Capitolo contro il portar la toga (Favaro)
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CAPITOLO
CONTRO IL PORTAR LA TOGA.[1]
Mi fan patir costoro il grande stento,[2]
Che vanno il sommo bene investigando,
E per ancor[3] non v’hanno dato drento.
E mi vo col cervello immaginando,
5Che questa cosa solamente avviene
Perchè non è dove lo van cercando.
Questi dottor non l’han mai intesa bene[4],
Mai son entrati per la buona via,[5]
Che gli possa condurre al sommo bene.
10Perchè[6], secondo l’opinion mia,
A chi vuol una[7] cosa ritrovare,
Bisogna adoperar la fantasia,
E giocar d’invenzione, e ’ndovinare;
E se tu non puoi ire a dirittura,
15Mill’altre vie ti posson aiutare.
Questo par che c’insegni la natura,
Che quand’un non può ir per l’ordinario,
Va dret’a una strada più sicura.
Lo stil dell’invenzione è molto vario;
20Ma per trovar il bene io ho provato[8]
Che bisogna proceder pel contrario:
Cerca del male, e l’hai bell’e trovato;
Però che ’l sommo bene e ’l sommo male
S’appaion com’i polli[9] di mercato.
25Quest’è una ricetta generale:
Chi vuol saper che cosa è l’astinenza;
Trovi prima[10] che cosa è ’l carnovale,
E ponga tra di lor la differenza;
E volendo conoscer i peccati,
30Guardi se ’l prete gli dà[11] penitenza;
E se tu vuo’ conoscer gli[12] sciaurati,
Omacci tristi e senza discrizione,
Basta che tu conosca i preti e’ frati,
Che son tutti bontà e divozione:
35E questa via ci fa toccar il fondo[13],
E sciogl’il nodo[14] alla nostra questione.
Io piglio un male a null’altro secondo,
Un mal che sia cagion de gli altri mali,
Il maggior mal che si trovi nel mondo[15];
40Il quale ognun che vede senz’occhiali,
Che sia l’andar vestito, tien per certo;
Questo lo sanno in sino gli[16] animali,
Che vivono spogliati e allo scoperto;
E sia pur l’aria calda[17] o ’l tempo crudo,
45Non istan mai[18] vestiti[19] o al coperto.
Volgo poi l’argomento, e ti conchiudo,
E ti fo confessare a tuo[20] dispetto,
Che ’l sommo ben sarebbe andare ignudo.
E perchè vegghi che quel ch’io ho[21] detto
50È chiaro e certo e sta com’io lo dico[22],
Al senso e alla ragion te ne rimetto.
Volgiti a quel felice tempo antico,
Privo d’ogni malizia e d’ogni inganno,
Ch’ebbe sì la natura[23] e ’l cielo amico;
55E troverai che tutto quanto l’anno
Andava nud’ognun, picciol e grande,
Come dicon i libri che lo sanno.
Non ch’altro, e’ non portavon le mutande,
Ma quant’era in altrui di buono o bello[24]
60Stava scoperto da tutte le bande.
E così ognun, secondo il suo[25] cervello,
Coloriva e ’ncarnava il suo disegno,
Secondo che gettava il suo pennello;
Nè bisognava[26] affaticar l’ingegno
65A strolagar per via d’architettura,
O ’ndovinar[27] da qualche contrassegno:
Non occorreva andar per cognettura,
Perchè la roba stava in su la[28] mostra,
E si vendeva a peso e a misura.
70E quest’è la ragion[29] che ci dimostra
Ch’allor non eron gl’inconvenienti[30],
Che si veggon seguire all’età nostra.
Quella sposa si duol co’ suo’[31] parenti,
Perchè lo sposo è troppo mal fornito,
75E non ci vuole star sotto altrimenti;
Ma dice che ci piglierà[32] partito,
E che gli han dato colui a malizia,
Tal che gli è forza cambiarle marito[33].
Altri[34], che di ben sodi ha gran dovizia,
80Talor dà in una ch’ha sì poca entrata,
Che non v’è da[35] ripor la masserizia.
Così resta la[36] sposa sconsolata:
Gli è ver che questo non avvien sì spesso;
Pur di queste qualcuna s’è trovata:
85Dov’allor si vedeva a un di presso,
Innanzi che venissino alle prese,
La proporzion tra l’uno e l’altro sesso.
Non si temeva allor del mal franzese:
Però che, stand’ignudo alla campagna,
90S’un avea[37] qualche male, era palese;
E s’una donna avea qualche magagna,
La teneva coperta[38] solamente
Con tre o quattro foglie di castagna.
Così non era gabbata la gente,
95Come si vede che l’è gabbat’ora,
Se già l’uomo non è più ch’intendente:
Chè tal par buona, veduta[39] di fuora,
Che se tu la ricerchi sotto panno[40],
La trovi come ’l vaso di Pandora.
100E così d’ogni frode[41] e d’ogn’inganno
Si vede chiaro che n’è sol cagione
L’andar vestito tutto quanto l’anno.
Un’altra, e non minor, maladizione
Nasce tra noi di questa[42] ria semenza,
105Che tien il mondo in gran confusione:
Quest’è la maggioranza e preminenza[43]
Che vien da’ panni bianchi, oscuri o persi[44],
Che pongon tra’ Cristian la differenza.
Questa pospone a i monaci i conversi,
110Antepon l’oste a i suoi lavoratori,
E da i padron[45] fa i sudditi diversi:
Dov’in que’ tempi[46] non eran signori,
Conti, marchesi o altri[47] bacalari,
Nè anche poveracci o servidori[48].
115Tutti quanti eron uomini ordinari,
Ognun si stava ragionevolmente,
Eron tutti[49] persone nostre pari,
E ciascun del[50] compagno era parente;
Se non era parente, gli era amico[51];
120Se non amico, al manco conoscente.
Credi pur ch’ella sta[52] com’io ti dico,
Che ’l vestir panni e simil fantasie
Son tutte quante invenzion del Nimico;
Come fu quella dell’artiglierie,
125E delle streghe e dello spiritare,
E degli altri incantesimi e malie.
Un’altra cosa mi fa[53] strabiliare,
E sto per dirti quasi ch’io c’impazzo,
Nè so trovar com’ella[54] possa stare:
130Ed è, che se qualcun per[55] suo sollazzo,
Sendo ’ngegnoso e alto di cervello,
Talor va ignudo, e’ dicon che gli è[56] pazzo:
I ragazzi gli gridan: Véllo, véllo;
Chi gli fa pulce secche e chi lo morde,
135Traggongli sassi[57] e fannogli il bordello;
Altri lo vuol legar con delle corde,
Come se l’uomo fusse una vitella:
Guarda se le persone son balorde!
E se tu credi che questa sia bella,
140E’ bisogna che ’n cielo, al parer mio[58],
Regni qualche pianeto o qualche stella.
Però se vuol così Domenedio[59],
Che finalmente può far ciò che vuole[60],
Io son contento andar vestito anch’io,
145E non ci starò a far altre parole[61]:
Andrommen’anch’io dietro a questa voga;
Ma Dio sa lui, se me n’incresce e duole!
Ma ch’io sia per voler portar la toga,
Come s’io fussi qualche Fariseo,
150O qualche scriba[62] o archisinagoga,
Non lo pensar; ch’io non son mica Ebreo,
Se bene e’ pare al nome e al casato
Ch’io sia disceso da qualche Giudeo.
I’ sto a veder se ’l mondo è spiritato,
155Se egli[63] è uscito del cervello affatto,
E s’egli è desto, o pure addormentato;
E s’egli è vero ch’un che non sia matto,
Non arrossisca che gli sia veduto
Un abito sì sconcio e contraffatto[64].
160In quant’a me[65] mi son ben risoluto,
Ch’io non ne voglio intender più sonata:
Mi contento del mal ch’io n’ho[66] già auto;
E perchè non paresse alla brigata,
Ch’io mi movessi senz’occasione,
165Come fan quegli ch’han poca levata,
Io son contento dir la mia ragione,
E che tu stesso la sentenza dia:
So che tu hai[67] giudizio e discrizione.
La prima penitenza che ci sia
170(Guarda se per la prima[68] ti par nulla),
È ch’io non posso fare i fatti mia,
Come sarebbe andar alla fanciulla;
Ma mi tocca a restar fuor della porta,
Mentre ch’un altro in casa si trastulla.
175Dicon ch’è grave errore, e troppo[69] importa,
Ch’un dottor vadia a casa le puttane:
La togal gravità non lo comporta.
E ’l veder[70] queste cose così strane
Mi fa poi far qualch’altro peccataccio,
180E bene spesso adoperar le mane:
Onde costor, che[71] si pigliano impaccio
Della mia salvazione e del mio bene,
Bravano e gridan ch’io[72] non ne fo straccio.
A un che vada in toga non conviene[73]
185Il portar un vestito che sia frusto,
A voler che la cosa vadia bene[74];
Perchè, mostrando tutto quanto il fusto[75]
E la persona[76] giù lunga e distesa,
Egli è forza ch’ei faccia[77] il bellombusto:
190E così viene[78] a raddoppiar la spesa;
E questa a chi non ha molti quattrini[79]
È una dura e faticosa impresa.
Non ci vuol tanti rasi ed ermisini[80],
Quando tu puoi portare il ferraiuolo:
195Basta aver buone scarpe e buon calzini[81];
Il resto, quando sia[82] di romagnuolo,
Non vuol dir nulla, se ben par che questa[83]
Sia una sottigliezza da Spagnuolo[84]:
E non importa che tu ti rivesta,
200Mutand’abiti e foggie a tutte l’ore,
Se è[85] dì di lavoro o dì di festa.[86]
Se per disgrazia un povero dottore
Va per la strada in toga scompagnato[87],
Par quasi ch’e’ ci metta dell’onore[88];
205E se non è da venti[89] accompagnato,
Mi par sempre sentir dir le brigate:
«Colui è un ignorante e smemorato[90]»:
Tal che sarebbe meglio a farsi frate[91];
Ch’al manco vanno a coppie[92], e non a serque,
210Come van gli spinaci e le granate.
Però chi dice lor: Beati terque,
Non dice ancor quanto si converrebbe,
E sarie poco a dir terque quaterque[93];
Dove ch’a un dottor bisognerebbe
215Dargli la mala Pasqua col mal anno,
A voler far quel ch’ei meriterebbe[94].
Non so com’ei non crepi dell’affanno[95],
Quand’egli ha intorn’a sè[96] diciott’o venti,
Che, per udirlo, a bocca aperta stanno[97].
220A me non par egli essere altrimenti,
Che sia tra i pettirossi la civetta,
O la Misericordia[98] tra’ Nocenti;
E n’ho aut’[99]a’ miei dì più d’una stretta:
E però, toga, va’ pur in buon’ora[100],
225Vatten’in pace, che sie[101] benedetta.
Ma quand’anche un dottore andasse[102] fuora,
E ch’andar[103] solo pur gli bisognassi,
Come si vede che gli avvien talora,
Tu non lo vedi andar se non pe’ chiassi,
230Per la vergogna, o ver lungo[104] le mura,
E ’n simil altri luoghi da papassi:
E par ch’e’ fugga la mala ventura;
Volgesi or da man manca or da man destra,
Com’un che del bargello abbia paura:
235Par una gatta in una via maestra,
Che sbalordita fugga le persone,
Quand’è cascata giù dalla finestra[105],
Che se ne corre via carpon carpone,
Tanto ch’ella s’imbuchi in qualche volta,
240Perchè gli spiace la conversazione[106].
* * * *
Se tu vai fuor per far qualche faccenda,
Se tu l’hai a far innanzi desinare[107],
Tu non la fai che gli è or di[108] merenda,
Perchè la toga non ti lascia andare,
245Ti s’attraversa, t’impaccia e t’intrica[109],
Ch’è uno stento a poter camminare.
E però non par ch’ella si disdica
A quei che fanno le lor cose adagio
E non han troppo a grado la fatica,
250Anzi han per boto lo star sempre in agio,
Come dir frati o qualche[110] prete grasso,
Nimici capital d’ogni disagio,
Che non vanno mai fuor se non a spasso,
Come diremmo noi[111], a cercar funghi,
255E se la piglian così passo passo.
A questi stanno bene i panni lunghi,
E non a un mie par, che bene spesso
Ho a correr perch’un birro non mi giunghi;
E ho sempre paur di qualche messo,
260O che ’l Provveditor non mi condanni,
Ch’a dire il vero è[112] un vituperio espresso.
Però, prima ch’usar[113] più questi panni,
Vo’ rinunziar la cattedra a Ser Piero[114],
E se non la vuol lui, a Ser Giovanni[115].
265Io vo’ che noi facciamo a dir il vero:
Che crediam noi però però ch’importi[116]
Aver la toga di velluto nero,
E un che dreto il ferraiuol ti porti,
E che la notte poi ti vadia avanti
270Con una torcia, come si fa a’ morti?
Sappi che questi tratti tutti quanti
Furon trovati da qualcuno astuto[117],
Per dar canzone e pasto agl’ignoranti,
Che tengon più valente e più saputo
275Questo di quel, secondo ch’egli arà
Una toga di rascia o di velluto.
Dio sa poi lui come la cosa sta[118]!
Ma s’io avessi a dire il[119] mio parere,
Questo discorso un tratto non mi va.
280Ch’importa aver le vesti rotte o intere,
Che gli uomini sien Turchi o Bergamaschi,
Che se gli dia del Tu[120] o del Messere?
La non istà ne’ rasi o ne’ dommaschi[121];
Anzi vo’ dirti una mia fantasia,
285Che gli uomini son fatti com’i fiaschi.
Quando tu vai la state[122] all’osteria,
Alle Bertuccie, al Porco, a Sant’Andrea,
Al Chiassolino o alla Malvagia,
Guarda que’ fiaschi, innanzi che[123] tu bea
290Quel che v’è drento; io dico[124] quel vin rosso,
Che fa vergogna al greco e alla verdea:
Tu gli vedrai che non han tanto in dosso[125],
Che ’l ferravecchio ne dessi un quattrino;
Mostran la carne nuda in sino[126] all’osso:
295E poi son pien di sì eccellente vino,
Che miracol non è se le brigate
Gli dan del glorioso e del divino.
Gli altri, ch’han quelle veste delicate,
Se tu gli tasti, o son[127] pieni di vento,
300O di belletti o d’acque profumate,
O son fiascacci da pisciarvi drento[128].
Note
- ↑ Nel cod. A si legge, su di una carta di guardia: Capitolo del Galileo; nessun titolo è in capo alla poesia. Nel cod. B in capo alla poesia è scritto: Contro le toghe. Del Sig.r Galileo Galilei. Il cod. C reca il seguente titolo, che si legge tanto su di una carta di guardia quanto in testa alla poesia: Capitolo del Sig.r Galileo Galilei contro il portar la toga, quando ei leggeva a Pisa. I codici D, F, G intitolano: In biasimo delle toghe: il cod. F soggiunge a questo titolo l’indicazione Capitolo; il cod. G, Capitolo del Sig. Galileo Galilei. Nel cod. E prima era stato scritto, in capo al componimento: Del Sig.r Iacopo Soldani; poi queste parole furono cancellate, e della stessa mano fu scritto: Capitolessa in biasimo della toga, del Galileo. La stampa s intitola: Capitolo del Galileo in biasimo della toga.
- ↑ 1. Nel cod. D prima era scritto Mi fan patir costoro il grande tormento, poi fu corretto Mi fanno patir certi il grande stento che è la lezione dei codici E, F, G e della stampa s. Intorno alla mano di cui sono questa e le altre correzioni del cod. D, vedi l’Avvertimento.
- ↑ 3. E pure ancor, s — . Nè per ancora v’ànno, B
- ↑ 7. Nel cod. D prima era scritto han mai intesa, poi fu corretto hanno intesa, che è la lezione dei codici E, F, G e della stampa s.
- ↑ 8. Nel cod. D prima era scritto Mai son, che poi fu corretto in Nè son. I codici E, F, G e la stampa s leggono Nè sono. — Nel cod. C entrati è stato corretto in luogo di andati, ch’era scritto prima. — per la vera via, s
- ↑ 10. Poi che, C
- ↑ 11. A voler una, C
- ↑ 20. Io ho notato, E, s
- ↑ 24. S’accoppian come, F — come polli, B
- ↑ 27. Provi prima, B, F, G
- ↑ 30. prete ne dà, C
- ↑ 31. E se conoscer vuoi gli, B
- ↑ 35. Che questa via ci fa trovar il fondo, E, s
- ↑ 36. E scioglie il dubbio, C
- ↑ 39. si ritrovi al mondo, C, D, F, G
- ↑ 42. sanno fino gli, F; sanno sin a gli, B; sanno insino agli, D, s
- ↑ 44. l’aria dolce o, E, s
- ↑ 45. Non stanno mai, C; Non ne stan mai, E
- ↑ 45. vestiti nè al, B
- ↑ 47. al tuo, C, D, E, F, G, s
- ↑ 49. vegghi meglio quel ch’ho, D, F, G - ch’io t’ho, E, s
- ↑ 50. Nel cod. D prima era scritto E chiaro e certo; poi fu corretto E tutto vero, che è la lezione dei codici E, F, G e della stampa s. — e sta come la dico, C — io ti dico, D, F, G
- ↑ 54. sì la ragione e, B
- ↑ 59. buono e bello, B, C, D, E, F, G, s
- ↑ 61. Nel cod. D prima era scritto secondo il suo, e poi fu corretto a voler di, che è la lezione dei codici E, F, G e della stampa, s.
- ↑ 64. Non bisognava, D, F, G
- ↑ 66. E indovinar, s
- ↑ 68. stava su la, C, F
- ↑ 70. la cagion, E
- ↑ 71. Ch’allor non c’eran quegl’inconvenienti, F, G — Che non seguivan gl’, E, s
- ↑ 73. duol de’ suoi, C
- ↑ 76. che si piglierà, A
- ↑ 78. cambiarle il marito, D, F, G
- ↑ 79. Nel cod. D prima era scritto Altri, poi fu corretto Un poi, che è la lezione dei codici E, F, G e della stampa s.
- ↑ 81. non ha da, E, s
- ↑ 82. Così ne sta la, B
- ↑ 90. S’un aveva, A
- ↑ 92. La portava coperta, C
- ↑ 97. par bella, veduta, C
- ↑ 98. sotto il panno, D, F, G
- ↑ 100. E così d’ogni male e, E, s
- ↑ 104. da questa, B, C, D, G
- ↑ 106. o preminenza, s
- ↑ 107. o scuri, s — e persi, B, C, D, E, F, G
- ↑ 111. dal padron, E
- ↑ 112. Però ’n quei tempi, E, s
- ↑ 113. Duchi, marchesi, E, s — e altri, B, C
- ↑ 114. e servitori, F
- ↑ 117. tutte, B, C, D, F, G
- ↑ 118. Ciascuno del, D, F, G
- ↑ 119. Se non gli era parente, F, G — egli era amico, B, C
- ↑ 121. Or di’ pur, C — che la stia, E
- ↑ 127. fammi, D, F, G
- ↑ 129. Nè so veder come la, E, s
- ↑ 130. Ed è, se qualchedun per, F
- ↑ 132. ignudo, dicon, E, s — nudo, è detto ch’egli è, D, F, G
- ↑ 135. Traggongli i sassi, D, E, F, G, s
- ↑ 140. a parer mio, s
- ↑ 142. se ’l vuol messer Domenedio, E, s
- ↑ 143. ch’ei vuole, B, D
- ↑ 145. E non vi [ci, C] star a, B, C — far tante parole, B, E, F, G, s
- ↑ 150. O rabbi o scriba, D, E, F, G, s
- ↑ 155. S’egli, A, s; Se gli, C, E; E s’egli, B, D, F, G
- ↑ 159. scontraffatto, s
- ↑ 160. Io, quant’a me, B; Io, in quanto a me, D, E, G, s
- ↑ 162. che ne ho, F, G
- ↑ 168. Ch’io so che t’hai, F, G
- ↑ 170. se pur la, A
- ↑ 175. errore, che troppo, C
- ↑ 178. Il veder, B
- ↑ 181. Onde color che, E, s
- ↑ 183. e dicon ch’io, E, s
- ↑ 184. Se tu vai in toga non ti si conviene, D, E, F, G, s
- ↑ 186. Altrimenti la cosa non va [sta, E, s] bene, D, E, F, G, s
- ↑ 187. il busto, C
- ↑ 188. Della persona, D, E, G, s
- ↑ 189. Gli è forza che si faccia, C; Bisogna che tu faccia, D, E, F, G, s
- ↑ 190. E così vieni a, E, F, G
- ↑ 191. ha troppi quattrini, E, s
- ↑ 193. o ermisini, B, C, D, E, F, G, s
- ↑ 195. buone calze e buon scarpini, F
- ↑ 196. quand’e’ sia, D, G
- ↑ 197. se bene poi questa, C
- ↑ 198. di Spagnuolo, B, G
- ↑ 201. S’è, A; S’egli è, B; Se gli è, C
- ↑ 200-201. I codici D, E, F, G e la stampa s in luogo dei v. 200-201 leggono i seguenti:
E che tu faccia differenza alcuna,
Ch’e’ sia dì di lavoro o dì di festa:
Sia di nero o di bianco, tutt’è una;
Tu non ha’ a mutar foggia a tutte l’ore
Nè più nè manco come fa la luna.
Nel penultimo verso i codici F, G leggono Non hai da mutar foggia, e il cod. E Tu non ha’ mutar fogge, e la stampa s Tu non ha’ a mutar fogge. - ↑ 203. Andasse in toga e fusse scompagnato, D, E, F, G, s
- ↑ 204. Ci metterebbe quasi dell’onore, D, E, F, G, s
- ↑ 205. s’ei non, B — da trenta, D, E, F, G, s
- ↑ 207. ignorante, smemorato, B, s; ignorante, un smemorato, F, G
- ↑ 208. sarebbe il meglio, B — meglio farsi, C, F, G; meglio il farsi, D, s
- ↑ 209. a coppia, D, F, G
- ↑ 213. poco il dir, F, G — dir anco [anche, s] quaterque, E, s
- ↑ 216. che meriterebbe, C, E, s
- ↑ 217. come non, C, D, E, F, G, s — dall’affanno, F, G
- ↑ 218. attorno a sè, C
- ↑ 219. Ch’a bocca aperta, per udirlo, stanno, C
- ↑ 222. E la Misericordia, B
- ↑ 223. E ò auto, B
- ↑ 224. toga, vatten’ in buon’ora, E, s
- ↑ 225. Vattene pur, che tu sia, E, s
- ↑ 226. Ma s’un dottor per sorte andasse, E, s
- ↑ 227. E di andar, s
- ↑ 230. o pur lungo, B
- ↑ 237. è caduta giù, B, C — da una finestra, F, G
- ↑ 239-240. Dopo il v. 240 i codici A e C lasciano uno spazio bianco, capace di tre versi; i codici B ed E e la stampa s segnano sei versi di puntolini, e il cod. E scrive un P come iniziale del primo verso mancante e una M come iniziale del quarto; il cod. D avverte soltanto: «Qui manca la rima»; i codici F e G leggono al v. 239 s’imbuchi e si difenda, e non hanno alcun segno di lacuna.
- ↑ 242. Se tu l’ha’ far, E; Se l’hai a fare, F, G — avanti desinare, B
- ↑ 243. Non l’hai finita a ora di, F, G
- ↑ 245. t’impaccia, t’intrica, F
- ↑ 251. Come son frati, E, s — e qualche, s
- ↑ 254. come sogliam dir noi, E, s
- ↑ 261. Che veramente è, B
- ↑ 262. prima d’usar, F
- ↑ 263. a San Piero, s
- ↑ 264. E s’egli non la vuole, a, D, F, G — a San Giovanni, s
- ↑ 266. noi però che cosa importi, B
- ↑ 272. da qualch’uomo astuto, s
- ↑ 277. la cosa va, B
- ↑ 278. Ma s’avesse a dir io il, F, G
- ↑ 282. Che si dia lor del Tu, B
- ↑ 283. La non ne sta, C, E, s — e ne’ dommaschi, B, C, E
- ↑ 286. la notte all’, F, G
- ↑ 289. avanti che, F
- ↑ 290. dentro; dico, B
- ↑ 292. tanto addosso, C
- ↑ 294. nuda sin, C; nuda fino, E, F, s
- ↑ 299. tasti, e’ son, B
- ↑ 301. Il v. 301 manca nei codici A, C.