Alcuni discorsi sulla botanica/I/La Botanica

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I - Prefazione I - Il Fiore e gli agenti di natura
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La Botanica





Belle, utili, amene sono le scienze Naturali, e bella e utilissima fra molte la Botanica. Ampio quanto l’orbe terrestre è il suo campo: dall’oriente all’occidente, dall’equatore ai poli, non vi ha recesso sì ascoso sulla faccia della terra, né caverna sì impenetrabile negli abissi delle acque, che non alberghi qualche vegetale ricchezza. «Varie d’aspetto secondo il suolo che le produce, l’aere che le alimenta, il sole che le riscalda, le piante colla vaghezza delle forme, colla pompa dei colori, colla soavità dei profumi abbelliscono, animano e ricreano tutta quanta la terra.» Acconciandosi esse a tutti i climi, e a tutte le posture dei luoghi, le vediamo, sotto forma di licheni polverosi o fogliacei, rivestire di variopinto mantello la nudità delle aride rocce; vellutare di morbido musco le grotte ombrose; ravvivare la morta superficie delle acque stagnanti, e delle fangose maremme. Qui, pei campi e pei prati, cestiscono in [p. 16 modifica]proficui erbaggi; sulle chine dei colli sorgono, piacevoli a mirarsi, in viti, gelsi ed ulivi; lassù per gli squarciati fianchi delle montagne giganteggiano in alberi maestosi e secolari, baluardo all’impeto degli aquiloni, e schermo alle nevi, e alle frane rovinose; le incontri, fedel compagnia, persino sulle gelate vette delle altissime alpi, eremite perpetue, a giocondo temperamento di quella triste e monotona solitudine. Quando poi si considerino i piaceri e le gioje innocenti, che i vegetali ne procacciano; i larghi mezzi di sussistenza, e le svariate maniere di farmachi e di altri soccorsi, che a noi e a tanti altri esseri viventi somministrano; e quando si tien conto della somma importanza, che hanno nel mirabile piano della creazione, o come sogliono dire nella generale economia della natura, chiaro ne apparisce, che quella scienza, la quale fa subietto de’ suoi studj le piante, a niun’altra deve riputarsi seconda. Le quali cose, se quanto sono vere, fossero del pari da tutti riconosciute e giustamente apprezzate, non sarebbe d’uopo, che ne spendessi io nuove parole in elogio. Ma così essendo, che molto giovi nel porsi a qualunque intrapresa la persuasione del poterne avere profitto; e allignando pur troppo anche tra giovani alunni della Medicina certe contrarie prevenzioni, erronee e funeste, non sarà inopportuno, se io mi faccio oggi a dirvi in sommi tratti i pregi di una scienza tutta rivolta a soddisfare i nostri bisogni, a moltiplicare [p. 17 modifica]i nostri comodi, a intrattenere piacevolmente lo spirito, e ad imprimergli la più utile direzione verso il bello e il vero.




E volendo toccare primamente delle pratiche relazioni della Botanica, lungo sarebbe l’esporre i vantaggi, che l’uomo, mercè di quella intelligenza, che lo sublima su tutta la creazione, ha saputo cogliere dai prodotti vegetali. Bastimi osservare, che ciascuna delle parti, e degli organi di una pianta ci è utile in una sua particolare maniera, col fornirci i mezzi di alimentare la vita, e di riparare alla perduta sanità, e col somministrarci infinite materie e svariati istrumenti per quelle arti ed opere, che servono alla migliore agiatezza in questa nostra avidità di bene. Così i semi, i tuberi, e le radici sono il più comune nutrimento di quasi tutti i popoli, e da essi si distillano bevande gratissime. — Le foglie, i fiori, i frutti di alcune fanno pascolo o strame agli animali, cotanto necessarj all’uomo; da altre caviamo aromi preziosi, balsami salutari, dilicati agrumi. — La corteccia, e il libro colle fibre pieghevoli e bene unite servono a quei leggieri tessuti, che ci difendono dalle ingiurie dell’aria. — Nè ci è meno utile il legno. Usato nella costruzione delle case esso ci ripara dalle intemperie; col benefico calore, che svolge [p. 18 modifica]abbruciando, ci toglie agli incomodi effetti del freddo; lavorato in diversi modi ci fornisce gli istrumenti adoperati nelle arti e nella agricoltura, le masserizie, che arredano le nostre case, le macchine, che centuplicano la forza umana, e i navigli, che sottomettono a noi quell’elemento, che pareva dalla natura interdetto al potere dell’uomo. — Che se infinite sono le professioni, le quali dalle piante traggono materia ai loro usi, principale, e per Voi, o Giovani, sovratutto notevole è l’applicazione, che di esse può farsi in quell’arte, a cui vi iniziate, e che ha per iscopo di conservare agli uomini, o restituire, se perduta, la sanità. L’importanza di botaniche cognizioni pel medico può facilmente valutarsi da chiunque voglia solo considerare, che gli elementi d’ogni umano sapere consistono precipuamente nella chiara cognizione della identità e diversità delle cose, senza la quale vano è ogni ragionamento, e pernicioso ogni immaginare. — Ma perchè in un numero così grande di esseri, dotati di qualità cotanto diverse, quali si contano nel regno vegetabile, possa il medico fare una debita scelta di quelli, che tornano o convenienti o proficui al suo scopo, è mestieri, che egli sappia rilevarne i caratteri differenziali, sì, che il buono non prenda insieme col maligno, l’utile col nocivo, e quelle sostanze, che ha a trarre in uso, non confonda con quelle, che ha da scartare. E tali cognizioni appunto ei deriva dalla Botanica, [p. 19 modifica]nella quale se il medico non sarà sufficientemente addottrinato camminerà sempre alla cieca incontro al pericolo di scambiare l’alimento col farmaco, ed amendue col veleno, riducendosi nella pratica ad un puro empirismo, sempre dannoso, quando non è guidato dal lume della scienza. — Non dirò già che tutti coloro che si consacrano al difficile e penoso esercizio dell’arte medica debbano recarsi al fondo dei più reconditi misteri della vita vegetativa; ma qual è medico che possa, senza sua vergogna e disagio, prescrivere un rimedio tolto ad una pianta, che egli forse appena conosce di nome, e che veduta non ha mai? E non solo il medico, versato nella cognizione dei semplici, sarà meno soggetto all’inganno e all’errore; ma potrà ancora cavar dai suoi studj molti altri preziosi ammaestramenti. Noto essendogli, che tutte le specie di un genere di piante, e spesso molti generi di una medesima famiglia, posseggono analoghe qualità e virtù, gli verrà fatto di sostituire senza tema di funeste conseguenze a piante rare, esotiche, e perciò costose, altre che crescono vicine a lui, egualmente efficaci e salutari che quelle, ma di assai minor prezzo; mentre saprà guardarsi da così fatte sostituzioni per quelle famiglie, in cui la convenienza dei caratteri botanici nelle vicine specie non consuona colle loro medicinali virtù, e nelle quali, come nelle solanacee, il farmaco qualche volta sta molto presso al veleno. — Ove poi [p. 20 modifica]avvenisse, che fosse attribuita a qualche pianta una proprietà sconosciuta per lo innanzi, il medico botanico guidato dall’analogia potrà giudicare della importanza dell’annunziata scoperta, anche senza ricorrere ad azzardate e perigliose esperienze. — Per coloro poi, che le speciali loro indagini portar vogliono nell’astruso campo dell’animale fisiologia, di cui non avvi oggigiorno chi osi negare il grande uso nella stessa ricognizione e cura dei morbi, sarà di non piccola utilità il prendere le mosse nei proprj studj dall’esame dei fenomeni vitali delle piante, le quali per la maggiore semplicità dei tessuti, e per la uniformità dei mezzi impiegati dalla natura a raggiungere gli alti suoi fini, più facilmente disvelano all’acuto scrutatore, le leggi regolatrici dalla divina scienza prestabilite.

Non minori attenenze, che colla Medicina e colla Farmacia, hanno le botaniche cognizioni colla Agricoltura, prima e sovrana tra le arti. E per vero è la Botanica, che detta a questa i precetti per migliorare le antiche costumanze, o introdurne di nuove più acconce e lodevoli; è dessa, che dà motivo, e sparge lume, volea quasi dire di ragione, sul cieco uso; che insegna a preparare convenientemente il terreno, e giusta le varietà sue le erbe opportune seminarvi; è dessa che sulla conoscenza di ciò, che meglio si confà all’alimento della pianta, svolge l’importante dottrina dei concimi, e addita quelle altre avvertenze e cautele, che [p. 21 modifica]mirabilmente conducono alla maggiore bontà e copia dei prodotti. Grazie sovratutto ai sussidj della Fisica vegetale, se l’Agraria, emancipata dalle viete abitudini e pratiche, e dai pregiudizj stolti, che la inceppavano, si dispiegò finalmente in quell’andar franco e sicuro, che oggi veggiamo; intelligente anch’essa, e illuminata, e gloriosa nell’universale progresso.

Egualmente proficua si rese la nostra scienza in ogni tempo nel promuovere quelle altre professioni, dall’eccellenza, e dalla moltiplicità delle quali dipendono principalmente i comodi e le delizie della vita, l’opulenza e la floridezza delle nazioni. Imperocchè, per poco che altri vi pensi, intenderà di leggieri, come un’esatta notizia delle piante per alcuna di tali arti sia pressochè indispensabile; ad altre serva di rinforzo, di incremento e di lume; di tutte poi valga ad illustrare e migliorare l’esercizio. — E per tacere delle arti meccaniche, i cui materiali vengono quasi onninamente tolti dal regno vegetale, chi vorrà negare il molto vantaggio che dalla Botanica può trarre l’architetto per conoscere le proprietà dei legni; giudicare quali sieno accomodati a luoghi secchi, quali agli umidi e acquosi, e quali abbiano tempra di bastare incorrotti per lunghissimo volgere di stagioni? — E al pittore, principalmente ove esso faccia lavoro di paesaggio, la Botanica non è a dirsi solo utile, ma necessaria; posto che voglia ritrarre al vero, o almeno [p. 22 modifica]nel verisimile, e non nel falso e nello strano, cercar pascolo alla fantasia; come già la botanica riceve dalla pittura mutuo compenso col farsene ritrarre quelle dilicate parti, che o non si ponno conservare, o non acconciamente descrivere con parole. So bene, e confesso io medesimo, che le minute ricerche dei botanici non vanno sempre coronate da così pronti e felici risultamenti, quali finora abbiamo avvertiti. Arduo però a farsi è il passaggio dalle rimotissime cause agli ultimi effetti; dalle leggi e forze infinite della natura alle possibili applicazioni in nostro particolare comodo e profitto; e così nel regno di tutte le scienze interviene, che gli usi pratici di alcune scoperte sfuggano talvolta, e per lunga pezza, ai più diligenti ricercatori. E ciò nondimeno è prezzo dell’opera indagare anche il minuto e l’arcano, per disutile, che apparisca. Ad ogni ente, ad ogni fenomeno vuolsi porre attenzione e studio: imperocchè, essendo le combinazioni delle cose innumerevoli, non avvi per avventura verità naturale tanto strania ed isolata, che non possa tosto o tardi essere feconda di prodigiose conseguenze. — Né mancano esempi a prova di questo. Quando si cominciò a occuparsi di quelle minutissime pianticelle, che i Botanici denominarono crittogame dal modo misterioso di cui si vale la natura a propagarle, non è a dire il poco conto, in che si tennero quegli studii e i cultori loro! Chi avesse detto allora che il dì sarebbe [p. 23 modifica]venuto, che in quelle sprezzate pianticelle avrebbe pur una volta trovata la scienza la spiegazione di quei terribili flagelli, onde il secol nostro fu minacciato quasi di provare le angosce di quelle spaventose carestie, per le quali il medio evo ebbe sì triste rinomanza! Pur così è: da queste crittogame e l’oidio della vite, e il calcino de’ bachi, e il male delle patate, che per poco non disertava intere regioni, ripetono l’origine loro, sicché solo nello studio di queste è da sperarne il riparo. — Per le quali cose tutte, se mal non mi appongo, appare dimostrato, come anche sensibili e per così dire materiali vantaggi ridondino dalla botanica, o scienziato che altri sia, o cultore di arti meccaniche e liberali, e massimamente se medico. — Ma posto eziandio che ciò non fosse (come invece è certissimo), non per questo dovrebbe la botanica amarsi meno in grazia dei puri e schietti godimenti, che ne procura, e dei grandiosi concetti a cui ne solleva l’animo. — E qui, o giovani, metto piede in tal campo, che a percorrerlo convenientemente bisognerebbe più forza d’immaginare e maestria di descrivere, che io non mi abbia, ed anche molto più tempo, che non sia concesso e dicevole ad una lezione. E farò come chi, trascorrendo per mezzo a stupende e note meraviglie, le mostra col dito ai compagni, e lascia a loro di compendiarne in un punto, e recarsene al cuore le sublimi impressioni. Ovunque si arresti o cammini, può egli [p. 24 modifica]l’uomo girare d’intorno a sé lo sguardo senza essere gradevolmente colpito da qualche mirabile scena della vegetante natura? Quanta semplicità nei fini! Quanta magnificenza e varietà nella esecuzione! Avvi quadro più ridente e grazioso di quello, che ci para d’innanzi in un bel mattino di maggio la rugiadosa variopinta superficie di un prato novellamente vestito; o il biondo ondeggiar delle messi sui campi nel cocente dì della canicola? E contro quel saettare del sollione vi porge ancora riparo la fresca ombra di un bosco, e morbido sedile un tappeto erboso; e qua vi ricrea l’olezzo fragrante, che tutto intorno a sé sprigiona; qua il gentile susurrare delle frondi commosse; e là sotto il salice, che piega i rami ad accarezzare la limpida onda del ruscello. Sublime è l’aspetto della quercia, o stia immobile nella calma e gravità de’ suoi lunghi anni, o si agiti e strida sotto l’urto dell’uragano, fin che, posato, rialzi la testa, come l’uom grande oppresso e non vinto dalla sventura. Cupo, malinconioso è il filare dei cipressi, che ti segna le vie della morte, e colle fosche sue ombre cresce tristezza al dolente, che conforta di pianto un’urna diletta. — E sembra che le piante sieno state dalla provvida mano del Creatore impartite a tutte le stagioni dell’anno per abbellirne ciascuna alla sua volta; a tutte le parti del globo per variarne l’aspetto.

La cognizione del carattere vegetativo di un [p. 25 modifica]paese, dice Humboldt, è intimamente legata colla storia dell’intellettuale sviluppo de’ suoi abitatori, e da esso principalmente vuolsi derivare il genio particolare, che distingue la brillante poesia dei Greci dal tetro canto dei nordici bardi, e il notevole contrasto tra l’ingegno pronto, fervido, appassionato delle genti meridionali, e il temperamento chiuso, freddo, tardo del Lappone. — I fatti, i costumi, gli usi, le credenze di tutti i popoli sì barbari che civili, fanno testimonianza della grande influenza delle piante sull’uomo. Apriamo gli annali della storia, e vedremo come dai più remoti tempi egli nobilitasse e divinizzasse di alcune la origine (ponete del giacinto e dell’alloro); altre ne rendesse sacre alle più belle virtù; e in altre amasse simboleggiare i suoi più vivi affetti, e ricercarne persino una espressione, una reminiscenza, un linguaggio. — «Si trovò nella rosa l’immagine della bellezza; nel giglio l’emblema della purità; nella mammola il pudor verginale, e la virtù modesta e celata; colla fronda della quercia, dell’alloro, del mirto intrecciò l’uomo ghirlande da premiarne il valore guerresco, da incoronarne il dotto, il poeta, e la canizie del savio; abbellì di verzura e di fiori i monumenti dei grandi trapassati e de’ suoi cari; e fece di queste produzioni riverente tributo alla stessa divinità.»

Che se la semplice contemplazione delle piante è cagione di così soavi emozioni, di così dilicati [p. 26 modifica]pensieri anche per chi è straniero alla scienza, quanto maggiori e più nobili saranno i godimenti per colui, che facendo della botanica speciale suo studio, si propone di esaminare, riconoscere e descrivere l’infinita serie di esseri, che compongono il regno vegetabile! Qual immenso campo alle ricerche, qual fonte inesausta di diletto, e di meraviglia! E diciam pure, o giovani (che è d’uopo non iscordarlo) quanti argomenti per risalire col pensiero e cogli affetti al sapientissimo e onnipotente Fattore delle cose!

I quali studj, appunto per la loro molta varietà ed ampiezza, si acconciano a tutte le età, a tutte le condizioni della vita. Convenientemente diretti servono a rinvigorire le forze fisiche ed intellettuali del fanciullo, di cui intrattengono mirabilmente la curiosità, porgendogli una amena distrazione agli aridi esercizj delle lingue ed ai rudimenti del calcolo. Cresciuto questi a gioventù, e iniziato nell’arte del comporre, gli somministrano, in luogo della fredda imitazione, proprie e sempre nuove e svariate imagini, e abbondante soggetto per congiungere alle scelte parole veri e brillanti pensieri; e togliendolo via alle pericolose inclinazioni, e alle passioni funeste, gli serbano puri e schietti i costumi, dolce l’animo e tranquillo, sana e robusta nella virtù la persona. All’adulto non meno, sanno aprire una carriera vasta e luminosa, distogliendolo da quell’infido teatro, sul quale combattono con [p. 27 modifica]furore gli umani interessi, distruggendo in esso i pregiudizj e gli errori; e procurandogli quella pace del cuore per cui l’uomo è contento di sè, e di sè stesso diviene amico. Sono pel vecchio grave di anni una sorgente delle più soavi rimembranze; un argomento alle più serie meditazioni sulla suprema Cagione delle cose, verso cui tanto più fortemente è mosso a sollevare lo spirito, quanto si curva più verso terra debilitata la persona. — Non è pertanto a meravigliare, che la botanica abbia destato in ogni tempo, e presso tutti i popoli, e in tutte le condizioni, amore e studio grandissimo; che potenti personaggi vi abbiano cercata una distrazione alle cure affannose, retaggio ordinario della grandezza; e gli sfortunati un sollievo alle angustie della avversa fortuna. «Non fa meraviglia se in essa trovarono un abbellimento ai loro ozj il sesso gentile, e coloro, che una sorte indipendente rese felici: e se più di un genio sublime, disgustato dalle astratte speculazioni di una vana filosofia, scese a cercare nelle invariabili leggi, che reggono la vita del vegetabile, un più sicuro terreno alla bramosia di sapere.» E qual lunga serie vi potrei qui enumerare di appassionati cultori dell’amabile nostra scienza, e appassionati per modo da postergare per essa ogni altro piacere della vita, e andar incontro a pericoli, a disagi, a certo martirio! Quanto peregrinar di taluni, di molti su per l’erte montagne, sotto a profonde vallée, per [p. 28 modifica]entro a scoscesi dirupi, esposti al rigor delle nevi, al raggio cocente del sole, a tutte intemperie delle stagioni! E quanti ancora non paghi delle vegetali ricchezze, che gli somministra il suolo nativo, se ne recarono in cerca ne’ più remoti e difficili paesi; in climi ignoti ed aspri; fra genti barbare; per sabbie e deserti inospitali per tutto quanto è esteso ed accessibile il mondo! Di questi viaggiatori or fortunati nell’aggrandire il patrimonio delle botaniche cognizioni, ora vittime, pur sempre gloriose, del loro amore per esse, ne abbiamo non pochi anche recenti, anche tra nostri italiani, come il Brocchi, il Raddi, il Parolini, l’Acerbi, ed altri. E senza questo, che è eroismo di taluni, quanti eccellenti ingegni (e dico contro a que’tali, che conoscitori di molte cose, ma ignari delle nostre, riputerebbero la botanica cosa da intelletti mezzani, non da forti e filosofici) quanti eccellenti ingegni cercarono nel nostro campo materia anche esclusiva alla loro potenza ed attività, e n’ebbero mercede di rinomanza grande in tutto il mondo e di gloria immortale! Chi negherà valore e mente sublime (non dirò onore, chè l’universo ha già fatto sua giustizia) a que’sommi botanici della nostra Italia, al Colonna, al Cortusi, all’Anguillara, al Mattioli, al Cesalpino, a quel Malpighi creatore dell’Anatomia vegetabile, al Faloppio, e al Micheli che nella sagacità delle ricerche al dire di Boerhaave, superò ogni mortale! Né già soltanto possiamo andar [p. 29 modifica]fastosi di glorie antiche. Verdeggia ancor la fronda degli italici allori, e ne mantengono e accrescon decoro perenne, sparsi qua e là per tutta la penisola, botanici studiosi ed insigni, stimoli a rincorarvi, modelli a imitare. E voi, giovani egregi, vi rivolgete a studj medici, pensate fare della medicina e della farmacia la vostra professione; ebbene vi ho detto, e vedrete a giusto tempo di per voi medesimi, di quanta utilità non solo, ma di quale bisogno vi sia la botanica: se cercate sussidj e ornamenti ad altre scienze, alle arti meccaniche ed amene, alla pittura, alle lettere, alla poesia; la botanica ne ha tesoro: se riposo alle cure; se pascolo sublime ai pensieri e agli affetti; la botanica ne è madre e fonte inesausta. — Amabile scienza è la nostra, e prodiga di sue grazie, e non avara di guiderdoni a chi le si accosti. Lassù nel tempio della gloria ha pur essa il suo trono raggiante di luce, ha corone da dispensare a’ suoi nobili alunni.