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Lettera di G. F. a G. P.

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Giulio Foscolo

1835 Indice:Opere scelte di Ugo Foscolo I.djvu Lettere letteratura Lettera a G. P. Intestazione 9 giugno 2016 100% Lettere

Brevi cenni su la vita, la persona, il carattere e le opere di Ugo Foscolo Discorso sulla origine e sull'ufficio della letteratura


Questo testo fa parte della raccolta Scelte opere di Ugo Foscolo


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LETTERA

A G. P.

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NB. Questa lettera che noi riproduciamo con qualche correzione dell’autore, si trova inserita nel Num. CCXXXIII della Biblioteca Italiana pubblicato in Milano il 24 Giugno corrente anno 1835.



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«Cet homme célèbre eut à se reprocher quelques désordres dans sa vie privée; mais ses talens et ses malheurs sont des titres suffisans pour qu’ on les pardonne à sa mémoire».
Revue enciclopedique de Paris Octobre 1827. — Notices sur Ugo Foscolo.





Dopo la dolorosa perdita di Ugo mio fratello, fu per me un giorno di dolce consolazione quello in cui mi pervenne la notizia che avevate pubblicato la di lui vita, colla persuasione che aveste adempito con religiosa pietà il sacro dovere dell’amicizia.

Il mio cuore vi tributava i più caldi ringraziamenti, e provava una cara sensazione, pensando che un concittadino fosse finalmente sorto a far degna menzione di un uomo perseguitato ed afflitto in vita, e a placare il suo spirito, spargendo qualche fiore sulla sua tomba, e rendendo giustizia alla dignità, alla fermezza e [p. 4 modifica]alla virtù mostrata e mai meritamente ricompensata. E voi certamente eravate tale da disimpegnare con maestria l’intrapreso incarico. La lontananza in cui vivo dall’Italia, non mi permise prima d’ora di soddisfare all’ardente mio desiderio di conoscere l’opera vostra. Ma quale è stata la mia maraviglia e il mio dolore a un tempo, quando leggendola, scorsi che voi esagerando, o trasfigurando i fatti nella vita privata, presentate il vostro personaggio ora con colori atti a destare le risa, ora con quelli atti a destare il disprezzo per l’uomo che avevate in animo di onorare, e a cui l’amicizia, da quello che voi dite, vi legava da più e più anni! — Io non combatterò una verità filosofica, cioè che ogni cosa ha più aspetti dati dall’opinione dell’uomo che la contempla.

Sarebbe ingiustizia ed insania il voler che gli altri giudichino a norma dell’impressione che gli oggetti fanno su di noi stessi. L’onorevole canonico Riego, a quello che voi stesso narrate, e mille altri, stimavano ed amavano Ugo Foscolo con passione e tenerezza, e voi all’incontro non lasciate alcuna via e mezzo intento per renderlo oggetto di riso e di disprezzo: e ciò mi sembra naturale. — Non condannerò neppure il vostro giudizio erroneo e gratuito su fatti sui quali esistono mille prove [p. 5 modifica]legali e testimonianze di persone d’autorità e viventi sul conto della pretesa misteriosa sua origine, della quale sembra che voi vi prendiate tanto fastidio: non sugli errori di date, di circostanze e di luoghi, persino sul ritratto personale che fate di lui. Tutto ciò è in parte il prodotto dell’inscienza di cose che avete voluto regalare al pubblico con tono dittatorio, come infallibili, e in parte il prodotto di personale, forse da lungo tempo covata, inimicizia.

Anche ciò è coerente alla natura umana, e non mi sorprende. Ma non posso menarvi buona l’asserzione d’aver avuto, con lo scrivere questa vita, il desiderio d’onorare la memoria del vostro amico. Non è certo ufficio dell’amicizia il tacere la pietà filiale, l’amor fraterno, la costanza e fermezza nell’amistà, la compassione e generosità verso i miseri, e tante altre dolci qualità del cuore di cui abbondava Ugo Foscolo, e per cui si guadagnava l’affetto della gioventù e de’ buoni; e all’incontro il cercare e lo scomporre con rara maestria la parte brutta, contenuta in ogni mortale, per farla poi osservare col microscopio da’ presenti e futuri.

Non è neppure opera dello storico onesto e [p. 6 modifica]d’indole generosa il rivestire di ridicolo e il caricare di sarcasmi, d’invettive ed epiteti triviali l’uomo che, se ebbe i difetti comuni a mille de’ suoi simili, seppe però mantenersi puro ed incontaminato in mezzo alla corruzzione comune sino all’ultimo momento della sua vita, e possedeva tali virtù che ne’ suoi tempi e nelle circostanze in cui visse assai pochi avrebbero imitato. Ne convengono sinceramente gli stranieri, e ne convenite voi stesso in più luoghi dell’opera vostra, forse non tanto per amore della verità, quanto per insinuare poco dopo con maggior sicurezza nell’animo de’ vostri lettori il veleno del sarcasmo, dell’ironia e del ridicolo che volete inspirare per l’estinto amico. L’indegnazione, non dico dei parenti ed amici di Foscolo, ma di tutti gl’imparziali alla lettura del vostro libro, vi testificherà l’impressione che esso ha prodotto sull’animo de’ buoni. — Il vostro ingegno, la vostra istruzione ed il buon senso di cui ogni vostro simile è dotato contraddicono a ciò che volete farci credere, cioè che scrivendo la vita di Ugo Foscolo avete avuta l’intenzione di onorare la sua memoria. Che l’inimico ingrandisca ogni oggetto e lo falsifichi per abbattere il suo avversario, e presentarlo [p. 7 modifica]tale quale egli vuole che lo si consideri, è cosa comune; ma strana e quasi inaudita è quella che volendo onorare la memoria di un illustre ed infelice amico si studi e si lambicchi il cervello per presentarlo non solo moralmente, ma anche fisicamente, e perfino a detrimento della verità, nell’aspetto il più brutto e il più svantaggioso.

Tutti gli uomini hanno difetti e debolezze. — Lo storico che scrive per istruire i suoi simili deve rilevare anche la parte brutta del suo personaggio, io ne convengo, ma è egli perciò necessario di servirsi di similitudini abbiette, triviali e ridicole? È egli necessario perdersi in racconti veri o falsi che, non servendo nè alla storia nè a salutare esempio per gli altri, palesano soltanto il desiderio di erigere con ciò un monumento di vergogna a colui, la cui memoria si pretende di onorare e di fare amare?

Chi è colui che in vita non abbia avuti de’ casi disgraziati e fors’anche umilianti? Se si volesse indagare le particolarità d’ogni uomo con quella minutezza che impiegate intorno al vostro personaggio, credete voi che noi stessi non forniremmo argomento di risa e di pietà? — E se poi le debolezze nostre, [p. 8 modifica]che darebbero ampia materia di scherno a rigorosi censori, che forse non sono meglio di noi; si facessero conoscere pubblicamente e senza indulgenza da chi si dice nostro amico, e in un tempo in cui la muta tomba ci toglie ogni possibilità di difesa, che direste, e qual sarebbe la vostra opinione intorno ad un tal uomo?

Mi si dice che uno scrittore imparziale e spassionato stia raccogliendo esatte notizie per compilare la vita di Foscolo. Egli rileverà, spero, più minutamente gli errori in cui siete incorso, e il vero scopo che guidò in questa occasione la vostra penna.

Mi sia intanto permesso di toccare qualche punto dell’opera vostra, scritto o senza conoscenza di causa, o dettato da un sentimento diametralmente opposto a quello dell’amicizia che dite di professare all’estinto.

A che serve il racconto dell’aneddoto di Greham? Volete voi forse divertire il pubblico, volete voi fornire materia di riso a tanti malevoli e nemici di Foscolo a spese sue?

Lo spiacevole affronto sofferto da Foscolo in quest’occasione poteva esser fatto ad ognuno, solo mi duole che l’aggressore non abbia avuto il [p. 9 modifica]meritato gastigo nel luogo stesso dove esercitò la sua brutalità.

Voi però non contento di raccontare una storiella sulla quale la vera amicizia avrebbe steso volentieri un velo, vi servite anche nel comunicarla ai vostri lettori di abbiette e passionate similitudini ed espressioni.

Lo fate battere a Plate-couture, lo fate trattare da cavallo; considerate il giusto disprezzo che egli mostra per un tale avversario come bravata, e lo trattate da romanzescamente generoso per avere sparato in aria il colpo destinalo all’aggressore.

Il servirsi di parole ironiche ed insultanti, che sorprenderanno per avventura e divertiranno anche chi ama questo genere di scrivere o di parlare, per isfigurare e biasimare un’azione in se stessa bella e lodevole è arte facile, ma spregievole.

Alla pagina 12 dite, che per quello che udiste, quando eravate in Italia, il padre di Foscolo era un chirurgo di vascello al servizio della repubblica veneta.

Andrea Foscolo, padre di Ugo, non servì mai in qualità di chirurgo di vascello. Egli fu istruito nelle scienze, nella filosofia e nelle lingue antiche nell’università di Padova, [p. 10 modifica]dove in pari tempo si dedicò con successo allo studio della medicina.

Viaggiando egli, dopo i suoi studi, in Levante conobbe e sposò al Zante Diamante Spaty, vedova del nobil uomo Marco Serra. Morto suo padre Niccolò, che trovavasi a Spalatro in Dalmazia in qualità di medico e direttore degli spedali di quel luogo, si recò con la sua famiglia colà per assumere l’impiego paterno. Ugo allora aveva sei anni.

Alla pag. 27 fate credere al pubblico che Foscolo, dopo aver terminati i suoi studi ebbe per un momento il pensiero di abbracciare lo stato ecclesiastico. Io, come fratello e come quello che nelle particolarità della propria famiglia credo di essere il meglio informato, non ne intesi mai parlare nè da lui stesso, nè da sua madre, nè da una sua sorella soltanto di qualche anno minore e ancor vivente, nè credo che voi abbiate sentito far menzione di questa circostanza da persone degne di qualche fede.

Però questa vaga asserzione, fornendovi argomento onde far brillare anche qui la vostra pietà e indulgenza per l’amico, gli siete prodigo delle belle esclamazioni che vi suggerisce la vostra amicizia per lui. — Ma che [p. 11 modifica]prete, o che frate doveva egli riescire con quella violenza di passioni, con quel suo sfrenato carattere? Qual pulpito avrebbe potuto resistere a’ suoi scalpiti, a’ suoi gesti da ossesso? ecc. — E più oltre. — La fortuna, io credo, ci salvò da un nuovo don Fracasso o don Tempesta del Ricciardetto — .

Alla pagina 65 riportate un sonetto, dal quale tirate l’induzione che Foscolo perdesse nel triennio repubblicano un fratello suo maggiore, che questo suo fratello, da quello che avete inteso, avesse la sventura di por fine da sè alla sua vita, e che questa catastrofe di famiglia gli fornisse l’idea del suicidio del suo Jacopo Ortis.

Ugo era il primogenito de’ suoi fratelli, quindi non ne aveva dei maggiori, e Giovanni, terzogenito, di cui voi intendete di parlare, non si uccise, ma morì a Venezia nel 1801 d’infiammazione ai polmoni.

Alla pag. 59 fate che Foscolo prenda un violento amore per una giovine romana, che voi senza nominarla, disegnate chiaramente per Teresa M., poi alla pag. 60 soggiungete, che pare che questo suo amore fosse corrisposto ma rimanesse insoddisfatto per circostanze che si opposero all’onesta sua meta; che egli ostentò di [p. 12 modifica]non parlarne mai, ma che non gli si poteva menar buona questa dilicatezza, perchè in appresso la fece protagonista d’un Romanzo; che le circostanze erano finte; ma che si poteva facilmente rintracciare; e finite con profetica esclamazione e gratuita accusa. — Guai alla donna che si aspetta prudenza e discrezione da un amante poeta! Egli sarà segreto, impenetrabile con tutti i suoi amici, eccetto che col pubblico. O in un sonetto, o in un poema, o in una tragedia egli sfogherà i suoi ardori, non solo co’ suoi contemporanei, ma anche con tutti i secoli futuri. Così fece Foscolo. Compresse invano per alcun tempo, alla fine la sua passione traboccò e le diede sfogo in un abbozzo di romanzo, intitolato Lettere di due amanti. —

Quanto ingiusto e precipitato è mai, almeno riguardo a Foscolo, questo vostro giudizio!!! Se vera intimità vi avesse legato a lui e vi foste data la pena di conoscerlo meglio di quello che abbiate fatto, avreste certamente trovato ch’egli non solo non era d’indole di compromettere un essere come quello d’una Teresa dell’Ortis, ma neppure quelle donne il cui leggiero e capriccioso procedere l’addolorarono profondamente, e la cui condotta [p. 13 modifica]era il meno meritevole di riguardi e di delicatezza.

Lo stesso vostro errore e l’incertezza in cui molti si trovano ancora sulla vera Teresa dell’Ortis, e tant’altri fatti della sua vita privata, provano a sufficienza che assai pochi uomini illustri e comuni hanno più di lui ravvolto gli oggetti della loro passione in un più denso mistero.

Basterà, credo, per provarvi che Teresa M. non poteva essere il protagonista del suo romanzo, il farvi riflettere che essa venne da Roma a Milano nel 97 già maritata, e che Foscolo non la conobbe mai prima di questa epoca. E qui soggiungerò che gl’intimi di Ugo sanno aver egli amata veramente una signora allora fanciulla, chiamata Isabella R., nativa di Pisa, ed accasata a Firenze con L. B. Egli ne volle con lodevole delicatezza celare il nome sotto quello della sorella di lei Teresa.

Alla pagina 118 lo trattate da cascamorto, più schiamazzando che ragionando, cambiando forme a guisa di Proteo, eccessivamente vano, che per agevolare le sue conquiste, impiega ogni modo da pazzo da romanzi e da commedie.

Alla pagina 209, dimenticando che Foscolo ebbe non comune educazione, e che, vivendo [p. 14 modifica]fino dalla sua infanzia tra persone gentili, colte ed educate, aveva contratta l’abitudine di contenersi dappertutto come conviensi, lo presentate qual uomo selvaggio, la cui rozzezza era incompatibile con la buona società. — Come poteva la sua voce strillante, i suoi gesti di maniaco, le sue vampe d’ira, andar d’accordo coi modi freddi, pacati e gelati delle signore Inglesi? Come poteva egli esser tiranno fra gli uomini che non vogliono essere schiavi? Come poteva soddisfare il suo orgoglio con chi è inflessibilmente altero? Era dunque omai tempo che Foscolo si ritirasse nella sua grotta — .

Nel descrivere alla pagina 121 la sua figura v’allontanate dal vero, siete in manifesta contraddizione con quello che egli ci fa conoscere nel sonetto Solcata ho fronte ecc. che voi stesso rapportate nell’opera vostra come legal documento, e finalmente vi compiacete, contro l’opinione delle vostre belle compatriotte, d’assomigliarlo, con espressioni triviali e basse, All’Ente ch’è anello tra l’uomo e l’animale.

E per corroborare la vostra asserzione, fate nascete un duello con un suo amico per averlo confrontato con l’Ourangoutan — Se la [p. 15 modifica]memoria dei tratti e del colore del suo volto vi è uscita dalla mente, ciò che io stento a credere, perchè non vi atteneste alla sua stessa descrizione, perchè non ai ritratti che forse vi stanno tuttora sott’occhio? —

Voi gli date degli occhi piccini ed erano grandi; la carnagione rossigna ed era pallida traente al giallognolo, conseguenza dell’affezione al fegato, a cui andò quasi sempre soggetto; le labbra sottili e sporgenti in fuori a guisa di muso, ed erano anzi tumidissime, e niente affatto sporgenti in fuori. Il racconto poi del duello col gentiluomo danese, rapportato alla pag. 151, non è del tutto fedele, e sembra che voi non ne siate stato del tutto informato. Servendo io nel 1807 ne’ Dragoni della Guardia Reale, dimorava a Milano; e mi trovai in casa di Ugo Foscolo precisamente nel momento che egli ritornava dallo avuto duello. Il sig. Wolf non era danese, ma alsaziese di nascita, forniva in quell’epoca l’armata francese di viveri, e non la similitudine con l’Ourangoutan fu causa di quel duello, ma l’indiscrezione del Wolf, che parlava con poco riguardo di persona amica di Foscolo in presenza sua. Agli amici intimi di Ugo tuttora esistenti in Milano, è pienamente nota la [p. 16 modifica]verità di questo fatto. Di fatti come mai ad un gentiluomo danese, che sta tranquillamente pranzando sarebbe venuto in capo, fuori d’ogni proposito, di confrontare l’amico Foscolo che entra, con un Ourangoutan?

Se la cosa non è impossibile, essa almeno sembra molto improbabile. Alla pag. 66 dite che il celebre attore Blanes somigliava tanto a Foscolo nella voce rauca, ne’ capelli rossicci e ne’ tratti del viso, che molti volevano che egli fosse fratello naturale. Egli non chiarì mai questo dubbio. E anche qui parmi che voi siate in errore e in contraddizione ad un tempo: 1.° perchè Foscolo ben lontano d’aver la voce rauca, egli l’aveva forte, bella e sonora in modo da far possentemente risaltare tutto ciò che egli declamava o in pubblico, o fra pochi amici in privato; 2.° come combinerebbe la somiglianza di Foscolo con l’ente che è anello fra l’uomo e l’animale, e con quella di Blanes, tenuto generalmente per uomo di bellissimi tratti di volto? Finalmente come avreste desiderato ch’egli chiarisse il dubbio di coloro che tenevano Blanes per suo fratello naturale?

Il non far caso e il ridersi anzi d’un dubbio puerile, irreverente e privo d’ogni buon senso, per mille ragioni, non era cosa assai [p. 17 modifica]più ragionevole e saggia dello schiarimento di cui fate menzione? E avreste voi fatto altrimenti?

Alla pag. 64 dopo esservi maravigliato che Foscolo non cedesse a quel piacere e a quella vanità che quasi tutti abbiamo di parlare delle nostre famiglie, soggiungete, che se egli non facesse menzione della sua buona e benefica madre nel Iacopo Ortis si direbbe che fosse nato come un fungo o fosse un uomo caduto dal mondo della luna.

Perchè egli non ne parlasse mai con voi, non lo so, ma ch’egli ne facesse menzione, e ne scrivesse quando il caso si presentava, lo so io, lo sanno quegli che gli erano intimi e veramente amici, e ve lo proverà il seguente passo (fra mollissimi che potrei citarvene) di una sua lettera scritta da Londra il 15 settembre 1826 al sig. Dionisio Bulzo, quand’egli divisava di abbandonare l’Inghilterra, per andare a stabilirsi al Zante.

«Proverò con gli irrefragabili documenti degli archivi veneti, che la famiglia mia da molte generazioni in qua, fra molte sue vicissitudini, pur sempre si è preservato il diritto e il fatto di cittadinanza e di patriziato nelle Isole Jonie, e che parecchi de’ miei antenati discendenti da Marco Foscolo, [p. 18 modifica]senatore e congiunto di Leonardo, generalissimo nelle ultime guerre di Candia, sono nati e morti nelle isole. A genealogie sì fatte, delle quali non ho mai invanito, mi tocca oggi ricorrere, ed acquistarmi forse nome di vanaglorioso, da che pare che la mia fede di battesimo al Zante non basterebbe, e il fiat d’un colonnelluccio basterebbe a impedirmi di approdarvi.»

Non nato nè come un fungocaduto dal mondo della luna, egli non poteva che gloriarsi della sua origine assai più illustre di quello che voi lo supponiate, e che vi vada forse a genio. Modesto per natura non parlava volentieri e senza bisogno di alcuna circostanza della sua vita che sentisse di vanto o di millanteria.

Ma anche qui, accennando gli avuti duelli, trovate eccesso di modestia, esuberanza d’amor proprio, che gli faceva credere che i suoi trofei fossero già tanto palesi da non meritare ulteriore menzione. — Non ci ha merito nè vantaggio per l’uomo di lettere, forse in nessuna parte del mondo, il nascere da una o da un’altra famiglia. Gli uomini giudiziosi non apprezzano che il valore intrinseco della mente elevata, non ammirano ne’ loro simili che il genio creatore e fecondo: ma perchè figurare una verità di fatto? [p. 19 modifica]perchè negare la sua discendenza da un ramo dell’antica famiglia veneziana di Foscolo, quando la Storia, la Religione cattolica de’suoi padri e i documenti esistenti presso i suoi parenti lo comprovano? Vi sembra prova sufficiente per sostenere con tono d’infallibilità il contrario, l’esservi sconosciuta questa circostanza, o l’aver sentito altrimenti da persone egualmente inscienti dell’origine di Ugo Foscolo?

Volendo evitare lo scoglio degli errori, a cui va soggetto lo scrittore privo di sicure notizie sulle cose che è per descrivere, perchè non vi siete rivolto a quelli che avrebbero potuto illuminarvi su ogni circostanza riguardante i genitori di Ugo Foscolo, sull’epoca e motivi della emigrazione in Grecia di questo ramo della famiglia veneziana del Foscolo? Oppure avete creduto che la vostra opinione servirebbe di legge a quelli che vi leggerebbero?

Nè la lontananza in cui vivete dall’Italia vi può scusare della poca esattezza con cui avete trattato il vostro soggetto, 1. perchè la lontananza non è tale da impedirvi i mezzi onde conoscere con sicurezza i fatti che volevate raccontare; 2. perchè nella stessa Inghilterra, ove voi dimorate, ed ove Ugo Foscolo passò tanti anni della sua vita, voi potevate [p. 20 modifica]da molti amici di lui, non solo ottenere copiose notizie, ma anche procacciarvi l’esame delle tante carte lasciate da lui morendo all’ottimo canonico Riego, fra le quali avreste trovato autentici materiali per l’opera vostra; 3. perchè mancando di documenti necessari, e delle necessarie notizie per iscrivere delle storie, bisognava scrivere dei romanzi, i quali permettono impunemente libero campo alla nostra immaginazione, senza costringerci scrupolosamente alla verità.

E qui porrò fine a questa mia lettera, trascrivendovi un passo del discorso tenuto nell’Ateneo di Venezia dal professore de T... sulle opere di Ugo Foscolo.

«Forse a taluno sembreranno troppo severe queste nostre parole, ma non possiamo nascondere la giustissima indignazione da cui siamo stati penetrati alla lettura della vita di Ugo Foscolo dettata dal Pecchio.

Non già il desiderio di rendere qualche tributo di quella amicizia, che a lui per molti anni lo legò, e di adempire all’ufficio pietoso di un esule verso un altro esule, consigliò il Pecchio di scrivere, ma bensì la smania di far pompa di erudizione in digressioni così lunghe che occupano il posto principale del suo lavoro. E pazienza che [p. 21 modifica]fossero bene assestate, ma spesse volte riescono fredde, insulse e che più monta false.

E perchè non si creda che noi parliamo a caso, leggasi ciò che sta scritto a faccia 253; ove, dopo aver descritta la morte di Foscolo, fa un parallelo tra questa e quella di Vincenzo Monti, e non si potrà a meno di confessare che maggiori assurdità e più insolenti bugie non potevano certamente escire dalla penna di un oltramontano.»

Milano, il 10 maggio 1835.

G. F.