Viaggio da Milano ai tre laghi Maggiore, di Lugano e di Como e ne' monti che li circondano/Capo XXII

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Capo XXII. Da Lecco a Milano per acqua e per terra

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Capo XXI Capo XXIII
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CAPO XXII.

Da Lecco a Milano per acqua e per terra.


A Lecco l’Adda ripiglia il suo nome e corso, passando sotto un magnifico ponte fabbricato nel secolo xiv. Chi vuol da Lecco andare a Milano, per acqua può andarvi e per terra. Se ama viaggiare con economia e agiatamente, e vedere al tempo stesso cose che interessano il naturalista, il politico e l’agricoltore, verrà a Milano per acqua a seconda dell’Adda; il che far non si poteva venticinque anni addietro, sebbene opinione vi sia che l’Adda fosse altre volte tutta navigabile, narrandosi che Francione, o Francilione, portasse, dopo la resa dell’Isola, nel secolo vi, tutti i suoi tesori pel Lario e per l’Adda a Ravenna. È probabile che vi si conducesse il legname, narrandoci Plinio (lib. xvi. c. 39 e 40) che Tiberio fece trasportare a Roma i larici della Rezia, uno de’ quali aveva 120 piedi d’altezza. Breve è qui il corso dell’Adda, e viensi tosto al lago detto di Pescarena e di Garlate ne’ luoghi vicini a questi paesi, e di Muzio o Mogio nella parte [p. 240 modifica]inferiore. Si ha a destra il Montebaro, sotto cui stanno Pescate e le Torrette. Qui finisce il monte, e vedesi lo scoglio calcare che il Montebaro univa al monte del Chiuso. Vedesi il paese di questo nome a sinistra, e prima di esso Barco e Maggianico, sovra cui stanno le cave dei tufi sì utili per le volte. Sotto il Chiuso è Vercurate, e in alto è Somasca, luogo ove s. Girolamo Emiliani fondò l’istituto che ha cura degli orfani, e che da quel paese prende il nome. Lo scoglio, in cui una stretta via è tagliata, servia di confine allo Stato Veneto, che qui cominciava, e stendeasi lungo l’Adda fin rimpetto a Vario: or tutto è del regno d’Italia. Ove il lago ristringesi v’è a destra Olginate, e a sinistra il torrente Gallaveso, che, da’ monti Bergamaschi grandi ciottoli ivi apportando, va stringendo l’uscita all’Adda; che perciò lì presso ha un rapido corso, finchè torna a dilatarsi e forma il picciolo lago d’Olginate, sopra cui nell’alto a sinistra del corso dell’acqua veggonsi Roscino, Calorso (ove al san Martino tiensi gran fiera) e altre terre fra monti verdeggianti, ne’ quali il sasso calcare è a strati orizzontali e regolari. Sta al basso Lavello, ove il lago nuovamente strignesi in fiume, forse per le ghiaie apportatevi dal torrente Greghentino all’ovest.

Dopo breve rapidità, e qualche tortuosità [p. 241 modifica]sostenuta da un argine, l’Adda, a così dire, impaluda nel lago di Brivio, ove, se poche son le acque, conviene, navigando, seguire il canale o filon del fiume fra canne e giunchi e siepi formatevi per agguati ai pesci. È vano avvertire che insalubre è qui l’aria, poichè l’avvisa il puzzo istesso.

A Brivio, bello e considerevol borgo, ove veggonsi gli avanzi d’antico castello distrutto nel secolo xiii, l’Adda ripiglia corso. Da Lecco a Brivio su piccol battello a due remi in meno di due ore si viene; ma triplicato tempo vi vuole a rimontare, se non ajuta il vento.

Ristretto va sempre, or più or meno, l’Adda fra le alte sponde di sasso ora calcare stratificato, ora scistoso con grosse rilegature di quarzo, ma per lo più di breccia o ceppo. Ovunque vedesi questo ceppo, che occupa qui considerevol ampiezza, osservasi esservi una pianura sollevata di molte tese dal fiume, ma circondata da colli o piani più elevati ancora, che, contenendo le acque, formavano un lago, il quale qui cessò d’esser tale, quando l’Adda corroso ebbe lo scoglio di Trezzo che ’l teneva in collo. In quel lago il fiume portava i ciottoli d’ogni indole e forma, ma generalmente pel lungo rotolamento rotondati. Il riposo dell’acqua, che nel lago dilatavasi, faceva deporre le particelle calcaree e selenitose, e le arene selciose, che [p. 242 modifica]l’acqua stessa e’l proprio peso portavano nei vani rimasti fra un ciottolo e l’altro. L’Adda si aperse il varco, e l’acqua abbandonò gli ammassati ciottoli. Si diseccarono, formando cemento, le particelle che gli uniano, e risultonne la breccia. Il fiume la tagliò per iscavarsi l’alveo; e parte d’essa rimanendo senz’appoggio, cadde nel fiume, ove sen veggono in fatti massi enormi; e parte solamente staccossi, cosicchè par di mirare avanzi di gran mura artefatte in certi massi, lunghissimi, alti e sottili, che sotto Calusco, a cagion d’esempio, si veggono. Del laghetto che ivi era conserva una memoria ancora il nome di Medolago, terra che occupa il luogo ove n’era quasi il centro. Calusco, testè rammentato, è la casa del valoroso e infelice Bartolommeo Colleoni, ove ancor vedesi la sua armatura. Pensa l’erudito Guido Ferrari che le sponde attuali e brecciose dell’Adda non fossero aperte ne’ più lontani tempi, ed ivi l’acqua sostenuta si stendesse a formare il lago Gerundo (nome però ignoto agli antichi), e in esso l’Isola Fulcheria, ne’ contorni ove ora sta Crema, ed ove trovasi e scavar potrebbesi gran quantità di torba e di lignite.

S’accresce considerevolmente il corso del fiume sotto Imberzago (Amberciacum), e all’avvicinarsi del Naviglio di Paderno. In questo, a cagione d’un masso a sinistra che [p. 243 modifica]fa piegare il fiume, comodissimo è l’ingresso. Ad acqua mezzana in tre quarti d’ora discendesi su grossa barca da Brivio a questo Naviglio.

Da che Francesco I Sforza ebbe scavato il canale della Martesana, detto il Naviglio piccolo, nel 1457, per cui le acque dell’Adda vengono con dolce pendio da Trezzo a Milano, si è sempre sentito il danno che risultava alla capitale e alla provincia intera dal non potersi navigar l’Adda, da Lecco sino a Trezzo almeno, a motivo della precipitosa caduta e degli enormi scogli che qui sono; e sin d’allora si pensò a ripararvi, come rilevasi dalle note originali dell’Immortale Leonardo, che d’un canal navigabile prese tutte le dimensioni, ne calcolò la spesa, e ne fe’ il disegno1; ma non si eseguì. Francesco I re di Francia, e signore della Lombardia, assegnò poi per quest’opera 5000 ducati annui. Sen fece nuovamente il progetto, che restò pure ineseguito sino alla fine dello stesso secolo xvi, quando qui dominava Filippo II. Re di Spagna. Allora, sotto la direzione dell'architetto Meda, si divise in due conche la caduta dell’acqua, che è di braccia 43, e l’opera fu eseguita; ma per cagioni fisiche, e [p. 244 modifica]forse anche politiche, non ebbe buon esito. L’edifizio però rimase in piedi sino al 1776, chiamato sempre il Naviglio dei Francesi, sebbene sotto il governo di questa nazione non sen fosse formato che il progetto. Il ch. architetto Bernardino Ferrari di quel pregevole edifizio volle serbarci la memoria, pubblicandone la descrizione e ’l disegno2.

Nel 1776 s’intraprese e in breve tempo si compiè quest’opera; il che fecesi scavando il canale nel monte, sostenendolo, ove abbisognava, verso il fiume, dividendo in sei conche la caduta, e rimettendo l’acqua nel letto del fiume, che di là è navigabile sino a Trezzo. Queste conche sono diverse da quelle che veggiamo intorno la città, perchè essendo più profonde, conveniva pur dare maggiore sfogo all’acqua: quindi ha ogni conca tre aperture laterali, le cui porte aggirantisi sur un perno, agevolmente apronsi e si chiudono. Malgrado ciò nel passaggio delle sei conche impiegansi circa due ore. Sotto questo canale v’ha Porto, e in alto Paderno, paese da cui all’Adda e al Naviglio discende chi a veder questo viene da Carsaniga, come dirassi. Lì presso sono i due Verderii. Sotto il Paradiso (già villa dei Gesuiti) la rapidità del fiume, e i grossi massi nell’acqua stessa, apportano qualche pericolo, se [p. 245 modifica]non sono attenti i barcaiuoli a maneggiare i due timoni a poppa e i due remi a prora, (che due timoni son pur essi) per tenere verso la destra sponda la nave. Sotto que’ massi l’Adda è profondissima. Qualche pericolo v’ha pure presso Trezzo, dove lo scoglio sopra cui è piantato il castello, e intorno a cui è forza girare, ristringe l'alveo del fiume, che qui perciò corre rapidissimo. Fra gli avanzi di quel castello, edificato da Bernabò Visconti, che poco dopo in esso perì chiusovi dall’accorto nipote Gian-Galeazzo, veggonsi ancora gl’indizj del triplice ponte coperto, per cui dal Milanese sul Bergamasco tragittavasi. La caduta dell’acqua del ponte di Lecco, a Trezzo dicesi essere di braccia 137 ½. D’ugual lunghezza, o almeno d’ugual durata di ¾ d'ora è la navigazione del Naviglio nuovo a Trezzo.

Qui pur vedesi indizio di espansione d’acque, o sia di piccol lago, e v’ha molto ceppo o breccia; e qui comincia il canale della Martesana.

L’ingresso dal fiume nel Naviglio è angusto, perchè in origine alla sola irrigazione si pensò, e non alla navigazione: non v’è però tal rischio per cui le navi periscano. S’appoggia per lungo tratto il canale all’alta riva del fiume, ove da possente argine è sostenuto, ed ha un continuo scaricatore per le [p. 246 modifica]acque sovrabbondanti; passa a Concesa e a Vaprio, ove l’amante di pitture può veder ancora nel palazzo del duca Melzi, ove Leonardo passò lungo tempo, la metà superiore d’una colossale effigie della B. Vergine da lui dipinta sul muro: giugne a Groppello, villa dell'Arcivescovato, e presso Cassano (paese di pugne, ove, dai tempi di Polibio fino ai nostri, sempre si combattè nel passaggio dell’Adda), seguendo sempre il fiume, che nelle sue tortuosità gli si ravvicina. Ivi, formando quasi angolo retto, piega a Milano, passando per Inzago, le Fornaci, Gorgonzola, (che vuolsi essere l’antica Argenta, da cui ebbe nome la porta Renza della Capitale, detta ne’ bassi tempi porta Argentea), Cernusco, Vicomodrone, Crescenzago e Gorla; ne’ quali paesi v’ha delle magnifiche case di campagna, alle quali il canale apporta comodo e vaghezza. Dal fiume Lambro sotto Vicomodrone, e sotto Gorgonzola dal torrente Molgora sarebbe interrotto il canale; ma il secondo vi passa sotto, sostenuto essendo il canale da un ponte, e il primo lo attraversa, mescendovi le acque sue, e continuando il suo corso, senza impedire perciò la navigazione. Da Trezzo a Milano il canale ha di caduta br. 30 ⅓, oltre 13 braccia che pur vi son di caduta prima che si unisca al Naviglio grande. [p. 247 modifica]

Sino in vista della città, alle case dette la Cassina de’ pomi, viene il canale per un dolce pendio; ma da qui alla città di circa 12 piedi è la caduta, onde qui trovasi il primo sostegno, o conca; mezzo ingegnoso, perché le barche da un piano all’altro salgano e discendano agevolmente, se non inventato, perfezionato almeno dal genio immortale di Leonardo da Vinci3. Molti di questi sostegni sono nella città, cui il canale quasi interamente circonda, finchè va ad unire le acque dell’Adda a quelle del Ticino, condotte qui pel canal maggiore, o sia Naviglio grande, cui parlammo a Capo XI. Da Trezzo a Milano le barche non tirate da cavallo sogliono impiegarvi sette ore. Chiamasi questo il canale della Martesana, nome del distretto per cui passa, derivato probabilmente da Castel Marte4, di cui parleremo al Capo XXVI.

Quando una parte delle acque d’Adda sotto Trezzo entra nel Naviglio, il resto continua nel suo letto, sinchè un grosso canale, non però navigabile, se n’estrae a sinistra, sotto il nonne di Ritorto, per la Gerra d'Adda e il Cremasco: e giunto a Cassano il [p. 248 modifica] fiume, tutte quasi immette le acque sue nell’ampio fosso detto la Muzza, che porta l'irrigazione e la fertilità al Lodigiano.

Ma chi non ama commettersi all’acqua, e vuol da Lecco venire a Milano, troverà una comoda e vaga strada, costeggiando quasi sempre il piccol lago sino ad Olginate. Giunto al luogo detto le Torrette, presso Garlate, troverà la strada per cui si sale a Galbiate sotto Monte Baro. Indi la val Greghentina offre de’ bei punti di vista. In alto v’è la Brianza propriamente detta, dosso di monte su cui sta ancora il campanile, dal quale convocavasi il popolo di que’ contorni, poichè domina il Pian d’Erba. Chiusa è la valle al N. dal monte di S. Genesio, e al sud da Montaveggia, ove si ha una scena vastissima sott’occhio, principalmente della piazza della chiesa, che i due olmi mostran da lungi, e a san Bernardo. V’ha in quella chiesa de buoni quadri, e uno bellissimo d’Andrea Salmasio nella cappella di casa Agnesi. Ivi la cel. Maria Agnesi facea quelle profonde meditazioni che la renderono capace discrivere un de’ migliori libri di matematica sublime. Montaveggia è sur uno scoglio in parte calcare e in parte areuoso. La superficie è sparsa di ciottoli selciosi, e al basso v’ha dell’ottim’argilla. Il sasso arenario abbonda di dure piriti ferree tondeggianti. [p. 249 modifica]Da Airuno salirà sino a Calco, lasciando a sinistra la via che conduce a Brivio. Sotto Calco v’è un fondo uliginoso, detto il Cavendone, ove trovasi presso alla superficie, e in grosso strato di ben 3 braccia, dell’ottima torba. Della torba pur v’è presso il laghetto di Sartirana all'est di Calco. Fra amenissimi colli andrà poi a Carsaniga, da dove, mentre cambiansi o rifrescansi i cavalli, potrà per breve passeggio andar a Merate, ove magnifica villa hanno i Belgioiosi.

Chi ha comodo e tempo può da qui andare a vedere il Naviglio nuovo, di cui parlai alla pag. 243, pagando una posta fra l’andare e ’l ritorno. Vassi a Merate, che tutto s’attraversa; si giugne a S. Maria del piano: indi per vie tortuose, fra bella coltivazione, a Robiate, ove s’ha in faccia e si costeggia monte Robio, o Orobio, celebre pel suo vino che ha riputazione d’essere il migliore fra i milanesi. Robiate e Mont’Orobio rammentano gli Orobj che questi colli abitavano. Si continua il viaggio sino a Paderno, che tutto si percorre; indi vassi alla chiesa dedicata a’Morti, dalla quale si discende al fiume, o per un viottolo poco meno che perpendicolare, o per meno incomoda via a sinistra, che poi volge a destra.

Mirando i sassi che veggònsi ai fianchi dei colli, ne' quali è stata tagliata la strada, [p. 250 modifica]vedrà il naturalista gran massi di graniti fra strati di pietra arenaria, ed alcuni ciottoloni rotondi o ovali a strati concentrici, che rammenterannogli i cipolloni volcanici del Vicentino. Nulla però v’ha di volcanico: non sono essi che massi rotolati del sasso arenario legato collo spato, e talora d’un trappo, che esposto all’aria e all’umido si scompone a falde a falde, perchè la sostanza che legava l’arena annerisce e divien fragile, e serba sovente il nocciolo duro e azzurro.

Da Carsaniga giugnesi dopo breve tratto a Cernusco Lombardone, quindi a Osnago, a Usmate, in faccia a Velate, ad Arcore, alla Santa e a Monza.

Qui il viaggiatore s’arresta a vedere il palazzo e gli ameni giardini e le grandi serre, ove ammirasi varietà, ricchezza e gusto. I nuovi e grandiosi riattamenti che ivi si fanno, l'amplissimo parco, la strada trasportata, sicchè più non interrompe il giardino, debbonsi alle cure del Vice-Re, che ivi soggiorna con real pompa per molta parte dell’anno. L’acqua, che in laghetti e rivi e cascate avviva quelle delizie, è tratta dal Lambro, in cui, per compenso, altrettanta se ne immette da’ fondi uliginosi sopra del Pian d’Erba. L’architettura del palazzo è del cel. Piermarini. L’amatore delle antiche cose andrà nella Basilica [p. 251 modifica]di S. Giovanni a vedervi nella sagristia il poco che vi resta de’ preziosi doni fatti dalla regina de’ Longobardi Teodolinda, dal re Autari suo marito (espressi anche in rozzo basso rilievo sopra la porta), dall’imp. Berengario, che qui pur ebbe la sede, e da altri sovrani che gli succederono. V’ammirerà e venererà la Corona di ferro, così detta, benchè aurea, perchè v’è un cerchio di ferro nell’interno; e v’è pia tradizione che sia questo uno de’ molti chiodi della Crocifissione del Redentore. Con questa coronavansi gli antichi re d’Italia, fu coronato Carlo V in Bologna, e fu coronato in Milano ai 26 di maggio dell’anno 1805 l'imperatore Napoleone, il quale per mostrare il conto in cui la tiene, ha creato l’ordine cavalleresco della corona di ferro5. Il fisico [p. 252 modifica]vedrà con maraviglia nell’annesso cimitero il cadavere poco men che intero d’Estore Visconti, morto nel 1413. Chi vorrà su quanto risguarda la storia di Monza, e sui monumenti dell’arte d’ogni tempo che vi si trovavano, avere più estese notizie, legga l'opera del ch. teologo Frisi, che le antichità Monzesi con molta erudizione ha illustrate6.

Nell'uscire da Monza potrà vedere il grandioso orto destinato a servire di semenzaio e di vivaio d’ogni sorta d’alberi sì [p. 253 modifica]fruttiferi, che atti a servire d’ornamento e a giovare all’agricoltura e alle arti. Vendonsi qui gli arboscelli a discreto prezzo. Dopo poche miglia trovasi a sinistra il viale che conduce alla Pelucca, ove, oltre la razza de’ cavalli, il curioso potrà ammirare nella casa eccellenti pitture del Luino.

Per altra via viensi da Lecco a Milano per terra. S’allunga alquanto, ma riesce più amena. Da Lecco viensi a Malgrate, a Valmadrera, a Civate, a Suello, a San Fermo, a Pusiano (de’ quali paesi parlerassi al Capo XXV), indi al letto del Lambro, e lungh’esso ai Ponti-nuovi costruiti sugli emissarj de’ laghi di Pusiano e d’Alserio, presso al luogo ove il Lambro ha tagliati i colli che costringeanlo a formare il lago Eupili. Se il Lambro è si gonfio che ingombri o renda perigliosa la strada, si passa in alto sur un ponte, vassi ad Incino, e stando alla destra del fiume, viensi ai summentovati Ponti-nuovi. Quindi si sale alquanto e si ridiscende al Cavolto, che somministra al Lambro l’acqua pe’ giardini di Monza, e ove cavasi ottim’argilla. Si lascia a destra Monguzzo, dei sigg. Rosales, già rocca di Gian Giacomo Medici, e giugnesi alla terra di Nobili. Si discende alquanto, si rimonta a Lurago, ov’è la Villa Sormani, e si sale ad Inverigo (in Aprico), ove magnifica è la villa Crivelli, [p. 254 modifica]e ben situata in alto la villa Cagnola. Di là viensi in faccia a Villa Romanò (Villa Romanorum), ove i colli son di durissima breccia molare, e la base di buon’argilla. Viensi ad Arosio, a Giussano, a Paina, a Seregno, a Desio ec.: paesi che faremo conoscere al Cap. XXIV.

Da Lecco a Carsaniga |||
 Posta 1. ½
Da Carsaniga a Monza |||
 1     
Da Monza a Milano |||
 1. ¼


Note

  1. Vedansi le mie Memorie Storiche sulla vita, gli studj e le opere di Lionardo da Vinci. Milano, 1806, in 8º fig.
  2. Scelta d'Op. Tom. III. pag. 401, in 4.
  3. Disegni di Leonardo da Vinci incisi e pubblicati da Carlo Giuseppe Gerli. Milano, 1784. Tav. xxxix. Memorie Storiche ec., pag. 95.
  4. Giulini. Tom. II. pag. 180.
  5. Cercando la chiesa di S. Maria al Corobiolo, vedrà pure la lapide che rammenta la Viria Vera, di cui alche cosa dicemmo alla pg. 152. È dessa del tenore seguente:

    vivus          vecit
    caius . ivlivs . cai . vilius
    primiaenius
    sibi . et . viriax
    verae . vxori
    bene . meritae
    et . cassiae . mansvet
    matri piissimae
    et . marciae
    primigeniae

    Anche nella facciata della chiesa di S. Maurizio vi sono due antiche iscrizioni assai belle, l'una delle quali molto importante, perchè dal Grutero recata come in Milano nella chiesa di S. Vittore, giova qui riportare.

    caius sertorivs . luci . vilius
    ovffentina . tibullvs
    veteranvs . legionis . xvi
    cvrator . civivum . romanorum
    mogontiaci

    Mogontiaci non vuol già dir di Monza, come pretendon parecchi, ma sì di Magonza, che Magontiacum si dice da Tolomeo; e Batavorum cohortes missae abbiamo in Tacito, che sulla fede di questo marmo dovrà leggersi mogontiaci. Mogontiacum è altresì nella tavola Peutingeriana, in Eutropio ed Allione. Questo Sertorio fu curatore di alcuni veterani che, ottenuto il congedo, ricoveraronsi presso Magonza; e per esser egli milanese, come appare dalla tribù, o qui venne a morire, o da’ suoi eredi qui gli fu fatto questo epitaffio (Nota tratta dall'esemplare postillato dal sig. dott. Gio. Labus).

  6. Memorie Storiche di Monza. Milano, presso Motta. Vol. 3 in 4º fig.