La scapigliatura e il 6 febbrajo/VI

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VI. Da galeotto a marinaro

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V VII


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CAPITOLO SESTO.



Da galeotto a marinaro.

Il pranzo Firmiani non fu molto allegro.

Noemi si sforzava di sorridere, or a questo, or a quel convitato, e di rispondere con garbo agli omaggi e alle domande che le venivano dirette da ogni parte; ma erano risposte tronche, e sorrisi a fior di labbro, che nascondevano a stento la preoccupazione dell’anima sua.

Finalmente Noemi diè la levata, e offerto il braccio, come il solito, al nonno, fe’ ritorno in sala, seguita da tutta la comitiva.

Noemi dopo il caffè si mise al pianoforte; la Firmiani si sedette presso al nonno.

— Dunque, signora Cristina, — sclamò il vecchio conte, col suo fare lusinghiero e minchionatorio — lo vediamo o non lo vediamo questo nipotino... questo pronipotino? [p. 110 modifica]

Cristina non mostrò d’essere molto meravigliata di quest’uscita del conte. Sorrise, crollando leggermente il capo, e rispose:

— Ah, caro nonno, a lei non si ponno nascondere certe cose. Ma bisogna pensare che dalla nascita del mio povero Lorenzino sono passati diciott’anni.

— Diciott’anni! — sclamò il vecchio, come se non lo sapesse — Il tuo Lorenzino avrebbe già diciott’anni?

— Pur troppo! — sclamò la Firmiani sottovoce — Sa lei, piuttosto, caro nonno, a chi deve fare quella raccomandazione?

— A Noemi, non è vero? — disse il nonno — Oh certo! Ma! Povera Noemi! è tanto gracile!

— Sicuro! — sclamò Cristina volgendo il capo verso di lei, che stava al pianoforte suonando un pezzo della Lucia — E se ho da dir io, da qualche tempo la trovo un po’ cambiata.

— Cambiata? Cambiata in che senso?

— Non saprei... Di faccia e forse anche un po’ di modi. È più pallida, e meno allegra d’una volta.

— Ah! — sclamò il nonno — pur troppo! Ella protesta di star bene, e di non aver nulla... ma, naturalmente, non c’è che suo marito che le creda... Del resto, — soggiunse socchiudendo gli occhi come soleva fare quando stava per dire qualche cosa di piccante — non mi darai ad intendere che ella non t’abbia già fatto le sue confidenze. Tu mi capisci. [p. 111 modifica]

— Confidenze di che sorta? — chiese Cristina per pigliar tempo.

Ella avea bisogno di studiare un po’ la condotta che le conveniva di tenere. Le poche parole dette dal nonno con una specie di indulgente indifferenza, contenevano in germe il segreto della trama ch’essa volgeva in cuore a danno di Noemi.

— Confidenze di infelicità... confidenze di donne... Via, Cristina, tu mi devi intendere a volo. Qualche cosa di diverso c’è nel cuore di Noemi; nessuno me lo leva dal capo... Ci vedo troppo. Non c’è che Emanuele che non capisce... non io. Del resto Noemi è troppo aperta per nascondere tutti i suoi sentimenti a un uomo che ha vissuto novant’anni come me... m’intendi?

La Firmiani guardò in viso al nonno con indicibile espressione di ingenuità.

Assolutamente quella donna era stata creata da Dio per entusiasmare il pubblico dal palco scenico d’un teatro.

All’udire il nonno parlare di ciò ch’ella avrebbe voluto insinuargli poco prima, e parlarne con tanta tolleranza, capì che bisognava voltar strada e cominciare a farsi un merito a’ suoi occhi col difendere sua cugina e mostrar buon cuore.

— Capisco; — rispose — ma io non credo menomamente che Noemi sia per mancare neppur in pensiero ai doveri che...

— Mancare! — interruppe il nonno parlando sempre sottovoce — Chi parla di mancare ai suoi do[p. 112 modifica]veri? Anche Emanuele, se si viene in discorso, non parla che di doveri coniugali, come se fossero azioni di strade ferrate o cartelle del prestito. Egli crede di essere un uomo positivo e non vive che di massime... Io non dico che Noemi stia menomamente per mancare in nessuna guisa... ma, principiis obsta, sero medicina paratur.

— Che vuol dire?

— Vuol dire, per bacco, di star attento in principio. Ora so che, fra donne, certe cose non si nascondono... e mi volgeva a te... capisci?... Se Noemi non fosse quella che è.... un po’ romantica... un po’ testa calda... non temerei... Sono uomo di mondo. Perchè, infine, se non ci pensa suo marito, non so come avrei a farmene io uno scrupolo... Ma essa è tale che se sfortunatamente dovesse pigliare una passione... guai a lei!... Ti pare? Che ne dici?

Cristina dovette risolversi, bisognava o fingere di non saper nulla, o svelare il segreto di Noemi. Ma quel vedere che il nonno mostrava più compassione che sdegno, la persuase a tenersi al primo partito.

Rispose però in modo che il nonno dovesse sospettare ch’ella non dicesse la verità.

Egli stette un po’ in silenzio, soprapensiero, poi soggiunse:

— Eppure io non m’inganno; ella ha qualche cosa, o per meglio dire, qualcuno pel capo...

— Oh che cosa dice, caro nonno? Dove la vuol mai che Noemi abbia potuto...? [p. 113 modifica]

— Ah! — interruppe il vecchio — in casa tua per esempio. È da qualche tempo che essa mi trascura un po’ alla sera per venire più spesso da te... L’è gelosia bell’e buona codesta che mi fa parlare...

La Firmiani si sforzò di ridere, per togliersi all’imbarazzo crescente di quel dialogo.

— Ti ripeto che io non ci penserei, se non temessi pel suo riposo, per la sua felicità... Se ella fosse soltanto come un’altra mia nipote che ha nome Cristina... per esempio...

Questa ruppe a rider di nuovo, a scroscio.

Il nonno continuava sottovoce:

— ... lascerei che pensasse ella stessa alla propria felicità. Ma Noemi è un’altra cosa; e la poverina mi ha già dato molti sintomi allarmanti...

— Le giuro, caro nonno, che...

— Zitta, non voglio che tu mi giuri nulla su queste cose. Capirai bene che io sono persuaso che tu, ancorchè sapessi tutto, non vorresti dirmi nulla. Ma nel caso che tu non sappia, ti prego, mettiti in guardia, e studia ogni mezzo di salvarla.

— Oh Dio! — sclamò Cristina — di salvarla? Ella dunque corre un vero pericolo?

Il Firmiani lanciò uno sguardo scrutatore in viso a Cristina che lo sostenne imperterrita.

— Dunque tu non ti sei proprio accorta di nulla? — sclamò egli quasi convinto.

— Ma in nome di Dio di che cosa?

— Oh! di che cosa ho parlato finora? — pro[p. 114 modifica]ruppe il nonno — Ascolta — continuò volgendo il pollice della mano verso il pianoforte da cui Noemi traeva suoni strazianti e tali che non possono uscire che dalle dita di donna innamorata. — Ascolta. L’hai tu udita mai suonare in questo modo? Credi tu che queste note sieno l’effetto dell’amore ch’ella porta a suo marito?

— Ah! la mi lasci dunque dire, caro nonno, che questa volta ella sogna ad occhi aperti. Noemi ha sempre suonato il cembalo perfettamente. E, quanto al resto, pretendo d’intendermene un po’ anch’io; tanto più che Noemi non mi ingannerebbe; e allora, come io le voglio tanto bene, sarei stata la prima a vegliare sopra di lei; così posso garantire che su questo argomento non c’è da temere... Sa piuttosto, caro nonno, che cosa la rende triste, da qualche tempo?... Il sapere che Emanuele giuoca disperatamente alla borsa...

— Oh non lo credo; — disse il nonno — Tanto più che Emanuele non giuoca disperatamente...

Cristina si morse le labbra e continuò con finto calore:

— E sopratutto, è il dolore di non poter avere un figlio...

— O questo sì. Povera Noemi! Ma non basta; e se non ne sai più di me, bisogna dire ch’ella non abbia lasciato trapelare nulla neppure a te...

— Oh guarda! — sclamò Cristina coll’aria più buona e compassionevole del mondo — perchè, caro nonno, vuol ella a tutti i costi farle questo torto? [p. 115 modifica]

— Che torto, che torto! S’ella avesse sciaguratamente a farsi un amante, il torto sarebbe più di qualchedun altro che di lei.

Sì dicendo, die’ un’occhiata al Dal Poggio, che stava gravemente discutendo i destini di Europa con Gerolamino.

— Dunque la crede, caro nonno, che Noemi abbia una ragione di non amarlo più suo marito?

Il vecchio cominciò per rispondere di no, crollando il capo. Era questo un moto fatto in lui abituale da un non so quale spirito di contraddizione e di sottigliezza, che gli dettava ogni risposta.

— Amare un altro uomo, — diss’egli sempre sottovoce — per una donna maritata non vuol sempre dire che ella non ami più suo marito, nè che suo marito meriti di non essere più amato. A te non farebbe bisogno di dirle, queste cose. I due amori sono d’una natura così diversa che possono benissimo star insieme, non dirò facendosi buona compagnia, ma senza prendersi pe’ capegli. La questione non è qui, del resto. La questione è di scoprire chi sia l’oggetto de’ suoi pensieri... e della sua malinconia.

Il dialogo fu interrotto dagli applausi che Noemi avea strappato dalle mani degli invitati; e per quella sera non fu punto ripreso.

Noemi levatasi sorridente e commossa, venne a baciar in fronte il buon vecchio che stava parlando di lei colla sua segreta nemica. [p. 116 modifica]

La Firmiani se non aveva accresciuto il sospetto del nonno, diminuito non glielo aveva di certo. Quantunque il buon vecchio non avesse in mente di farne parola al Dal Poggio, partiti che furono gli invitati, e rimasto solo con lui — mentre Noemi era uscita anch’essa dalla sala per accompagnare Cristina fino all’uscio — non potè a meno di sclamare con un po’ di malumore:

— Adesso Noemi andrà di fuori e si piglierà un colpo d’aria! Mi pare, Emanuele, che tu me la trascuri un po’ quella figliuola.

Era la prima volta dopo quattro anni che il nonno diceva al marito di sua nipote una frase che tenesse un po’ del rimprovero... A chiunque altri avrebbe fatto un po’ di senso. Al Dal Poggio, no. La natura lo aveva dotato di una intelligenza perfettamente in equilibrio col suo carattere.

— Non so che faccia tanto freddo, — rispose egli senza volgere il capo verso il vecchio — per temere quello che voi dite, caro nonno; del resto io non la trascuro menomamente.

— Se ti dico questo, — ripigliò il Firmiani quasi un po’ pentito di essersi lasciato sfuggir quella frase — non è già per farti un benchè minimo rimprovero...

— Lo credo perfettamente; non saprei di che cosa si potrebbe rimproverarmi...

— È solo, — continuò il vecchio — che mi par di capire che Noemi abbia bisogno di essere... un po’ più... soignèe..., che so io... un po’ più distratta... [p. 117 modifica]

— Distratta! — ripetè il Dal Poggio con una certa maraviglia — Distratta in che modo?

— Oh Dio! non saprei... così... come si distrae una donna che, secondo me, comincia a impensierirsi un pochino... Non trovi tu che ella sia diventata un po’ malinconica da qualche tempo in qua?

— Sarà forse, caro nonno, ma io nè me ne sono accorto, nè avrei avuto il tempo di accorgermene.

— Che diamine, nipote mio! So che tu dici, come gli Inglesi, che il tempo è denaro; ma per accorgersi di certe cose non fa bisogno di tempo, fa bisogno di occhi.

— Ed io vi ripeto, nonno, che gli occhi, mi avranno forse ingannato, ma non mi fecero accorto di nulla.

— Ebbene, ti dirò allora che io ho osservato in vece tua.

— Ma, — sclamò il Dal Poggio un po’ piccato — in tutti i casi io non ne avrei colpa...

— Ah! vedo che tu pigli la cosa diversamente da quello che m’intendo io...

— Tutt’altro; la piglio come merita di esser pigliata:... sul serio.

Il nonno crollò il capo quasi dispettosamente.

— Caro Emanuele, tu non puoi credere che io dal canto mio possa scherzare su una cosa che riguarda Noemi...

— Ma siccome so che di quando in quando vi piace di barzellettare!... Io non ho questo vantaggio...

— Dunque la quistione non era ben posata. Tu mi parlasti di colpa, come se io volessi farti un [p. 118 modifica]rimprovero... ciò che non è. Non si tratta di sapere se tu abbia colpa o no... si tratta che Noemi non è più come una volta; è impensierita;... ha perduto ogni allegria...

— Ma in tal caso non v’intendo. Che cosa volete che vi faccia io?

Il nonno cominciava a dimenarsi sulla sedia con impazienza.

— Caro Emanuele, in queste cose non si ponno dar ricette come per la febbre terzana o scarlattina. Mi pare però che volendo pigliarsi a cuore la cosa, mezzi non ne mancherebbero... a un marito...

— Ah caro nonno, voi finirete col farne un enfant gaté di mia moglie...

Il Firmiani atteggiò la fisonomia al sorriso, e sclamò:

— Eh! mio Emanuele, se non la è diventata finora sarà molto difficile che lo diventi nel tempo che mi resta a vivere... Del resto non è che io voglia farne un enfant gatè;... è che io l’amo come padre, tu come marito.

— Bene; non saprei che cosa ella potrebbe desiderare di più? — sclamò il Dal Poggio.

Il vecchio fece un gesto colle mani sui bracciuoli della sedia, come a dire: Questo è troppo, per esempio!

Ma dissimulando, seguitò:

— Siamo entrati nel cuore della quistione. Poniamo che Noemi desiderasse qualche cosa di più...

— Oh! ella non ha che a dirmelo. Quand’è ch’io [p. 119 modifica]le ho rifiutato ciò ch’ella mi mostrò desiderio di avere?

A questo punto l’impazienza del vecchio s’era cangiata in una specie di meraviglia.

— Ma spero bene, — disse — che avrai capito che non si tratta di cappellini o di palchi in teatro!...

— Allora non intendo ancora a che cosa vogliate venire, caro nonno.

— Dio mio! lo vedo; — sclamò questi — è una sfortuna che non ci possiamo intendere a prima vista... è una stranezza anche! Mi pare che non fosse così una volta. Dipende dalla diversità delle nostre opinioni in fatto di donne. Si può dire che abbiamo un modo di vedere al rovescio della nostra età rispettiva. Io, non so come, sono il giovine, tu sei il vecchio. Io parto dal principio della natura, tu parti dal principio dell’autorità e del dovere...

— Sarà forse così, giacchè avete trovato questa distinzione. Io non ho mai avuto la pretesa di essere un filosofo... io.

— Ma che cosa intendi tu per essere filosofo?

— Eh! che so io?... Frascherie!... Cose inutili!

— L’ho detto io che noi facciamo una figura assurda. Ascolta un po’, Emanuele; poniamo che Noemi... è un’ipotesi un po’ slanciata... ma poniamo che Noemi s’innamori...

— S’innamori di chi? — chiese Emanuele aggrottando le ciglia.

— Eh mio Dio! di chi? Dell’uomo che le toccasse il cuore... [p. 120 modifica]

— Impossibile! — disse il Dal Poggio — conosco troppo Noemi.

— Ma questa è una frase vecchia, mio caro Emanuele. In che maniera la conosci tu, Noemi, per dire che è impossibile ch’ella possa innamorarsi d’un altr’uomo...? Poc’anzi mi confessasti che non ti eri accorto ch’ella era malinconica e sopra pensiero. Su che cosa appoggi quella tua sicurezza? Mi farai un gran piacere se mi mostrerai di saperlo...

— Ma in verità, nonno, si direbbe che stasera...

— No, non si direbbe nulla! — interruppe il vecchio, vivace — Dimmi soltanto perchè credi impossibile che a Noemi non possa piacere qualche giovinotto... tra quelli che le fanno la corte?

— Oh per Dio santo! — gridò il Dal Poggio — perchè ella l’avrebbe a fare con me...

— Zitto! — disse il vecchio imperiosamente — noi alziamo troppo la voce. Orsù, Emanuele, ragioniamo senza scaldarci... come se si trattasse d’un’altra donna. La tua risposta non val nulla, come vedi: la ti è sfuggita dal fegato, non dal cuore. Noemi l’avrebbe a far con te, solo quando ella tradisse i suoi doveri di moglie. Ora capirai che dalla nostra ipotesi a quel punto c’è un abisso.

— Gli è, caro nonno, che io credo che il dovere di moglie cominci dal restar fedele a suo marito anche in pensieri.

— Ammetto. Ma allora non si può dire ch’essa debba aver a farla con suo marito. La giustizia umana per punire non va a scrutare l’intenzione della colpa, punisce la colpa quand’è commessa... [p. 121 modifica]

— Ah! in verità lasciatemelo dire, nonno, se io non conoscessi Noemi, dovrei temere che voi vogliate farmi capire qualche cosa di orribile.

— Mi pare d’aver detto che non parlavo nè di te, nè di Noemi; parlavo in generale...

— Dunque è una discussione che volete fare?

— Perchè no?

— Facciamola pure.

— Credi tu che il dovere basti sempre e in ogni caso a preservare dalla passione?

— Io sì lo credo. A me basta.

— Ecco l’errore. Alle donne non può, nè deve bastare.

— Alle donne perdute!

— No... alle donne che si perdono. Si chiama perduta la donna quando ha già mancato al dovere. Ma prima... quand’essa sta per cadere, e potrebbe essere salvata forse da una parola, da un filo...?

— Fantasticherie! — disse il Dal Poggio.

— Chi lo direbbe! — sclamò il nonno giungendo le mani — A novant’anni udirsi dire: fantasticherie da un uomo di quarantacinque. Chi lo direbbe!

— Io non vado a cercar cinque ruote in un carro; la mia morale non fa tante distinzioni. E in ciò la penso appunto come i filosofi antichi. La donna che tradisce i suoi doveri merita la morte. E anche il codice francese mi dà ragione, coll’impunità del marito che uccide l’adultera.

— Si vede, Emanuele, che hai studiato di legge, e che non puoi staccarti dall’idea della pena. Non [p. 122 modifica]parliamo di pena, perbacco! qui non c’è nessuno che la merita. Parliamo piuttosto dei modi di prevenirla.

— Prevenir la pena?

— O la colpa, che è lo stesso.

— Come! Ciò che previene la colpa è appunto la paura della pena.

— Soltanto?

— Non vedo altro.

— E l’educazione, e la persuasione, e l’amore...?

— Queste, caro nonno, le ho sempre credute utopie!

— Bene, ne parleremo poi. Adesso sento ch’ella ritorna; è inutile continuare.

Infatti si udì nella camera vicina approssimarsi il rumore che facevano i piccoli tacchi di Noemi sul pavimento.