pianta, fin che nuda resta,
e van gli augelli a strette schiere insembre,
Orlando entrò ne l’amorosa inchiesta;
né tutto il verno appresso lasciò quella,
né la lasciò ne la stagion novella.

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8
     Passando un giorno, come avea costume,
d’un paese in un altro, arrivò dove
parte i Normandi dai Britoni un fiume,
e verso il vicin mar cheto si muove;
ch’allora gonfio e bianco giá di spume
per nieve sciolta e per montane piove:
e l’impeto de l’acqua avea disciolto
e tratto seco il ponte, e il passo tolto.

9
     Con gli occhi cerca or questo lato or quello,
lungo le ripe il paladin, se vede
(quando né pesce egli non è, né augello)
come abbia a por ne l’altra ripa il piede:
et ecco a sé venir vede un battello,
ne la cui poppe una donzella siede,
che di volere a lui venir fa segno;
né lascia poi ch’arrivi in terra il legno.

10
     Prora in terra non pon; che d’esser carca
contra sua volontá forse sospetta.
Orlando priega lei che ne la barca
seco lo tolga, et oltre il fiume il metta.
Et ella lui: — Qui cavallier non varca,
il qual su la sua fé non mi prometta
di fare una battaglia a mia richiesta,
la piú giusta del mondo e la piú onesta.

11
     Sí che s’avete, cavallier, desire
di por per me ne l’altra ripa i passi,
promettetemi, prima che finire
quest’altro mese prossimo si lassi,
ch’al re d’Ibernia v’anderete a unire,
appresso al qual la bella armata fassi
per distrugger quell’isola d’Ebuda,
che, di quante il mar cinge, è la piú cruda.

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12
     Voi dovete saper ch’oltre l’Irlanda,
fra molte che vi son, l’isola giace
nomata Ebuda, che per legge manda
rubando intorno il suo popul rapace;
e quante donne può pigliar, vivanda
tutte destina a un animal vorace
che viene ogni dí al lito, e sempre nuova
donna o donzella, onde si pasca, truova;

13
     che mercanti e corsar che vanno attorno,
ve ne fan copia, e piú delle piú belle.
Ben potete contare, una per giorno,
quante morte vi sian donne e donzelle.
Ma se pietade in voi truova soggiorno,
se non sète d’Amor tutto ribelle,
siate contento esser tra questi eletto,
che van per far sí fruttuoso effetto. —

14
     Orlando volse a pena udire il tutto,
che giurò d’esser primo a quella impresa,
come quel ch’alcun atto iniquo e brutto
non può sentire, e d’ascoltar gli pesa:
e fu a pensare, indi a temere indutto,
che quella gente Angelica abbia presa;
poi che cercata l’ha per tanta via,
né potutone ancor ritrovar spia.

15
     Questa imaginazion sí gli confuse
e sí gli tolse ogni primier disegno,
che, quanto in fretta piú potea, conchiuse
di navigare a quello iniquo regno.
Né prima l’altro sol nel mar si chiuse,
che presso a San Malò ritrovò un legno,
nel qual si pose; e fatto alzar le vele,
passò la notte il monte San Michele.

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16
     Breaco e Landriglier lascia a man manca,
e va radendo il gran lito britone;
e poi si drizza invêr l’arena bianca,
onde Ingleterra si nomò Albïone;
ma il vento, ch’era da meriggie, manca,
e soffia tra il ponente e l’aquilone
con tanta forza, che fa al basso porre
tutte le vele, e sé per poppa tôrre.

17
     Quanto il navilio inanzi era venuto
in quattro giorni, in un ritornò indietro,
ne l’alto mar dal buon nochier tenuto,
che non dia in terra e sembri un fragil vetro.
Il vento, poi che furïoso suto
fu quattro giorni, il quinto cangiò metro:
lasciò senza contrasto il legno entrare
dove il fiume d’Anversa ha foce in mare.

18
     Tosto che ne la foce entrò lo stanco
nochier col legno afflitto, e il lito prese,
fuor d’una terra che sul destro fianco
di quel fiume sedeva, un vecchio scese,
di molta etá, per quanto il crine bianco
ne dava indicio; il qual tutto cortese,
dopo i saluti, al conte rivoltosse,
che capo giudicò che di lor fosse.

19
     E da parte il pregò d’una donzella,
ch’a lei venir non gli paresse grave,
la qual ritroverebbe, oltre che bella,
piú ch’altra al mondo affabile e soave;
over fosse contento aspettar, ch’ella
verrebbe a trovar lui fin alla nave:
né piú restio volesse esser di quanti
quivi eran giunti cavallieri erranti;

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20
     che nessun altro cavallier, ch’arriva
o per terra o per mare a questa foce,
di ragionar con la donzella schiva,
per consigliarla in un suo caso atroce.
Udito questo, Orlando in su la riva
senza punto indugiarsi uscì veloce;
e come umano e pien di cortesia,
dove il vecchio il menò, prese la via.

21
     Fu ne la terra il paladin condutto
dentro un palazzo, ove al salir le scale,
una donna trovò piena di lutto,
per quanto il viso ne facea segnale,
e i negri panni che coprian per tutto
e le loggie e le camere e le sale;
la qual, dopo accoglienza grata e onesta
fattol seder, gli disse in voce mesta:

22
     — Io voglio che sappiate che figliuola
fui del conte d’Olanda, a lui sí grata
(quantunque prole io non gli fossi sola,
ch’era da dui fratelli accompagnata),
ch’a quanto io gli chiedea, da lui parola
contraria non mi fu mai replicata.
Standomi lieta in questo stato, avenne
che ne la nostra terra un duca venne.

23
     Duca era di Selandia, e se ne giva
verso Biscaglia a guerreggiar coi Mori.
La bellezza e l’etá ch’in lui fioriva,
e li non piú da me sentiti amori
con poca guerra me gli fêr captiva;
tanto piú che, per quel ch’apparea fuori,
io credea e credo, e creder credo il vero,
ch’amassi et ami me con cor sincero.

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24
     Quei giorni che con noi contrario vento,
contrario agli altri, a me propizio, il tenne
(ch’agli altri fur quaranta, a me un momento:
cosí al fuggire ebbon veloci penne),
fummo piú volte insieme a parlamento,
dove, che ’l matrimonio con solenne
rito al ritorno suo saria tra nui,
mi promise egli, et io ’l promisi a lui.

25
     Bireno a pena era da noi partito
(che cosí ha nome il mio fedele amante),
che ’l re di Frisa (la qual, quanto il lito
del mar divide il fiume, è a noi distante),
disegnando il figliuol farmi marito,
ch’unico al mondo avea, nomato Arbante,
per li piú degni del suo stato manda
a domandarmi al mio padre in Olanda.

26
     Io ch’all’amante mio di quella fede
mancar non posso, che gli aveva data,
e ancor ch’io possa, Amor non mi conciede
che poter voglia, e ch’io sia tanto ingrata;
per ruinar la pratica ch’in piede
era gagliarda, e presso al fin guidata,
dico a mio padre, che prima ch’in Frisa
mi dia marito, io voglio essere uccisa.

27
     Il mio buon padre, al qual sol piacea quanto
a me piacea, né mai turbar mi volse,
per consolarmi e far cessare il pianto
ch’io ne facea, la pratica disciolse:
di che il superbo re di Frisa tanto
isdegno prese e a tanto odio si volse,
ch’entrò in Olanda, e cominciò la guerra
che tutto il sangue mio cacciò sotterra.

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28
     Oltre che sia robusto, e sí possente,
che pochi pari a nostra etá ritruova,
e sí astuto in mal far, ch’altrui nïente
la possanza, l’ardir, l’ingegno giova;
porta alcun’arme che l’antica gente
non vide mai, né, fuor ch’a lui, la nuova:
un ferro bugio, lungo da dua braccia,
dentro a cui polve et una palla caccia.

29
     Col fuoco dietro ove la canna è chiusa,
tocca un spiraglio che si vede a pena;
a guisa che toccare il medico usa
dove è bisogno d’allacciar la vena:
onde vien con tal suon la palla esclusa,
che si può dir che tuona e che balena;
né men che soglia il fulmine ove passa,
ciò che tocca, arde, abatte, apre e fracassa.

30
     Pose due volte il nostro campo in rotta
con questo inganno, e i miei fratelli uccise:
nel primo assalto il primo; che la botta,
rotto l’usbergo, in mezzo il cor gli mise;
ne l’altra zuffa a l’altro, il quale in frotta
fuggía, dal corpo l’anima divise;
e lo ferí lontan dietro la spalla,
e fuor del petto uscir fece la palla.

31
     Difendendosi poi mio padre un giorno
dentro un castel che sol gli era rimaso,
che tutto il resto avea perduto intorno,
lo fe’ con simil colpo ire all’occaso;
che mentre andava e che facea ritorno,
provedendo or a questo or a quel caso,
dal traditor fu in mezzo gli occhi colto,
che l’avea di lontan di mira tolto.

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32
     Morto i fratelli e il padre, e rimasa io
de l’isola d’Olanda unica erede,
il re di Frisa, perché avea disio
di ben fermare in quello stato il piede,
mi fa sapere, e cosí al popul mio,
che pace e che riposo mi conciede,
quando io vogli or, quel che non volsi inante,
tor per marito il suo figliuolo Arbante.

33
     Io per l’odio non sí, che grave porto
a lui e a tutta la sua iniqua schiatta,
il qual m’ha dui fratelli e ’l padre morto,
saccheggiata la patria, arsa e disfatta;
come perché a colui non vo’ far torto,
a cui giá la promessa aveva fatta,
ch’altr’uomo non saria che mi sposasse,
fin che di Spagna a me non ritornasse:

34
     — Per un mal ch’io patisco, ne vo’ cento
patir (rispondo), e far di tutto il resto;
esser morta, arsa viva, e che sia al vento
la cener sparsa, inanzi che far questo. —
Studia la gente mia di questo intento
tormi: chi priega, e chi mi fa protesto
di dargli in mano me e la terra, prima
che la mia ostinazion tutti ci opprima.

35
     Cosí, poi che i protesti e i prieghi invano
vider gittarsi, e che pur stava dura,
presero accordo col Frisone, e in mano,
come avean detto, gli dier me e le mura.
Quel, senza farmi alcuno atto villano,
de la vita e del regno m’assicura,
pur ch’io indolcisca l’indurate voglie,
e che d’Arbante suo mi faccia moglie.

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36
     Io che sforzar cosí mi veggio, voglio,
per uscirgli di man, perder la vita;
ma se pria non mi vendico, mi doglio
piú che di quanta ingiuria abbia patita.
Fo pensier molti; e veggio al mio cordoglio
che solo il simular può dare aita:
fingo ch’io brami, non che non mi piaccia,
che mi perdoni e sua nuora mi faccia.

37
     Fra molti ch’al servizio erano stati
giá di mio padre, io scelgo dui fratelli,
di grande ingegno e di gran cor dotati,
ma piú di vera fede, come quelli
che cresciutici in corte et allevati
si son con noi da teneri citelli;
e tanto miei, che poco lor parria
la vita por per la salute mia.

38
     Communico con loro il mio disegno:
essi prometton d’essermi in aiuto.
L’un viene in Fiandra, e v’apparecchia un legno;
l’altro meco in Olanda ho ritenuto.
Or mentre i forestieri e quei del regno
s’invitano alle nozze, fu saputo
che Bireno in Biscaglia avea una armata,
per venire in Olanda, apparecchiata.

39
     Però che, fatta la prima battaglia
dove fu rotto un mio fratello e ucciso,
spacciar tosto un corrier feci in Biscaglia,
che portassi a Bireno il tristo aviso;
il qual mentre che s’arma e si travaglia,
dal re di Frisa il resto fu conquiso.
Bireno, che di ciò nulla sapea,
per darci aiuto i legni sciolti avea.

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40
     Di questo avuto aviso il re frisone,
de le nozze al figliuol la cura lassa;
e con l’armata sua nel mar si pone:
truova il duca, lo rompe, arde e fracassa,
e, come vuol Fortuna, il fa prigione;
ma di ciò ancor la nuova a noi non passa.
Mi sposa intanto il giovene, e si vuole
meco corcar come si corchi il sole.

41
     Io dietro alle cortine avea nascoso
quel mio fedele; il qual nulla si mosse
prima che a me venir vide lo sposo;
e non l’attese che corcato fosse,
ch’alzò un’accetta, e con sí valoroso
braccio dietro nel capo lo percosse,
che gli levò la vita e la parola:
lo saltai presta, e gli segai la gola.

42
     Come cadere il bue suole al macello,
cade il malnato giovene, in dispetto
del re Cimosco, il piú d’ogn’altro fello;
che l’empio re di Frisa è cosí detto,
che morto l’uno e l’altro mio fratello
m’avea col padre, e per meglio suggetto
farsi il mio stato, mi volea per nuora;
e forse un giorno uccisa avria me ancora.

43
     Prima ch’altro disturbo vi si metta,
tolto quel che piú vale e meno pesa,
il mio compagno al mar mi cala in fretta
da la finestra a un canape sospesa,
lá dove attento il suo fratello aspetta
sopra la barca ch’avea in Fiandra presa.
Demmo le vele ai venti e i remi all’acque,
e tutti ci salvian, come a Dio piacque.

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44
     Non so se ’l re di Frisa piú dolente
del figliol morto, o se piú d’ira acceso
fosse contra di me, che ’l dí seguente
giunse lá dove si trovò sí offeso.
Superbo ritornava egli e sua gente
de la vittoria e di Bireno preso;
e credendo venire a nozze e a festa,
ogni cosa trovò scura e funesta.

45
     La pietá del figliuol, l’odio ch’aveva
a me, né dí né notte il lascia mai.
Ma perché il pianger morti non rileva,
e la vendetta sfoga l’odio assai,
la parte del pensier, ch’esser doveva
de la pietade in sospirare e in guai,
vuol che con l’odio a investigar s’unisca,
come egli m’abbia in mano e mi punisca.

46
     Quei tutti che sapeva e gli era detto
che mi fossino amici, o di quei miei
che m’aveano aiutata a far l’effetto,
uccise, o lor beni arse, o li fe’ rei.
Volse uccider Bireno in mio dispetto;
che d’altro sí doler non mi potrei:
gli parve poi, se vivo lo tenesse,
che per pigliarmi, in man la rete avesse.

47
     Ma gli propone una crudele e dura
condizïon: gli fa termine un anno,
al fin del qual gli dará morte oscura,
se prima egli per forza o per inganno,
con amici e parenti non procura,
con tutto ciò che ponno e ciò che sanno,
di darmigli in prigion: sí che la via
di lui salvare è sol la morte mia.

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48
     Ciò che si possa far per sua salute,
fuor che perder me stessa, il tutto ho fatto.
Sei castella ebbi in Fiandra, e l’ho vendute:
e ’l poco o ’l molto prezzo ch’io n’ho tratto,
parte, tentando per persone astute
i guardiani corrumpere, ho distratto;
e parte, per far muovere alli danni
di quell’empio or gl’Inglesi, or gli Alamanni.

49
     I mezzi, o che non abbiano potuto,
o che non abbian fatto il dover loro,
m’hanno dato parole e non aiuto;
e sprezzano or che n’han cavato l’oro:
e presso al fine il termine è venuto,
dopo il qual né la forza né ’l tesoro
potrá giunger piú a tempo, sí che morte
e strazio schivi al mio caro consorte.

50
     Mio padre e’ miei fratelli mi son stati
morti per lui; per lui toltomi il regno;
per lui quei pochi beni che restati
m’eran, del viver mio soli sostegno,
per trarlo di prigione ho disipati:
né mi resta ora in che piú far disegno,
se non d’andarmi io stessa in mano a porre
di sí crudel nimico, e lui disciorre.

51
     Se dunque da far altro non mi resta,
né si truova al suo scampo altro riparo
che per lui por questa mia vita, questa
mia vita per lui por mi sará caro.
Ma sola una paura mi molesta,
che non saprò far patto cosí chiaro,
che m’assicuri che non sia il tiranno,
poi ch’avuta m’avrá, per fare inganno.

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52
     Io dubito che poi che m’avrá in gabbia
e fatto avrá di me tutti li strazii,
né Bireno per questo a lasciare abbia,
sí ch’esser per me sciolto mi ringrazii;
come periuro, e pien di tanta rabbia,
che di me sola uccider non si sazii:
e quel ch’avrá di me, né piú né meno
faccia di poi del misero Bireno.

53
     Or la cagion che conferir con voi
mi fa i miei casi, e ch’io li dico a quanti
signori e cavallier vengono a noi,
è solo acciò, parlandone con tanti,
m’insegni alcun d’assicurar che, poi
ch’a quel crudel mi sia condotta avanti,
non abbia a ritener Bireno ancora,
né voglia, morta me, ch’esso poi mora.

54
     Pregato ho alcun guerrier, che meco sia
quando io mi darò in mano al re di Frisa;
ma mi prometta e la sua fé mi dia,
che questo cambio sará fatto in guisa,
ch’a un tempo io data, e liberato fia
Bireno: sí che quando io sarò uccisa,
morrò contenta, poi che la mia morte
avrá dato la vita al mio consorte.

55
     Né fino a questo dí truovo chi toglia
sopra la fede sua d’assicurarmi,
che quando io sia condotta, e che mi voglia
aver quel re, senza Bireno darmi,
egli non lascierá contra mia voglia
che presa io sia: sí teme ognun quell’armi;
teme quell’armi, a cui par che non possa
star piastra incontra, e sia quanto vuol grossa.

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56
     Or, s’in voi la virtú non è diforme
dal fier sembiante e da l’erculeo aspetto,
e credete poter darmegli, e tôrme
anco da lui, quando non vada retto;
siate contento d’esser meco a porme
ne le man sue: ch’io non avrò sospetto,
quando voi siate meco, se ben io
poi ne morrò, che muora il signor mio. —

57
     Qui la donzella il suo parlar conchiuse,
che con pianto e sospir spesso interroppe.
Orlando, poi ch’ella la bocca chiuse,
le cui voglie al ben far mai non fur zoppe,
in parole con lei non si diffuse;
che di natura non usava troppe:
ma le promise, e la sua fé le diede,
che faria piú di quel ch’ella gli chiede.

58
     Non è sua intenzion ch’ella in man vada
del suo nimico per salvar Bireno:
ben salverá amendui, se la sua spada
e l’usato valor non gli vien meno.
Il medesimo dí piglian la strada,
poi c’hanno il vento prospero e sereno.
Il paladin s’affretta; che di gire
all’isola del mostro avea desire.

59
     Or volta all’una, or volta all’altra banda
per gli alti stagni il buon nochier la vela:
scuopre un’isola e un’altra di Zilanda:
scuopre una inanzi, e un’altra a dietro cela.
Orlando smonta il terzo dí in Olanda;
ma non smonta colei che si querela
del re di Frisa: Orlando vuol che intenda
la morte di quel rio, prima che scenda.

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60
     Nel lito armato il paladino varca
sopra un corsier di pel tra bigio e nero,
nutrito in Fiandra e nato in Danismarca,
grande e possente assai piú che leggiero;
però ch’avea, quando si messe in barca,
in Bretagna lasciato il suo destriero,
quel Brigliador sí bello e sí gagliardo,
che non ha paragon, fuor che Baiardo.

61
     Giunge Orlando a Dordreche, e quivi truova
di molta gente armata in su la porta;
sí perché sempre, ma piú quando è nuova,
seco ogni signoria sospetto porta;
sí perché dianzi giunta era una nuova,
che di Selandia con armata scorta
di navilii e di gente un cugin viene
di quel signor che qui prigion si tiene.

62
     Orlando prega uno di lor, che vada
e dica al re, ch’un cavalliero errante
disia con lui provarsi a lancia e a spada;
ma che vuol che tra lor sia patto inante:
che se ’l re fa che, chi lo sfida, cada,
la donna abbia d’aver, ch’uccise Arbante,
che ’l cavallier l’ha in loco non lontano
da poter sempremai darglila in mano;

63
     et all’incontro vuol che ’l re prometta,
ch’ove egli vinto ne la pugna sia,
Bireno in libertá subito metta,
e che lo lasci andare alla sua via.
Il fante al re fa l’imbasciata in fretta:
ma quel, che né virtú né cortesia
conobbe mai, drizzò tutto il suo intento
alla fraude, all’inganno, al tradimento.

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64
     Gli par ch’avendo in mano il cavalliero,
avrá la donna ancor, che sí l’ha offeso,
s’in possanza di lui la donna è vero
che se ritruovi, e il fante ha ben inteso.
Trenta uomini pigliar fece sentiero
diverso da la porta ov’era atteso,
che dopo occulto et assai lungo giro,
dietro alle spalle al paladino usciro.

65
     Il traditore intanto dar parole
fatto gli avea, sin che i cavalli e i fanti
vede esser giunti al loco ove gli vuole;
da la porta esce poi con altretanti.
Come le fere e il bosco cinger suole
perito cacciator da tutti i canti;
come appresso a Volana i pesci e l’onda
con lunga rete il pescator circonda:

66
     cosí per ogni via dal re di Frisa,
che quel guerrier non fugga, si provede.
Vivo lo vuole, e non in altra guisa:
e questo far sí facilmente crede,
che ’l fulmine terrestre, con che uccisa
ha tanta e tanta gente, ora non chiede;
che quivi non gli par che si convegna,
dove pigliar, non far morir, disegna.

67
     Qual cauto ucellator che serba vivi,
intento a maggior preda, i primi augelli,
acciò in piú quantitade altri captivi
faccia col giuoco e col zimbel di quelli;
tal esser volse il re Cimosco quivi:
ma giá non volse Orlando esser di quelli
che si lascin pigliare al primo tratto;
e tosto roppe il cerchio ch’avean fatto.

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68
     Il cavallier d’Anglante, ove piú spesse
vide le genti e l’arme, abbassò l’asta;
et uno in quella e poscia un altro messe,
e un altro e un altro, che sembrâr di pasta;
e fin a sei ve n’infilzò, e li resse
tutti una lancia: e perch’ella non basta
a piú capir, lasciò il settimo fuore
ferito sí, che di quel colpo muore.

69
     Non altrimente ne l’estrema arena
veggián le rane de canali e fosse
dal cauto arcier nei fianchi e ne la schiena,
l’una vicina all’altra, esser percosse;
né da la freccia, fin che tutta piena
non sia da un capo all’altro, esser rimosse.
La grave lancia Orlando da sé scaglia,
e con la spada entrò ne la battaglia.

70
     Rotta la lancia, quella spada strinse,
quella che mai non fu menata in fallo;
e ad ogni colpo, o taglio o punta, estinse
quando uomo a piedi, e quando uomo a cavallo:
dove toccò, sempre in vermiglio tinse
l’azzurro, il verde, il bianco, il nero, il giallo.
Duolsi Cimosco che la canna e il fuoco
seco or non ha, quando v’avrian piú loco.

71
     E con gran voce e con minaccie chiede
che portati gli sian, ma poco è udito;
che chi ha ritratto a salvamento il piede
ne la cittá, non è d’uscir piú ardito.
Il re frison, che fuggir gli altri vede,
d’esser salvo egli ancor piglia partito:
corre alla porta, e vuole alzare il ponte;
ma troppo è presto ad arrivare il conte.

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72
     Il re volta le spalle, e signor lassa
del ponte Orlando e d’amendue le porte;
e fugge, e inanzi a tutti gli altri passa,
mercé che ’l suo destrier corre piú forte.
Non mira Orlando a quella plebe bassa:
vuole il fellon, non gli altri, porre a morte;
ma il suo destrier sí al corso poco vale,
che restio sembra, e chi fugge, abbia l’ale.

73
     D’una in un’altra via si leva ratto
di vista al paladin; ma indugia poco,
che torna con nuove armi; che s’ha fatto
portare intanto il cavo ferro e il fuoco:
e dietro un canto postosi di piatto,
l’attende, come il cacciatore al loco,
coi cani armati e con lo spiedo, attende
il fier cingial che ruinoso scende;

74
     che spezza i rami e fa cadere i sassi,
e ovunque drizzi l’orgogliosa fronte,
sembra a tanto rumor che si fracassi
la selva intorno, e che si svella il monte.
Sta Cimosco alla posta, acciò non passi
senza pagargli il fio l’audace conte:
tosto ch’appare, allo spiraglio tocca
col fuoco il ferro, e quel subito scocca.

75
     Dietro lampeggia a guisa di baleno,
dinanzi scoppia, e manda in aria il tuono.
Trieman le mura, e sotto i piè il terreno;
il ciel ribomba al paventoso suono.
L’ardente stral, che spezza e venir meno
fa ciò ch’incontra, e dá a nessun perdono,
sibila e stride; ma, come è il desire
di quel brutto assassin, non va a ferire.

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76
     O sia la fretta, o sia la troppa voglia
d’uccider quel baron, ch’errar lo faccia;
o sia che il cor, tremando come foglia,
faccia insieme tremare e mani e braccia;
o la bontá divina che non voglia
che ’l suo fedel campion sí tosto giaccia:
quel colpo al ventre del destrier si torse;
lo cacciò in terra, onde mai piú non sorse.

77
     Cade a terra il cavallo e il cavalliero:
la preme l’un, la tocca l’altro a pena;
che si leva sí destro e sí leggiero,
come cresciuto gli sia possa e lena.
Quale il libico Anteo sempre piú fiero
surger solea da la percossa arena,
tal surger parve, e che la forza, quando
toccò il terren, si radoppiasse a Orlando.

78
     Chi vide mai dal ciel cadere il foco
che con sí orrendo suon Giove disserra,
e penetrare ove un richiuso loco
carbon con zolfo e con salnitro serra;
ch’a pena arriva, a pena tocca un poco,
che par ch’avampi il ciel, non che la terra;
spezza le mura, e i gravi marmi svelle,
e fa i sassi volar sin alle stelle;

79
     s’imagini che tal, poi che cadendo
toccò la terra, il paladino fosse:
con sí fiero sembiante aspro et orrendo,
da far tremar nel ciel Marte, si mosse.
Di che smarito il re frison, torcendo
la briglia indietro, per fuggir voltosse;
ma gli fu dietro Orlando con piú fretta
che non esce da l’arco una saetta:

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80
     e quel che non avea potuto prima
fare a cavallo, or fará essendo a piede.
Lo seguita sí ratto, ch’ogni stima
di chi nol vide, ogni credenza eccede.
Lo giunse in poca strada; et alla cima
de l’elmo alza la spada, e sí lo fiede,
che gli parte la testa fin al collo,
e in terra il manda a dar l’ultimo crollo.

81
     Ecco levar ne la cittá si sente
nuovo rumor, nuovo menar di spade;
che ’l cugin di Bireno con la gente
ch’avea condutta da le sue contrade,
poi che la porta ritrovò patente,
era venuto dentro alla cittade,
dal paladino in tal timor ridutta,
che senza intoppo la può scorrer tutta.

82
     Fugge il populo in rotta, che non scorge
chi questa gente sia, né che domandi;
ma poi ch’uno et un altro pur s’accorge
all’abito e al parlar, che son Selandi,
chiede lor pace, e il foglio bianco porge;
e dice al capitan che gli comandi,
e dar gli vuol contra i Frisoni aiuto,
che ’l suo duca in prigion gli ha ritenuto.

83
     Quel popul sempre stato era nimico
del re di Frisa e d’ogni suo seguace,
perché morto gli avea il signore antico,
ma piú perch’era ingiusto, empio e rapace.
Orlando s’interpose come amico
d’ambe le parti, e fece lor far pace;
le quali unite, non lasciâr Frisone
che non morisse o non fosse prigione.

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84
     Le porte de le carcere gittate
a terra sono, e non si cerca chiave.
Bireno al conte con parole grate
mostra conoscer l’obligo che gli have.
Indi insieme e con molte altre brigate
se ne vanno ove attende Olimpia in nave:
cosí la donna, a cui di ragion spetta
il dominio de l’isola, era detta;

85
     quella che quivi Orlando avea condutto
non con pensier che far dovesse tanto;
che le parea bastar, che posta in lutto
sol lei, lo sposo avesse a trar di pianto.
Lei riverisce e onora il popul tutto.
Lungo sarebbe a ricontarvi quanto
lei Bireno accarezzi, et ella lui;
quai grazie al conte rendano ambidui.

86
     Il popul la donzella nel paterno
seggio rimette, e fedeltá le giura.
Ella a Bireno, a cui con nodo eterno
la legò Amor d’una catena dura,
de lo stato e di sé dona il governo.
Et egli, tratto poi da un’altra cura,
de le fortezze e di tutto il domíno
de l’isola guardian lascia il cugino;

87
     che tornare in Selandia avea disegno,
e menar seco la fedel consorte:
e dicea voler fare indi nel regno
di Frisa esperïenzia di sua sorte;
perché di ciò l’assicurava un pegno
ch’egli avea in mano, e lo stimava forte:
la figliuola del re, che fra i captivi,
che vi fur molti, avea trovata quivi.

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88
     E dice ch’egli vuol ch’un suo germano,
ch’era minor d’etá, l’abbia per moglie.
Quindi si parte il senator romano
il dí medesmo che Bireno scioglie.
Non volse porre ad altra cosa mano,
fra tante e tante guadagnate spoglie,
se non a quel tormento ch’abbián detto
ch’al fulmine assimiglia in ogni effetto.

89
     L’intenzïon non giá, perché lo tolle,
fu per voglia d’usarlo in sua difesa;
che sempre atto stimò d’animo molle
gir con vantaggio in qualsivoglia impresa:
ma per gittarlo in parte, onde non volle
che mai potesse ad uom piú fare offesa:
e la polve e le palle e tutto il resto
seco portò, ch’apperteneva a questo.

90
     E cosí, poi che fuor de la marea
nel piú profondo mar si vide uscito,
sí che segno lontan non si vedea
del destro piú né del sinistro lito;
lo tolse, e disse: — Acciò piú non istea
mai cavallier per te d’essere ardito,
né quanto il buono val, mai piú si vanti
il rio per te valer, qui giú rimanti.

91
     O maladetto, o abominoso ordigno,
che fabricato nel tartareo fondo
fosti per man di Belzebú maligno
che ruinar per te disegnò il mondo,
all’inferno, onde uscisti, ti rasigno. —
Cosí dicendo, lo gittò in profondo.
Il vento intanto le gonfiate vele
spinge alla via de l’isola crudele.

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92
     Tanto desire il paladino preme
di saper se la donna ivi si truova,
ch’ama assai piú che tutto il mondo insieme,
né un’ora senza lei viver gli giova;
che s’in Ibernia mette il piede, teme
di non dar tempo a qualche cosa nuova,
sí ch’abbia poi da dir invano:— Ahi lasso!
ch’al venir mio non affrettai piú il passo. —

93
     Né scala in Inghelterra né in Irlanda
mai lasciò far, né sul contrario lito.
Ma lasciamolo andar dove lo manda
il nudo arcier che l’ha nel cor ferito.
Prima che piú io ne parli, io vo’ in Olanda
tornare, e voi meco a tornarvi invito;
che, come a me, so spiacerebbe a voi,
che quelle nozze fosson senza noi.

94
     Le nozze belle e sontuose fanno;
ma non sí sontuose né sí belle,
come in Selandia dicon che faranno.
Pur non disegno che vegnate a quelle;
perché nuovi accidenti a nascere hanno
per disturbarle, de’ quai le novelle
all’altro canto vi farò sentire,
s’all’altro canto mi verrete a udire.