Storia di Torino (vol 2)/Libro III/Capo I

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Libro III - Capo I

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Libro Terzo


Capo Primo


Chiesa di Sant’Andrea. — Cappella della Consolata. — Breve storia di questa chiesa. Descrizione della medesima. — Antonino Parentani pittore. — Aneddoti intorno a Vittorio Amedeo ii. Caissotti. — Congregazioni religiose da cui fu ufficiata. Benedittini neri. Cisterciensi riformati o Fugliensi. Cisterciensi dell’antica osservanza. Oblati di Maria Vergine. — Uomini illustri sepolti alla Consolata. Filippo d’Este. I Goveani. La più bella dama che fosse in Torino nel 1629. Il conte Pietro Mellarede.


La chiesa di Sant’Andrea è da molti secoli insigne per una sacra imagine di Maria Consolatrice a cui si trae la divozion de’ fedeli, e che la pia tradizione [p. 292 modifica]racconta essersi miracolosamente e per divina rivelazione trovata da un cieco chiamato Ravadio o Ravachio di Brianzone, tra le rovine d’un’antica cappella, nella quale S. Massimo, vescovo di Torino, Tavea proposta alla venerazion dei fedeli.

Già ne’ primi anni dei secolo xiv si prova storicamente essere quella diva imagine salita in tal fama che innanzi alla medesima accorrevano principi e popoli divotamente pellegrinando.

Questa chiesa esisteva fin dal secolo x lungo il muro della porta Comitale o Palatina nel sito che occupa adesso all’angolo nord-ovest della città. Adalberto, marchese e conte di Torino e d’Ivrea, padre del re Berengario n, ceppo della Casa Real di Savoia, ne fece dono ai monaci fuggiti dalla Novalesa per paura de’ Saracini, e ricoverati presso alla chiesa de’ Santi Andrea e Clemente innanzi al castello di porta Susina. L’abate Bellegrimmo vi trasferì i suoi religiosi anche perchè nella casa che prima occupavono pativano troppo disturbo per concorso di popolo e per impaccio di secolari faccende. Sul finir del secolo il monaco Bruningo, architetto egregio, rifece più ampia e maestosa la chiesa di Sant’Andrea, talché il cronista novaliciense la chiamava più bella d’ogni altra (praestantior cunctis); imperocché, soggiunge, cinta di nobili famiglie, in capo alla città, fa una gran mostra di sè.1

Adalberto diede ancora ai monaci una torre [p. 293 modifica]attigua al monastero; ed io tengo per fermo che sia quella medesima che ancora serve di campanile, alla quale ne’ secoli posteriori si fe’ qualche giunta.

Nel secolo xv la chiesa di Sant’Andrea fu ingrandita. Nel 1584 monsignor Angelo Peruzzi, vescovo di Sartina, procedendo alla visita apostolica, la trovò piuttosto capace, ma piena d’immondezze, con altari disadorni e rovinosi. Sola in mezzo allo squallore distinguevasi per nettezza e per ornamenti la cappella della Vergine della Consolata, per la quale un monaco slava dipingendo un bel quadro. 2 Quel vescovo rende testimonianza della grandissima divozione, di cui era segno la santa imagine che vi si custodiva.3

Nel 1594 s’andavano rifabbricando o migliorando il monastero e la chiesa. Nel 1603 si rifaceva l’altar maggiore. L’infanta Donna Caterina d’Austria, duchessa di Savoia, sovveniva i monaci di 400 scudi d’oro nel 1594: Carlo Emmanuele i di 100 ducatoni nel 1603 (4).4

Fin dopo la metà del secolo xvii la chiesa di Sant’Andrea era a tre navi, formata di quattro archi. In cima alla nave di mezzo era, dov’è di presente, l’altar maggiore, con un quadro rappresentante la Deposizione di Cristo dalla croce, ed è quello stesso che ora si vede sopra l’altare del coro; allato a destra la statua di Sant’Andrea, a sinistra quella di S. Lorenzo. Sopra il quadro lo stemma de’ Reali di [p. 294 modifica]Savoia; e sopra lo stemma la tavola della Risurrezione. Sopra la statua di Sant’Andrea vedevasi la statua della Speranza. Sotto, l’effigie dipinta del duca Carlo Emmanuele i. Sopra il S. Lorenzo v’era la statua della Carità; sotto, il ritratto di Donna Caterina d’Austria moglie di Carlo Emmanuele i. Infine accanto alle statue de’ Ss. Andrea e Lorenzo erano due altre statue de’ Ss. Benedetto e Bernardo.

Per due scale di pietra laterali che venivano a far capo nelle navi minori, si scendeva nella cappella sotterranea di Nostra Signora delle Grazie, ove vogliono alcuni sia seguita la miracolosa invenzione.

In capo alla nave posta a cornu evangelli v’era l’altare de’ Ss. Carlo e Martino; gli succedeva l’altare di S. Valerico, il cui corpo nel 1584 conservavasi nella cappella sotterranea; seguitava la cappella degli Angioli, fondata da Marc’Antonio Bayro, poi quella della Madonna della Consolata, l’ultima era la cappella di S. Bernardo costrutta da Manfredo Goveano, consiglier di Stato, figliuolo del celebre giurisconsulto Antonio, nella quale ebbe quell’illustre lignaggio le sue tombe gentilizie,5 ed era situata dove ora s’apre la porta che guarda a ponente.

In capo all’altra nave era la cappella del Crocifìsso che fu patronato dei Delfini e dei Sanmartini di Castelnuovo, e venne dipinta nel 1610 dal Conti; nè v’erano altre cappelle da quel lato, aprendovisi due grandi porte, una in faccia all’altare di S. Valerico, [p. 295 modifica]l’altra in taccia all’altare della Madonna della Consolata. Al di fuori correva un portico sostenuto da pilastrini poligoni di mattoni lavorati all’antica, che cominciava dal campanile e stendevasi fin quasi all’estremità della chiesa.

Vicino alla seconda porta a mano sinistra, entrando, vedevansi alcune pianelle che si conservavano sempre asciutte, sebbene tutto il restante pavimento fosse coperto d’umidità; e là dicevasi essere il sito dove il cieco di Brianzone avea scoperto la sacra indagine6 ed il popolo lo baciava.

La cappella della Madonna fu ampliata ed ornata di quattro colonne di marmo nero, di pitture e di stucchi rappresentanti tutte le festività della B. Vergine nel 1611;7 l’altare fu consacrato da monsignor Vicia, già vescovo di Vercelli, il 12 settembre 1620.8 Nel 1659 poi il conte Flaminio San Martino d’Agliè la fe’ maggiormente ornare fra gl’intercolunnii con fregi, festoni, puttini e cherubini di marmobianco. Il lavoro fu condotto a termine nel 1662.9

Prima che la chiesa e la cappella venissero riedificate vi si vedeva quantità di voti d’argento, ed uno fra gli altri d’un figliuolo, d’altezza d’un raso e più d’argento, di peso più d’un rubbo, rappresentante S. A R. Vittorio Amedeo, oggi regnante (Vittorio Amedeo ii); era (la cappella) illuminata con nove lampade d’argento nei giorni festivi.10 [p. 296 modifica]

Durante la reggenza di Madama Reale Maria Giovanna Battista che era singolarmente divota di Maria Consolatrice, l’abate locale D. Michel Angelo di S. Bernardo, confessore della principessa Lodovica di Savoia, formò un disegno per restaurare il sagro tempio. Ma non era egli perito d’architettura, onde il suo concetto non potè aver esecuzione e si die invece l’incarico di delinearne un altro al celebre padre Guarino Guarini, Teatino, il quale propose la chiesa ovale che ora si vede, coll’innesto sur un fianco della grandiosa rotonda che forma la cappella della Consolata. Cominciò la fabbrica nel 1679 e si avanzò l’opera co’ doni di Madama Reale e più ancora colle liberalità de’ divoti, fra i quali merita particolar memoria la contessa Felicita Pergamo Losa, morta nel 1699.

Nel 1705 già erano riedificate la chiesa e Scappella, e nel 1714 Vittorio Amedeo ii, grato alla Vergine che avea nel 1706 protetta l’indipendenza della Monarchia e salvata la libertà d’Italia, ampliò sui disegni del Juvara il presbitero della cappella e ne costrusse l’elegantissimo altare, sopra il quale mostra delizie di paradiso la vòlta dipinta da Bernardino Galliari.

In quanto alla cappella sotterranea di Sta Maria delle Grazie, monsignor Peruzzi nella visita apostolica del 1584 la trovò scura e poco decente, con due altari, [p. 297 modifica]uno della B. Vergine, l’altro di San Valerico, di cui lì presso vedevasi il deposito. Nel 1608 fu ridotta a miglior forma e più elegante, ornata di colonne e di stucchi, concorrendo largamente nella spesa Donna Matilde di Savoia, moglie del marchese di Simiana, che vi pose nella vòlta le armi sue accompagnate da quelle del marito. Nel 1835, in seguito al voto fatto dalla città in occasione del cholera, fu la stessa cappella tutta rivestita di scelti marmi, essendosene anche agevolato e adornato l’accesso. Del volo e de’ restauri fa memoria l’iscrizione dettata dal celebre Carlo Boucheron che si vede in lapide di marmo bianco sul pianerottolo della scala.

Due chiese figliali vennero fondate dai padri della Consolata, l’una nel 1621 in Asti (dove ora è l’orfanotrofio) concorrendovi coll’usata sua liberalità Carlo Emmanuele i;11 l’altra nel 1633 a Mirafiori dov’era a que’ tempi una delizia della Corte di Savoia; e fu eretta d’ordine di Vittorio Amedeo i che donò 2,500 scudi d’oro.12

Le chiese architettate dall’ardito ingegno del padre Guarino Guarini, sono tutte l’una dall’altra diverse, ma si segnalano tutte per singolarità d’invenzione, per merito di difficolta superate, pel fortunato incontro di curve sporgenti e rientranti che formano un tutto quanto lontano dalla semplice eleganza di Palladio e del Sansovino, altrettanto nuovo e fantastico, nè punto disaggradevole. [p. 298 modifica]

Nella chiesa di Sant’Andrea e nella cappella della Consolala si scostò egli per altro dall’ordinaria sua maniera, e questi due nobili edifìzi sono certamente una delle sue meno affaticate e più semplici composizioni.

Di forma ovale, alta, grandiosa è la chiesa di Sant’Andrea, aperta all’intorno per otto grandi archi. Quello che sta a levante contiene l’altar maggiore, dietro e sopra il quale in alto è il coro de’ monaci. Di faccia all’altar maggiore è la porta d’ingresso a ponente, ornata di stipiti di granito dalla pietà di S. E. Reverendissima monsignor Luigi Fransoni, nostro arcivescovo.13 A mezzodì, dal qual lato propriamente è la facciata del Santuario, s’apre un’altra porta d’ingresso; e di fronte alla medesima il quarto di essi grandi archi lascia vedere la cappella della Consolata, a cui si sale per alcuni gradini, e che una elegante cancellata di ferro, dono del marchese Tancredi Falletti di Barolo, di pia memoria, divide dalla chiesa.

I quattro archi restanti contengono altrettante cappelle, le quali s’intitolano di S. Bernardo, di S. Valerico (di patronato delta citta), di Sant’Anna e del Crocifisso (un tempo patronato dei Morozzo che vi aveano i loro sepolcri).

Fra un arco e l’altro s’alzano pilastri binati d’ordine corintio. Le dorature tanto d’essa chiesa che della cappella vennero tutte rinnovate nel 1836 per cura degli Oblati di Maria Vergine, nella quale [p. 299 modifica]occasione, essendosi dovuta trasferire provvisoriamente in altro sito l’imagine miracolosa, molti ebbero, ed io fra quelli, la ventura di poterla venerare ed esaminar da vicino.

All’altar maggiore il quadro col martirio di Sant’ Andrea è di Felice Cervetti, mediocre pittor torinese. Dell’altare è patrono l’Ordine de’ Ss. Maurizio e Lazzaro di cui questa chiesa è commenda; e ne fa fede una iscrizione che si conserva nell’attiguo convento.

Appartiene allo stesso pittore la tavola di S. Bernardo, alla quale gli Oblali fecero aggiungere Sant’Alfonso de’ Liguori, compatrono della loro congregazione.

Il S. Bernardo dipinto a fresco nel vôlto è di Mattia Bertoloni, veneziano; gli ornati sono di Felice Biella allievo di Giuseppe Galli Bibiena; le sculture in legno furono condotte dal celebre Stefano Maria Clemente.

Bertoloni e Biella dipinsero ancóra il vôlto della cappella di S. Valerico; anzi quello di tutta la chiesa.

Le sculture della cappella di Sant’Anna sono di man del Clemente.

Il quadro dell’altare del Crocifisso è di Guglielmo Caccia detto il Moncalvo, il miglior pittore che vanti il Monferrato, dopo Macrino, distinto e per abbondanza d’invenzione, e per freschezza di colorito. Vi fu collocato il 27 novembre 1715, nel qual giorno il P. abate Polla celebrò la prima messa in questa cappella. [p. 300 modifica]

Il fresco nel vôlto mostra il Salvatore nel Limbo, e fu dipinto da Gio. Battista Pozzi milanese, nel 1717.14

Otto quadri ovali appesi ai pilastri attorno alla chiesa, rappresentano varii santi dell’ordine Cisterciense, e sono pure di man del Cervetti.

Infine è qui da rammentare l’organo recentemente rinnovalo per cura degli Oblati di Maria Santissima, dal celebre Serassi di Bergamo, con tutti quei magisteri e quella più mirabile imitazione di stronfienti, di voci, d’echi, permessa dalla presente condizione dell’arte.

Sul fianco settentrionale della chiesa di Sant’Andrea s’apre il Santuario della Consolata, di forma esagona, ornato di colonne, tutto rivestito di marmi preziosi. L’altare è, come abbiam detto, disegno del celebre siciliano architetto Filippo Juvara; esso poggia a grande altezza, e sopra al trono in cui si espone alla pubblica adorazione il Santissimo, mostra, fra i cori angelici, fra Toro e le gemme la sacra effigie della Vergine, quasi sempre coperta d’un velo serico, fuorchè nei giorni più specialmente a lei dedicati. Oh qual conforto ci piove al sol fissare i tuoi begli occhi, o Maria! Quale raccoglimento c’inspirano, quanti pensieri ci destano queste sacre pareti, depositarie di tanti dolori, ministre di tante consolazioni!

Ah ben lo sa chi, perduta una parte dell’anima sua, si sente solo e deserto sopra la terra, e col cuor [p. 301 modifica]lacerato versa lagrime più amare che morte! Tu allora scendi, pietosa amica, nella travagliatamente, o Maria, e stornandone con sapiente violenza lo sguardo da una muta e fredda spoglia, da un triste avello, lo sollevi a più beate regioni, egli mostri, sfavillanti d’immortal riso, i suoi cari, preganti perchè l’esule alfìn li raggiunga …

La cupola di questa cappella fu cominciata in aprile e finita il 27 settembre del 1703. Venne poi dipinta sui disegni del celebre Giuseppe Galli Bibiena da Giambattista Alberoni di Modena, per quel che appartiene ad architettura. Pennelleggiò le figure Giambattista Crosato veneziano, peritissimo singolarmente nell’arte di dar rilievo a’ suoi dipinti, come si può vedere anche alla Vigna della Regina: ora questi bei dipinti sono già alquanto smarriti.

Il già mentovato Cervetti è autore di sei quadri appesi attorno al primo cornicione della cupola.

La chiesa fu lastricata nel 1714 a spese della contessa di Scarnafiggi.

La cappella sotterranea fu squisitamente adornata, come già accennammo, di scelti marmi dalla città di Torino. Il giallo di Verona copre le pareti. I pilastri sono di ravacchione bigio di Carrara. La balaustra, le ringhiere di ferro battuto. Vi si vedono le statue di S. Massimo e di S. Francesco di Sales, di legno, d’Ignazio Perucca; ed un acquasanlino di bronzo d’egregio lavoro di madamigella Fauveau, [p. 302 modifica]dono del cav. d’Olry, già ministro di Baviera a Forino.

Nella sagrestia, ricca di nobili intagli in legno, il vôlto è dipinto a fresco da Antonio Milocco.

Le piccole sagristie che succedono alla grande, dipinse a fresco nel vôlto lo stesso Crosato. Un quadretto col Padre Eterno ed alcuni putti, è opera del Moncalvo.

Sono da vedersi nel coro antico de’ monaci un Cristo posto nel monumento, quadro antico, ricco di figure, notevole per la composizione e pel colorito: belle sopra le altre figure sono il morto corpo del Redentore e la Maddalena. Sembra di scuola vercellese, ed è certamente del miglior tempo, e di mano maestra. Degni ancora d’osservazione mi sembrano nella sala del capitolo la tavola rappresentante il cadavere di S. Rocco portato al sepolcro, del cav. Claudio Beaumont, capo della scuola reale di pittura a Torino, ed un quadro grande mezzo tondo in cima, dipinto da Antonino Parentani. In alto v’è la SS. Trinità in gloria colla Vergine Santa. A destra vedesi S. Gio. Battista protettor di Torino, colla bandiera di Savoia fra le mani; gli stanno appresso S. Maurizio e quattro altri martiri tebei, portando per insegna la croce trifogliata d’argento in campo vermiglio. Alla sinistra schieransi S. Giacomo, S. Massimo vescovo di Torino, S. Remigio, il B. Amedeo, una Santa ed un Abate dell’ordine Benedittino. La [p. 303 modifica]parte mezzana del quadro è occupala da tre angioli: uno in mezzo colla spada sguainata e col motto potestas principis; uno a destra colla bandiera dell’Annunziata, e col motto princeps statvs: il terzo a sinistra colla bandiera del Santo Sudario, e col motto tvtelaris civitatis. Nel piano poi havvi una veduta di paese, nel quale la città di Torino, ed il Santo Angelo Custode coll’anima d’un eletto, che ha il demonio sotto ai piedi. Fu dipinto nel 1604 a spese di Marc’Antonio Bayro.15 Il Parentani imitava con buon successo lo stile della scuola romana, e fu molto adoperato da Carlo Emmanuele i per l’adornamento de’ suoi palazzi e della sua famosa galleria. Fu discepolo del Parentani un Francesco Demaria da Tortona; e credo fosse suo figliuolo il capitano Agostino Parentani che lavorava eziandio di pittura, e che nel 1640 delineò una carta di Torino che fu incisa da Gio. Paolo Bianchi.16

Il quadro di S. Rocco fu dipinto nel 1716 dal cav. Beaumont per la confraternita di questo nome. Ma non potendo egli accordarsi co’ battuti intorno al prezzo, lo fe’ portar via e lo donò alla città, la quale lo collocò alla Consolata nella sua cappella di S. Valerico.17

Altri quattro dipinti, due in forma di mezzaluna, due quadri, vedonsi nella libreria, e rappresentano la nascita di Maria, la Vergine che sale i gradini del tempio, lo Sposalizio, la Concezione. Furono [p. 304 modifica]giudicati dal Bartoli di man dello stesso Parenlani, benchè vi scorgesse maggior potenza di colorito (18).18 Con miglior giudicio, per quanto mi pare, li attribuisce il cav. Biscarra al Moncalvo.

Con bolla del 15 giugno 1604 la chiesa di Sant’Andrea fu eretta in commenda dell’ordine Mauriziano.

Abbiam già accennata l’opinione che la torre della Consolata sia quella stessa che nel 929 veniva donata dal marchese Adalberto ai Benedittini. Probabilmente questa torre era scoperta, poichè nei consigli del Comune si proponeva nel 1406 di finirla.19 E non senza grave cagione se ne occupavano i padri del Comune, perchè quella torre posta presso alle mura, serviva di stanza alle guardie per ispeculare i moti de’ nemici; essendo, come ognun sa, que’ tempi del medio evo continuamente ottenebrati di guerre e di pestilenze, d’intestine discordie e di nemiche aggressioni.

La guardia che stava sulla torre di Sant’Andrea corrispondea per segni con quella che stava sulla torre di Sta Maria presso al ponte sulla Stura. Addì 16 di febbraio del 1334 il Comune ordinava che la guardia di Sta Maria avesse una bandiera bianca, ed allo scoprirsi de’ nemici suonasse il corno e volgesse la bandiera verso la parte donde apparissero, ed allora la guardia di Sant’Andrea suonasse la grossa campana a stormo, e colla piccola desse i segni ordinati nelle istruzioni.20 [p. 305 modifica]Che se ci faremo a visitare la parte sotterranea del saero edificio, troveremo sotto la cappella della Consolata un sito illuminato da due finestre, e pulitissimo; nel quale, dal lato sinistro di chi entra, vedesi la tomba del cav. Carlo Ludovico Birago di Roccavione, luogotenente maresciallo dell’Imperatore, morto il 10 novembre 1710; più in là sotto la finestra, il luogo nel quale gli Oblati raccolsero le ossa prima sparse nel sotterraneo. Successivamente il sepolcro della contessa Felicita Pergamo Losa, che aiutò poderosamente la fabbrica del Santuario, e morì nel 1699. Passando quindi sotto al presbitero, in mezzo si scorge la tomba de’ Rev.mi Rettori maggiori degli Oblati, ove riposa Giambatista Reynaudi, uno de’ fondatori di questa Congregazione, morto il 24 di dicembre del 1858 a Carignano. A destra un sepolcro comune contiene gli avanzi de’ monaci Cisterciensi, che giacevano secondo il loro instituto prostesi sulla nuda terra; sulle altre pareli s’aprono le tombe degli Oblati.21

Divotissimi di questo Santuario furono sempre i nostri principi, e frequente fu la pia loro visita, la generosa loro offerta alla Madre di consolazione. Ricorderò fra gli altri il re Vittorio Amedeo ii, il quale, oltre al passar la notte di Natale, salmeggiando co’ monaci, come racconta un’iscrizione conservata sul pianerottolo dello scalone del monastero, spessissimo vi si recava di buon mattino a sentir [p. 306 modifica]messa, od a cercare il padre abate Dormiglia suo confessore. V’andava a piedi preceduto da due valletti, uno de’ quali con lanterna. Si confessava d’ordinario nella piccola sagrestia già riservata all’uso particolare dell’abate. Quando villeggiava alla Venaria, mandava a pigliar il confessore con carrozza tratta a sei muli bianchi; talvolta fu visto quel principe alla Consolata accostarsi alla sacra mensa confuso in mezzo alla calca del popolo. Vi venne, fra le altre volte, addì 24 di settembre del 1715, vigilia della sua partenza per Palermo, dove fu poi unto e coronato re di Sicilia. Vestiva quella mattina un giustacuore turchino coi bottoni d’oro. In sul giungere, dispensava ai poveri uno scudo bianco. Tornando al palazzo a piedi, incontrò presso Sant’Agostino il parroco che portava il Viatico ad una madama Soppena, s’unì al corteggio ed accompagnò divotamente il Santissimo.22

Si fu in una delle sue visite notturne alla Consolata, che avvertì ad un lume che vedea sempre ad uno di quelli abbaini che sorgono sui tetti delle case, e rischiarano l’umile abituro de’ poveri: e domandò chi vi abitasse e perchè vi fosse costantemente quel lume: gli fu risposto esser l’abitazione d’un povero giovane nizzardo teste laureato in leggi, che passava le notti a studiare. Vittorio volle conoscerlo, lo nominò sostituito avvocato de’ poveri; era il Caissotti: e quel povero studente diventò poi gran cancelliere.

Questo principe, quanto assoluto nelle sue volontà, [p. 307 modifica]altrettanto affabile e popolare, il 2 luglio del 1716, dopo d’aver fatte le sue divozioni alla Consolata, andò a far colezione in casa dello speziale Anglesio, che abitava allora dirimpetto alla chiesa delle Orfanelle, e ripartì poscia per la Veneria.

In settembre del 1714 essendovi mortalità nel bestiame, vennero a portar doni, ad offerir preghiere alla Consolata molte confraternite dei vicini paesi, da Beinasco, da Orbassano, da Rivoli, da Grugliasco, da Vinovo, da Villanova d’Asti, da Villafranca, da Moncucco e da Casale.

Il 27 di novembre del 1718 venne alla Consolata la principessa Maria di Carignano, e, confusa col popolo, si presentò al confessionale del padre Dormiglia, confessore del Re.

I monaci della Novalesa, Benedittini neri, furono, come abbiam veduto, i primi che dalla pietà del marchese Adalberto ottennero nel 929 la chiesa di Sant’Andrea con un piccolo monastero, chiamato nel documento cella, a significare appunto che di pochi monaci era capace. Ingrandita poi e migliorata dal monaco Bruningo la chiesa, sicchè compariva come la più bella della città, ò probabile che anche il monastero sia quindi stato rifatto ed ampliato; ma comunque ciò sia, i Benedittini neri furono pertanto quelli, che, secondo la pia tradizione, videro alzarsi dal re Arduino la cappella della Consolata; ebbero il dolore di vederla dal furor delle [p. 308 modifica]guerre distrutta, che poi videro prodigiosamente scoprirsi tra le macerie la santa imagine, ed a nuovo e più fervoroso culto restituirsi.

Durarono i Benedittini in questa chiesa seicento sessant’anni; e nel 1589, dandosi da gran tempo il priorato di Sant’Andrea in commenda,23 essendo scemala l’osservanza delle discipline claustrali e della regola di S. Benedetto, e ridotti i monaci a sei, vennero loro surrogati i Cisterciensi, chiamati anche Fugliensi, o monaci di S. Bernardo, dello stesso ordine Benedittino, ma riformati, che vestono cocolla bianca.

Nella visita di monsignor Peruzzi dell’anno 1584 si nota che la chiesa era tenuta in commenda da Camillo Gaetani. Vi risiedeano sei monaci Benedittini sacerdoti, a ciascuno de’ quali l’abate commendatario od il cardinale di Sermonetta Nicolò Gaetani dava provvisione annua di quattro sacchi di fromento, una carrata e mezza di vino, dodici scudi pel companatico, tre pel vestiario. Il parroco era un prete della diocesi di Nocera, vicario dell’abate. Il Santissimo era allogato in custodia di ferro indecentissima. La chiesa era sporchissima. Gli altari mezzi in rovina. Non v’erano ne qui ne nelle altre chiese di Torino confessionali. I monaci non osservavano la regola di S. Benedetto, fuorchè nell’ufficiatura. Per queste cause il cardinale Camillo Gaetani da Roma ove risedeva, e dal monastero di Santa [p. 309 modifica]Pudenziana, suo titolo cardinalizio, mandò fra Filiberto prior claustrale con alquanti compagni, ai quali venne da monsignor nunzio Giulio Ottinelli dato il possesso della chiesa e del monastero di Sant’Andrea addì 25 ottobre.24 Furono questi in modo insigne benemeriti del Santuario e del cullo di Maria SSma di cui promossero e cogli scritti e colla predicazione il culto; fondando anche, come abbiam veduto, i monasteri figliali d’Asti e di Mirafìori; e rifacendo dai fondamenti la chiesa di Sant’Andrea, la cappella della Consolata, ed il monastero. Furono cacciali, come gli altri ordini religiosi, dalla rivoluzione francese. Nel 1819 vennero ad ufficiare il Santuario i Cisterciensi della prima osservanza che vestivano cocolla bianca e scapolare nero, ai quali i Fugliensi erano slati riuniti nel 1802. Durante la dominazione straniera il Santuario era stato custodito da due antichi monaci, Gaetano Brunetti e Domenico Data. Finalmente addì 3 febbraio del 1834 ne pigliarono possesso, per volontà sovrana e con autorità del sommo pontefice, gli Oblati di Maria Vergine.

Fu questa congregazione fondata nel 1826 a Pinerolo dal teol. Pio Brunone Lanieri di Cuneo, e dal sacerdote D. Giambattista Reynaudi di Carignano, ed approvata per Breve di Leone xii del 1° di settembre di detto anno. Intitolandosi dal santo nome di Maria, ragion voleva che ai pie di Maria [p. 310 modifica]continuamente facesser dimora, come dice il rescritto pontifìcio.

I primi che vennero col rettor maggiore Rcynaudi furono undici sacerdoti, e grande è stato l’affetto con cui cercarono di promuovere il culto di Maria Consolatrice; ne solo il dimostra il Santuario ripulito e adornato, la facciata e la piazza di cui procurano con ogni studio la formazione, ma ancora le tante imagini d’essa Vergine che i Missionari apostolici di questa congregazione portano e diffondon nell’India; e la chiesa che sotto al titolo di Maria Consolatrice fu dal padre Abbona, missionario apostolico ne’ regni d’Ava e Pegù, innalzala nel 1840 nel villaggio di Telai Chiacumin, e dove è gran concorso non sol di fedeli, ma eziandio di protestanti e di pagani, tratti a quella dolce esca delle promesse consolazioni. — E sien pur esse efficaci a intenerir que’ cuori, ad aprir quegli occhi alla vera luce di Cristo, a far fruttificare negli animi quella potente parola che mostra la diritta via, che regge i passi di chi erra per questo mortale pellegrinaggio, che li giudicherà nel di final del giudizio!

A mantenere il concorso del popol divolo a questo Santuario, mirabilmente conferiscono la frequenza e la pompa delle sacre funzioni; l’esposizione del SS. Sacramento in ogni sabbato; le quaranfore che si fanno tre volte l’anno, nella terza settimana dopo Pasqua dalla Compagnia di S. Giuseppe; addì 27, [p. 311 modifica]28, 29 di agosto per voto della Città di Torino; nell’ultima domenica d’Avvento, e nei due giorni seguenti per legato del conte Robbio di S. Raffaele, in data delli 30 dicembre 1780; la benedizione coll’Eucaristico Sagramento che si dà mattina e sera; le messe che, dall’aurora al meriggio, si succedono incessantemente; le prediche ne’ giorni festivi, e le novene che si fanno con analogo discorso in preparazione alle feste della Consolata, della Natività di Maria SSma e della solennità d’Ognissanti.

La chiesa di Sant’Andrea era già parrocchia nel secolo xii, e lo fu sino al 1596. In essa chiesa era fin dal secolo xiii una confraternita, della quale trovo essere stati priori nel 1293 Oberto Pelizzono ed un Amedeo (priores confratriae S. Andreae). Nel 1527, addì 15 di gennaio, vi fu eretta canonicamente la primaria compagnia della Consolata, in tempo che Dio visitava con guerre, fami e pestilenze l’Italia. I confratelli obbligando la loro fede a Maria, intendono desiderosamente a promuoverne il culto, onde meritarne la protezione. Questa insigne compagnia fu privilegiata d’indulgenze per Breve di Gregorio xiii del 5 di maggio 1580, e venne addì 26 maggio del 1594 aggregata a quella di San Bernardo in Roma.

Nel 1796 fu eretta nella stessa chiesa la società di San Giuseppe. Nel 1805 due confratelli di San [p. 312 modifica]Giuseppe fondarono la società di Sant’Anna; queste due compagnie nel 1806 si riunirono con autorità dell’arcivescovo Giacinto Della Torre, di chiara memoria, sotto al patrocinio di S. Giuseppe e Sant’Anna; e nel 1815 compilarono i loro statuti, approvati poi dalla podestà ecclesiastica.


Note

  1. [p. 317 modifica]Chronicon Novalic. cc. v, vii et xxviii.Nell’ andito che mette dall’atrio d’ingresso alla sagrestia nella cappella della Consolata, un voto d’Antonia Maria Noberasca ci mostra grossamente la figura della cappella antica, così come trovavasi nel 1620.
  2. [p. 317 modifica]Unus ex monacis de pretesemi conficit imam pulchram iconam super ipso altari locandam.
  3. [p. 317 modifica]Atti della visita di monsig. Peruzzi (Archivio arcivescovile) «ad quod habetur imago gloriosae Virginis valde devota, ut indicant vota cerea et argentea ad parietes ipsius cappellae appensa, et ad quod quotidie celebratur cum magna populi multitudo confluat».
  4. [p. 317 modifica]Registri del controllo in detti anni, fol. 320, 88, 255. Archivi camerali.
  5. [p. 317 modifica]Istromento 16 aprile 1625. Archivio della Consolata.
  6. [p. 316 modifica]
  7. [p. 317 modifica]Carlo Emmanuele i, in data del 1 di marzo 1611. donava ai Padri della Consolata ducatoni 400 a fiorini 13 l’uno, per le fatture et pei marmi negri applicati alla cappella della Madonna della Consolata. Registri del controllo, fol. 24, Archivi camerali. Il 5 di maggio dell’anno medesimo facea pagare a fra Guglielmo di Santa Eufemia priore d’essa cappella scudi 600 d’oro per li ornamenti della medesima. Ivi, fol. 70.
  8. [p. 317 modifica]Nell’ andito che mette dall’atrio d’ingresso alla sagrestia nella cappella della Consolata, un voto d’Antonia Maria Noberasca ci mostra grossamente la figura della cappella antica, così come trovavasi nel 1620.
  9. [p. 318 modifica]Istromento 5 maggio 1659 e 6 gennaio 1663. Archivio della Consolata. Il conte d’Agliè vi avea posta la seguente iscrizione:

    COMES FLAMINIVS SANMARTINVS AB ALLADIO

    PENES REGIAM CELSITVDINEM VICTORII AMEDEI EX NOBILIBVS A CUBICVLO ET APVD SERENISSIMVM PRINCIPEM MAVRITIVM A SABAVDIA EIVSDEM ORDINIS PRIMVS DEIPARAE CONSOLATRICE ARAM TVM EX REDIVIVIS MARMORJBUS TVM EX PORPHYRITIBVS AB INTEGRO

    PRAEPARATIS ORNATIVS AC ELATIVS RENOVAVIT ANNO MDCLIX.

    Ora questa pietra si vede nel portico della cappella della Consolata a cornu epistolae.

  10. [p. 318 modifica]Attestazioni giurate suddette del 1705.
  11. [p. 318 modifica]1621, 24 maggio elemosina di ducaloni 500 da fiorini 13 l’uno al padre provinciale della Consolata di Torino per dare principio alla nuova chiesa che si ha a fabbricare in Asti per l’introduzione de’ padri della sua religione. Controllo 1621, reg. 2, fol. 75.
  12. [p. 318 modifica]Dono del 18 aprile 1633. Controllo, fol. 203.
  13. [p. 318 modifica]V’ha la seguenle iscrizione:

    QVOD PII CVLTORES MARIAE

    PRIVATIS LARGITIONIBVS VOTO PVBLICO OBSECVNDANTES AEDEM INTVS   RESTAVRAVERINT   TAVRIN.   PONTIFEX   IN   ADITV   TEMPLI   MVNERE   EIVS   INSTRVCTO   AD   PERPETVVM   EXEMPLVM   PIETATIS

    MEMORANDVM CENSVIT A. MDCCCXXXVI.

  14. [p. 318 modifica]Soleri, Diario de’ fatti accaduti in Torino.
  15. [p. 318 modifica]Istromento rog. Fecia. Archivio della Consolata. Mal s’appose il Bartoli pensando che dipingesse intorno alla metà del secolo xvi. Il Parentani fiorì alla fine dello stesso secolo, e ne’ primi anni del seguente, come appare dai conti dei tesorieri che sono nell’ Archivio Camerale dal 1598 al 1614.
  16. [p. 318 modifica]Libro de’ forestieri admessi ad habitare in questa città 1620. Viveva ancora in detto anno Antonio Parentani.
  17. [p. 318 modifica]Soleri, Diario già citato.
  18. [p. 318 modifica]Descrizione delle pitture e scolture della città di Torino. Derossi, nuova guida per la città di Torino 1781. Notiamo, che sebbene porli il [p. 319 modifica]nome dì Derossi, vi pose mano il Vernazza per ciò che concerne la bibliografia e la storia.
  19. [p. 319 modifica]Considerandone la struttura, si vede esser diversa, ed assai meno antica la parte somma della medesima.
  20. [p. 319 modifica]Liber consiliorum civitatis Taurini.
  21. [p. 319 modifica]Fra le persone illustri o chiare per alcuna virtù che sono seppellite in questa chiesa, noteremo le seguenti tra le molte segnate nel necrologio della Consolata che comincia nel 1611.
    1625 23 luglio. Filippo d’Este marchese di Lanzo.
    1629 7 aprile. Monsieur d’Orbessan di Parigi, primo Scudiere di Madama serenissima (Maria Cristina).
    1629 15 marzo. Piero Magliano di Mondovì detto il cieco, che suonava l’arpa e squisitamente.
    1629 31 maggio. Fu sepolta alle grazie (nello scurolo) la figliuola del sig. conte Bombasino la più bella dama che fosse in questi tempi.
    1635 28 aprile. Il presidente Avenato.
    1637 novembre. Il presidente Emmanuele Filiberto Goveano (nella cappella di San Bernardo).
    1645 9 marzo. Il presidente Richelmi.
    1656 13 agosto. Sig. Avvocato Gio. Stefano Rocchi (Rocci) professore di leggi.
    1657 23 febbraio. Il protomedico Ghigonio.
    1665 13 giugno. Conte e presidente Cacherano (Domenico).
    1675 18 dicembre. Il presidente Dalmazzone.
    1677 17 gennaio. L’eccell. sig. conte Ludovico Nicolò Goveano.
    1679 11 aprile. Il conte Lodovico Amedeo Goveano.
    1679 7 luglio. Baron Faverges.
    1679 5 novembre. Conte Paolo Bonardodi Mondovì.
    1711 11 agosto. Conte Giuseppe Cacherano.
    1713 14 maggio. Cav. Giacomo di Sales.
    1713 3 giugno. Conte Davide Riccio di Solbrito.
    1715 «All’i 21 ottobre è passalo a miglior vita alle hore 24 il sig. Giovanni Francesco Soleri, giovane d’età 36 circa, compianto da tutti per la sua pietà e bontà di costumi, dandoli a conoscere nel corso della sua malattia e massime nell’estremo de’ suoi giorni, quali terminò con tanta sofferenza e rassegnazione al divino volere, che rendè stupore a quelli che l’assistevano. Questa mane dopo cantata la messa è stato sepolto sotto la cappella della Vergine santissima. In fede li 23 ottobre 1715».
    1716 22 maggio. Commendatore D. Francesco Antonio Lanfranchi, segretario di guerra e di gabinetto.
    1716 15 giugno. Cav. Carlo Francesco Blanciardi.
    1717 27 gennaio. Conte Gio. Francesco Radicati di Passerano.
    [p. 320 modifica]«1718 24 maggio. È passato a miglior vita il M. Rev. padre D. Macario Stefagnano di Sparta, monaco basiliano, il quale era da 36 anni in qua che habitava nella presente città con ammirazione di tutti per la sua pietà, et questa mattina dopo la messa cantata è stato sepolto sotto la cappella della Vergine santissima. In fede li 25 maggio 1718».
    «Alli 19 marzo 1730 alle ore 9 circa di Francia alla sera è passato a miglior vita S. E. il conte Pietro di Melarede primo ministro e segretario di stato per gli affari interni di S. S. R. M., et questa mattina dopo la messa cantata è stato sepolto nella cappella della Vergine santissima della Consolata. In fede Torino li 21 marzo 1730».
    1753 14 luglio. S. E. il sig. conte e presidente Giuseppe Bartolommeo Richelmi.
  22. [p. 320 modifica]Soleri, Diario già citato.
  23. [p. 320 modifica]Tra Commendatori furono nel secolo xvi i cardinali Sermoneta e Gaetani.
  24. [p. 320 modifica]Dichiarazione di mons. Ottinelli vescovo di Fano, del 28 gennaio 1595. Archivii della Consolata.