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Prediche volgari/Predica XXXI

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Predica XXXI

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Indice vol. II Predica XXXII

[p. 1 modifica]PREDICHE VOLGARI DI SAN BERNARDINO. XXXI. Come si de’perseverare insino al fine chi vuole avere la corona. Qui autem perseveraverit usque in finem, hic saìvus erit. (Matthei^ X eap. ). Dilettissimi, le parole prealegate so’di Matteo al decimo capitolo; e in sentenzia volgare dicono così: — Colui il quale perseverarà insino a la fine, costui sarà salvo. — Chi insino a la fine perseverarà, in vita e- terna n’andarà. E io v’avevo impromesso ieri di predicarvi stamane d’ un’ altra materia, [che io non vi predicarò]* per paura che ’l tempo non ci levi dal Campo/ Distingue tempora.^ et concordabis scripiuras: — Distingue i tempi,^ e concordarai le scritture. — E bench’ io vi lassi quella materia che era bellissima e utile, nondimeno questa sarà utilissima a coloro che ci sono; e però io dirò a quelli 1 Le paiole che sono tra parentesi, richieste dalla sintassi; mancano al nostro Testo soltanto. ^ Cioè, dalla Piazza detta del Campo. 3 II Cod. Sen. 6, il iempo. PRED. VOLG. DI S. BERNARDINO - Vol. IID 1 [p. 2 modifica] che ci so’, che è cosa necessaria; e quello che àrei detto, arei detto a quelli che non ci so’. Elli si dice: sopientis est mutare propositum: — Elli è senno alcuna volta di mutarsi di proposito. — Oltre: a le mani. Tre perseve* ranzie si possono vedere de le prealegate parole: La prima, intelligenzia in sapere. Siconda, in volontà, in volere. Terza, in facultà, in potere. Qui autem perseveraverli usque in finem^ cioè che sappi far bene e vogli far bene e possa far bene, hic salvus erit^ colui sarà salvo. Elli ci conviene ved»-ìre uno testo scu’itto, ad lideram accordandosi col Vangiolista; e però intendelo e imparalo. Guarda Giovanni ne la su’Apoca- lipsa al ij cap. a la quarta Chiesa, che dice così: Qui vicerit^ et custodierit usque in fìnem opera mea, dabo UH po- testatem super genteSy et reget eas in virgaferrea-^ et tamquam vas ftguli Gonfringentur sicut et ego accepi a Patre meo^ et dabo illi stellam matutinam. In volgare dice così: —Colui che vincerà, e guardarà insino a la fine 1’ opera mia, cioè i miei comandamenti, io gli darò potenzia sopra a le genti, e reggiaragli in verga di ferro (tu sai che la verga del ferro è infressibile e sta ritta) e saranno rotti come vasi di flgolo, cioè come vasi di terra, come i’ho ricevuto dal mio Padre, e darò a loro la stella mattutina. — Come dice el Vangelista, così simile s’ acorda costui, cioè el sapere, el volere e ’l potere. Prima, al potere, perseverante giustizia. Sicondo, al volere bisogna perseverante bontà. Terzo, al sapere bisogna perseverante verità. A potere, giustizia; al volerò, bontà,* a sapere, ve- rità. Prima, al potere, la giustizia: bisognaci sapere e fare due cose: la prima, fare il bene; la siconda, lassare il male. E che ti pare che sia altro la giustizia, se non [p. 3 modifica] fare il bene e odiare il mede? Odelo; declina a malo ^ et fac bomm^: — Farteli dal male, e fa’ il bene. — Vediamo prima V odio che V uomo die avere al fare male. Diqe Giovanni: — Qui vicerit: — Colui che ara vittoria contra al mal fare. — Fermianci qui, chè ci è buono stare, con tutto che ci sia vento. Vediamo che cosa è vittoria. Victoria spiritualis est effectus perseveraniis gratiae: — La vittoria è una grazia spirituale con effetto perseverante; — cioè perseverante in fino al pònto de la morte. B questa è la vera vittoria. Tutte le virtù le quali tu puoi nominare, tutte possono avere fine, ma a la perseveranzia non v’ ha fine. Vede s’ io dico il vero. Che ti può fare la fede? Puoti fare combattere insino a la tua fine, ma non ti può però fare avere vittoria. La speranza, similemente la carità che è così magna e per- fetta virtù, anco può avere fine, e nella fine non arai vittoria. Così simile la pazienzia: potrai avere pazien- zia, e verrà la fine, e pure alla fine non arai vitto- ria. La prudenzia:® anco vi trovarai fine, nè anco vi drovarai Vittorio. Nella temperanzia anco v’ è la fine, e ne la fine non trovarai vittoria. Tutte queste virtù che io t’ ho nominate, e se più se ne nominasse, non ne tro- varai ninna, se non solo la perseveranzia, che in fine abbi vittoria. Che ti vale la fede, se tu ti rompi in mezzo? Nulla. Che ti vale la speranza, se in mezzo ella -ti manca? Che ti puole valere la carità, se tu ti rompi a la fine tua?^ Così dico della prudenzia. La pazienzia, la temperanzia, la fortezza, la giustizia nulla ti possono valere, se tu ti rompi in mezzo: non possono valere se 1 Salmo XXXvj vers. 24. 2 Sottinteso: potrai avere. 3 II Cod. Sen. 6: se tu ti rompi innanzi a la pne tua? E simil .mente il Cod, Pah [p. 4 modifica] non si ha la perseveranzia. Q^ui perseveraverit: — Colui che perseveuarà, ara la vittoria. — E pero vo’ dire così: — se tu frate Bernardino.... (io vo^ dire a me) se tu frate Bernardino vivi cento anni ancora, e facci sempre bene insino a la fine del tuo termine, e quando Panima si parte dal corpo in su quel punto tu ti rompi, tu non hai fatto nulla. Io ti dico: se sempre tu arai fatto bene, e in sul quel ponto tu hai uno pecato mortale e con esso muori, a casa calda te ne vai. In uno punto solo de la tua vita tu ti rompi, tu hai perduto tutto il tempo che tu hai fatto bene. — Or volta mano: poich’ io ho detto a me, ora vo’ dire a voi: andarà ora a contrario. Se uno cittadino o altra persona che si sia, fa sempre mai malCy mai non fa altro che pericoli quanti e’ ne può fare, dico che è più malagevole il tuo salvarti, che non è il mio. Attende bene. Se egli è pericolo a chi fa bene a potersi salvare, che pericolo debba essere di colui che non fa mai altro che male? E però dico così: che se gli Apo- stoli i quali fecero tanto bene tutta la vita loro, se a la fine eglino si fussero rotti, tutti sarebbero iti a casa del diavolo. Or pensa tu ora di chi mal vive, come e’ farà male! Or io torno a casa. Dico che la vittoria è perseve- rante grazia, e non si contiene solo in abbandonare il male, ma ancora in fare il bene. Qui vicerit, dice Gio- vanni. E ’l Vangiolista dice: Qui autem perseveraverit usque in Jìnem^ salvus erit: — Colui che vinciarà il male e perse verarà in sino a la fine ne le virtù e farà bene y. colui sarà salvo. — Doli, impara una figura che è al sesto cap. di losuè. losuè aveva posto il campo a lerico, e avevaio assediato, e non potendolo avere, apparve uno angiolo a losuè in forma d’ uno uomo con uno col- tello in mano, e dissegli: — tu hai assediato lerico: le [p. 5 modifica] mura de la città so’ forti e so’ bene guardate, e la gente v’ è dentro forte, sì che tu non hai fatto nulla. Se vuoi avere vittoria, e’ti conviene fare così: scalzati, però che questo luogo è santó; e fate che voi andiate sei dì d’intorno a lerico, ogni dì una volta. E1 settimo dì abbi sette preti con sette trombe in mano, portando r arca. E1 campo de la gente armata andava innanzi, e V avanzo de la gente andava dietro a 1’ arca. Infine le mura di lerico cadaranno, e voi entrarete dentro et ar- daretelo, e saccomanarete tutta la robba che voi vi tro- varete. — E così fecero, et ebbero la vittoria. Misteriol Chi è losuè? È Tanima che cerca d’avere vittoria, e lerico è la vita mondana e viziosa, contraria a la salute dell’anima. L’an- giolo si è la spirazione che noi aviamo buona, che ci dice: — scalzati, chè questo è luogo santo. — A volere andare a vita eterna, scalza i pici, cioè scalzati dagli affetti * *; chè r andare nostro è o in bene o in male. Se hai r affetto a Dio, tu camini a Dio: se hai l’affetto al male, camini al diavolo. Le scarpe sono i beni mortali, come ^ai, chè sono di bestia morta: so’ di quoio. Così sono anco le calze solate. Scalzateli, scalzateli! Non istar mai calzato con questo affetto! Vedi tu: a questi vostri Consigli che voi fate, mai non si converebbe che voi V andaste altro che scalzi — Oh, ella sarebbe la buona usanza! — Dice colui: — Oh, vorrebbe essere di state! — Io tei confesso; ma e’ sarebbe buono così di verno come di state. Io ti dico che quando tu vi vai, che tu ti scalzi dalli affetti ambiziosi; chè con quelli calzamenti tu. non arai mài bene. Poi che tu ti se’ scalzato, va’ d’in- 1 Qui e dove questa ’paróla ricorre, i Codd. leggono sempre, e-ffetti. 1 Continua la,metafora: vuol dire immuni da ogni passione, da ogni tmalo affetto, come a,ppresso dichiara. [p. 6 modifica] torno a lerico; va’ intorno a questi beni del mondo mentre che tu ci stai. Poi fa’ che tu abbi sette preti con sette trombette, coll’arca innanzi di Dio. Hai tu po- sto mente a quello che fa la trombetta? Trombetti, èc- cene ninno? Tu vedi che quando il fiato entra nella trombetta, e’ non si sente; ma quando e’ n’ esce, non fa così; anco fa all’ escire un grande busso. Dimostrasi ne la vita nostra: (^aia transit miindus et concupiscenfia elusi ‘ — Perchè elli passa il mondo e le sue concupi- scenzle. — E’ sette preti significano e’ sette doni de lo Spirito Santo, e’ quali tu puoi ricévare essendoti scalzato da questi affetti mondani; e’ quali doni gli trovarai in Isaia air xj cap: Requieseet super eum spiritus Domìni ^spi- ritus sapientiae et intellectus^ spiritus consilii et fortitudinis, spirihis scientiae et pietatis, et repJebit eum spiritus timoris Domini: sette doni che so’ dati a coloro che vogliono ben vfvare, seguitando le virtù. A noi ci conviene an- dare in su, a volere andare a lui; come lui cominciò di sopra e venne in giù; chè ci bisogna prima spiritus ti- moris Domini: lo spirito de la sapienzia. Come disse Da- vit: Initium sapientiae timor Domini^: — E1 principio della sapienzia è el timore di Dio. — E noi cominciamo col timore; e questo è il dono che noi riceviamo prima: del quale dice Anseimo in Libro similitudinum: Quia principium timoris est recordium inferni. Or vede s’ io dico vero. 0 donna, quando tu ti cuoci il dito, come tu senti quella pena, subito tu ti ricordi di casa calda, pensando:: — oh che pena die essere quella, a stare tutto sempre nel fuoco! — Così quando tu ti pógni il dito colFaco, e tui ti ricordi de le ponture de li scarpioni che so’in quello 1 Epist. seconda dell’ ap. Giovanni,, cap’ ij,. vers- 17;.e nella Volg’ata. dice: Et mundus transit ec\ 2 Salmo ex, v- 10. [p. 7 modifica] luogo, martoriando V anime dannate. Così quando ti viene fumo agli ochi, e tu ti ricordi del fumo de Io in- ferno. Così quando tu senti una puzza o qualunque al- tra cosa si sia dispiacevole, allora tu ti ricordi dello inferno, e hàne timore e paura. E questa è una tromba; e da questo vieni al sicondo. EI sicondo dono che ti viene, poi che tu hai questo del timore di Dio, si è el dono della piata, però cheta hai piata di te medesimo di non andare nello inferno, e guarditi di Jion andare nello inferno, e guarditi di non fare quelle cose per le quali vi si capita; e questa è la siconda tromba. Poi che tu hai questi due doni, e tu pervieni al terzo, cioè che tu divieni sperto di sapere quello che ti conviene fare. Come fa colui che va per una via pau- rosa, dove si dubita di mascalzoni o d’altre persone che possono fare danno ad altrui: che se fusse bene una via piena di viottoli, elli la impararà sì bene, che mai non andarà se non dritto dritto: non si vollarà mai, perchè de* viottoli vi sieno^a^ai; e perchè elli ha paura di smarrirsi, elli va procurando tanto attentamente, che e’non è nè mac- chia nè via nè viottolo, che elli non cognosca; e per questo elli diventa tanto sperto, che quasi va senza alcuna paura. Se elli non avesse avuto questi due doni di prima, cioè il timore e la piata, sarebbe andato ardito, non procurando a nulla, e non àrebbe mai imparata questa via, essendo andato a capo alto, che non si sa- rebbe curato donde egli s’andasse. E perchè ebbe il ti- more de la pena e adivenne piatoso di sè, per non capitar male giógne a questo terzo, cioè di cognoscere e guar- darsi da quello che ’l può for mal capitare. E hai il dono de la scienzia; e questa è la terza tromba. Da que- sti doni si perviene poi all’ altro: che non si rompe per [p. 8 modifica] ognì avversità che gli viene; anco sta fermo e saldo pure per la paura di non capitar male. E per questo per- viene ài quarto dono, cioè al dono de la fortezza; e questa è la quarta tromba. Da questi nominati si perviene poi al sapere per sè e per altrui; e allora può dare consiglio a sè e agli altri. E quésto è il dono del consiglio, e chiamasi la quinta tromba. Da questi viene in una chiarità di mente, e diventa illuminato, chè niuna cosa gli rende altro che chia- rità. Elli cognosce il vìzio e cognosce la virtù, e per questo ricevè il dono de lo intelletto. E questo è la sesta tromba. Da questi si viene subito al dono della sapienzia; chè quando tu assapori una dolcezza di Dio, quanto tu lo specoli, quando tu il gusti, non ti piace niuna cosa di questo mondo; però che tu se’ a una intelligenzia tanto infallibile e tanto perfetta, che elli cade a terra lerico, cioè la vita mondana, che non te ne curi di nulla. Que- sto lerico così cascato è subito sacomanato e messo a sterminio. Questa città la vide anco Giovanni ne la sua Apocalipsa a xiiij cap.: Cecidit, cecidit Babyìon illa magna: quae a vino irae fornicationis suae potavit omnes gentes. A terra, a terra, a terra, Babilon: però che tu se’ contraria a coloro che hanno questi doni. Tu se’ contraria a la nostra astinenzia; a terra, carne. Tu se’ contraria a la nostra umilità: a terra, superbia. Tu se’contraria a la nostra largità: a terra, avarizia; e così rimani vittorioso. E qui hai potuto comprèndare la perseveranzìa di guar- darti dal malfare, e 1’ odio che tu debbi avere al malfare. Vediamo ora di chi die fare bene; però che non basta solo a guardarsi dal malfare, chè e’ bisogna far bene a volersi salvare. Qui perseveraverit usque in finem [p. 9 modifica] hic salvus erit Cristo fu nostro maestro, e lui ci conviene seguitare, però che lui è nostro capo e noi siamo i mem- bri, dice santo Favolo. Che fece Cristo? Fece due wse: coepit facere et decere, * Primo, cominciò a fare bene: coepit facere. Sicondo, insegnò a far bene: et decere. Queste due cose se tu le consideri, so’ molto ottime; e però qualunque sarà colui che le seguitarà, sarà ve- ramente cristiano di Dio. E inde disse Gioanni ne la Canonica sua al sicondo cap. Qui auiem dicit se christia- mm esse, dehet opera quae Jecit, et ipse facere: — Colui che dice essere cristiano, debba fare V opere che fece Cristo. — Cristo se n’ andò in paradiso: così s’ ingegni di far lui. Sappi che Iddio non fece V una di queste cose; anco le fece tutte e due. Fon mente a quello ch’io ti dico: elli so’ due Testamenti, el vecchio e’l nuovo. Nel vechio elli comandò: — Non fare, non fare, non fare. — La maggior parte dei Comandamenti dicono: — Non fare. — ^ Non habebis deos alienos in conspectu meo. Non facies Ubi sculptile, neque omnem simiìitudinem quae est in coelo desuper. Non usurpabis nomen Dei tui frustra. ^ Non occides. Non furtum facies. Non loqueris centra proximum tuum falsum testimonium. Non concupisces uxorem proximi tui. — Non adorare altro Idio che me. E non fare scultile ] Atti degli Apostoli, cap. primo, vers. 1. 2 Questo passo uon esiste nella citata Epist. di s. Giovanni, nè forse si troverebbe in altri luoghi della Bibbia. 3 Questi che seguono sono versetti vari del cap. xx dell’ Esodo, cor- retti qui e là col confronto della Volgata. ^ Nella Volgata questo vers. che è il settimo, cosi dice: Non assumer nomen Domini Dei tui in vanum. 5 La Volgata invece al vers. 16; Non concupisces domum proximi tui; nec desiderahis uxorem eius.. [p. 10 modifica] immasfini, ^ che rasemprino altro. Non pigliarai il mio nome invano. Non uccidarai. Non parlàrai contra al pros- simo tuo falsità ninna. Non disiderare la donna altrui. — Tutti quasi dicono: — Non fare el tal male: non fare el tal peccato nè d tale. — Non dice così i Comandamenti del Nuovo Testamento: questi dicono: — Fa’, fa’, fa’ bene 5* fa’ bene, ama. — Dice: — fa’bene; — ma di molte cose che elli ti dice che tu facci, tutte si riducono in tre. Prima, ci dice ama V amico- cioè comanda ohe V uno umico ami 1’ altro. Sicondo, ama il nemico. Se uno ti fa male, abbi pa- zienzia, e non ti rivoltare a far male a lui, però che tu faresti male. Altro si conviene a volerci salvare, cioè. El terzo, chè con tutto che elli ti facci male e tu gli àbi pazienzia, si conviene che tu gli facci bene, se tu gli puoi far bene ninno. Ama r amico.* àbi pazienzia a chi ti fa male, e fa’ tene a chi ti fa male. E come Iddio comanda, così fece egli. Tu hai che egli amò gli amici principalmente, r*ome e* si die fare. Dilìgentes me diligo^ disse Iddio Amò anco gl’ inimici che gli facevano male a lui, sai, quando era in su la croce; che egli perdonò, e ebbe pazienzia con coloro i quali il crucifigevano, e perdonò lo’; e più anco sai che egli orò al Padre, dicendo: Pater, ignosce illis quia nesciunt quid faciunt: — Padre, perdona a costoro che e’ non sanno quello che e’ si fanno. — E però questo me- desimo conviene fare a te, fedel cristiano, comandato da > Lezione ugualmente errata in tutti i Codd.; se non che il Sen, 6 ha, /scHÌtilie, L’antica Bibbia Volgare, che viene ora egregiamente ristam- pando il eh. Carlo Negroni, a pag. 35d del Voi. I così legge.- Non farai a ie intagliatura^ e ninna similitucìine la quale è in cielo di sopra ec. 2 Proverbi, cap. viij, vers. 17. [p. 11 modifica] Dio a tutti." Diligile inimicos vestroshenefacite Ms ^ qui oderunt vos’^ et orate prò persequentibus et cahmnianiibus vos:’ — Amate i nemici.; perdonate a’nemici, e orate per chi vi fa male. Et qui perseveraverd usque in Jinem, hic salous erit: — Chi perseverarà insino a la fine i coman- damenti di Dio, colui ara vita eterna per la vittoria. — 0 cittadini, sete voi disposti a fare così? Chi non vuol fare quello che Iddio comanda, sì alzi il dito. Si, ch’io credo che ce ne sìeno! E anco ci so’ di quelli ch’io ne dubito, e non dicono però di no! Io vo’dire, tiste, per me. Ecci ninno che creda ch’io abbi perduta r anima? Io non 1’ ho però giocata, no. — Che vuoi tu dire? — Dicotelo. Circa da venticinque anni in qua io mi so’ritrovato in questo abito e dico che a chi m’ ha fatto dispiacere, io gli àrei volentieri baciato i piei, e anco più là; e mai dentro al mio (more non mi venne in dispiacere; nè niente mi tengo d’essere stato ingiu- riato, e noi crédare ch’io mi tenga ingiurato. Che perchè io arecasse il libro, e arecassevelo qui e leggessevelo^, io noi feci se none a loda di Dio, e perchè voi aveste fede a quello che io v’ avevo detto 1’altre volte. O cittadini miei, non crediate che io mi vogli per- dere la vita deir altro mondo. Se io la perdo di qua e aquistola di là, mi pare avere fatto molto. Ma se io perdo la vita di qua, chè non posso fare altro, e’ mi conviene pensare a quella di là: che s’ io pongo mente di qne- 1 Vangelo di san Matteo, cap. V, vers. 44. 1 Già notammo che fra Bernardino entrò nell’ Ordine Francescano nel settembre del 1402. 3 Riesce difficile, per non dire impossibile, il rintracciare il fatto, a cui il Santo allude con queste parole. Si comprende solo ch’Egli intendeva a difendersi contro i suoi detrattori; mala genìa che alligna ovunque e in- ogni tempo. [p. 12 modifica] sta, oh, io ho molto poco guadagnato! Egli qì conviene pensare dell’altra; chè questa viene a dire nulla, se non per guadagnare quella. Io dico che voi che andate a udire le prediche, non credo che voi siate capaci d’ in- tendere bene; e credo che chi ha detto sì, creda e tenga d’ avere detto bene; e dicono che hanno detto quello che ho detto io, ma per altra via, la quale tu non in- tendi, tu. Come chi volesse andare a duomo, qui ne è una via, colà un^ altra, di là una altra, e tutte hanno uno termine. Lassate andare il parlare di queste cose, e state atacati a la fede, come voi dovete. Nè anco de’fatti miei non pensate, che nè in fatti nè in detti non mi tengo d’essere ingiuriato; e se pure fusse niuno che de’fatti mìei avesse detto niente, io gli perdono. Non a\iate pensiero se non che ognuno dice bene,* e non voliate giudicare voi, però che voi non potete. Questo pare che intervenga, che colui che è avaro non può crédare che ognuno non sia avaro. Così il lussurioso crede che ognuno sia lussurioso: così delli altri vizi. Non fate così, dico: se tu hai il vizio in te, crede che un altro sia buono; però che è miglior via, che voi doviate crédare ch’io abbi odio a persona stamane; però che io vo stamane con chi voi credete che sia più mio nemico, e anderò amangiarealesuespese;sìchedaorain lànoncre- diate che altro che concordia * fra noi sìa. Colui che vuole tenere meco, non sarà mio amico se vorrà fare contenzione, e non voglio che sia de’ miei a nulla; però ch’io non son venuto per méttarmi in contenzione,* ch’io credo se 1’ uno dice bene, così mi credo che facci così queir altro ancora. A me m’ è detto che tutti dicono bene; e così credo e così dico che faccino anco sempre bene 1 Kegli altri Codd., non crediate altro che tutta concordia ec. [p. 13 modifica] insino a la fine, come dice il nostro tema. Dice Paulo al X cap. ad Romanos. 0 fedele, intende questo. Hoc est verbiim fidei^ quod praedicamus. Quia si confiiearis in ore tuo Domirmm lesnm, et in corde tuo credideris quod Deus il- lum susciiazit a mortuis, salvus eris,: — Questa è la parola de la fede, la quale noi predichiamo; e se tu confessi co la tua bóca e che tu creda col cuore, che Cristo lesi! risuscitasse da morte, tu sarai salvo. — E però crede che noi ci amiamo insieme lui e io Setuse’ cristiano, osserva i comandamenti di Cristo. Non andare cercando di far meglio, chè no trovaresti mai. Di’ con David pro- feta: Mandata tua credibilia facta sunt mihi ^ — Signor mio, i tuoi comandamenti sono in me molto credibili, e così gli voglio seguitare. — Colui il quale ha buono pensiero, segualo, e non gli paia malagevole; che se egli tocarà niente di quello di Dio, non gli parrà ponto ma- lagevole. L’amore porta il fascio. Vede se Davit era inamo rato di Dio, lui, quando elli diceva: Latum mandatum turni nimis — Il tuo comandamento è molto largo! — Vediamo in questa perseveranzia del bene che ci bisogna. Bisogna due cose: La prima, bisogna che sia dritta inverso a Idio Siconda, sia buona. La prima, dico, bisogna che a volere perseve- rare una cosa, ella sia dritta inverso Iddio. E chi 1 VaJe a dire, il mio detrattore, od avversario, ed io. Tutta questa esortazione ad esser pazienti e benevoli co’ propri nemici, è cristianamente sublime. 2 Non così nella Volgata al Salmo xcij, vers.5, che dice: Testimonia tua credihilia facta sunt nimis. 3 Salmo cxviij, vers. 96. 4 Diversa lezione è questa del Cod. Pai.: La prima, dico ^ bisogna che a volere perseverare una cosa, ella sia dritta inverso di Dio. [p. 14 modifica] non va di* *itto, non può mai perseverare. Giovanni da Picciano, parlando sopra alia Cantica, dove dice: Redi diligiint te}: — E’ dritti so’coloro che t’amano: — non so’ coloro che dimostrano d’ amare, come fa 1’ ipocrita, il quale mostra le lucciole per lanterne Non va cosi a volerla mandar bene, no. Ode laco- mo nella Canonica sua parltindo di questi tali — Vir duplex animo inconstans erit^ in omnibus viis suis: — Ell’uomo che sarà doppio d’ animo, che ara più animi, sarà in- constante in tutte le sue vie. — Colui che vorrà far bene, Iddio li dà aiuto. Non manchi lui. Selcili fa bene e dilettavisi, e Iddio gli dà più animo, e egli il duplica; e tanto va di bene in bene, che egli viene a far che quello che gli pareva malagevole, ora vi si diletta. E però segue Giovanni ne la Apocalipsa: Dabo UH potestà- tem super gentes^ et reget eas in virga ferrea^ et tamquam vas figuU confringentur. Dice Giovanni che — a questi tali li sarà data potenzia sopra de le genti, e reggiaragli con una verga di ferro, e come vasi di terra saranno fracassati e rotti. — Chi saranno queste genti che dice: — li darà potenzia sopra le genti? — Le genti so’ il po- polo gentile; cioè il popolo di Dio Quando tu odi ne la Scrittura nominare questi popoli, sappili intendere: e così il popolo pagano s’ intende il popolo che vuole an- dare dietro a’vizi e a’pecati. Dice che saranno retti i 1 Gap. primo, vers. 5. j 1 Periodo d’ irregolare costruzione in tutti e tre i Codici. Giovanni da Picciauo^ frate delP Ordine dei Minori, Arcivescovo Canturiense, com- pose pure un ufìzio della beata Trinità, del quale esist-j copia nella Bi- blioteca Comunale di Siena in un ccd. di recente acquisto, segu.L. XI. 41. 5 Gap, primo, vers. 8. ^ Ne ila Volgata, est,

5 li Cod. Pal.^ cioè le genti di Dio, j [p. 15 modifica] in verga di ferro. La verga s’ intende che sia drit- ta; e però si dà laverga in manoalsignore la quale sempre si die tenere dritta. Non la tenere tor- ta, ehè tu e lei cadrete poi. Tiella dritta, come vedi la Torre L Perchè sta dritta questa Torre? Perchè ella non pende: perchè se pendesse, cadrebbe. Vuoi ti dica quando uno muro non può fare che non cag- gia? Ogni volta che la grossezza del muro pende tanto che ella esce fuora del fondamento, non potrà stare che ella non caggi. Vuoi vedere quando ella die ca~ dere? Piglia uno piombino, e póllo dritto, e pon mente al muro forte. Se tu vedi che la faccia di là pende tanto, che ella risponda a quella di qua, non avere mai fi- danza a quel muro: va’, apuntellalo, se non.ch’e’cadreb- be. Così vedi de la soma de 1’ asino: quando ella pende, ella sta per cadere, e guasta 1’ asino. Così dico de la vo- lontà. Vuoi perseverare? — Sì, — Fa’ che la tua volontà sia dritta a Dio. Se ella non sarà dritta a Dio, credemi, credemi che ella cadrà a terra. E qui hai veduto che la volontà perseverante vuol essere dritta come la verga, ch’e’ dritta. Anco bisogna la siconda cosa a volere che la volontà sia perseverante. Bisogna che quello che tu fai, sia buono. Non si conviene come tu hai cominciato a fare uno bene, tu r abandoni per ogni picela cosa. Inde disse lob al XV cap.: Laedetur quasi vinea in primo flore hotrus eius: — Sarà offeso el raspollo dell’uva nel suo primo fiore. — Hai tu veduta la vigna quando è in fiore, che ella tal- volta viene una nebbia e portane via tutte 1’ uve ne la 1 Negli altri Codd., alla signoria» 2 Quella detta dol Mangia^ alta e bellissima, sull’ angolo sinistro del Palazzo pubblico. [p. 16 modifica] malora? Sai quando egli è la vigna in fiore? Quando elìi comincia alPuomo una buona volontà, e poi giógne uno traverso e rompela, e guasta ogni suo buono pen- siero. Tu sai che quando V uva è matura come è ora una nebbia non le può fare danno niuno, nè se ne cu- rano le viti nè 1’ uva 2. Similemente, quando una mente è ferma e disposta a voler far bene e in esso bene per- severare, non le può fare danno una nebbia d’ uno caso dispiacevole; però che quella è uva matura, non si rompe per ogni cosa avversa, come fanno coloro che non pos- sono sostenere nè una parola nè uno atto nè una mi- ratura: ogni picola cosa gli rompe. Però dice: tamquam vas figuli confringeniur \ — Come orciuoli o vasi di terra saranno fre^cassati e rotti. — E poi che e’ sónno rotti, a che so’ buoni? Chi andasse colà il sabato quando voi avete costi in sul campo degli orciuoli 0 de’ pignatti, con uno vergono di ferro, e desse fra tutti, a che sarebbero poi buoni? Se tu desse con questa verga in uno grande monte di vasi, sai che tu faresti? Faresti tre cose: Primo, ne rómparesti molti agevolmente. Sicondo, non varebbero poi nulla e’ rotti. Terzo, che e’ non^ si possono bene rapezzare. Alcuna volta si so’ trovate de le donne che sanno molto bene raconciare le conche con una colla, la quale fanno con verderame e biacca e vernice lequida; ma e’ non si può però raconciare e’ pignatti. Sai perchè? Perchè 1 Ricorda bene il lettore che avendo il Santo cominciata la sua predi- cazione a’ 15 d’agosto dal 1427, dovette recitare questa predica alla metà ij del settembre. J 1 11 Cod. Seri. 6, nè V uve. Il Cod. PaL^ nè nulla V uva. 5 Colà, iu quella parte della Piazza, dove si vendevamo vasi di terra cotta disposti sul pavimento: brutta usanza soppressa da due anni appena. [p. 17 modifica] quella non è terra da ciò. Misterici Vuol dire che i pe- cati non sì possono rapezzare, nè se ne può fare nulla. Vuole vedere? Or dimmi: se e’ ti viene uno pensiero di volere de la robba del mondo, e pensi ne’ fatti della usura o de ma’ contratti^, tu pensi: — io noi vo’ fare^ però che questo è peccato; —- subito tu lo spezzi, e così spezzato non vale nulla. Così d’ ogni vizio de la gola, de la lussuria, della superbia, della accidia, de V omicidio e d’ ogni pecato. Che vale una lussuria che tu non volesti fare? ì^on vale un frullo. Che vale bia- stemia di Dio, che tu non volesti fare, nè mai vuoi fare? Tu no’ ne daresti una paglia. Così uno omicidio che tu non hai fatto, che non 1’ hai voluto fare, non vale una penna. Sai chi so’ coloro che gli vogliono rapezzare? So’ coloro che so’ cascati nel fare i pecati, e poi si so’ tirati adietro et hannoli rotti, e poi s’ ingegnano di ritornarvi a farli. Se tu gli rincolli, elli è mal segno: [quello è segno che tu vi ti diletti. Oimè, non fare, non fare I Fa’ come chi vuol seguire le buone volontà insino a la fine: de’ quali dice: tamquarn vas figuli confringentur: —• Saranno fracassati come vasi di terra. — Sogiógne Gio- vanni e dice: Sicut ego accepi a Paire meo: — Come io ho ricevuto dal Padre mio. — Due cose ci conviene vedere^ a fugire i vizi e a vinciarli; Primo, quando tu se’ tentato e consenti col cuore, e poi li cacci prima che il facci. Sìcondo, quando se’ tentato; che ’l tentatore sta di fuore e tentati, e tu stai dentro e caccilo. Quanto sta 1 Il Cod. Pai., de’mali contratti, 2 Queste parole che si leggono negli altri Codd., mancano al nostro. 3 II Cod. Sen. 6, ci conviene avere. Diversamente poi nel Cod. Pal.i Due cose conviene fuggire a volere fuggire i vizi e a vincersi. ^ I Codd. Sen. erroneamente, prima che li cacci. PRED. VOLG. DI S. BERNARDINO - Vol. IIP 2 [p. 18 modifica] bene quel volgare che dice; — sta’ di fuore, chè dentro piove! — Prima, quando la tentazione viene e bussa, e tu stai dentro e stai così, vuoi, non vuoi; se il consentimento v’è a nulla, tu se’ cascato. Se tu il cacci prima pònto ponto, tu vieni ad avere vittoria. Sicondo, quando tu se^ tentato, poniamo de la lussuria, elli ti viene la tentazione: se tu resisti, che non v’ entri nè volontà nè diletto, tu rimani vincitore, e la tentazione rimane di fuore. Proprio come se in una terra’v’ entras- sero i sacomanni ’ per volerla méttare a saco, e come essi entrassero e gridassero: — arme, arme, arme! — e quelli de la terra se lo’ facessero incontra e caccias- serli, e hanno vittoria: non di meno anco era meglio che non vi fussero entrati. Piglia 1’essemplo da Cristo: non ti lassare mai lusingare per lo consentimento del peccato. Cristo ci ha dato amaestramento: mira come dii fece, lui. Non avenne mai a Cristo, con tutto che dii fusse tentato, che mai la tentazione del peccato en- trasse dentro in lui. Egli fu tentato dal dimenio, quando dii ebbe digiunato quaranta dì e quaranta notti dicen- doli: Si fiìius Dei es, die ut lapidea isti panes fiant — Se tu se’figliuolo di Dio, di’a queste pietre che diventino pane. — E non entrò dentro questa tentazione, e però rispose: Non in solo pane vivit homo, sed in omni verbo quod proceda de ore Dei: ^ — Non vive 1’ uomo solamente di pane, no; ma de le parole che escono de la bocca ‘ Intorno al significato della parola Sacomanìii vedasi la nota se- conda alla pag. 282 del volume primo. 2 Gli altri Codd., e quaranta notti nel diserto. s Vangelo di s. Matteo^ cap. quarto^ vers. 3. ^ Ivi, vers. 4. [p. 19 modifica] di Dio. — Così debbi fare tu, quando la tentazione viene, la quale si tira dietro il pecato mortale. E questo dà contra a molti, che hanno detto c credono, che ninna persona possa vivare senza il peccato mortale. E io dico che e’ ne sono le migliaia e migliaia di quelli che sanno risistere a le tentazioni. Questi tali uomini non so’ fatti come séte fatti voi: voi séte ingannati. Uno picolo pec- cato vi pare grande, e uno grande vi pare picolo. So’ di quelli che uno carbone lo’ pare bianco: costoro so’ neri, loro, e credono che ognuno sia nero come so’ neri loro. Piglia questo essemplo: così interviene a loro. Abbi uno piguiatto nuovo, e póllo a fuoco co la cucina che tu vi vuoi fare dentro. Se vi sarà il fuoco grande, le mosche si pongono intorno da la lònga: come il fuoco manca, e elle s’ apressano. Poniamo che tu vieni alla pre- dica: se *1 fuoco si spegne e ’l pignatto si rafreda, allora le mosche vi s’ a pongono e vanno d’intorno, se esse vi potessero entrare. Se tu el lassasse punto scoperto, la mosca v’ entrarà dentro: se ella v’ entra, mal va: se tu ne la cavi, tu fai bene; ma meglio era se tu avessi tu- rato, sì che non vi fusse cascata. Che vo’ dire? Dico che tu ti guardi, sì che ne la volontà non vi caschi la mo- sca del pecato. In Cristo non cascò mai pecato ninno; mai non fu mosca in sua vivanda. Bisogna anco una terza regola, e non sarai ingannato da lo intelletto,* è questa la facultà. Due cose è di bi- sogno che tu abbi: Prima, cognizione de le cose umane. Siconda, cognizione delle cose divine. Prima, cognizione delle cose umane. Dice Giovanni: éabo illi stellam matutinam: * — Io gli darò la stella ma- 1 Apocalisse, cap. secondo, vers. 28. [p. 20 modifica] tutina. — Sai quale è? È la stella Diana, La stella Diana ha questa condizione in sè, che mai non s’acorda^ col sole: quando ella si leva, si leva la mattina innanzi al sole dal levante, e la sera dal ponente rimane adietro. Avete voi mai veduto colà doppo vespero verso il po- nente una stella rilucente con grandi splendori? Quella è la stella Diana. Così anco si vede da mattina molte volte: ella non s’ acorda col sole: non vanno insieme le co- stellazioni delle stelle col corso del sole. Tu vedi la stella la mattina al levante inanzi al sole, e la sera la vedi dietro al sole 2. Questo significa due cose: signitìca la vita attiva e la vita contemplativa. La vita attiva s’ intende in cognoscere le cose umane; e questo si vede in uno che sia pratico in queste cose del mondo. Egli diventa per questa pratica tanto illu- minato lo intelletto, che egli viene nella vita attiva di Marta. Questa è regola generale: se tu non sarai molto sporto ne le cose del mondo, tu non sarai mai buono attivo. Se sarai pratico e sporto nelle cose del mondo, abìlemente puoi pervenire alla vita contemplativa, che è Maria Maddalena. Dall’ esercizio vieni in contempla- zione. E però dico: fa’ che tu ti ponga ne 1’ esercizio della orazione; e perseverando 1’ orazione, tu entri in una contemplazione tanto ottima, che tu vieni in alcuna particella a cognizione de le cose di Dio. Non fantasti- care, o donna; non andare dicendo: — e’ mi parve sì e sì vedere... — Sono anco assai uomini che non intendono punto punto di Dio, che si so’ dati a queste cose mon- dane tanto, che ci si so’ perduti dentro. Che se egli pi- gliasse quella via che v’ è dentro di bontà, diventarebbe 1 II Cod, Pai., non si cérca., cioè, non si corica. ® Negli altri Codd.: la vedi a joonentQ dietro al sole. [p. 21 modifica] ottimo contemplativo. Questa stella si chiama Lucifer, Inde lob allo xj cap: Et quasi meridianus fulgor consur- get Uhi ad vesperam; et curri te consumptum putaveris, orieris ut Lucifer: — Come meridiano splendore nasciarà a te in vèsparo ec. — Tu vedi qui di due stelle’: el meridiano fulgore, Tal- tra è Lucifer: l’uno la mattina, e 1’ altro la sera; signi- ficando in noi questo, che 1’ imo è illuminato ne le cose di Dio, e r altro in quelle del mondo. Quella che illu- mina innanzi al sole, è significata in quelli che vogliono e fanno la volontà di messer Domenedio: Lucifer. Ècci <ìi quelli che sieno illuminati innanzi al vèsparo, che mette ogni cosa a ordine? Questa è la stella che va dietro al sole la sera, là. E sai come va questo fatto? Quella che va dietro al sole la sera, la mattina va iri- manzi al sole. Sai che vuol dire? Vuol dire che se tu non se’ buono, lacob, non sarai mai buono, Israel. El nome di lacob si mantenne tanto, che Iddio gli mutò nome e posegli nome Israel. Così vo’ dire a te: ala via contemplativa vi si va per la via attiva: se non sarai buono attivo, non sarai mai buono contemplativo. Quando tu sarai buono attivo, andarai innanzi al sole: quando sarai buono contemplativo, andarai dietro al sole. E per queste due vie eognosei tutte le cose di questo e del- 1’ altro mondo, le intrinseche e 1’ estrinseche, e pervieni la quello che disse Agostino, che ognuno si converrebbe che sapesse. Dice:: Domine.^ cognoscam me^et cognoscarn te: — Signor mio, dammi tanto lume, prima ch’io cogno- sca me.; e se io cognosciarò me, sì cognosciarò te. — Che bisogna a volere cognoscere? Bisogna due regole: la prima, bisogna che tu cognosca te medesimo. Pensa a quello che tu se’: pensa la vita tua; pensa se tu hai fatto quello che Iddio t’ha comandato che tu facci; pensa se tu [p. 22 modifica] hai fugito quello che t’ ha detto che tu fuga; e da queste cose verrai a uno cognoscimerito dite medesimo. E cosi cognosciutoti, e tu vieni all’ altra regola, che anco ti bisogna, attiva. La siconda regola: bisogna che tu cogrio- sca Iddio; e questa è la vita contemplativa in crare, in pensare, in contemplare Idio, pensando i benelizi ^ che elii t’ ha fatti: datoti T essere, datoti cognoscimento, in- telletto, memoria e volontà di poterti, saperti e volerti salvare e fare la volontà di Dio. Per le quali due cose tu vieni a cognoscere tutte le cose e di Dio e di mondo:. cognosciarai tutto te e tutto Iddio. E da questo ti biso- gna pervenire in cognoscere come noi aviamo due vite: runa èla vita de la grazia: l’altra è la vita de la gloria. La prima è de la grazia; di colui che fa la vo- lontà di Dio, mentre che vive in questo mondo. Oh quanto è grande grazia quella c’ ha uno in questo mondo a vi- vare senza invilupparsi ne le cose vane, le quali so’ suf- ficienti a tòllargli la vita beata! La siconda si è la vita de la beatitudine ne la gloria. Non sarà quella vita so- lamente di quelli che vanno innanzi alia stella; ma an- daranno innanzi al sole, e loro saranno come stelle. E però è detto in Daniel a xij cap.: Fulgebunt quasi splen- dor firmamenti^ et qui ad iustitiam erudiunt multos, quasi stellae in perpetuo,s aeternitates: — Risprendaranno coloro i quali saranno insti ^ in vita perfetta insino a la fine, perchè saranno fvissuti) ^ in santa iustizia, quasi come^ stelle dinanti a la eternità di Dio in perpetuo, chè mai- non lo’ mancherà quella beatitudine de la gloria. — 1 GJi altri Codd. hanuo; ìie* * henefi^L 1 Negli altri Codd., saranno vissuti. 3 Questa parola, che ci par necessaria, malica al nostro Testo. Neh Cod. Sei/, 6, vissi. [p. 23 modifica] Coglie in brevità il mio dire. Qui autem persevera- verit usque in finem^ Me salvus erit- Dove ti dimostrai tre perseveranzie: prima, in sapere perseverare la giustizia: siconda, in volere: terza, in potere. E vedémo il dire di Giovanni acordato al tema. De la prima, del perseve- rare la giustizia, vedémo due cose: prima fare il bene, e siconda lassare il male. Del lassare il male vedesti Gio- vanni dire: qui vicerit: — Colui che vinciarà, sarà quello che àrà vittoria. — Dove vedéaio per la perse- veranzia di losuè vincere lerico, signiticato per la gat- tiva vita; e vedémo sette doni che Iddio dà all’ anima ben disposta. Del far bene vedémo Cristo lesu nostro capo che ci insegnò a far bene, dandoci tre regole: pri- ma, che tu ami!’ amico; siconda, che tu ami il nemico, e terzo che tu àbi pazienzia di chi ti fa ingiuria. Dove ti dissi che chi mi vuol bene, non odii persona; e dis- siti ch’io perdono a chi avesse mai fattami ingiuria ninna: e questa fu la prima parte principale. Per la si- conda parte principale bisogna co la volontà perseve- rare nel ben fare: dove ti mostrai due cose, cioè due vie: r una che sia dritta inverso di Dio: a* quali dice Giovanni: Dabo illis potestatem super rjentes: dove ti dissi che tu porti la bachetta dritta, o rettore. Siconda, bi- sogna la cosa buona a perseverarla a loda di Dio: dove ti mostrai per bòca di Giovanni a chi mal viene *: tam- quam vas figuli confringenture mostrati per li oi eiuoli che si rompono, tre cose e tre danni: prima, che molti orciuoli si romparanno: siconda, che quelli rotti non varanno poi nulla; e terzo, che non si possono rincol- lare,* significato per li peccati delli uomini. Dove ti mo- strai i remedii che tu debbi tenere, a volere campare 1 Negli altri Cedd., a chi mal vive. [p. 24 modifica] da le tentazioni, due vie: 1’ una che mai tu non con- senta a la tentazione, ma che subito tu la cacci via; non la lassare entrare dentro da te: la siconda, che tu fuga il mal pensiero: non vi stare mai dentro. E que- sta fu la siconda parte principale. La terza regola ti bisogna sapere a non volere essere inganato da lo in- telletto, e questa è la facultà. Due cose vedémo che ti bi- sognava ^: runa si fu cognizione de le cose umane; Tal- tra fu cognizione de le cose divine. A’quali dice Giovanni: dabo illis stellam matutinam: — Io lo’ darò la stella mat- tutina: — dove ti mostrai come la stella Diana si l^va la mattina innanzi al sole, e poi si trova doppo vèsparo dietro al sole, perchè mai non s’ acordano col sole le stelle. Questo ti dissi significava la vita attiva e la vita contemplativa, che bisogna a chi si vuole salvare. Per la vita attiva s’ intende che tu abbi cognizione de le cose umane: per la vita contemplativa dimostrai che tu abbi cognizione de le cose divine. E prima ti dissi che tu debbi sapere cognoscere te medesimo, e poi che tu impari a cognoscere Iddio. E da questo ti mostrai come noi aviamo due vite: Luna si chiama la vita de la gra- zia, ne la quale so’ tutti coloro che vivono ne’comanda- menti di Dio: r altra è la vita de la gloria, la quale è in coloro che sónno nell’altra vita con Cristo lesu; e questi so’ quelli che vanno innanzi al sole, vivendo ne la beata gloria, ad quam ille vos et me perducat in saecula saeculorum^ amen. i L’ altro Cod, Sen.y che ti bisogna.

Note