La pupilla (intermezzo)/Appendice

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Appendice

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Parte II Nota storica
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APPENDICE.

Dalla prima stampa veneziana del 1735,
per Alvise Valvasense.

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PARTE SECONDA.1

Triticone e Rosalba, poi Giacinto da Medico.

Triticone. Cara Rosalba mia, ch’è mai sta cosa?

Sempre ammalata siete.
Or la testa vi duole,
Or lo stomaco avete rivoltato;
Voi mi volete far diventar matto.
Rosalba. Oh che bella finzione! Ei già lo crede;
La lezione del foglio or fa l’effetto.
Triticone. Sentite, figlia mia, parlate schietto,
Già nessuno ci ascolta;
Sono il vostro tutor, e come padre,
V’amo più che se foste una mia figlia;
Dite con libertade,
Avete voi qualche passione al cuore?
Siete voi forse amante?
Confessatelo a me. Rosalba, io giuro
Il rimedio trovar presto e sicuro.
Rosalba. Io passione d’amore?
Io amante? ma di chi? Se in questa casa
Sempre sto chiusa, e mai non entra alcuno.
Cos’è mai quest’amor? Dunque l’amore
Può far doler il core?
Certo, che quest’amore io non provai,
E prego il Ciel di non provarlo mai.
Triticone. (Bella semplicità!) Ma sempre amore
Non è doglia, o tormento;
Sovente al nostro cor reca contento.
Rosalba. Costui dunque è stregone,
Ch’or fa bene, or fa male. Io non v’intendo.
Triticone. Appunto lo diceste.

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Egli è un mago l’amor, diletta figlia.

Rosalba. Mi stia dunque lontan trecento miglia.
Triticone. E pur, se voi provaste
Delle dolcezze sue qualche pochino,
Lo vorreste tener2 (0 sempre vicino.
Rosalba. Quando la sia così, fate ch’io provi,
Caro signor tutore,
Un bocconcin di questo dolce amore.
Triticone. Volentier, volentieri,
Ma ciò non si può fare
Senza del matrimonio.
Rosalba. Eh mi contento,
Ma però con un patto,
Che se poi quest’amor non mi piacesse,
Voglio che il matrimonio sia disfatto.
Triticone. (Che innocenza!) Figliola,
Udite, il matrimonio
Accordato che sia, più non si scioglie,
Se non muore il marito, over la moglie.
Rosalba. Questo poi non mi piace.
Triticone. Eh non temete,
Vi troverò un marito
Con cui sempre vivrete in buona pace.
Rosalba. Lo troverete poi?
Triticone. Già l’ho trovato.
Rosalba. Senza nemen che ’l veda?
Triticone. Lo vedeste, e gli avete3 ancor parlato.
Rosalba. Come, signor?...
Triticone. (Ah più tacer non posso;
Mi sento il core, il sangue ed il polmone
Che mi dicon: Coraggio, Triticone).
Rosalba. (Forse Giacinto a Triticon palese
Fatto avrà l’amor suo).

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Triticone. Figlia, sediamo, (siedono

Poichè di grave affar parlar dobbiamo.
Rosalba. Eccomi, dite pur.
Triticone. V’arricordate
Dell’astrologo d’ieri?
Rosalba. (È Giacinto senz’altro. Oh me felice!)
Triticone. Egli è 4 un uomo dabben, sa quel che dice;
Benchè sia giovinetto,
Ha del gran sale in zucca;
È un indovin sincero,
Che mentire non sa, ma dice il vero.
Rosalba. Non ne dite di più; già son per lui...
Triticone. Bene, bene, pensate
Dunque a quel ch’ei v’ha detto, e rissolvete.
Rosalba. Per me son contentissima,
li partito mi piace, è da par mio.
Triticone. Se voi vi contentate....
Rosalba. Io son pronta anche adesso.
Triticone. (Ahi, che la gioia
Mi fa tutto sudar, e già dagli occhi 5
Per l’allegrezza mi distilla il pianto).
Rosalba. Ma che avete, signor, perchè piangete?
Triticone. Piango per il contento.
Rosalba. Oh benedetto
Siate pur mille volte! oh quanto v’amo!
Oh quanto v’amerò fino alla morte!
Triticone. Anch’io, figlia, v’adoro, or non più figlia,
Ma sposa.
Rosalba. Oh che bel nome!
Oh quanto mi consola!
Ma quando si conclude?
Triticone. (Questa sua fretta
È ben segno d’amor). Dammi la mano,
Vuò consolarti, o bella, in questo punto.

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Rosalba. Ma lo sposo dov’è?

Triticone. Dov’è lo sposo? Tu mi burli, Rosalba 6;
Eccomi, non mi vedi? È forse amore,
Ch’ora cieca ti rese?
Rosalba. Voi?
Triticone. Io, sì, perchè?
Rosalba. À à à à, meco scherzate affè.
Triticone. Come scherzar? Voi stessa
Non diceste d’amarmi?
E che d’esser mia sposa ancor bramate?
Non abbiate rossor, siam qui tra noi.
Rosalba. Dell’astrologo intesi, e non di voi.
Triticone. Ma l’astrologo appunto
Non vi parlò di me? Non vi predisse,
Che sol per vostro bene
D’un vecchiarel consorte il Ciel vi vuole?
E che la gioventù tradir vi puole?
Rosalba. Nulla di ciò mi disse,
Ben di lui mi parlò, dice che m’ama,
Ch’è un cavaliero, e che mi vuol per sposa.
Triticone. Oh Ciel! Oh che gran cosa!
Ingannato son io. Figlia, colui
È un mendace, è un briccon, non gli abbadate.
Rosalba. Prima voi mel lodaste, or lo sprezzate?
Triticone. (Giacchè scoperto io sono,
Vuò tentar persuaderla all’amor mio;
Simular quest’ardor più non poss’io).
Rosalba. (Mie tradite speranze!)
Triticone. Ah gentilissima
Rosalba mia bellissima,
Se obbediente fin’or stata mi siete.
Siatelo in questo punto. Io già v’adoro.
Rosalba. So ben che voi m’amate,
Come padre e tutor.

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Triticone. Eh un altro amore

È questo, idolo mio; v’amai fin’ora
Come padre, egli è vero, or come sposo.
Rosalba. Eh signor Triticone,
Guardate nello specchio,
Io son giovine assai, voi troppo vecchio.
Triticone. Son vecchio, è vero, ma non ho difetti.
Rosalba. Questo è buono per voi, ma non per me.
Triticone. Io sempre v’amerò.
Rosalba. Amor senza costrutto.
Triticone. Voi sarete il mio fior.
Rosalba. Ma senza frutto.
Triticone.   Son vecchio, ma non cedo
  Ad un giovine in fortezza.
Rosalba.   Ve lo credo, ve lo credo,
  Ma cos’è questa bianchezza?
Triticone.   Calore di fegato.
Rosalba.   E quegli occhi 7 lacrimanti?
Triticone.   Niente, niente, una flussione.
Rosalba.   Ma quel bastone?
  Perchè tremate?
Triticone.   Voi, crudel, tremar mi fate.
  Per altro sto saldo,
  Son forte, son caldo,
  Provate, sentite,
  Sentite il mio cor,
  Che gran batticor8.
Rosalba.   La barba è candida,
  La faccia è pallida,
  Voi già perdeste
  Tutto il calor.
  Son vecchio etc.

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Giacinto. Servo di lor signori. Se non fallo,

È il signor Triticon vossignoria?
Triticone. Sì signor, per servirla.
Giacinto. In speciaria
Un ordine trovai
Per venir in sua casa, ed io volai.
Triticone. Lei è il medico dunque?
Giacinto. Appunto quello.
Triticone. La ragazza si sente un po’ di male,
Ma spero anderà in nulla.
Giacinto. Sarà il solito mal d’una fanciulla.
Dove si trova? è questa?
Triticone. Signor sì.
Giacinto. (Quest’è appunto colei che mi ferì).
Riverente m’inchino.
Rosalba. Io gli son serva.
Giacinto. (Ella tien gli occhi bassi, e non m’osserva).
Triticone. Sentite il polso suo. Sembra alterato?
Giacinto. Signor, se non vi è grave,
Ritiratevi un poco, e date campo,
Ch’io possa interrogar con libertà
La fanciulla. Sapete come va.
Triticone. Dite ben, mi ritiro.
Giacinto. Signora mia, mi favorisca il braccio.
(Ahi, ch’ha 9 un braccio di neve, ardo ed agghiaccio).

Cara mano, mano vaga,
     Che risana allor ch’impiaga,
     Io vi miro,
     E poi sospiro;
     Vi potessi almen baciar!
Se la sorte non m’inganna,
     Da voi spero la mia pace;
     D’Imeneo la bella face.

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Già comincia a sfavillar.
     Cara mano etc.

Rosalba. Ma voi troppo stringete.

Giacinto. Ancor non conoscete
Di Giacinto la voce?
Rosalba. Ah mio tesoro.
Triticone. Signor Eccellentissimo,
Ma che maniera è quella
D’interrogar?
Giacinto. Tacete,
Fu un trasporto del core;
Già scopersi l’arcano, e presto, presto,
Se mi lasciate far, scoprirò il resto.
Triticone. Seguite pur, che mai sarà?
Giacinto. Signora,
Quietatevi per poco.
Rosalba. Più resister10 non posso a tanto foco.
Sappiate, che il tutore
Mi si scoperse amante, e vuol ch’io sia
Sua sposa; io non lo voglio:
Liberatemi voi da quest’imbroglio.
Triticone. Rilevaste l’intiero?
Giacinto. Io tutto intesi,
Manca solo ch’a lei per il suo male
Or insegni il rimedio,
E poi sono con voi. Non dubitate, (a Rosalba
Liberarvi destino in questo giorno;
Poichè la soggezion non mi permette
Di dirvi tutto, fingerò, scrivendo,
Un recipe formar; a voi la carta
Consegnerò, già in essa
Una nuova invenzion voi leggerete.
Secondate l’idea; poi non temete.
Rosalba. Tutto farò per voi.

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Triticone. E ben, che nuova.

Signor Eccellentissimo, mi date?
Giacinto. Gran cose io vi dirò. Prima aspettate,
Che un recipe gli formi.
Triticone. Oh che impazienza!
(Giacinto va al tavolino a scrivere; intanto Triticone e Rosalba parlano sempre da sè.
Triticone. Certo Rosalba è amante.
Rosalba. Giacinto non m’inganna.
Triticone. Fosse almeno di me!
Rosalba. Facesse presto!
Triticone. Di quel briccon d’astrologo io temo11.
Rosalba. Ma del vecchio tutor pavento e tremo.
Triticone. Oh che soave aspetto!
Rosalba. Che vecchio maledetto!
Triticone. Lei mi guarda sott’occhio; ah furbacchiona!
Rosalba. Fa pur quanto tu vuoi, non son sì buona!
Triticone. Ch’io lasci Rosalba!
Rosalba. Pigliar Triticone!

Triticone. a due Oh questo poi no, oh questo poi no.
Rosalba.
Giacinto. Signora mia, coraggio aver conviene;

Faccia come sta scritto, e anderà bene.
Rosalba. (Prende la carta, e legge, e leggendo ride piano.
Triticone. Caro signor dottor, ditemi tosto
La cagion del suo male!
Giacinto. Tutto il suo mal, signor, provien d’amore.
Triticone. D’amore? Ma per chi?
Giacinto. Certo vi giuro,
Dacchè del medicar l’arte professo,
Non mi toccò sentir cosa sì strana.
Triticone. Forse d’un vil astrologo
Vive amante Rosalba?

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Giacinto. Eh eh pensate.

Vive amante di voi passionalissima;
Ridete, signor mio, ch’ella è bellissima.
Triticone. E ben, s’ella mi amasse
Saria cosa da ridere?
Giacinto. Ma tutto, Triticone,
Io non vi dissi ancor. V’ama, egli è vero,
Ma si cacciò in pensiero,
Che non vi vuol, perchè dall’altre donne
Teme d’esser burlata.
L’esser voi vecchio a lei molto non cale,
Ma questa barba bianca,
Quel crin canuto, e gli occhi lacrimanti,
Quelle rughe, il tremare, e che so io,
Come dicea, gli fan cangiar desio.
Che ne dite, signora? (a Rosalba
Eh, confessate pure,
Senz’altra soggezione.
(Già in carta le ho12 insegnata la lezione).
Rosalba. Pur troppo è ver, pur troppo
Il signor Triticone amo et adoro,
Ma quell’aspetto, oimè, schiffo et aborro.
Triticone. Eh quando voi m’amate,
Che v’importa?...
Rosalba. No no, non mi parlate,
Io così non vi voglio.
Giacinto. Oh che bizzarro amor!
Triticone. Che bell’imbroglio!
Che far dunque poss’io? (a Giacinto
Giacinto. Signor, quando vogliate
Io tengo un gran segreto,
Con cui, non dico già che l’età torni
Nel suo verde primiero, ma ben vale
Per far nera la barba, e nero il crine.

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Render liscie le guancie, e porporine.

Fortifica li denti,
Rende chiara la vista, e l’occhio bello;
Fa l’uom robusto e forte,
E l’abilita a far da buon consorte.
Rosalba. Che secreto divino!
Triticone. Eh mi burlate.
Giacinto. Signor, mi meraviglio, ad un mio pari
Non si dice così, la riverisco.
Rosalba. E voi dite d’amarmi, e ricusate
Quel ch’io tanto desio?
L’amor vostro non è simile al mio.
Triticone. Ehi, sentite, signor.... (se fosse vero
Gran segreto saria!) come s’adopra?
Giacinto. Facilissimamente. In quest’ampolla
Vi è l’acqua prodigiosa 13;
Adattarvi bisogna
In un sito ristretto,
Ed in mezz’ora si vedrà l’effetto.
Rosalba. Questa prova chied’io dell’amor vostro.
Triticone. Sottisfarvi saprò. Già finalmente
Mezz’ora è breve tempo.
Dite, quanto si spende?
Giacinto. Sei zecchini, e non più.
Rosalba. Poca moneta.
Triticone. Son rissolto provarlo.
Giacinto. Ed io vi servo,
E se non opra ben, non mi pagate.
Una botte 14 vi vuol, ma vuota, e nuova.
Fatela 15 portar quivi, e facciam presto.
Triticone. Una botte, perchè?
Giacinto. Più non cercate.
Triticone. Ancor questo farò. Non m’ingannate.

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Che è di là? (viene un servo) Guarda abbasso.

Che vi è una botte nuova.
Falla portar di sopra in questa stanza.
Rosalba. (Oimè, che dalle risa il cuor mi crepa).16
Giacinto. Signor, quest’è un licore,
Che facilmente esala;
Voi nella botte entrar dunque dovrete,
E farvi chiuder bene, indi la faccia
Bagnandovi e le mani,
Nel corso di mezz’ora
Forte, robusto e bel verrete fuora.
Triticone. Io nella botte entrar? Voi v’ingannate.
Rosalba. Se non fate così, voi non mi amate.
Triticone. Ah Rosalba, pavento
Di qualche tradimento.
Rosalba. Tradimento? perchè? dove son io,
Non temete di mal, dolce amor mio. (viene la botte
Triticone. Pur entrar mi convien. Che sarà mai?
Cara, già vinto m’han le tue parole.
Ecco Diogene, o bella, in faccia al sole.
(mettono Triticon nella botte
Rosalba. Entrato è il pazzo. Oh questa è bella assai!
Giacinto. Zitta, Rosalba, ed il più bel vedrai.
Triticone. Orsù via dunque, datemi l’ampolla.
Giacinto. Signor, v’arricordate
Cosa ieri vi disse l’indovino?
Triticone. Che ne sapete voi?
Giacinto. Tutto mi disse,
So ben ch’ei vi predisse,
Che la donna ch’amate
Alfin v’avria burlato;
Ecco il presagio17 suo verificato.
Triticone. Ma che discorso è questo?

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Giacinto. E per farvi veder che’l ver ragiono 18,

Io l’astrologo sono;
Con vostra buona grazia, signor mio,
Prendo Rosalba, arrivederci, addio.
Triticone. Ah traditor, briccon, Rosalba cimè,
Soccorso, aita, carità di me.
Rosalba. Per ora io me ne vo;
Quando giovin sarete, io tornerò.
Triticone.   Sia maledetto
  Chi a donna crede.

Rosalba. a due Che sei pazzo
Giacinto. Ben si vede.
Triticone.   Senza fede.
Rosalba. a due Ben si vede,
Giacinto. Che sei pazzo da legar
Triticone.   Tiranna! Spietato!

Rosalba.   Che brami?
Giacinto.   Che vuoi?
Triticone.   Pietade. Mercè.

Rosalba. a due Pietade non v' è.
Giacinto.
Triticone.   Se uscir ne potessi,

  Vorrei vendicarmi;
  Oimè, che son fiacco 19,
  Non posso aiutarmi,
  Rimedio non c’è.
Giacinto.   Eh via, vergonatevi,
  Prudente mostratevi.
Rosalba.   Tacete, soffrite,
  Soffrite per me.
Triticone.   Con questo bastone.
Giacinto.   Oh che pazzo!
Rosalba.   Oh che buffone!

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Triticone. Ma non ci arrivo.
Giacinto a due Tu sei già di senno privo.
Rosalba.
Triticone. Spietata! Crudele!
Giacinto. Che dici?
Rosalba. Che parli?
Triticone. Pietade per me.
Giacinto a due Pietate non v'è.
Rosalba.


Fine della Seconda Parte.

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PARTE TERZA.

Sala da Giudice.

Giacinto da Giudice, Rosalba d’Avvocato, poi Triticone con carte e libri.

Giacinto. Che ne dite, Rosalba,

Vi piace l’invenzion?
Rosalba. Bella bellissima.
Giacinto. Badate a non fallare.
Per un finto ministro, a nome vostro,
Io tutto a Triticon fei sequestrare,
Ad effetto d’aver la vostra dote.
Egli citò, come si suol nel Foro,
Per la revocazion di quel sequestro.
La causa fu accettata,
Si contestò, si deputò, stamane
Già si deve trattar. Voi vi fingete
Di Rosalba avvocato;
Io giudice mi fingo;
Triticone deve primo
Parlar. Voi rispondete,
Come che v’insegnai, nè fallerete.
Rosalba. Farò come volete,
Ma temo che alla voce
Triticon mi conosca.
Giacinto. Vi son degli avvocati
Giovini come voi, ch’hanno la voce
Assai più feminina.
Pensate se quel vecchio,
Che ancor poco vi sente20,
Conoscer vi saprà. Non v’è alcun dubbio

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Rosalba. Vada ben, vada male, in voi confido.

Giacinto. Ma intanto, o bella,
Che qui soli restiamo...
Rosalba. Cosa vorreste far?
Giacinto. D’amor parliamo.

Lasciate ch’io vi miri,
     Luci vezzose e belle.
     Voi siete vaghe stelle,
     Che con soavi giri
     Beate questo cor.
In voi sta la mia vita,
     Se per voi sole io vivo,
     Voi sol prestate aita
     Al mio cocente ardor.
               Lasciate etc.

Rosalba. Ma già vien Triticone.

Giacinto. Passeggiate la sala, ed io mi siedo.
Triticone. Siete voi di Rosalba l’avvocato?
Rosalba. Sì signor, quel son io.
Triticone. Siete dannato.
Rosalba. Perchè, signor, perchè?
Triticone. Avete torto marcio, e non si ponno
In coscienza difender21 cause tali.
Rosalba. Eretti i Tribunali
Sono per far giustizia; ora vedremo
Chi avrà di noi ragion.
Triticone. Senzvalcun dubbio
La causa vincerò, ma questo struscio
Si potea risparmiare.
Rosalba. Eh cominciate
A parlar della causa; il tempo passa.
Triticone. Permette l’illustrissimo
Giudice sapientissimo,
Ch’io cominci a parlar?

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Giacinto. Incominciate.

Triticone. Un tal signor Sempronio
Di casa Frangiador quondam Fabrizi,
Nell’anno mille settecento e sedici 22,
Di gennaro morì nel giorno tredici.
Restò la moglie allora,
E con essa una figlia,
Che Rosalba si chiama,
Unica prole e erede
Di tutto il patrimonio
Del sudetto 23 signor quondam Sempronio.
Rosalba. Ben bene, qui ti voglio.
Triticone. A piano, a piano 24.
Che veniremo25 al punto.
Giacinto. Andate per le corte,
Io non voglio sentir cose superflue.
Triticone. Presto, presto mi spiccio 26. Eccomi al fatto.
Il sudetto signor quondam Sempronio
Lasciò me Triticone,
Di casa Ballonar quondam Anchise,
Per tutor della figlia, unitamente
Alla moglie sudetta ch’avea nome....
Più non me l’arricordo 27.
Ma con questo che, morta
La moglie, io sol restassi
Tutor e curator della fanciulla.
Verificato è il caso.
È già morta la madre, io solo resto,
Come diceva....
Rosalba. Eh non è il punto questo,
Che abbiamo da trattar; presto alla dote.
Triticone. Ma voi m’interrompete
Troppo fuori di tempo;

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Si vede ben, che principiante siete.

Così, signor, per accostarmi al fine,
S’introdusse in mia casa un bricconaccio,
Un furbo, un ladro.
Giacinto. Basta, basta, usate
Un poco di rispetto al Tribunale.
Triticone. Astrologo si finse, e poscia medico.
Colle sue falsitadi
M’offuscò la ragione,
E mi ridusse entrar dentro una botte.

Giacinto. a due À à, questa è da ridere!
Rosalba.
Triticone. Ridete pur, ma io non rido al certo.

Vedendomi ridotto
Ch’io non potea più movermi,
Quel briccon, quel guidon....
Giacinto. Pian vi dico, signor, parlate in causa.
Triticone. Rosalba prese per la mano, e in questa
Guisa me la rapì.
Or pretende la dote, e per averla
Tutto mi sequestrò. Già voi sapete,
Giudice sapientissimo,
Che il trattato de Nuptiis parla chiaro:
Se la moglie è rapita,
Il matrimonio è nullo.
Non vale il matrimonio,
Dargli non si convien dunque la dote.
Della vostra sentenza sia l’effetto
Di liberarmi quel sequestro. Ho detto.
Giacinto. Che rispondete voi?
Rosalba. Signor, accordo
I primi fatti. È vero,
Che Rosalba restò l’unica erede
Di quel signor Sempronio,
Ergo si deve a lei quel patrimonio.

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E vero, accordo ancora,

Che il signor Triticone
Restò solo tutor di quella figlia,
Ma del cuore di lei non è padrone.
Il buon vecchio credeva
Buscar quel bocconcin, ma s’ingannò.
Nella fossa ch’ei fece, egli cascò.
È ver ch’un giovinotto
Di lei se n’invaghì,
Ch’ei se la prese è ver, ma non rapì.
Triticone. Che differenza fate
Da prendere a rapir? Son ragazzate.
Rosalba. Ò ò, non mi scappate.
Questo è il punto, signor, quando vi provo
Ch’ella non fu rapita.
Volete che la causa sia finita?
Triticone. Ben bene, io mi contento.
Rosalba. A me, v’incontro.
Il ratto è allor quando il voler resista
Della donna rapita.
Che cos’è il matrimonio?
Consensum, già si sa, facit virum.
Ella consente, per marito il vuole,
E rapita sarà? Ma vi è di peggio.
Il trattato de Nuptiis, che allegaste,
Raptave sit mulier dice, è vero;
Ma soggiunge dappoi, se lo sapete,
Nec parti mulier sit reddita tutae;
Ei la conduce in casa sua, la sposa,
Coi suoi parenti è unita,
E direte così ch’ella è rapita?
Triticone. Più risponder non so.
Rosalba. No, rapita non fu. Ergo la dote
Negar non se gli può:
Giudice, che sedete

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Per giudicar la verità, vi priego,

Alla mia insufficienza
Supplisca il vostro ingegno;
Fia di giustizia impegno,
Confirmar il sequestro, al solo effetto
Di conseguir la dote. Io pure ho detto.
Triticone. Dica pur quel vuole, io già l’ho vinta.
Giacinto. La mia sentenza udite:
Ascoltate le parti,
Giudicando a tenor della dimanda
Dell’eccellente domino Propizio,
Condanno Triticone
A Rosalba pagar tutta la dote,
E per la resistenza 28
Ch’egli mostrò di darla, ingiustamente,
In doppio lo condanno, e nelle spese.
Continuando il sequestro.
Triticone. A piano, a piano.
Mi condannate in doppio, e nelle spese?
Giacinto. Tal’è la mia sentenza.
Triticone. Rovinar mi volete.
Giacinto. Prendete, ed eseguir 29 voi la farete.
(s’alza e dà la carta a Rosalba
Triticone. Ah per pietà, signori,
Non siate sì crudeli.
Quest’è il mio precipizio.
Rosalba. Io non so cosa dir, quest’è il giudizio.
Giacinto. Mi fate compassione. (a Triticone
Signor Propizio, vi saria maniera
D’aggiustar sta faccenda?
Rosalba. Io non la veggo.
Triticone. Amico, siam tra noi.
Qui non v’è la cliente,
E m’impegno che lei non saprà niente.

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Dieci doppie vi dono,

Se aggiustar la volete in confidenza.
Rosalba. Io trovar il ripiego non saprei.
Giacinto. Rimettevi in me, signori miei.

Triticone. a due Io mi contento.
Rosalba.
Giacinto. Udite,

Ma no, voglio pensarvi.

Triticone. a due È di ragione.
Rosalba.
Triticone. Misero Triticone,

A qual passo ti guida
Un amoroso incanto?
Ahi, più non posso trattenere il pianto.

Mi cadon le lacrime
     Dal duolo terribile.
     Oibò, che vergogna!
     Mi vedono,
     M’osservano;
     Tenersi bisogna.
     Oimè il singhiozzo30,
     La tosse, la tosse.
     Non posso fiatar.
La lara, la lara,
     La lara, là là.
     Io finger vorrei,
     Ma il pianto negli occhi
     Non posso fermar.
               Mi cadon etc.

Rosalba. Signor, che avete mai?

Triticone. Eh niente, niente.
M’andò un po’ di tabacco dentro gli occhi.
Giacinto. Io l’ho trovata al fine.
Straccierem la sentenza:

[p. 119 modifica]
Faremo una scrittura, in cui si dica

Che il signor Triticone
Dà Rosalba per moglie
A Giacinto Verbani, e che gli assegna31
Per dote tutto quello
Che dal padre di lei gli fu lasciato.
Non va bene così?
Rosalba. Io mi contento.
Triticone. Ma per me non va bene.
Rosalba. Volerà la sentenza
Col doppio, e nelle spese.
Triticone. E questo è peggio.
Giacinto. Convien che rissolviate.
Rosalba. O la scrittura, o la sentenza.
Triticone. Or via,
Mi rissolvo segnar questa scrittura;
Ma saran poi contenti
Gli avversari di questo aggiustamento?
Giacinto. Per Giacinto m’impegno.
Rosalba. Io per Rosalba.
Triticone. La scrittura si faccia.
Giacinto. Ora la stendo.
Rosalba. Signor, ben lo sapete,
Promissio boni viri est obligatio.
Triticone. Prendete pur le doppie.
Rosalba. Io vi ringrazio.
Se poi dir lo voleste
Alla cliente mia, poco mi preme.
Mentre con lei le goderemo assieme.
Triticone. Siete un di que’ avvocati...
Rosalba. Olà tacete,
E la mia profession non offendete.

L’avvocato è necessario
     Per la robba.

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     Per la vita,
     Per la fama,
     Per chi regge.
     Senza lui, che val la legge?
     Lui l’espone al Tribunal.
Le menzogne pone in chiaro,
     E discopre i tradimenti.
     Gl’innocenti
     Esso difende,
     Perchè intende
     Qual’è il bene, e qual’è il mal.
               L’avvocato etc.

Giacinto. Eccovi la scrittura.

Via, signor Triticon, sottoscrivete.
Triticone. Triticon Ballonar, come di sopra.
Giacinto. Per Giacinto Verbani io la confermo.
Rosalba. Io per Rosalba Frangiador l’affermo.
Triticone. Ma non basta così.
Giacinto. Cosa vi vuole?
Triticone. Dev’esser sottoscritta
Di propria man dai due consorti ancora,
E valerà questa scrittura allora.
Giacinto. Desiate ancor questo?
Triticone. Certo, per mia cauzione.
Rosalba. Sarete sottisfatto.
Giacinto. Leggete questa firma, il tutto è fatto.
Triticone. Ma qui già non rimiro
Altra sottoscrizion, che le due vostre.

Giacinto. a due Appunto, Triticon, sono le nostre(si scoprono
Rosalba.
 

Triticone. Oh Ciel, che vedo mai?
Rosalba. Rosalba in me vedete.
Giacinto. In me Giacinto.
Triticone. Traditori, così.... Ma nulla vale
La sentenza, il giudizio; e la scrittura

[p. 121 modifica]
Perchè carpita fu, non ha valore.

Rosalba. Questa è la vostra man, signor tutore.
Giacinto. Se voi di vostra mano
La dote promettete,
Ritirarvi già più voi non potrete.
Triticone. Voi m’avete ingannato.
Rosalba. Ben io, s’a voi credevo,
Ingannata sarei. Con tante belle
Paroline melate
Acciecar mi volevi, e avermi in moglie.
La semplice così l’astuto coglie.
Giacinto. Io già colla scrittura
Dal giudice non finto ora mi porto;
E pensateci voi.
Triticone. No no, fermate.
Senza moltiplicar tant’altre spese,
E litigar ancora,
Tutta la dote vi darò in mal’ora.

Giacinto. a due Così dunque in allegria
Rosalba. Goderemo i giorni nostri.
Triticone.   Ladronaccio, brutta arpia,

  Di Cocito orrendi mostri.
Giacinto.   Così irato, ma perchè?
Rosalba.   Siete in collera con me?
Triticone.   Lasciatemi star, lasciatemi star.
Rosalba.   Bel vecchietto,
  Mio caro, caretto.
Triticone.   Ancora burlar? ancora burlar?
Giacinto.   Carta canta, e villan dorme,
  La scrittura parla chiaro.
  Triticon, che si puoi far?
Triticone.   Queste qui non son le forme
  Di venirmi a trapolar 32.

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Rosalba.   Signor mio, vi vuol pazienza,

  Siete vecchio, siete buono
  Solamente d’abbruciar33.
Triticone.   Quest’è troppa impertinenza,
  Non si puoi più sopportar.

Giacinto. a due Caro vecchietto,
Rosalba. Carino, caretto
  Tutta la barba

  Vi voglio pelar.
  Triticone.

Giacinto. a due Lasciamolo star.
Rosalba.



Fine della Terza ed Ultima Parte.


Note

  1. La prima parte corrisponde a quella delle edizioni Tevernin, Savioli, Zatta che abbiamo stampato a pp. 79-89.
  2. Nel testo si legge: tenir, forse per un ricordo dialettale (tegnir).
  3. Nel testo: gl’avete.
  4. Nel testo: Egl’è.
  5. Nel testo: dagl’occhi.
  6. Questo verso così si legge nel testo.
  7. Nel testo: quegl’occhi.
  8. Quest’ultimo verso è nella stampa attribuito a Rosalba, ma il suo nome è poi ripetuto in testa al verso che segue: La barba ecc. Dopo cor troviamo punto e virgola, dopo batticor il punto’. Forse si potrebbe leggere: "...Sentite il mio cor. — Rosalba. Che gran batticor! — La barba ecc.
  9. È stampato: ch’à. Forse è da leggersi: Ahi, ch’ a un braccio di neve ecc.
  10. Nel testo: ressister.
  11. Così è il verso, nel testo. Forse è de leggere: briccone.
  12. Nel testo: gl’ho.
  13. Nel testo: prodigiosa; e poi: addattarvi.
  14. Nel testo è stampato più volte bote (forma dialettale).
  15. Nel testo: fattela.
  16. Nel testo: creppa; e più sotto: essala e fatte.
  17. Nel testo: prestaggio.
  18. Nel testo: raggiono.
  19. Nel testo: fiaco.
  20. Sta per ci sente.
  21. Nel testo: diffender.
  22. Nel testo: sedeci.
  23. Così sempre nel testo.
  24. Nel testo: Appiano appiano.
  25. Forma semidialettale (vegneremo).
  26. Nel testo: spicchio.
  27. Nel testo: aricordo.
  28. Nel testo: ressistenza.
  29. Nel testo: essequir.
  30. Nel testo: singiozzo.
  31. Nel testo: gl’assegna.
  32. Nel testo: trapolar.
  33. Nel testo: abbracciar.