Geografia (Strabone) - Volume 3/Libro VII/Capitolo I

Da Wikisource.
CAPITOLO I

../ ../Capitolo II IncludiIntestazione 25 dicembre 2018 75% Da definire

Strabone - Geografia - Volume 3 (I secolo)
Traduzione dal greco di Francesco Ambrosoli (1832)
CAPITOLO I
Libro VII Libro VII - Capitolo II


[p. 165 modifica]

DELLA

GEOGRAFIA

DI STRABONE




LIBRO SETTIMO



CAPO PRIMO


Idee generali sul restante dell’Europa situata al settentrione ed al mezzogiorno dell’Istro. - Dei Germani in generale. - Di quelli che abitano lungo il Reno, e lungo l’Albi. - Guerre di questi popoli contro i Romani. - Della Selva Ercinia. - Dei Cimbri; loro guerre ed usanze. - Popoli sconosciuti al di là dell’Albi.

Poichè abbiamo parlato dell’Iberia e delle nazioni Celtiche e Italiche insieme colle isole a loro vicine, l’ordine vuole che ora parliamo delle restanti parti d’Europa, progredendo così nel modo che abbiamo adottato. E rimangono le regioni verso l’oriente cominciando oltre il Reno fino al Tanai1 ed alla bocca della palude [p. 166 modifica]Meotide2, oltre a quelle altre che l’Istro3 discorre dall’Adria e dalla sinistra del mar Pontico verso il mezzogiorno, fino all’Ellade ed alla Propontide. Perciocchè questo fiume divide quasi intieramente in due tutto lo spazio predetto. Esso è il più grande di quanti ne sono in Europa, e scorre da principio a mezzogiorno, poi dando volta in un subito va da occidente a levante nel Ponto. Comincia dalle estremità occidentali della Germania presso all’ultimo seno del golfo Adriatico (dal quale è distante circa mille stadii), e va a finire nel Ponto non molto lungi dal Tira4 e dalle foci del Boristene; e quante fra questo fiume ed il Tanai e le bocche delle Meotide, e dentro terra si stendono fino all’Oceano, o sono bagnate dal mar Pontico. Meridionali invece sono, rispetto a quel fiume, le nazioni Illiriche e quelle di Tracia, e quante di Celtiche o d’altre genti sono mischiate con esse fino all’Ellade. Or primamente diremo di quelle che stanno al di là dell’Istro; perciocchè sono molto più semplici delle altre a descriversi.

I luoghi al di là del Reno che, subito dopo i Celti, inclinano all’oriente li abitano i Germani, i quali differiscono dalla [p. 167 modifica]celtica schiatta solo alcun poco nell’eccesso della salvatichezza e della statura, come anche nel color biondo de’ capegli: ma nella figura, ne’ costumi e nella maniera del vivere sono somigliantissimi ai Celti, quali noi li abbiamo descritti5. Però a me sembra che giustamente i Romani abbiano posto loro tal nome, quasi a dinotare che sono legittimi Galati; chè il vocabolo Germani significa appunto legittimi nel linguaggio di Roma.

La prima parte di quella regione (della Germania) pertanto è lungo il Reno, cominciandosi da dove sorge fin dove mette foce nel mare: e quella è presso a poco la larghezza della Germania dalla parte occidentale. In quanto ai popoli di quel paese i Romani ne trasportarono alcuni nella Celtica; altri si trasferirono nelle parti più interne, come fecero i Marsi: pochi ne restano, e sono una porzione de’ Sicambri. A questi popoli abitanti lungo la riva del fiume, succedono le nazioni fra il Reno e l’Albi6. Quest’ultimo fiume devolvesi all’Oceano, attraversando uno spazio di paese non minore di quello che scorre il Reno a cui va quasi parallelo. E v’hanno fra que’ due anche alcuni altri fiumi navigabili (uno di questi è l’Amasia7 su cui Druso vinse in battaglia navale i Brutteri), i quali scorrono anch’essi dal mezzogiorno al settentrione ed all’Oceano: perciocchè il terreno della Germania dalla parte del mezzogiorno [p. 168 modifica]s’innalza e fa una specie di dosso che stendesi verso il levante, come se fosse un ramo delle Alpi. E così infatti lo dissero alcuni, guardando alla predetta sua posizione, non meno che alla uniformità delle sue produzioni con quelle delle Alpi. Tuttavolta è da notarsi che quel dosso non si eleva all’altezza di queste montagne.

Quivi poi sono anche la selva Ercinia8 e le nazioni Sveve, alcune delle quali abitano in quella selva. Tali sono i Coldui, presso i quali è anche Bojemo, reggia di Marobodo, che vi trasportò insieme con più altre popolazioni i Marcomanni suoi connazionali. Costui di privato ascese alla somma delle cose dopo il suo ritorno da Roma, dov’era vissuto giovinetto, beneficato dall’Imperatore. Ritornato poi nella patria se n’era fatto principe, ed avea soggiogati, oltre ai popoli che già dissi, anche i Luii, ragguardevole nazione, e i Zumi e i Butoni, e i Mugiloni, e i Sibini e la gran gente dei Sennoni, che appartiene anch’essa agli Svevi.

Dopo quella parte di Svevi che abitano, come dissi, nella Selva Ercinia, gli altri stanno al di fuori e sono confinanti coi Geti. E costoro sono la più grande nazione di Svevi, e dal Reno si stendono fino all’Albi; anzi alcuni erano stanziati anche oltre questo fiume, come sono gli Ermonduri ed i Longobardi, ed al presente furono costretti a riparar tutti sull’opposta riva. [p. 169 modifica]

È cosa comune a tutti i popoli di quella regione l’emigrar facilmente, siccome coloro che sono abituati a vivere con parsimonia, senza darsi pensiero di coltivare la terra nè di far provvigioni; ma abitano povere capanne, dove hanno solo quel tanto che basta per la giornata. Il nutrimento lo cavano per la maggior parte dal bestiame al modo dei Nomadi, a somiglianza dei quali altresì collocano sopra carri le loro abitazioni e vanno insiem colle mandre dove loro più aggrada.

Vi sono alcune altre popolazioni germaniche di minor conto, Ceruschi, Catti, Gamabrivii, Cattuarii; poi verso l’Oceano i Sicambri, i Caubi, i Brutteri, i Cimbri, Cauci, Caulci, Campsiani ed altri parecchi.

A seconda dell’Amasia vanno anche il fiume Bisurgi e il Lupia9; l’ultimo dei quali è lontano dal Reno circa seicento stadi, e attraversa i minori Brutteri. Evvi anche il Sala, fra il quale ed il Reno guerreggiando e vincendo morì Druso il Germanico. Egli erasi impadronito non solo della maggior parte delle nazioni germaniche, ma sì anche dell’isole lungo la spiaggia, fra le quali è Burcana ch’egli assediò e prese.

Queste nazioni furono conosciute quando guerreggiarono contro i Romani; e talvolta arrendevansi, talvolta si ribellavan di nuovo od abbandonavano le proprie abitazioni. E un maggior numero ne conosceremmo se Augusto permetteva a’ suoi generali di passar l’Albi per inseguire coloro ch’emigravano a paesi più interni: ma stimò che gli riuscirebbe meglio quella [p. 170 modifica]impresa qualora, lasciando tranquilli i popoli situati al di là dell’Albi, non li costringesse ad unirsi co’ suoi nemici. La guerra pertanto fu cominciata dai Sicambri che abitano presso al Reno, aventi per condottiero Melone. Quivi poi succederonsi in progresso di tempo diversi popoli, quando signori del paese e quando soggetti, poi di nuovo ribellati, contro la fede degli ostaggi e delle promesse. Con costoro il non prestar fede è di grande vantaggio; quelli ai quali fu creduto riuscirono i più dannosi, come avvenne dei Cherusci e dei loro soggetti, appo i quali le tre legioni romane capitanate da Quintilio Varo furono in onta della data fede assalite a tradimento ed uccise. Tutti però ne pagarono il fio e somministrarono al giovine Germanico uno splendidissimo trionfo, nel quale si menò dietro gli uomini e le donne più illustri, come a dire Semigunto figliuolo di Segeste capitan de’ Cherusci; e la sorella di lui per nome Tusnelda moglie di quell’Armenio10 che amministrava la guerra de’ Cherusci appunto allorché fu tradito Quintilio Varo, e la continua tuttora; e Tumelico suo figliuoletto di tre anni; poi anche Sesitaco figliuolo di Segimero capitano dei Cherusci; e sua moglie Ramis, figliuola di Acramero capo dei Batti, e Deudorice di nazione Sicambro, figliuolo di Betorige fratello di Melone. Ma Segeste, essendosi fin dal principio alienato dalla fazione di Armenio, colse il buon destro per accostarsi ai Romani, e assistette al trionfo delle persone a lui più care. Fu allora [p. 171 modifica]condotto dietro la pompa anche Libe sacerdote dei Catti, con molti altri personaggi delle vinte nazioni, cioè dei Catulci, Ampsani, Brutteri, Nusipi, Catti, Cattuari, Landi e Subazii.

Fra il Reno e l’Albi v’ha lo spazio di circa tre mila stadii, se fosse possibile camminare per una strada diritta, dalla quale ora deviasi a cagione delle tortuosità, delle paludi e delle foreste.

L’Ercinia è una selva assai folta di grandi alberi, in luoghi naturalmente forti che abbraccia un grande circuito: nel mezzo v’ha una regione che può comodamente abitarsi, e della quale abbiamo già parlato. Vicino a quella selva sono le sorgenti dell’Istro e del Reno, e il lago11 che sta fra questi due fiumi e le paludi formate dal Reno. La periferia del lago è di più che trecento stadii, e di quasi duecento la larghezza: dentro v’è un’isola della quale si valse Tiberio come di stazione navale guerreggiando contro i Vindelici. Questo lago è più meridionale che le fonti dell’Istro12, per modo che di necessità chi dalla Celtica [p. 172 modifica]vuole andare alla selva Ercinia deve prima attraversare quel lago, poi l’Istro; dopo di che può progredire fino a quella selva per istrade molto più comode, a traverso di siti elevati ma piani. Tiberio col viaggio d’un solo giorno oltre il lago vide le sorgenti dell’Istro. Toccano a questo lago in una piccola parte i Reti, e nella parte maggiore gli Elvezii e i Vindelici, e il paese deserto de’ Boj fino ai Pannoni. Tutti costoro, ma principalmente gli Elvezii e i Vindelici, abitano elevate pianure. I Reti ed i Norici13 occupano quel tratto che va fin sulla cima delle Alpi, e discendono anche alcun poco giù verso l’Italia; congiungendosi quelli cogl’Insubri, questi coi Carni14 e coi luoghi circostanti ad Aquileja. Avvi anche un’altra gran selva detta Gabreta15 al di qua del paese degli Svevi, dopo il quale è la selva Ercinia, ed è anch’essa occupata dagli Svevi.

Dei Cimbri si dicono alcune cose incredibili ed altre che hanno una più che mediocre probabilità. Perocchè non potrebbe accettarsi la cagione che alcuni assegnano dell’essere que’ popoli erranti e ladroni, dicendo [p. 173 modifica]che da prima abitavano una penisola dalla quale furono discacciati da una grande marea: mentre essi occupano tuttavia il paese di prima, d’onde mandarono in dono ad Augusto il sacratissimo loro lebete, domandando amicizia e perdono delle cose passate; e com’ebbero ottenuto ciò che richiedevano se ne partiron di nuovo. E veramente sarebbe ridicolo se un fenomeno naturale che si rinnova due volte ogni giorno avesse potuto indurli ad uscire dal proprio paese. Ha poi sembianza d’invenzione il dire che v’ebbe una volta una marea maggiore delle altre; quando l’Oceano ha flussi e riflussi regolari, ed è periodico in questo fenomeno. Nè disse bene nemmanco chi affermò avere i Cimbri impugnate le armi contro le maree; nè è vero che i Celti per abituarsi ad essere intrepidi, lasciassero che le loro case fossero coperte dall’acqua e poi le rifabbricassero di nuovo, sicché fra loro più fossero quelli che avevan la morte dall’acqua che dalla guerra, come Eforo asserisce. Perocchè l’ordine del flusso e riflusso, e il sapersi che il paese va soggetto a quella inondazione, non potevano dar luogo a siffatte assurdità. E veramente, non è forse incredibile che costoro non siansi mai accorti che quel fenomeno il quale accadeva due volte ogni giorno era naturale ed innocuo, e che non avveniva già solo appo loro, ma presso tutti i popoli abitanti lungo l’Atlantico? E nemmanco Clitarco dice bene affermando che i cavalieri Cimbri avendo una volta veduta la marea muoversi verso di loro voltarono addietro i cavalli, ed anche fuggendo furono a gran pericolo di esserne oppressi: mentre sappiamo che [p. 174 modifica]il flusso non suol moversi con tanta celerità, ma s’avanza invece sì lentamente che l’uomo quasi non se ne avvede; nè pare probabile che un fenomeno solito ad avvenire ogni giorno, e il cui fracasso può sentirsi da tutti prima di essergli presso in modo da vederlo, abbia potuto infondere tanto timore da fuggire come da cosa improvvisa.

Queste asserzioni pertanto sono giustamente rimproverate da Posidonio agli storici; il quale poi non irragionevolmente suppone che i Cimbri, essendo ladroni ed erranti, siansi colle loro scorrerie inoltrati fino a’ luoghi vicini alla palude Meotide, e che da costoro abbia avuto il suo nome il Bosforo Cimmerio, che val quanto a dir Cimbrico, giacchè i Cimbri furono dagli Elleni denominati Cimmerii. Dice inoltre che la selva Ercinia fu primamente abitata da’ Boj; e che i Cimbri venuti una volta ad assalire quel luogo ne furono da’ Boj medesimi ributtati, sicché si volsero verso l’Istro e i Galati Scordisci, poi verso i Tauristi o Taurisci, che sono Galati anch’essi; poi agli Elvezii, uomini ricchi e pacifici: i quali allora, vedendo che la ricchezza acquistata dai Cimbri col ladroneccio superava la loro, si levarono anch’essi (principalmente i Tigurini e i Toigeni) e si unirono con loro. Tutti poi furono abbattuti dai Romani, così i Cimbri come quelli che si mossero dietro ad essi; alcuni al di qua delle Alpi che avevano valicate per venire in Italia, alcuni al di là.

Raccontano che i Cimbri ebbero questa usanza, che insieme colle donne (le quali seguivanli nelle militari spedizioni) andavano alcune sacerdotesse indovine, con [p. 175 modifica]grigi capegli, abiti bianchi, mantelli di carpaso16 affibbiati, cintura di rame e piedi scalzi. Costoro armate di coltelli facevansi incontro ai prigionieri pel campo, e dopo averli incoronati li conducevano ad una caldaia di rame, capace di circa venti anfore. Quivi era una scala sulla quale montava la sacerdotessa, e tagliava la gola a ciascun prigioniero di mano in mano ch’essi venivano sollevati al di sopra del lebete, e dal sangue che ne colava nel vaso ne cavavano una certa divinazione. Frattanto altre sacerdotesse tagliavano i cadaveri e dalle viscere predicevano la vittoria ai loro connazionali. Nelle battaglie poi battevano certe pelli stese sui graticci dei carri, per modo che se n’alzava un orrendo frastuono.

Fra’ Germani adunque, come dissi, i settentrionali abitano lungo l’Oceano. Di costoro poi si conoscono quelli che cominciano dalle foci del Reno e van sino all’Albi; e fra questi i più noti sono i Sicambri ed i Cimbri: quelli al di là dell’Albi presso all’Oceano ci sono sconosciuti del tutto. Perciocchè non sappiamo che nessuno degli antichi abbia mai fatto per mare quel viaggio verso le parti orientali fino alla bocca del Caspio; nè i Romani procedettero punto a’ luoghi più in là dell’Albi. E nè anche per terra nessuno fece un tal viaggio. Ma argomentando dai climi e dalle distanze parallele, si scorge manifestamente che chi andasse verso [p. 176 modifica]oriente secondo la longitudine incontrerebbe i dintorni del Boristene e le parti settentrionali del Ponto Eussino. Se quelli poi che si trovano al di là della Germania e nelle altre regioni più addentro, se debbansi nominare Bastarni, come suppongono i più, o se v’abbiano altre nazioni fra mezzo, Iazigi, Rossolani ed altri della schiatta degli Amazici17, non è agevole a dirsi: e nemmanco se abitino lungo l’Oceano in tutta quanta l’estensione delle sue coste; o se queste in parte siano inabitabili per troppo freddo o per qualsivoglia altra cagione; o se una diversa generazione d’uomini trovisi stanziata fra il mare e i Germani orientali. Perciocché nè dei Bastarni, nè dei Sauromati, nè per dir breve di quanti abitano al di sopra del Ponto abbiamo contezza; nè conosciamo quanto siano distanti dal mare Atlantico, o se invece gli siano congiunti.

Note

  1. Il Don.
  2. Il mare d’Azof.
  3. Il Danubio.
  4. Il Dniester. Il Boristene poi è il Dnieper.
  5. Lib. iv, c. 4.
  6. L’Elba.
  7. L’Ems.
  8. Gli antichi dinotarono sotto questo nome le molte foreste della Germania; anzi alcuni credettero che quel paese fosse tutto una foresta dal Reno sino al Boristene ed anche al di là. La maggiore per altro delle foreste a cui davasi questo nome, quella di cui qui si tratta, copriva una gran parte della Boemia. (G.).
  9. Il Weser e la Lippa.
  10. Tacito e gli altri in generale dicono Arminio.
  11. Il Lago di Costanza.
  12. La lezione comune è: Νοτιωτέρα δ᾽ ἐστὶ τῶν τοῦ Ἴστρου πηγῶν καὶ αὕτη1, καὶ ὁ Ἑρκύνιος δρυμὁς; questo lago è più meridionale che le sorgenti dell’Istro, e così anche la Selva Ercinia. La scorrezione è evidente. Il Cluverio propose quindi la variante καὶ ὁ Ἑρκυνίκ δρυμκ seguìta anche dagli Editori franc. È probabile che le parole καὶ ὁ Ἑρκύνιος δρυμὁς siano state introdotte da qualche copista, ed io le tralascio seguitando l’esempio del Bonacciuoli, lodato dagli stessi Edit. franc.
  13. I Reti abitavano il paese dei Grigioni e il Tirolo fino alle sponde orientali del lago di Costanza. - Gli Elvezii, ora Svizzeri, stavano dalla parte meridionale del lago stesso. - I Vindelici ne occupavano le sponde settentrionali, poi le parti della Svevia e della Baviera situate al mezzodì del Danubio fino all’Inn. - I Norici abitavano fra il Danubio e l’Alpi. (G.).
  14. Gl’Insubri occupavano il Milanese. - I Carni il paese che ora dicesi Carniola.
  15. Forse la foresta di Friesteter-Wald tra la Franconia e la Boemia. (G.).
  16. Il carpaso era una specie di lino proprio della Spagna e dei dintorni di Tarragona, del quale facevasi una tela sottilissima.
  17. Popoli abitanti su carri.