Melmoth o l'uomo errante/Volume II/Capitolo II

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Charles Robert Maturin - Melmoth o l'uomo errante (1820)
Traduzione dall'inglese di Anonimo (1842)
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CAPITOLO II.


La memoria non mi rammemora con esattezza, se non un intervallo di una sofferenza indescrivibile; se non un suono confuso che orribilmente percosse le mie orecchie. Perdetti affatto ogni sentimento, e passò un tempo considerevole durante il quale mi risovviene solamente d’aver ricusato ogni sostentamento, d’aver resistito agli sforzi di quelli che volevano farmi cambiare di luogo, ma tutti questi non erano che deboli e [p. 19 modifica]vani tentativi di un uomo, che non era più in istato di lasciarsi guidare dalla ragione. Da quanto ho potuto raccogliere in seguito, confrontando alcune date potei scoprire, che rimasi almeno quattro mesi in quello stato. In questo intervallo di tempo si fecero molti cambiamenti nella mia situazione, ma senza che io vi prendessi alcuna parte. Ciò non ostante mi ricordo perfettamente, che un giorno riacquistai ad un tratto i miei sensi e la ragione, e mi ritrovai in un luogo, che io esaminai col massimo stupore e con la più viva curiosità. La mia memoria non mi tormentava guari; nè mi venne in pensiero di dimandare per qual ragione ivi mi ritrovassi nè cosa aveva sofferto prima di arrivarvi. Il ritorno della mia ragione si faceva grado a grado, e per fortuna la memoria si fece attendere lungo tempo; i sensi furono i primi a tenermi occupato.

Io era in un letto non molto differente da quello che possedeva nella mia cella, ma l’appartamento che io abitava non rassomigliava in conto [p. 20 modifica]alcuno a quello che io abitava nel convento desso era un poco più grande ed il pavimento ricoperto di una stuoia; tutti i mobili consisteva no in un letto, un grossolano tavolino, una lucerna ed una brocca d’acqua. La camera era senza finestre. La porta era guarnita di grossi bottoni di ferro i quali indicavano, che era ben chiusa. Mi alzai a sedere sul letto, e diedi un’occhiata all’intorno con la inquietudine di un uomo, il quale abbia timore, che il piccolo movimento che faccia, gli dissipi l’incantesimo o lo faccia ricadere nella oscurità. In quell’istante la rimembranza del passato venne ad assalirmi come un colpo di fulmine. Mandai un grido, e ricaddi sul letto, spaventato bensì, ma in pieno mio conoscimento. Mi risovvenni all’istante di tutti gli avvenimenti, dei quali io era stato testimone, e con una intensità, che non poteva esser vinta se non dalla realtà: la mia fuga, la mia liberazione, la disperazione mia, tutto mi si rinfacciava al pensiero, e mi parve di sentire [p. 21 modifica]l’abbraccio di Giovanni, credetti vedere il suo sangue colare sopra di me, vidi gli occhi di lui rivolgersi un’altra volta verso di me prima di chiudersi per sempre, e gettai un nuovo grido, quale forse non erasi mai sentito in quelle mura.

Al grido che feci un individuo entrò nella mia camera. Era egli vestito in una foggia che io non aveva ancora veduta ed a forza di cenni mi fece intendere che dovessi guardare il silenzio. Io lo contemplava senza aprir bocca, e la mia maraviglia ebbe tutto l’aspetto d’un apparente sommissione agli ordini suoi. Egli si ritirò, ed io cominciai a pensar meco stesso, dove mai fossi. Non era ancora uscito da quella mia meditazione profonda quando il medesimo individuo rientrò. Egli posò sulla tavola una porzione di carne, del pane e del vino; quindi mi fece segno di approssimarmi. Obbedii macchinalmente, e quando fui assiso, egli mi disse all’orecchio, che la situazione in cui era stato finora aveami renduto incapace di essere informato delle [p. 22 modifica]regole del luogo ove io era, e che perciò egli aveva differito ad istruirmene; ma che al presente era obbligato di prevenirmi, che la mia voce non doveva mai elevarsi al di là del tuono col quale egli allora mi parlava; come pure grida, le esclamazioni di ogni genere sarebbero state severamente punite come una infrazione delle leggi inviolabili del luogo. Io gli ripetei più volte: Ove sono io? Che luogo è egli questo? Che significano questi misteriosi regolamenti? Ma per tutta risposta non ricevetti, che queste poche parole: Il mio dovere è di comunicare gli ordini, che ricevo e non di rispondere a delle interrogazioni. Ciò detto partì.

Per quanto straordinarie mi sembrassero coteste ingiunzioni, erano elleno sì imponenti e perentorie, tanto simili al linguaggio di un sistema assoluto e da molto tempo stabilito, che l’obbedienza mi parve indispensabile. Mi gettai sul letto ripetendo tra me medesimo: ove sono? fino a che il sonno mi sorprese. [p. 23 modifica]

Dicono che il sonno della convalescenza è profondo; il mio però fu turbato da sogni molto inquieti. Mi pareva di esser tuttora nel convento, spiegava il secondo libro di Virgilio e leggeva il passo ove Ettore comparisce in sogno ad Enea. Ad un tratto immaginai che Ettore, e il mio fratello Giovanni fossero la medesima persona; egli mi esortava a fuggire e quindi disparve; io vedeva intorno a me i palazzi troiani in preda delle fiamme. In quel momento mi destai.

È una cosa molto sorprendente, signore, che l’anima ed i sensi possano continuare ad agire durante il sonno, quantunque la loro azione sia apparentemente sospesa, come pure che le immagini, che dessi ci presentano siano più vive che non sarebbero, se fossero vere e reali. Mi risvegliai, come vi ho detto, coll’idea di essere attorniato dalle fiamme, e non vidi che una debole luce molto vicina bensì agli occhi miei, ma che appena gli ebbi aperti, disparve. La persona che teneva il lume lo cuoprì [p. 24 modifica]per un momento; poscia si avanzỏ di nuovo verso di me, ed io riconobbi il compagno della mia fuga. Tutto ciò che era seguito l’ultima volta, che ci eravamo veduti si rinfacciò ad un tratto alla mia memoria. Mi alzai con un soprassalto ed esclamai: Siamo nei liberi? Zitto!... un di noi è libero, ma noi non dobbiamo parlare con voce tanto alta. — Mi è stato già detto, ma non so comprendere il motivo di questo misterioso silenzio. Se sono libero, ditemelo, e ditemi ancora se Giovanni sopravvisse a quel terribile momento.... La mia ragione è appena ritornata; ditemi come sta Giovanni. — Oh! benissimo. Non vi ha principe che riposi sotto un baldacchino più sontuoso. Desso è sorretto da colonne di marmo, ove sono delle bandiere, che sventolano e delle penne di una grande magnificenza. Vi era ancora della musica, ma non pare che egli ci facesse attenzione. Egli era adagiato sul velluto e sull’oro; eppure rimaneva insensibile a tanta pompa. Sulle scolorate labbra gli stava il sorriso dello [p. 25 modifica]sdegno; egli fu assai fiero durante il corso della sua vita. Durante il corso della vita? è morto egli dunque? E ne potete voi dubitare, poichè sapete da chi si è partito il colpo? Nessuna delle mie vittime mi ha data mai la pena di tirarne un secondo. Voi! voi!.... Per alcuni istanti mi sembrò di esser come in mezzo ad un mare di fiamme e di sangue. Ricaddi nella primiera demenza, e mi ricordo solamente di aver pronunziato su di lui delle maledizioni senza numero ed alle quali non avrei posto termine, se egli non mi avesse obbligato a tacere per mezzo di uno scoppio di risa, che le assorbì. Alzai gli occhi credendo di vedere tutt’altro; ma era sempre lo stesso oggetto.

Vi immaginaste dunque, che la vostra temerità avrebbe fatto addormentare chi, anco lontano da voi, invigilava sulla vostra condotta? Due giovani, l’uno timido, l’altro temerario, ambedue imprudenti, avevano dunque pensato di esser degni avversarii di un uomo ammaestrato [p. 26 modifica]dall’età e dalla esperienza? Voi pretendere di fuggire impunemente da un chiostro? E proseguì per lungo tempo sullo stesso tuono adducendomi tutte le ragioni che dovevano impedirmi dal riuscire nella mia impresa, con una energia e volubilità inconcepibile. Indarno io mi sforzava a seguirlo o comprenderlo. La prima idea, che mi si affacciò fu che egli forse non era quello, che mi pareva, e non fosse il compagno della mia fuga quegli, che allora mi dirigeva la parola. Chiamai in mio soccorso tutto il rimanente della mia ragione per assicurarmene; sapeva che un piccol numero d’interrogazioni sarebbe sufficiente, purchè avessi la forza di farle. E non foste voi, gli dissi, l’agente della mia fuga? Non foste voi la persona che?.... Che vi indusse a quel primo passo, del cui cattivo successo sembra ora meniate tanto trionfo? — Una promessa di denaro. — E voi mi avete tradito e vi gloriate del tradimento vostro? — Chi vi ha a ciò impegnato? — Una ricompensa più ampia e più [p. 27 modifica]generosa. Vostro fratello non mi aveva promessa che una quantità d’oro determinata, laddove chi mi ha dato l’incarico di toglierlo di vita mi ha promessa una somma maggiore e la impunità di tutti i miei delitti. — E ciò con un tradimento, con un assassinio. — Tradimento ed assassinio! Siate un poco più ragionevole. E non è più vile il tradimento vostro? Voi avete voluto rompere de’ voti, che avevate fatti alla presenza di Dio e degli uomini. Avete allontanato vostro fratello da’ suoi doveri verso i suoi e vostri genitori, avete partecipato agli intrighi, che egli ordì contro la santità di una instituzione monastica, ed avete il coraggio di parlare di tradimento! Non avete voi eziandio e con durezza di coscienza senza esempio cercato di sedurre un vostro confratello ed unicamente per salvar voi! No, non v’ha sulla terra un traditore più infame di voi. Io so di esser un parricida: ho assassinato mio padre; ma egli non sentì il colpo: non lo sentii neppur io perchè inebriato dal vino, dalla collera, dal [p. 28 modifica]sangue, non importa di chi; ma voi, voi avete premeditatamente scagliato il colpo sul cuore di vostro padre, di madre vostra. Voi li avete voluti uccidere con consiglio determinato. Chi di noi è più crudele assassino? e voi avete il coraggio di parlare di assassinio e di tradimento! Io in vostro confronto sono tanto innocente quanto esserlo puote un bambino lattante. I vostri genitori si sono separati. La vostra genitrice è andata a rinserrarsi in un monastero per nascondere la disperazione e l’onta che prova della vostra snaturata condotta. Il vostro genitore si dà alternativamente in braccio della voluttà e della penitenza, ugualmente infelice e nell’una e nell’altra. Vostro fratello, voi lo sapete, e perito mentre cercava di salvarvi; voi avete sparsa la desolazione in una famiglia intiera; avete portato il colpo mortale alla pace ed alla felicità di ciascuno de’ suoi membri; e voi osate parlare di tradimento e di assassinio!

Io era talmente rimasto oppresso alle notizie, che egli mi aveva date [p. 29 modifica]intorno alla mia famiglia, che non sapeva più cosa mi dicessi; finalmente esclamai: Giovanni dunque è morto? voi foste il suo assassino? Voi! Io credo a tutto ciò, che mi avete detto; sono senza dubbio molto colpevole; ma Giovanni è morto? Io stava aspettando la sua risposta; egli non rispose; ma quel diabolico silenzio parlò bastantemente. Quindi continuai a dirgli. E mia madre si è ritirata in un convento? (Egli fece un segno col capo.) E il mio genitore?... Sorrise egli allora, ed io chiusi gli occhi, perchè avrei tutto potuto sopportare fuori di vederlo sorridere. Non gli dissi più nulla, e solo mi contentai di dargli un’occhiata.

Non vi ha rimprovero più amaro del silenzio, perchè sembra che esso rimandi il colpevole alla disamina del proprio cuore, la cui eloquenza non manca quasi mai di riempierne la lacuna in una maniera poco soddisfacente per l’accusato. Il mio sguardo dunque gli cagionò una stizza tale, che non credo, le più dure invettive suscitare gliene avessero [p. 30 modifica]potuta una maggiore. Egli tradì i suoi sentimenti con la violenza delle esclamazioni, e profittando di un silenzio, che io non aveva nè la forza nè il desiderio di rompere, continuò per più d’un quarto d’ora a vomitare le più orribili bestemmie, che io avessi sentito pronunziare. Il poco che potei comprendere da’ suoi empii discorsi fu, che egli non avendo speranza di ottanere da Dio il perdono delle sue scelleraggini e non avendo neppure la volontà d’implorarlo, confidava di poter rendere meno orribili le sue pene nell’altra vita col trascinare altri individui a commetter delitti, che avessero in certo modo pareggiati i suoi.

Nudrito da una tale speranza, mi disse egli alla fine, io finsi di concorrere nel piano che vostro fratello aveva immaginato..... A queste parole la mia attenzione si risvegliò, sentii che il suo discorso andava acquistando un grado d’interesse, che non aveva avuto finora; egli continuò, ma vostro zio era istruito di tutte le minute particolarità di mano in mano [p. 31 modifica]che venivano a me comunicate. Nutrito da tale speranza passai la fatal giornata in vostra compagnia nel sotterraneo: ma in tutto quel tempo io non cessava di portare la destra al mio seno per ivi cercare il pugnale, che mi era stato consegnato pel fine, che io ho bene adempiuto. In quanto a voi siete ora meglio collocato nella dimora presente, dalla quale non ci sarà pericolo, che possiate più uscire. — Ma, e dove son’io? — Voi siete.... nelle prigioni della inquisizione....