Versi editi ed inediti di Giuseppe Giusti/Spiegazione di alcune voci e locuzioni

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Spiegazione di alcune voci e locuzioni

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Spiegazione di alcune voci e locuzioni
A Giovan Battista Vico

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SPIEGAZIONE DI ALCUNE VOCI E LOCUZIONI


TRATTE DALLA LINGUA PARLATA,


ED USATE DA GIUSEPPE GIUSTI


NEI SUOI VERSI.

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AVVERTENZA.




Uno dei pregi singolari che distinguono Giuseppe Giusti come scrittore, è certamente quello di aver saputo trarre dalla lingua viva parole e modi di dire efficacissimi. Ma il senso di queste locuzioni non sempre apparisce chiaro a chi non ha familiare la lingua italiana, anzi gli stessi idiotismi del parlare toscano. Abbiamo però creduto utile di estrarre dai versi del Giusti tutte quelle parole e frasi che non sono di facile e chiara intelligenza, disponendole a forma di Dizionario, con brevissime spiegazioni. Ed in queste spiegazioni ci siamo riferiti all’uso comune, studiandoci sempre di scegliere fra i diversi significati, che spesso può avere una parola, quell’unico che meglio corrisponda al concetto del Poeta.

Questo breve lavoro non ha altro scopo oltre quello di facilitare la piena intelligenza dei versi del Giusti. Non voglia adunque giudicarsi nè come cosa per ogni parte compiuta, nè colle regole che i Lessicografi prescrissero a questo genere di compilazioni. Quando si deve assegnare il significato preciso a parole non peranche ricevute nella lingua scritta, non può aversi un criterio sicuro, e conviene stare alla volgare accettazione, messa d’accordo coll’uso che ne fece chi primo le scrisse. Questo tengano a mente i Grammatici ed i Filologi, i quali trovassero da ridire sulle spiegazioni da noi date.

È da avvertire finalmente come alcune parole e modi di dire notati in questo breve Vocabolario, si trovano spiegati [p. 366 modifica]anche nei Dizionarii di nostra lingua. Chi vorrà fare peraltro il confronto delle spiegazioni, sia cauto nell’osservare, come rare volte il Dizionario assegni a quelle locuzioni il senso preciso che loro diede il Giusti; il quale, ritemperando la Lingua alle sue vive sorgenti, seppe ringiovanirla e farla adorna di nuove e peregrine bellezze. [p. 367 modifica]


A


Abbonire — placare colle parole.

Abborrare — propriamente questa parola ha il senso di metter borra, riempire di borra, che è la cimatura o tosatura dei panni lani. Per traslato significa cacciar giù alla rinfusa materia vile, e forse questo senso le è venuto dall’uso che facevasi un tempo della borra dai soldati nel caricare i moschetti, cacciandola nella canna ad oggetto di tener fissa la carica, e comprimere la polvere, come si usa oggi la stoppa dai cacciatori che non adoperano cartuccie.

Abbuiare — si usa talvolta per nascondere; abbuiar la vita vale togliersi agli sguardi del mondo.

Abburattato — passato per buratto; parole abburattate si dicono le parole approvate dall’Accademia della Crusca che ha per impresa un buratto.

Accartocciato — si dice di oggetto flessibile che si ripieghi in se stesso.

Accattato — preso in prestito da altri.

Acchito — parola tolta dal giuoco del biliardo; significa il primo tiro fatto per cominciare il giuoco, quando non vi è la palla dell’avversario da colpire: di primo acchito vale alla prima, senz’altri precedenti, ec.

Acciacco — questa parola nell’uso ha il senso di abbattimento, prostrazione; ed è senso traslato, perchè acciaccare propriamente vuol dire ammaccare, e si usa per esprimere l’effetto di un corpo duro caduto sopra uno più molle; per similitudine si dice acciaccato l’uomo affranto da malattie, quasi portasse le ammaccature dei colpi patiti; acciacco pubblico vale pubblica miseria, prostrazione dell’animo dei più, ec.

Accidentato — côlto da apoplessia.

Acciottolío — Il suono che fanno i piatti o altri utensili di maiolica nell’essere battuti insieme. [p. 368 modifica]

Accomodare — si usa anche per convenire; così se vi accomoda vale se vi piace, se vi conviene.

Accordellato — accordo segreto di pochi per operare una qualche cosa.

A conti fatti — vale in conclusione, pesato il pro ed il contro.

Acqua cheta — acqua che scorre placida e senza strepito; si usa questo modo di dire per significare i grandi effetti che spesso produce una piccola causa quando agisce senza interruzione; applicato ad uomo, ha il senso d’una simulazione del proprio carattere usata per riuscire ad un fine.

Acqua in bocca — vale tacere sopra una tal cosa, giacchè chi ha piena la bocca d’acqua necessariamente tace.

Acquattarsi — nascondersi.

Adagio Biagio — modo proverbiale che vale: non precipitare, ma andare con ogni cautela. Si usa per lo più da chi consiglia o ammonisce.

Addirizzare le gambe ai cani — tentare di correggere chi è incorreggibile.

Affanno — si chiama il respiro affannoso per asma o catarro.

Affarsi — si dice che una cosa si affà ad alcuno, quando è conforme ai suoi gusti, alla sua attitudine, ec.

Affollarsi ad una cosa — si dice di chi vi si getta con soverchia avidità.

Affollato — pressato dalla folla.

Allegare i denti — dicesi l’effetto che produce sui denti il mangiare cose agre, o l’udire suono aspro di ferri raschiati; per traslato si applica a significare cosa che dispiaccia; così questo è un boccone che mi allega i denti vale: questa è una cosa che mi dispiace.

Allentarsi — sforzarsi tanto da fare uscire le budella, formando quello che i chirurghi chiamano ernia.

Allumacato — si dice d’un oggetto sul quale passando la lumaca ha lasciato traccia dell’umore argenteo che versa.

Almanaccare — vale fantasticare, formare strani progetti nella mente.

Alzare i tacchi — si dice di chi vuol apparire più di quello che è.

Ameno — si usa per allegro, sollazzevole. — Vedi Capo ameno.

Ammennicoli — artifizi studiati. Il Vocabolario ha amminicoli: l’uso del parlare toscano ha peraltro modificato la derivazione latina della parola.

Ammirarsi — meravigliarsi in sè stesso.

Ammodouomo ammodo vale uomo savio, prudente; l’uomo comme il faut dei Francesi. [p. 369 modifica]

Andar di palo in frasca — deviare dal soggetto principale del discorso.

Andar per le corte — andar diritto allo scopo senza riguardi secondarii, cioè per la via più corta.

Andar sotto — parlandosi del sole, vale tramontare; quando il sole è andato sotto, quando è tramontato.

Animose ti dà l’animo, se vinci la repugnanza, se hai coraggio, ec.

Annacquato — mescolato con acqua; dicesi per traslato d’ogni cosa non schietta, ma unita a sostanza di altra natura.

Annaspare — si dice di chi si adopera in una cosa senza aver concetto chiaro di quello che fa o che vuol fare.

Antifona — si usa per significare un discorso che fa presentire la conclusione o il fine per il quale è fatto.

Appestare di vernice — propriamente vale puzzare del puzzo di vernice; il Poeta peraltro applica questo modo di dire a chi mentisce se stesso agli occhi altrui colla vernice di false apparenze.

Appetto — a paragone.

Appuntellarsi ad alcuno — vale cercare il suo appoggio.

Appuntino — precisamente.

Arar diritto — vale fare il suo dovere scrupolosamente.

Arfasatto — dicesi d’uomo che fa le cose alla sbadata, e però non riesce buono a nulla.

Aria — in senso proprio prender aria vale uscir all’aperto; in senso traslato qualche volta si usa per superbia, alterigia. — Aver l’aria vale aver l’aspetto, l’apparenza; stare in aria con alcuno vale stargli in superbia; darsi l’aria vale darsi l’apparenza.

A ridosso — a dosso, ma colla differenza che a ridosso si usa parlando di cosa che venga a colpirci repentinamente.

Armeggío — confusione d’atti e di cose delle quali chi vede non capisce distintamente il fine.

Armeggione — uomo che si affaccenda per fini occulti e non retti.

Armonicocapo armonico vale cervello balzano; modo di dire preso forse dai musici, che spesso come i pittori ed i poeti sovrabbondano di fantasia.

Arnesesentirsi bene in arnese, sentirsi in buona salute.

Arrabattarsi — affaticarsi in una cosa con grande sforzo, ma con poca conclusione.

Arrandellato — si usa nel senso di gettato là alla peggio, come si getterebbe un randello che è un pezzo di legno informe.

Arrembato — si dice di cavallo spossato di fatica che mal può camminare; e per simiglianza anche d’uomo.

Arrovellato — stravolto dall’ira. [p. 370 modifica]

Arruffato — applicato ad uomo, vale scarmigliato; a cosa, prende il senso di disordinato, tumultuoso.

Arte di non parere — infingimento per non sembrare quello che si è veramente.

Arzigogolo — si dice di cosa che male si può definire, tanto nella sua forma è fantastica e imbrogliata.

Arzillo — dicesi di vecchio vispo, agile, allegro; e spesso si applica ai vecchi snelli, robusti e loquaci.

Asciugar le tasche — levare con bella maniera ed a poco a poco i danari dalle tasche altrui, sia con balzelli, sia in altro modo.

Asinoqui mi casca l’asino è modo di dire che significa: qui vedo una difficoltà grandissima.

A tempo e luogo — ad opportuna occasione.

Attaccare il voto ad un Santo — significa sciogliere il voto per grazia ricevuta. Questi voti sono immaginette o altri segni allusivi alla grazia ricevuta, che si appendono all’immagine del santo.

Attimoin un attimo, in brevissimo tempo.

Attonell’atto, nel momento, immediatamente.

A ufo — gratuitamente.

A uscio e tettocasa a uscio e tetto chiamasi quella che è comsposta del solo piano terreno, quasi il tetto tocchi la porta.

Avere in tasca alcuno — vale non poterlo soffrire.

Avvallarsi — abbassarsi all’imo delle valli, e per traslato avvilirsi, ec.

Avventato- vale ardito, e nobilmente o pazzamente audace.

Avvezzo — avvezzato, assuefatto; uomo avvezzo, uomo rotto alle cose del mondo; male avvezzo si dice di chi, assuefatto al bene stare, si piega con ripugnanza alle privazioni.

Avvistare — misurar coll’occhio.

Avvolto — involuto; rispondere avvolto vale rispondere oscuramente e per ambagi.

Azzeccare— ha fra gli altri il senso di attaccare, infiggere, e viene dalla zecca animaletto immondo, che, come può, si attacca alla pelle degli animali per suggerne il sangue.


B


Babbeo — minchione, di corta mente, ec.

Babbi morti — si chiamano così i debiti che fa coll’usuraio il figlio di famiglia da pagarsi alla morte del padre.

Babbo — si chiama volgarmente in Toscana non solo il padre, ma anche, per modo ironico, ogni superiore in gerarchia.

Baccano — tripudio clamoroso. [p. 371 modifica]

Baciar coi denti — modo di dire ironico che vale dar prove di affetto in apparenza e offendere in sostanza.

Baciare il chiavistello — dicesi di chi va via da una casa col proposito di non tornarvi più.

Bagordo — luogo di gozzoviglia e d’allegria.

Baldacchino (di) — applicato a persona vale eccellente, distintissimo; ed è locuzione venuta dall’uso di far portare il baldacchino nelle Precessioni agli ottimati del paese.

Baliaavere a balia in senso proprio vale avere un bambino presso una donna ad allattare; e in senso traslato vale reputare alcuno come un bambino bisognoso d’esser tenuto a balia, e si pone in bocca dei saccenti che vogliono rifare gli uomini e le cose a modo loro.

Ballafare o esser di balia si dice per fare o esser d’accordo.

Balle — diconsi i colli di mercanzie; — aver la roba a balle vale averne in grande abbondanza.

Balzano — bizzarro, che non va per la via comune; si dico cervello balzano per indicare un uomo strano d’idee e di costumi.

Bambara — giuoco di carte altrimenti detto primiera.

Bambage — cotone; tenere alcuno nella bambage vale custodirlo con ogni più scrupoloso riguardo.

Banco — dicesi il seggio del Giudice sedente pro tribunalichiamare a banco vale chiamare alcuno a rendere ragione del suo operato.

Bandolo — il capo della matassa, trovato il quale la matassa si svolge.

Bara — specie di lettiga ove si portano i morti.

Baracca — propriamente vuol dire capanna di frasche o d’altro che di poco stabile: per analogia si applica ad ogni complicanza di fatti della quale si prevede un fine sinistro, e ad ogni sistema in cui non si ha fiducia, perchè non vi si vedono elementi di stabilità e di durata.

Baraonda — si usa per significare riunione di gente che proceda confusamente e senz’ordine.

Barattare — cambiare; barattarsi i panni si dice di due persone che si travestono l’una coi panni, cioè, abiti, dell’altra.

Barbaglio — confusione di cose che turba la visione.

Barellare — si dice d’uomo che per briachezza non si regge bene in piedi nel camminare; per traslato si dice d’uomo che non va diritto nella via del dovere.

Battaglio — cilindro che pendendo nell’interno della campana la fa suonare quando è mossa.

Battere il tacco — andarsene.

Battesimo — per similitudine si usa a significar il nome imposto ad [p. 372 modifica]una cosa falsificata per ingannare chi compra; dare o ricevere il battesimo, quando si riferisce ad uomo, oltre il senso proprio, ha pur quello di riconoscere altri o essere da altri riconosciuto degno d’appartenere ad una setta, ad una consorteria ec, avendo tutte le qualità necessarie per appartenervi.

Battuta — si usa per pulsazione.

Bazza a chi tocca — fortuna a chi tocca una tal cosa desiderata da molti; modo di dire che viene dal giuoco delle carte.

Bazzecola — cosa da nulla.

Bazzicare alcuno — vale aver con esso familiarità, vederlo di frequente; bazzicare in un luogo vale andarvi con frequenza.

Beccare — propriamente significa il prender cibo che fanno i polli e gli uccelli; per analogia si applica anche a coloro che imparano malamente cose disparate; così beccando un po’ di tutto vale mettendo il becco, cioè l’ingegno, in molte scienze senza impararne alcuna con fondamento.

Beccarsi — ha il significato di prendere con facilità, come i polli beccano il grano: così beccarsi l’esame vale prendere un esame senza darsene pensiero.

Becchime — per beccume, e s’intende grano, vecce, panico, o altra specie di cibo che si dà a beccare ai volatili; o un miscuglio di tutti questi semi.

Becchino — colui che sotterra i morti.

Bécero — si chiama in Firenze l’uomo dell’infima plebe.

Bega — imbroglio; uscir di una bega vale liberarsi da un imbroglio; si usa anche in senso d’impegno noioso.

Bel bello — a poco a poco; adagio adagio.

Bellosul più bello vale nel miglior punto.

Berlina — vedi Gogna.

Bernoccolo — protuberanza.

Bertadar la berta, dar la baia, burlare.

Bestiame — raunanza di bestie; basso bestiame si dice in senso spregiativo l’infimo popolo.

Bever grosso — vale non avere scrupoli.

Biasciaresforzarsi di masticare una cosa; si dice dei fanciulli e dei vecchi: talvolta si usa anche per parlare a stento storpiando le parole.

Bilicostare in bilico, stare in equilibrio come il perno della bilancia.

Bimbo — fanciullo; bimbo serio, giovinetto che affetta serietà d’uomo maturo.

Bindolare — vale aggirare con inganno. [p. 373 modifica]

Birba — ordinariamente si usa parlando di giovani tristi e male avviati; spesso celiando si usa anche come vezzeggiativo; e qualche volta in senso ironico parlando di chi fa cosa che torna in onta alla persona che si vuol mordere; così le birbe dicono che tu fai, che tu dici ec.

Birbesco — proprio d’una birba.

Bisbetico — strano, o, come dicono gl’Inglesi, eccentrico; ordinariamente si usa parlando del carattere d’una persona, ma si applica anche alle cose.

Bisdossoa bisdosso vuol dire a cavalcioni; se si parla di cavalcare, vuol dire cavalcare senza sella.

Bistondo — si usa per esprimere un oggetto di figura rotonda, ma irregolare e goffa.

Bleso — dicesi propriamente chi per difetto di lingua non pronuncia a dovere le parole; ma si applica anche a chi affetta pronunzia forestiera.

Boccadire a mezza bocca vale dire alla lesta senza curarsi che altri intenda o faccia quello che si dice; dire per levarsi un obbligo e non più.

Bocconein tre bocconi, modo di dire che vale in brevissimo tempo; come fa chi in tre bocconi s’ingoia una pietanza.

Bofonchiare — parlare di molti a voce bassa e sdegnosa.

Bollare — segnar col bollo; si usa anche in senso di notare la gente che passa nella via, come è uso dei maldicenti e delle spie.

Bollireè un pezzo che la bolle, modo di dire usato per significare una prossima esplosione o di fatti o di parole.

Bollo — segno d’infamia che s’imprimeva col ferro rovente sulle spalle dei galeotti.

Bordello — si usa per chiasso, rumore, ec.; far bordello vale far rumore.

Botteghinofar botteghino d’una cosa vale farne mercato, trarne profitto illecito.

Bozzima — propriamente si chiama così un miscuglio di sevo e crusca usato dalle tessitore per rendere unite le fila della tela; per somiglianza si usa questa parola a dinotare ogni mescolanza di materie immonde.

Braca — notizia sui fatti altrui raccolta dai curiosi.

Bracato — si dice di persona grassa oltremodo.

Braccettoandare a braccetto vale dar di braccio ad alcuno.

Bracina — donna che vende la brace, ed in senso generico donna dell’infimo volgo. [p. 374 modifica]

Brava (alla)fare una cosa alla brava vale farla con disiotoltara.

Bravazzone — smargiasso, millantatore.

Bravo — è parola che spesso si adopera per significare un complesso di buone qualità in una cosa: così brava mezza, vuol dire un buono e bel bastone, ben portato, ec.

Briacone — bevitore che si ubriaca abitualmente.

Briccica — oggetto di pochissimo valore.

Bricco — vaso ove si tiene il caffè da versarsi nelle tazze.

Briciolo — minuzzolo; un briciolo d’una cosa vale un tantino, un pochetto, ec.

Brigliastare in briglia, contenersi, usare moderazione; a tutta briglia vale senza freno.

Briscola — giuoco di carte usatissimo dal popolo.

Brocca — vaso usuale di rame o d’argilla per attingere acqua alla fonte e conservarla.

Bronciofar broncio, impemalirsi tanto da mostrarlo nel viso.

Brontolare — talvolta vale mostrare scontentezza; tal altra rimproverare altrui; si usa anche per parlare a voce bassa.

Bruco — si usa nel senso di povero, privo di tutto.

Bubbola — frottola, e qualche volta ha il senso generico di cosa di nessuna entità.

Buccia — si dice propriamente l’epidermide delle frutta, e la scorza d’alberi giovani; per traslato vale pelle d’uomo: esser di buccia dura vuol dire tanto esser robusto fisicamente, quanto esser ruvido di modi.

Buco — si usa spesso per luogo; in o per ogni buco vale dovunque; qualche volta significa piccola stanza.

Bugigattolo — piccola ed oscura stanzuccia.

Buglione — accozzaglia confusa di gente, o mistura di cose; ma sempre in senso spregiativo.

Buon profar buon pro, giovare, tornare in vantaggio. Questo modo di dire viene dall’uso di augurare il buon pro a chi si leva da tavola, ma è usato sovente nel suo più largo significato.

Buscare — si dice propriamente dei cani che prendono in bocca gli oggetti che loro son gettati; per traslato vale guadagnare, e si usa tanto in senso di lucro che di danno.

Buscherato — modo volgare imprecativo.

Buscherío — chiasso, sia per allegria sia per diverbio.

Buttero — ragazzo che guarda gli animali al pascolo. [p. 375 modifica]

C


Cabala — trappoleria, astuzia.

Cagnesco — proprio di cane; guardare in cagnesco, guardare con ira repressa e dispetto. Lo stesso senso ha la frase stare in cagnesco con alcuno.

Calamitaesser la calamita d’alcuno vale avere tal qualità per cui altri si senta attratto a seguirti dovunque, come per virtù magnetica la calamita attrae il ferro.

Calata — scesa; presa la calata, vôlto il passo per la discesa.

Calo — da calare, nel senso di decrescere; preso a calo dicesi d’una cosa che si prende col patto di pagarne soltanto la parte che si consuma, e rendere il rimanente. Viene dai ceraiuoli, che danno a calo i ceri e le candele per le funzioni delle Chiese.

Camorro — parola che ordinariamente si applica a donna ed esprime il complesso d’ogni bruttezza.

Campare — si usa per vivere, quasi la vita fosse momentaneo scampo dalla morte.

Campare sulla buccia altrui — vale vivere a spese altrui.

Canèa — moltitudine di cani; scioglier la canèa vale lasciar andare i cani.

Caniandata ai cani, s’intende donna che per gli anni o per malattie ha perduto ogni attrattiva di bellezza.

Cantare — si usa in senso ironico quando altri ci dice cosa che sappiamo che non può recarci nè offesa nè danno; così lasciamoli cantare, lasciamoli dire.

Cantone — l’angolo di una stanza; rimanere in un cantone vale esser dimenticato.

Capanna — propriamente è il luogo ove si ripone il fieno; si usa ancora per ampiezza di capacità nelle cose.

Capannello — dicesi una piccola raunata di persone strette fra loro a discorso nella via.

Capellotornare a capello vale star bene a meraviglia, tanto da non poter trovare errore d’un capello, cioè di niente.

Capitare in un luogo — vale entrarvi a caso e senza deliberato proposito.

Capivoltato — vôlto col capo all’ingiù; parlandosi di bottiglie o altri vasi che contengono liquidi, la parola è sinonima di vuotato, giacchè appunto le bottiglie si capivoltano per segno che son vuote.

Capo ameno — si dice di giovane allegro e sollazzevole. [p. 376 modifica]

Capoccia — dicesi il capo di casa nelle nostre famiglie di contadini, e per analogia ogni persona che sta sopra gli altri in dignità od ufficio.

Capofittocascare a capo fitto, cascare col capo all’ingiù.

Capolinofar capolino, affacciarsi e scomparire, come fa chi vuol vedere senza esser visto.

Cappamagna — veste di ceremonia dei cavalieri di Santo Stefano.

Carlona (alla) — vale senza garbo nè grazia: insàccati una giubba alla carlona — dice il Poeta, e s’intende: vesti senza studio una giubba pur che sia.

Carnenon esser nè carne nè pesce vale non esser nè buono nè cattivo, non esser nè una cosa nè un’altra.

Cascaggine — dicesi propriamente quell’abbandono delle membra che si sente al venir del sonno.

Cascaredove anderà a cascare è modo di dire che significa dove anderà a finire, qual ne sarà la conseguenza; e viene dall’incertezza che si ha del luogo ove si poseranno gli oggetti lanciati nell’aria.

Castrapensieri — censore, che recide i pensieri altrui.

Cataletto — specie di lettiga ove portansi i malati ed i morti; andar nel cataletto vale morire; mettere al cataletto vale uccidere.

Caval di San Francescoandare o tornare col caval di San Francesco vale andare o tornare a piedi, come usano i Frati Francescani.

Cavezza — capestro di fune che tien legati i cavalli; tenere a cavezza vale tenere in stretta obbedienza.

Cavoliandar tra i cavoli, esser sepolto senza cerimonia e in qualsiasi luogo.

Celia — burla innocente.

Cembalo — strumento popolare che consiste in una cartapecora stirata sopra un cerchio; si suona battendovi le dita in cadenza, e agitando i sonagli appesi attorno; avere il capo in cembali vuol dire pensare a divertirsi.

Cencino di nobiltàstrappare un cencino di nobiltà vale farsi dichiarar nobile; e si dice degli uomini vani che cercano di ascriversi ad una nobiltà, quasi per avere uno straccio da coprire la oscura origine, che loro par vile.

Cheto — zitto; star cheto vale tacere.

Chiacchiere — parole e discorsi vani; chiacchiera vale cinguettío, smania di parlare; e talvolta storiella inventata che va per le bocche dei curiosi.

Chiappanuvoli — uomo che si gonfia di stolta albagia.

Chiappar la riva — afferrar la riva; ridursi a salvamento. [p. 377 modifica]

Chiappar sul covo — cogliere uno nell’atto di commettere azione vietata.

Chiassoe non fo chiasso! modo di dire che si usa per — e non dico in scherzo; finire il chiasso vale finire la burla, e si dice ironicamente, anche di cosa seria.

Chiaveserrar la porta a doppia chiave vale serrar la porta girando due volte la chiave nella serratura.

Chiotto — si dice di persona che non prende parte al conversare degli altri, e più ascolta che non parla, per suo fine occulto.

Chiovina — Fogna sotterranea ove scolano immondezze.

Chiudere un occhio — vale tollerare che altri faccia ciò che non dovrebbe, per segreta intelligenza che passa con lui.

Ciabatta — scarpa vecchia che si porta per casa senza calzare il calcagno; fare una cosa a ciabatta è modo di dire usato per significare cosa fatta alla peggio e senza riflessione, e viene dall’uso sconcio che hanno le persone trascurate di portar le scarpe a modo di ciabatta.

Ciacchero — si dice d’uomo che si sospetta tristo.

Cibrèo — pietanza che si fa mescolando interiori di pollo e uova; in senso traslato vale confusione di cose, pasticcio.

Cileccafar cilecca, modo di dire che potrebbe tradursi per mancare sul più bello; si dice, per esempio, di chi offre altrui alcuna cosa, e, quando sta per esser presa, la ritrae d’improvviso burlando il compagno.

Cima — sommità; applicata la parola ad uomo, vale uomo sommo.

Cincischiare — propriamente vale tagliuzzare, e per traslato fare una cosa a stento per difetto di attitudine; si dice per lo più dei fanciulli e dei vecchi che leggono a mala pena.

Ciondolare — si dice l’andar fiacco di persona debole; ha pure il senso di girovagare senza scopo per le vie.

Ciondoli — oggetti sospesi a qualche cosa di molto flessibile; per ironia le insegne cavalleresche pendenti all’occhiello del vestito.

Cipollegente doppia come le cipolle; — la similitudine è tolta dai molti involucri onde si compone la cipolla.

Cisoia — forbice da tagliare il panno.

Ciurlare nel manico — si dice di chi non corrisponde all’opinione che si aveva di lui e non regge alla prova che se ne faccia; è modo di dire tolto dagli arnesi che non stanno ben fissi nel manico, e però male si possono adoperare.

Coda — vale uomo antiquato nei costumi e nelle idee.

Collottola — la parte posteriore del collo; perder la collottola vale aver mozzo il capo. [p. 378 modifica]

Combriccola — Per lo più si usa a significare unione di poca gente per fine occulto; qualche volta si usa anche per radunanza.

Comodinofar da comodino vale prestarsi per aiutare altri in cosa che non possa fare solo.

Compitare — dicesi il leggere stentato dei principianti che decompongono le sillabe lettera per lettera.

Cómpito — lavoro assegnato; gli pianta il cómpito alla gola vale lo costringe per forza a quel tanto di lavoro.

Conciare alcuno — ridurlo a mal partito.

Confitto — applicato ad uomo, vale costretto a non potersi muovere.

Conoscere i polli — vale accorgersi, cominciare a conoscere la verità senza illusioni sugli uomini e sulle cose.

Consumoavere o sapere una cosa per suo consumo vale averne saperne tanto che basti per proprio uso, e non più.

Copertasotto coperta, nascostamente, sotto il velo d’una cosa nasconderne un’altra. Questo modo di dire non è preso dalla nave, ma dalla copertura che cela l’imagine che è sotto.

Copertoio — propriamente dicesi il coperchio d’un vaso; là dove il Poeta dice col copertoiodel vedovile, usa la parola in senso traslato, e intende sotto il titolo, ec.

Cor di Cesare — si dice d’uomo splendido e generoso.

Cornadir corna d’alcuno vale grandemente vituperarlo.

Cornaggine — caparbietà.

Cortealle corte vale in conclusione.

Corto — che ha difetto di lunghezza per arrivare a un dato segno; applicato ad uomo, vale di poco intelletto; tenersi corto vale usare parsimonia.

Coso — è parola che ricorre spesso nel parlare toscano, e si usa per designare un oggetto che non si vuole o non si sa qualificare più particolarmente. Si applica anche ad uomo, quasi confondendolo nelle cose materiali, per dinotare l’esser goffo, mancante di forme leggiadre, e d’intelligenza.

Costa — salita; e talora il colle stesso che fa salire la via; a mezza costa vale a metà della salita.

Costura — chiamasi l’impuntitura che riunisce insieme due pezzi di cuoio o di panno senza soprammetterli.

Cotenna — pelle d’animale, e in senso spregiativo pelle d’uomo.

Cottefurfante di tre cotte vale furfante in supremo grado, a somiglianza dello spirito di vino, che è tanto più perfetto quante più volte si raffina ripetendo la distillazione.

Crepa — fenditura che apparisce nel muro il quale minaccia rovina. [p. 379 modifica]

Crepare — si usa per morire, ma sempre in senso spregiativo e senza ombra di pietà.

Creste — si chiamano talvolta per similitudine le scuffie o berrette delle signore.

Crocifero — per crociato; s’intende cavaliere.

Cucinare — oltre il senso proprio, ha pur quello di trattar male, sacrificare; così siamo ben cucinati vale siamo bene acconci.

Cucire — si usa spesso in senso generico di unire: star cuciti vale star sempre uno presso l'altro.

Cullare — addormentare i fanciulli ondulandoli nella culla.

Cuoia — si usa per membra; ma propriamente significa la pelle, con traslato preso dagli animali, la pelle dei quali serve a fare il cuoio.


D


Da capo — di nuovo, una seconda volta.

Dar ansa — dare occasione, incoraggiare.

Dar carta bianca ad uno — vale dargli facoltà di dire o di fare quello che meglio gli sembri; include però sempre l’idea di mandato, ed equivale ad un mandato libero.

Dar della polvere negli occhi — modo di dire che vale allucinare altrui, togliergli il modo di veder chiaro nelle cose.

Dar di frego — cancellare, come si fa scrivendo, che si ricuopre d’un frego la parola che vuolsi cancellare.

Dare in tisico — aver sintomi di tise.

Dare un fermo — fermare all’improvviso un oggetto che si muove, opponendogli un ostacolo invincibile.

Dar fune — dar campo e libertà d’azione; modo di dire preso dai marinaj, che all’infuriare del vento slentano la fune alla nave ancorata in porto.

Darla a bere — darla ad intendere, far credere altrui quello che non è.

Dar nel naso — offendere, destar sospetto.

Darsi al serio — doventar serio, passare dalla giovanile spensieratezza alla gravità d’uomo maturo.

Dar una mano — aiutare.

Dar vita per vita — si dice per significare energicamente la volontà deliberata di subire tutte le possibili conseguenze d’un partito preso, vi fosse pur fra queste la morte.

Deboletastare il debole d’alcuno vale tentarlo in ciò che egli ha di più sensibile, o come dicono i Francesi nella sua suscettività.

Degnare alcuno — vale trattare con lui non guardando alla sua bassa condizione. [p. 380 modifica]

Dente o ganascia — modo proverbiale usato a significare la volontà risoluta di esigere che altri faccia una cosa, quand’anche debba soffrirne danno gravissimo; a somiglianza del cavadenti, che, messo il ferro in bocca, tira via, venga pure il dente o la mascella.

Depositeria — chiamasi in Toscana il tesoro pubblico ove si depongono le rendite dello Stato.

Dicasterico — appartenente a un Dicastero, che è nome dato in Toscana ai centri dell’amministrazione ed ove più abbondano gl’impiegati.

Diciotto di vino — modo proverbiale usato per per significare che sopra una tal cosa non si vuol transigere, sia con sè stessi, sia con altri.

Diluviare — propriamente si dice dell’acqua che cade in gran copia; ma si usa anche per accorrere di gente in gran numero, e qualche volta per mangiare senza discrezione; così il Poeta: — e se i preti diluviano di core, ec.

Dinoccolato — dicesi di uomo abbandonato della persona, e svogliato e lento nell’operare.

Di questo passo — si usa per — con questo procedimento.

Dir cose da chiodi di alcuno — vale raccontar fatti o dir parole che tornino in grave disdoro di alcuno.

Dir la sua — vale esprimere la propria opinione francamente.

Disinvolto — propriamente è l’uomo franco di modi; ma qualche volta si applica anche a chi spinge questa franchezza fino all’impudenza.

D’oggi in domani — da un giorno all’altro.

Donna e madonnaesser donna e madonna, modo di dire che vale la padronanza assoluta che una donna esercita in una casa.

Dormire fra due guanciali — vivere in beata sicurezza senza prendersi cura di nulla.

Dormiveglia — chiamasi quello stato fra il sonno e la vigilia, nel quale l’uomo non può dirsi nè intieramente desto, nè intieramente addormentato.

Dubbio — qualche volta si usa per timore; così il Poeta: per dubbio d’una infreddatura.

Duetto — piccola moneta toscana che vale due quattrini.

Duro — parlandosi d’uomo, vale zotico, di maniere incivili.


E


Entrata e uscita — le due partite del dare e dell’avere in cui dividonsi i libri d’amministrazione. [p. 381 modifica]

Erbain erba vale immaturo, a somiglianza del grano che ha li steli ancor verdi.

Escandescenza — enfasi data alle parole da chi ha l’animo commosso; il più sovente da ira.

Éstimo — chiamasi il libro ove sono descritti i beni dei privati e la quota delle imposte.

Estratto — dicesi nel giuoco del lotto la giuocata o la vincita fatta sopra un numero solo, perchè si chiamano estratti i cinque numeri che escono dall’urna; ambo e quintina sono le giuocate o le vincite fatte sopra due e sopra cinque numeri.

Ettenon manca un ette vale non manca nulla; modo di dire derivato dalla correzione delle scritture latine, nelle quali non è fallo di una benchè minima parola, come sarebbe la congiunzione et.


F


Faccia — propriamente si usa per viso, aspetto ec.; ma come nel viso si dipingono i moti dell’animo, così dicendosi — con che faccia venite — s’intende con che coraggio, con che pudore ec.

Facciata — propriamente è la parte principale ed esterna di un edifizio; non badare alla facciata vale non curarsi della forma esteriore.

Fagotto — involto di cenci.

Falsariga — chiamasi un foglio rigato di nero a misurate distanze, che sottoponendosi al foglio bianco, trasparisce di sopra come se questo fosse rigato, e guida la mano inesperta del fanciullo nella formazione delle lettere colla penna, e nell’andar diritto.

Farabutto — furfante.

Far buona tavola — mangiar bene.

Far buon viso ad alcuno — vale fargli festa; far buon viso talvolta vale rallegrarsi.

Far dei lunari — qualche volta vuol dire patir la fame, e qualche volta perdersi in vane speculazioni.

Fareil fare d’uno vuol dire il suo modo di vivere, di trattare, d’agire.

Fare a dirsele — vale dirsi a vicenda parole pungenti, quasi sfidandosi a chi più ne dice.

Fare a picca — contendere con emulazione.

Fare a tira tira — si dice di due o di più che si contendono una cosa, avendone ciascuno una parte in mano, e adoperandosi per averla tutta. [p. 382 modifica]

Fare il bravo — presumere di sè.

Fare il pelo e il contrappelo — vale usare ogni più sottile artifizio per far danno ad altri, sia cogli atti, sia colle parole; ed è modo di dire preso dai barbieri che per radere compiutamente la barba, passano e ripassano in senso contrario il rasoio sul viso.

Far fagotto — si usa tanto nel senso di apparecchiarsi a partire da un luogo, quanto nel senso di adunar ricchezze.

Far gola — vale destare appetito.

Farinanon essere schietta farina è modo proverbiale usato nel senso di dubitare che una persona o cosa sia di quella beltà che vorrebbesi far credere.

Far largo ad uno — cedergli il luogo; si usa per altro più comunemente quando si parla d’una folla di gente che si apre per far passare un corteggio, o qualche gran personaggio.

Far la zuppa nel paniere — è modo di dire usato a significare la mala e ridicola riuscita d’una cosa.

Far le sibille — vuol dire fare un incantesimo per avere i numeri da giuocarsi al lotto: strana superstizione popolare non peranco cessata in Toscana.

Far posto — trarsi indietro per cedere il posto ad altri.

Far razza — vale accomunarsi, stringere amicizia.

Farsi bello di una cosa — vale gloriarsene, attribuirsene il merito.

Farsi onore del sol di luglio — dar cosa che non costa nulla a chi la dà, per l’abbondanza che ne possiede, come sarebbe dare il sole nel mese di luglio: nello stesso senso si applica anche al dire ed al fare con poco merito.

Farsi un letto nell’animo altrui — predisporre altrui in proprio favore.

Far sul suo — vale usare ed abusare delle cose proprie: — un nuvolone che non fa sul suo — dice il Poeta, ed intende che non regala del proprio.

Far tutt’uno — considerare o trattare più cose o persone nella stessa maniera.

Fattarello — piccola storia, aneddoto.

Fermare — ha il senso di attrarre l’attenzione altrui; così cose che fermano la gente vuol dire cose che attirano gli sguardi del pubblico.

Ferri vecchiandar tra i ferri vecchi, doventare uomo inutile e antiquato.

Fiaccona — ritrosia al moto per debolezza di membra.

Fiasco — vaso di vetro con veste tessuta di paglia e schiancia, che si usa in Toscana per contenere il vino. [p. 383 modifica]

Fiera — propriamente grosso mercato dove si vende e si compra ogni specie di cose; corbellar la fiera è modo di dire che vale prendere in scherzo una cosa seria.

Figuro — uomo tristo.

Filastrocca — tal volta vuol dire racconto prolisso, séguito disordinato di discorsi; tal altra litania.

Fine — si usa per astuto; così testa fine, uomo fine; come si dice sottile per uomo d’acuta intelligenza.

Fiocca — si chiama la parte superiore del piede che rialza al cominciare della gamba.

Fiocchi — si dice una cosa co’ fiocchi per intendere una cosa eccellente, di lusso.

Fisime — immaginazioni, pregiudizi.

Fissare il chiodo) — talvolta si usa per fissare la mente in un pensiero, tanto da doventare monomaniaco.

Fittauna fitta vale una schiera, ma si usa sempre a significare unione di tristi.

Fitto — si usa per affitto.

Flaccido — propriamente si dice di cosa che è molle al tatto perchè interiormente guasta da fibra corrotta; per traslato vale fiacco; così il Poeta ove dice flaccidi vizi intende che han perduta anche la brutta energia che ha il vizio in corpi robusti.

Floscio — in senso proprio vale cascante per debolezza di fibra.

Foderare — ricoprire di fodera, che è una interna ricopertura del vestito, di tessuto diverso da quello del panno di sopra.

Foia — prurito amoroso.

Fondaccio — dicesi tanto il sedimento che fa il liquido nel fondo del vaso, quanto il fondo del vaso stesso; e per similitudine la parte più nascosta e profonda d’un oggetto.

Forare — bucare.

Fornaio — cuocitore e venditore di pane; accomodarsi il fornaio vale assicurarsi di che vivere.

Fornello — piccolo forno comunissimo nelle cucine per cuocere le pietanze.

Fossa — si usa per tomba, dall’uso cristiano di seppellire i morti scavando a modo di fossa il terreno.

Frasconiavere i frasconi, o camminare coi frasconi vale trascinarsi dietro a mala pena le gambe per soverchia stanchezza.

Frastornare — divagare.

Fregarsi — si usa per traslato in senso di andare servilmente attorno ad alcuno dal quale si spera di ottener favori.

Fricassea — specie di pietanza volgarissima; e per similitudine me[p. 384 modifica]scuglio di cose vili e sucide; così il Poeta dicendo — del basso popolo — la fricassea — intese il carname dei cadaveri volgari.

Friggere — si dice del romore che fa l’olio che bolle, e per traslato d’ogni altra cosa che gli somiglia.

Frignare — è il piangere interrotto e compresso dei fanciulli.

Frittocose fritte e rifritte vale cose notissime, dette e ridette.

Frizzo — lepidezza pungente.

Frollo — propriamente si dice di animale ucciso che comincia a guastarsi per vicina putrefazione; in senso traslato, vale malaticcio, debole ec.

Fronzoli — ornamenti ricercati: essere in fronzoli vale essere vestito in gala.

Frullar per la testa — vale passar nella immaginazione confusamente: si dice nello stesso senso gli gira, gli bolle.

Frullo — si dice il suono che fa il volo dell’uccello che si leva rapido da terra; pigliare a frullo, pigliare a volo.

Frutto di stagione — cosa accomodata ai tempi.

Fumo — si usa per vanagloria, ambizione ec.

Fungaia — dicesi quella moltitudine di funghi che spuntano in piccolo spazio di terra, ed ordinariamente a piè degli alberi. Applicata la parola ad uomini, ha sempre un senso tristo, come malefica è per lo più la qualità dei funghi che nascono a grosse fungaie.


G


Gabbare — ingannare; gabbate il poi, ingannate l’avvenire, cioè gli uomini che verranno.

Gabbato — ingannato con astuzia.

Gabellare alcuno — vale supporre che abbia una tal qualità; come alle dogane il gabellotto designa la qualità della merce per dedurne la misura del dazio che deve pagare.

Gallaspingere a galla vale spingere una cosa alla superficie dell’acqua perchè non si sommerga.

Galletto — gallo giovane; pietanza usatissima in tutti i desinari alla buona.

Gambale — è la forma di legno che usano i calzolaj per tener diritta la tromba dello stivale; qualche volta si chiama così la tromba stessa dello stivale, cioè la parte che fascia la gamba.

Gangheristar nei gangheri, stare a dovere, come sta la porta quando è bene fissa nei suoi gangheri o arpioni.

Ganza — l’amante.

Garga — dicesi di donna astutissima. [p. 385 modifica]

Gattabuia — prigione; andare, mandare alcuno in gattabuia, vale andare, mandare alcuno in prigione.

Genía — schiatta; si usa sempre a significare mala origine.

Gingillare — propriamente significa perdere il tempo in nonnulla; il Poeta peraltro l’usa come derivativo di Gingillino.

Gingillino — dicesi l’uomo che con minute arti arriva ad ottenere uno scopo. Il Poeta ha allargato il senso di questa parola imponendola al tipo dei cercatori d’impieghi, che con astuzie codarde giungono spesso ai più alti uffici.

Giocar di tutti — vale rischiar tutto, a somiglianza del giuocatore disperato, che rischia sopra una carta tutto il danaro che gli rimane.

Giocare — spesso si usa in senso di scommettere; gioco che l’hanno in tasca come noi. — Il Poeta scrive spesso gioco e giocare invece di giuoco e giuocare, seguendo anche nella ortografia la pronunzia popolare della parola.

Giocare ai bussolotti — vale spesso ingannare, facendo apparire ai creduli quello che non è, come fa appunto il giuocatore di bussolotti.

Giocarsi una cosa — vale esporsi al pericolo di perderla; e anche perderla per propria colpa. Il tale s’è giocato l’impiego.

Giovare — questo verbo si usa volgarmente in senso molto diverso da quello accettato nella lingua scritta: si dice non mi giovo d’una cosa per significare sento repugnanza ad una cosa, e vale tanto per repugnanza fisica che prende lo stomaco, quanto per repugnanza morale che viene da generoso sentire. Non così nel modo di dire — fare a giova giova — che ha il senso di fare ad aiutarsi a vicenda.

Gira gira — vuol dire prova e riprova, tenta e ritenta.

Girandolare — girare in qua e in là senza scopo determinato.

Girar largo — vale muovere da lungi, sia colle parole sia coi fatti per arrivare al fine che si ha in mente, acciò la gente non se ne apponga.

Girarrosto — arnese da cucina per fare arrostire la carne girandola sui carboni infilata nello spiede.

Giudizio — assennatezza; uomo di giudizio vale uomo che fa bene i fatti suoi.

Giulebbarsi una cosa — vale conservarla con cura, come si conservano le frutta nel giulebbe; si usa per lo più in senso ironico.

Giuntadar per giunta, dar per soprapiù.

Gnorsíe — idiotismo in vece di sì signore.

Gobba — schiena; far la robba a suon di gobba vale accumular denari a forza di faticare di schiena. [p. 386 modifica]

Gogna — dicesi la pubblica esposizione dei condannati alla galera. Si dice suonare a gogna perchè quando era in uso questa pena in Firenze, la campana del Bargello suonava per avvertire il popolo, il quale correva a questo tristo spettacolo o per curiosità, o per ricavare i numeri da giocare al lotto. Per gogna si usa anche la parola berlina; e quando il Poeta dice — berlina — che numero fa? — intende di far domandare ad uno degli assistenti, qual numero nel libro de’ sogni corrisponda alla parola berlina.

Gonfiare — si usa talvolta per insuperbire.

Gora — propriamente è il fosso che conduce l’acqua al molino, ma si usa anche per significare gente che va tutta in un senso, come l’acqua nella gora.

Gorgogliare — ribollire; prendendo l’effetto per la causa, giacchè l’acqua che bolle gorgoglia.

Gramola — istrumento di legno col quale si maciulla il lino e la canapa.

Granata — arnese di scopa o di saggina usato per spazzare le stanze. I condannati alla galera spazzavano un tempo le vie in Toscana, e andavano muniti di tale arnese.

Grandigia — atto superbo.

Grattare uno strumento — vale suonarlo malamente. Si dice di strumenti a corda come la chitarra ec.

Greppia — mangiatoia dei cavalli nelle stalle.

Grettería — risparmio mal consigliato negli accessorii d’una cosa che vorrebbe farsi splendidamente.

Grilli — parola spesso usata nel parlar nostro, a significare fantasie strane dietro le quali corrono talvolta i cervelli degli uomini.

Grinta — fisonomia impudente e sfacciata.

Grinza — ruga; aver le grinze nel cuore, per avere il cuore invecchiato.

Grogiolarsi — vale in senso proprio scaldarsi a bell’agio, e in senso traslato condur la vita in mezzo ai comodi e senza cure.

Groppone — schiena.

Grugno — il muso dell’animale, e più specialmente del porco; si dice dell’uomo per spregiativo.

Grullo — melenso, rimminchionito.

Gua’ — idiotismo per guarda.

Guasto — guastato; capo guasto vale testa guastata da studi mal fatti e da cattivi principii appresi.

Guattera — dicesi di donna che fa i bassi servigi in cucina.

Gufofare il gufo, vivere a se come il gufo, che sene sta rintanato finchè c’è luce.

Guitto — che mostra sudicia povertà in tutto il suo esteriore. [p. 387 modifica]

I


Imbeccare — propriamente significa il modo col quale gli uccelli fanno cibare i loro nati; in senso traslato si usa per insegnare, ma in modo pappagallesco; la stessa significazione ha la frase dar l’imbeccata.

Imbirbonire — doventar tristo.

Imbottito — ripieno; si dicono imbottiti i cuscini ripieni di stoppa di crino; si dice imbottito un vestito per l’ovatta che sta cucita nell’interno fra il panno e la fodera.

Imbrancarsi — mettersi nel branco, unirsi alla comitiva.

Imbrodare — lordare di broda.

Imbrogliare alcuno — vale ingannarlo con false ed artificiose parole.

Impalatostare impalato vale stare diritto e muto come un palo.

Impancarsi — sedersi a panca, unirsi in compagnia; — impancarsi a fare una cosa vale porsi a fare senza avere abilità di far bene, ma per sola vanità; talvolta per eccesso di presunzione.

Impastoiato — impedito nei moti dalla pastoia, che è un legame che si suol porre ai piedi dei cavalli alla pastura, per tenerli fermi in piccolo spazio.

Impecorito — ridotto pecora, avvilito.

Impennarsi — atteggiarsi a resistere; propriamente la parola esprime l’atto del cavallo spaventato o soverchiamente incitato che si alza sulle zampe posteriori per rovesciare il cavaliere.

Impiccato — dicesi di chi è tanto stretto nel vestito da doversi tenere impettito a modo d’impiccato.

Impronto — si dice del fanciullo che a tavola pone da se le mani nel piatto ove è la pietanza, senza lasciare che altri gliene assegni la sua porzione.

Inalberarsi — accendersi di subito sdegno.

Incarognito — invilito, fatto carogna.

Incastrare — propriamente ha il senso materiale di includere framezzo; ma si usa anche nel senso generico di unire una cosa ad un’altra per artifizio che si usi; se c’incastra una guerra vale se ci si unisce una guerra.

Incocciare — aversi a male, impermalirsi.

Indicemesso all’indice vale riprovato, come un libro posto nell’Indice dei proibiti.

Indivia — Specie d’insalata; per simiglianza diconsi cesti d’indivia i fiori e le trine che adornano con cattivo gusto la pettinatura d’una signora. [p. 388 modifica]

Indolenzito — dolente per patito costringimento.

Infarinato — in senso proprio vale ricoperto leggermente di farina; per modo traslato essere infarinato di lettere vale avere una qualche istruzione letteraria.

Infatuarsi — divenir fatuo da tanto che si è presi d’una cosa che piace.

Infilare — propriamente vale passare il filo nella cruna dell’ago; per similitudine si usa anche in senso di porsi addosso vestiti, stivali ec., infilandovi le braccia o le gambe; e in senso traslato esprime il trovare finalmente una cosa dopo aver fatti molti tentativi per ricercarla, come chi aguzza gli occhi e tenta e ritenta per far passare il filo dalla cruna dell’ago: così si dice infilar la strada, la rima ec.

Inghebbiato — che ha ripieno il ghebbio o sia lo stomaco; dicesi di pollo ben pasciuto.

Ingollare — trangugiare, mandare in gola.

Ingombro — dicesi tuttociò che impedisce senza pro la locomozione sia nelle vie, sia nelle case.

Ingozzarsi una cosa — vale sopportarla senza risentirsene; ingozzati del bue significa sopporta di esser chiamato bue.

In riga — sotto colore, in aspetto.

Insaccare — metter nel sacco; ma si usa anche in senso generico per cacciare confusamente persone o cose in un luogo.

Insafardare — sporcare una cosa con materie grasse e sucide.

Insudiciare i ginocchi — vale inginocchiarsi, prendendo l’effetto per la causa.

Insudiciare il grado — far onta al proprio grado con parentado ignobile.

Intasare — si dice propriamente di fogna o canale dove per ostacolo racchiuso non possa scorrere liberamente l’acqua o l’aria; è usato anche per significare l’effetto della flussione che chiude il passaggio del respiro dalle narici.

Intendere a sordo — si usa sempre congiunto alla particella negativa: non intendere a sordo vale saper fare suo pro delle cose udite.

Intesestar sulle intese, cercare con ogni cura di saper cosa che interessi.

Intingolo — salsa, manicaretto.

Intonaco — dicesi propriamente lo strato di calce che ricopre le muraglie; e come ogni altra parola la quale indichi ciò che nasconde la sostanza d’un oggetto, si usa per apparenza.

Introdurre alcuno in qualche luogo — vale presentarcelo; fatti introdurre dice il Poeta, e s’intende fatti presentare.

Intruglio — mescolanza senza nome, di cose diverse. [p. 389 modifica]

Ipoteca — si usa per pegno; tenere in ipoteca vale tenere in pegno.

Ipotecario — usuraio.

Ireoh v’è che ire, oh v’è molta strada da fare, intercede assai distanza.

Ito — andato; quest’è ito vale questo è morto.


L


Lanaesser tutti d’un pelo e d’una lana — vale essere tutti uguali, ma quasi sempre in senso tristo.

Lascia il tempo come lo trova — suol dirsi della nebbia che, dileguata, lascia il cielo sereno o nuvoloso com’era innanzi; questo modo proverbiale si applica peraltro ad ogni cosa che non ha conseguenze, che non lascia traccia di se.

Lasciare in bianco — omettere, come talvolta scrivendo si lascia nel verso lo spazio vuoto della parola omessa.

Lasciar nelle peste alcuno — vale abbandonare alcuno per codardia in una grave difficoltà, senza prestargli nessuno aiuto, ma lasciando che se ne tragga come può meglio da se.

Lascito — legato testamentario.

Lattime — malattia cutanea propria dei bambini lattanti.

Leccare — si usa dal popolo per far guadagno disonesto con astuzia.

Leccare la cavezza — servir bassamente.

Lemme lemmeandare o venire lemme lemme andare o venire a passo lento e mal reggendosi sulla persona.

Lesto — pronto; lesto di cervello vale di mente pronta ed arguta.

Levar di grinze — vale stirare: levare di grinze il corpo si dice di chi mangia a sazietà dopo lungo digiuno.

Levar la mano — dicesi di cavallo che ha presa la corsa, senza che il cavaliere possa frenarlo.

Levatrice — chiamasi la donna ostetrica che assiste ai parti.

Lezzo — fetore di sudiciume.

Liberaalla libera modo di dire che vale senza riguardi.

Linguaccia — maldicente.

Lisciato — adulato; dal modo che si usa nell’accarezzare gli animali domestici; — si adopera anche per adorno con leziosità.

Logiche — si chiamano dal popolo i giovani eleganti e fatui.

Loia — sudiciume inveterato.

Lombricaio — propriamente si dice di luogo putrido che alimenta gran quantità di lombrichi.

Lucidatore — dicesi colui che ricopia materialmente un disegno altrui sovrapponendovi carta trasparente. [p. 390 modifica]

Lucignolo — chiamasi quel tanto di bambagia che si pone nella lucerna o che è nell’interno della candela, per alimentare la fiammella che dà luce.

Lunatico — strano, mutabile di umore, a somiglianza delle fasi lunari.

Lungo e disteso — si dice di chi cade con tutta la persona.


M


Maccaa macca, alla rinfusa, senza distinzione.

Macchione — grosso cespo di macchia fitta di spine e d’arboscelli.

Mammalucco — uomo goffo di persona e di grosso intelletto.

Mandar a monte — disciogliere, rescindere un patto, un accordo ec.

Mandare a quel paese — modo imprecativo che vela una parola sconcia; è sinonimo di — mandare a Buggiano, a Venezia, ec.

Mandare a rotoli — vale ruinare, quasi far rotolare chi si è abbattuto.

Manette — anelli di ferro stretti ai polsi e dei quali si valgono gli agenti della forza pubblica per assicurare i catturati. Codice delle manette chiama il Poeta il complesso di tutte le arti della bassa polizia.

Mangiamoccoli — parola spregiativa colla quale il popolo designa i cattivi preti che per avidità di danaro vanno a caccia di mortorii.

Manistar colle mani in mano, modo di dire che vale non aiutarti, lasciare che altri ci tragga d’impaccio, oziare.

Mannaè manna, è gala, modi di dire che esprimono — è tutto quel che può sperarsi.

Manoalla mano dicesi di persona affabile con tutti.

Manovale — l’operaio che aiuta il muratore portandogli sassi, calcina ec.; in generale si usa per significare infimo artefice d’ogni mestiere.

Marame — marmaglia.

Matricolato — propriamente dicesi di chi è abilitato all’esercizio d’una professione, ma si usa anche a significare tutta l’arte e la malizia che hanno gli uomini o le donne esperti nelle furberie del gran mondo.

Mazzofatto il mazzo, unire insieme varie persone e cose.

Melare — tirare le mele ad uno; farsi melare vale farsi fischiare, esporsi alle derisioni altrui.

Menno — impotente a generare.

Mercatino — uomo di mercato; si usa in Firenze per uomo del volgo.

Merciaio — venditore ambulante di mercerie; il Poeta l’adopera come sinonimo di merciaiuolo, sebbene forse nell’uso le due parole abbiano senso distinto, perchè il merciaio aspetta i com[p. 391 modifica]pratori alla bottega, mentre il merciaiuolo li va a cercare colla merce.

Messo — cursore del tribunale che porta le citazioni.

Mestare — si dice di chi si adopera in una o più cose senza discernimento e per sola smania di fare: talvolta ha pure il senso di comandare, di far la prima parte in un’impresa.

Mestieresapere il mestiere vale far bene una qualche cosa.

Mettere alle strette alcuno — vuol dire non lasciargli altra scelta che o di fare ciò che gli si impone, o di patir danno.

Mettersi coi piedi e colle mani — adoprarsi con ogni sforzo ed ingegno possibile.

Miccinofare o dare a miccino, fare o dare con parsimonia.

Minestra — si usa spesso in senso generico per significare quei mezzi di sostentamento che ogni uomo cerca di assicurarsi; tener dalla minestra, abbracciare quel partito che garantisce la paga e con essa il da vivere.

Misceauna miscea vale un nonnulla.

Mogio — avvilito, facile a condursi a volontà altrui.

Molle — arnese da attizzare il fuoco; spropositi da prender colle molle vale spropositi tanto madornali, da prendersi colle molle, come fossero cose materiali.

Monco — dicesi d’uomo privo delle mani, ed in generale d’uomo che non può fare uso di tutte le sue facoltà; e anche di cosa in qualche parte manchevole.

Mondiesiger mondi, esiger cose grandissime e quasi impossibili.

Montanino — uomo di montagna.

Morchia — si chiama la posatura densa e puzzolente di un liquido qualunque, ma più specialmente dei liquidi oleosi.

Mortorio — nell’uso familiare si adopera per significare una riunione senza allegria, e nella quale la gente è trista come se assistesse ad un uffizio da morti.

Mota — il fango della strada.

Motriglio — fanghiglia immonda.

Mozzare il fiato — togliere il respiro; — sentirsi mozzare il fiato vale sentirselo mancare per aria infetta che si respiri.

Muffa — propriamente è la vegetazione che nasce sulle cose mal custodite, prodotta dall’umido; ma si usa anche per superbia.

Mulinare — si dice del vento estivo che aggira in piccole spazio la polvere e le foglie, a modo di tromba.

Mungere — per traslato vale cavar denari.

Murain quattro mura vale in casa, prendendo le parti per il tutte; e si usa sempre parlando della vita solinga che si con[p. 392 modifica]duca in una casa, ove non siano compagnia nè comodi, ma poco più che ignude pareti.

Muso — ordinariamente si dice degli animali, e quando si applica all’uomo è per lo più in senso spregiativo; muso lungo un palmo vale aspetto malinconico per noia o per dispetto: partir col muso basso vale partire con rincrescimento, e qualche volta partire umiliato dai detti o fatti altrui: far muso vale mostrare nell’aspetto di aversi a male di una qualche cosa: esser muso da ciò vale esser uomo atto a fare una tal cosa che richieda coraggio o abilità.

Musoneria — sostenutezza superba.

Mutria — arroganza che si manifesta nell’atteggiarsi della fisonomia.


N


Nascere il fungo — dicesi di cosa che comparisce dopo lunga espettazione, come il topo partorito dalla montagna.

Nebbione — applicato ad uomo, vale vanitoso.

Nescifare il nesci, affettare ignoranza d’una cosa che si sa.

Ninnolo — balocco da fanciulli; si usa anche per cosa da nulla.

Nobilea, nobilume — si usa per qualificare in senso spregiativo la gente nobile.

Nomèa — rinomanza.

Non c’è cristo che tenga — non c’è argomento, non c’è autorità che valga ad impedire.

Non parer suo fatto — si dice di cosa condotta da taluno tanto destramente da far dubitare che non sia fatta da lui.

Novizio — inesperto del mondo.

Nuvolo — in senso traslato si usa per moltitudine affollata; così il Poeta — con un nuvolo d’amici attorno. —


O


Oca — giuoco di dadi innocentissimo e fanciullesco.

Occhio ad una cosa — in modo imperativo, vale attenzione ad una cosa.

Occhio destroesser l’occhio destro di alcuno vale esser ben visto, essere in grazia.

Occhio pesto — occhio con occhiaia, quasi pestato da una percossa.

Ordinario — si usa talvolta in opposizione di scelto, parlandosi di cose; e di nobile, parlandosi di persone; così anima ordinaria, [p. 393 modifica]anima volgare. Come sostantivo, la parola ordinario vuol dire il desinare solito di tutti i giorni, sia in casa sia all’osteria.

Ordineesser all’ordine, esser pronto.

Ossoaver un osso per la gola, avere un pensiero molesto da non potercisi adattare: — arrivare all’osso propriamente si dice di ferita o di piaga che ponga l’osso allo scoperto; per traslato si applica a cose e parole che profondamente ci feriscono a modo di arme.


P


Padella — arnese da cucina usato per friggere, e però sempre unto e nero dal fumo.

Paesano — questa parola ha nell’uso diversi significati; più comunemente si adopera per indicar gente dello stesso paese, ed è quasi sinonima di concittadino: ma quando il Poeta dice — mi sento paesano paesano, intende — mi sento esclusivamente del mio paese.

Pagare il noviziato — vale subire le conseguenze triste di cosa che si tenta per la prima volta. È modo di dire venuto dalle università dove agli scolari novizi si facean pagare cene e merende.

Pagliaccio — dicesi propriamente il buffone delle compagnie dei funamboli, giocolieri ec., ma si applica ancora a chi con sciocchi atti o facezie scipíte vuol tenere allegre le brigate.

Paietto — diminutivo di paio o paro.

Palataavere i danari a palate, cioè averne tanti da raccoglierli colla pala, che è arnese di legno usato per ammonticare il grano.

Palio — propriamente vuol dire corsa di cavalli, ma si usa anche nel senso generico di gara, contrasto ec.

Palmento — dicesi quella pietra su cui gira la macina dei molino; mangiare a due palmenti vale mangiare a doppio, mangiare per due.

Panatica — parola di senso generico, che significa il mangiare e il bere usuale d’un uomo. Vedi Stecchetto.

Pane e cacioesser pane e cacio con alcuno vale star con esso in gran dimestichezza e confidenza.

Pania — propriamente è il vischio col quale si prendono gli uccelli. Per traslato s’intende passione amorosa nel senso il più triviale.

Papa seiessere il papa sei vale essere il trastullo; modo di dire preso dal giuoco delle minchiate.

Pappatoria — il mangiare. [p. 394 modifica]

Paretaio — modo di caccia colle reti per prendere uccelli; si usa anche per astuzia tesa in danno altrui.

Parolaio — parlatore e scrittore di frasi vuote.

Partita — chiamasi l’intiero corso d’un giuoco.

Partirsi una cosa — dividersela, assegnando a ciascuno la propria parte.

Passar liscio — fra i molti significati che ha questo modo di dire, ha pure quello di non curare, non fare atto d’accorgersi, ed in questo l’adopera il Poeta.

Pastaficcar le mani in pasta, modo di dire che significa giungere ad aver parte nel comando, nella direzione d’una qualche cosa.

Pasto — chiamasi ognuna delle due o tre refezioni che si fanno nel corso del giorno; a tutto pasto è modo di dire che accenna l’uso ordinario che si fa di una cosa, quasi di vivanda mangiata ad ogni pasto, o come parte principale di ogni pasto.

Pecetta — cerotto, cataplasma ec.

Pedata — si usa per calcio, colpo violento dato altrui col piede ec.

Pedina — contrapposto a dama vuol dire donna non nobile; modo di dire tolto dal giuoco della Dama.

Pelacani — quasi scortichino di cani; si dice di gente vilissima.

Pelare — vale portar via i quattrini come si fa delle penne d’un pollo: pelacchiare ha lo stesso significato in senso diminutivo.

Penauscir di pena vale cessare di soffrire.

Pencolare — si dice di cosa che accenni di cadere.

Pennellofatto a pennello, fatto tanto bene quanto non lo potrebbe far meglio un pittore.

Pentolo — arnese da cucina ove si cuoce la carne.

Pera — qualche volta si usa per testa; grattarsi la pera vale avere un pensiero molesto.

Perdere il colpo in una cosa — vale ammortirsi, come il colpo d’un oggetto scagliato si ammortisce incontrando un corpo molle.

Perder d’occhio — perder di vista, smarrire.

Perdere il fiato — adoperarsi invano.

Perder la bussola — vale smarrirsi nel fare una cosa, perdere il senno.

Perder l’erre — bever tanto da perder la facoltà di parlare spedito, non potendo pronunziare la lettera r, che vuole qualche sforzo meccanico della lingua.

Pescare — vale qualche volta ritrovare dopo aver cercato assiduamente, e qualche volta cercare a caso come il pescatore che getta le reti.

Pescar nel fondo — veder addentro nelle cose. [p. 395 modifica]

Pescar nel torbo — vale il far suo pro, occultamente aggirandosi sia nei dissidii privati come nei pubblici.

Pettegolo — si dice d’uomo di piccolo animo, pieno di curiosità puerili e chiacchierino.

Pezzotutto d’un pezzo, parlandosi d’uomo, vale persona intirizzita e stretta nelle vesti, quasi non abbia congiunture alle membra; un pezzo, senz’altro aggiunto, indica un pezzo di legno da ardere nel caminetto; pezzi diconsi pure le diverse parti che compongono una macchina: svita pezzo per pezzo ec.

Piallare — render levigata una superficie colla pialla, che è arnese da legnaioli.

Piantare una casa o una persona — vale abbandonarla, lasciarla in tronco.

Piantastecchi — arnese usato dai calzolaj per fermare con piccoli pezzetti di legno appuntato le suola delle scarpe, o per tenere unito il tacco.

Piattolone — grossa piattola, che è animale comunissimo che vive in luoghi umidi e oscuri.

Piccato — vale incaponito per puntiglio.

Picchia e mena — alla fine.

Piccinino — piccolissimo.

Piedisu due piedi, all’improvviso.

Piegaveder che piega pigliano le cose, osservare da qual parte pende la fortuna degli avvenimenti.

Pigliarla con alcuno — vale dargli la colpa di una cosa che ci offese.

Piletta — vaschetta di marmo o di pietra, nella quale si serba l’acqua santa nelle Chiese, o a capo del letto.

Pillacchere — diconsi le schizzature del fango sui vestiti e sulle scarpe; forse per analogia col seme di certa pianta così nominata, che quando è secco si attacca facilmente ai panni passeggiando sui prati.

Pioli — colonnini di pietra quali si vedono all’intorno delle piazze, ed alle porte dei palazzi.

Piovere — in senso traslato vale cadere, venire in gran copia, sia d’uomini o di cose: piovuto in un luogo vale trovatovisi a caso.

Pipare — fumar tabacco colla pipa.

Plateafar platea ad alcuno, starlo a sentire come fanno gli spettatori all’attore in teatro.

Ponsare — vale rattenere il fiato per fare maggiore sforzo. Il Vocabolario ha ponzare, ma in qualche parte di Toscana la z è mutata in s per maggior dolcezza, ed il Poeta ha seguito quest’uso.

Po’ poi — finalmente. [p. 396 modifica]

Popolano — oltre il senso ovvio di uomo del popolo, questa parola indica ancora chi appartiene al popolo d’una tal parrocchia.

Posato — parlandosi d’uomo, vale serio, costumato ec., e si dice per lo più dei giovani quieti più che l’età non comporta.

Potato — dicesi d’albero al quale l’agricoltore taglia i rami per farlo crescere a modo suo; per traslato si applica ai giovani immiseriti da servile educazione: talora si usa anche per castrato.

Pover a lui o a loro — modo di dire che rivela un sentimento di pietà per alcuno, nel senso di tristo a lui, guai a loro ec.

Pozzanghere — si chiamano i laghetti d’acqua sudicia che si trovano nelle strade mal selciate ed umide.

Premereciò che preme vale ciò che importa.

Prender coi denti una cosa — vale porvi un tale impegno da volerne vedere ad ogni modo la fine.

Prenderenon te ne prendere vale non te ne affliggere.

Prender l’a ire — prender l’andare.

Prenderla larga — divagare col discorso prima di venire a ciò che più importa.

Prender la mano a fare una cosa — vale eseguirla con facilità per l’abitudine acquistata nel farla spesso.

Prender nel branco — accogliere alcuno nella comitiva, accoglierlo nella propria casta ec.

Prenditoria — banco ove si giuoca al lotto.

Presa — si dice il numero degli uccelli presi all’aucupio; si applica anche ad ogni altro genere d’acquisto.

Preso alla pania — dicesi d’uomo che non è libero nei suoi moti, come l’uccello preso al vischio.

Pretendere a uomo — si dice comunemente dei fanciulli che vorrebbero parere uomini fatti, ma il Poeta con bel traslato applica questo modo di dire anche a coloro, che, sebbene nati in basso stato, pure hanno il sentimento dei propri diritti, come uomini, e voglion farli valere: — anche lo sguatiero — pretende a omo.

Primiera — giuoco di carte usatissimo.

Procaccino — colui che porta le lettere da un paese all’altro facendo la strada per lo più a piedi. Fare il procaccino vale andare innanzi e indietro per conto d’altri.

Pruno — pianta spinosa.

Pulire — vale togliere il sucido o il rozzo ad una cosa; pulire i costumi, vale ingentilirli.

Punger nel tenero — vale ferire nella parte più sensibile.

Puntomesso a punto, messo all’impegno.

Peta il caso e puta caso — per esempio. [p. 397 modifica]

Puzzar d’una cosa — vale dare indizio di averla, come il puzzo è indizio della cosa da cui emana; si dice sempre di cosa sospetta o proibita: così puzzar d’alfabeto vale dar sospetto di saper di lettere, puzzar d’eresia dar sospetto d’essere eretico.


Q


Qualenon esser per la quale ha il senso di non esser atto a quella tal cosa di cui si parla.

Quaresima — si usa talvolta per astinenza e parco vivere; così il Poeta — che alle vostre quaresime si deve — l’itala gloria.

Quartato — che ha tutti i quarti; si dice di persona d’origine nobilissima.

Quattrinaio — vale uomo denaroso.

Questasentite questa si dice quando si vuol raccontar cosa che farà stupire chi ascolta.

Quissimile — latinismo usato per dire un che di somigliante.


R


Raccapezzare — indagare con minute ricerche, e qualche volta trovare dopo minute ricerche.

Raccattare una parola — vale tanto raccoglierla nella memoria, quanto prenderne occasione per muover discorso con chi la proferisce.

Raddrizzarsi — vale migliorarsi, volgendo in traslato il senso materiale della parola.

Raggranellare — andare raccogliendo qua e là, come si fa dei semi di grano sparso.

Rannuvolarsi — parlando di uomo vale doventar serio, dar segno di sdegnarsi.

Raschiare — grattare la superficie d’un oggetto per tôrne via ciò che la ricuopre: si raschiano i legni dorati per raccoglierne l’oro. Così il Poeta — e le raschiate mura — ripiglian l’oro della raschiatura; — cioè le dorate case dei nobili, impoverite dagli usuraj, riprendono l’oro ond’erano da quelli state spogliate.

Raspare — si dice degli animali che raspano la terra colle zampe unghiate; e per somiglianza del brutto lavoro fatto da questi, si chiama raspaticcio lo scrivere scarabocchiato del fanciullo principiante. Il Poeta usa questa parola in senso traslato, e ne applica il significato a chi fa una cosa così come può, alla meglio, senza gran conclusione, ma con buona volontà. [p. 398 modifica]

Rattrappito — rattratto, privo di liberi moti.

Razzafar razza da se, non praticare alcuno; si usa anche per specie, come che razza di cristiani ec.

Recere — vomitare.

Re di picche — locazione presa dalle carte da giuoco, e vale re da nulla: e non parlandosi di re, uomo stizzoso, e di volontà prepotente, ma senza forza necessaria per esserlo veramente.

Reggere il candelliere — propriamente si dice di chi aiuta tresche amorose d’altri; ed in senso più generico vale esercitare bassi uffici in pro d’altrui.

Registrogiuocar di registro vale mutar discorsi e opinioni, come il suonatore d’organo muta il tono col mutare il registro.

Restar di sasso — rimanere attonito per meraviglia.

Rettadar retta ad alcuno, vale ascoltarlo, piegarsi ai suoi consigli; dar retta ad una cosa vale farne conto.

Rettoricume — rettorica vieta, passata d’uso.

Ricerchiato — sostenuto intorno da cerchj; si dice delle botti e di altre cose simiglianti.

Ricevere — si usa per fare le accoglienze a chi viene in casa propria: così il Poeta — ritto a ricevere — sta l’usuraio.

Ridere in barba ad alcuno — vale prendersi giuoco di alcuno con disprezzo, spesso alla sua stessa presenza.

Ridursi sulla paglia — ridursi all’estrema miseria.

Rifascioa rifascio si usa nel senso di grande e disordinata quantità d’una cosa.

Rifinito — oltre il senso ovvio di privo di forze, questa parola ha pur quello di rovinato negli interessi, privo di danari.

Rifrittura — dicesi d’una cosa che senza mutare sostanza muta forma e qualità, a somiglianza d’una vivanda cucinata e ricucinata in diverse maniere; rifritture d’atei chiama il Poeta quegli uomini, che dopo aver professato ateismo, si danno a predicar religione.

Rimandar per ladro — licenziare alcuno come ladro.

Rimeggiare — scrivere versi vuoti di concetto, e che nulla hanno di poetico tranne la misura e la rima. Vedi Tu per tu.

Rimettere a nuovo — dicesi del racconciare tanto bene un oggetto vecchio, da farlo comparire come se fosse nuovo.

Rimminchionito — uomo che ha perduto ogni energia morale e fisica.

Rimpaciato — pacificato di nuovo.

Rimpannucciato — si dice del povero che è riuscito a migliorare la propria condizione. [p. 399 modifica]

Rimpastare — rifare colla stessa materia, e qualche volta racconciare.

Rincattucciarsi — ritrarsi impermalito, a modo dei fanciulli che cercano di nascondersi negli angoli delle stanze.

Rincarar la dose di una cosa — in senso proprio vale accrescerne la quantità; nell’uso per altro si applica a chi, dopo aver detto male di alcuno, riprende l’argomento e ne dice peggio.

Rinculare — andare o spingere a ritroso.

Rinfrancescare — tornare col discorso a cose ridette, inutili o non gradite a chi ascolta.

Ringambalare — rimettere in gambale, cioè in forma, la tromba dello stivale.

Rintanarsi — chiudersi in casa.

Rintostare — render più forte.

Rinzeppato — stivato in un luogo dove male si può capire.

Ripappare — rimangiare.

Ripassare — scorrere colla mente, ridursi a memoria.

Ripesco — chiamasi volgarmente un segreto intrigo amoroso.

Ripiallato — ridotto a miglior forma colla pialla. Così il Poeta parlando d’una donna gobba e storta dice — rimessa all’ordine — e ripiallata, — e intende racconciata e raddirizzata artificiosamente.

Ripicco — dicesi un dispetto che taluno fa ad altri per vendicarsi fanciullescamente di qualche lieve offesa ricevuta.

Ristacciare — in senso proprio vale tornare a passar per staccio; in senso traslato vale tornare ad esaminare, a sindacare minutamente.

Ritaglietto — piccolo avanzo.

Ritinto — tinto di nuovo; applicato a uomo e a donna, sta a significare chi cerca di nasconder l’età colle arti della toelette.

Ritornello — è il refrain dei Francesi, e si usa anche a significare ogni ritorno della stessa cosa.

Ritrovarsipar che dal giubbilo — non si ritrovi, — pare che dalla gioia non trovi, non conosca più sè stesso.

Riunto — in senso proprio vuol dire unto di nuovo, e si applica a cose vecchie alle quali vuol darsi aspetto migliore; in senso traslato ed applicato ad uomo, vale migliorato di condizione, insignorito.

Rivendita — s’intende bottega che vende a minuto cose comprate all’ingrosso; aprir rivendita, aprir bottega.

Rivendugliolo — chi rivende oggetti di poco prezzo.

Rivoltar la frittata — dicesi per traslato d’una cosa alla quale si [p. 400 modifica]muta forma senza mutar sostanza. In questo senso l’usa il Poeta, sebbene questo modo di dire si applichi anche a colui che sopra una stessa cosa dice oggi a’ rovescio di ciò che disse ieri.

Rivoltarsi — vale difendersi, repulsare l’offesa.

Roba o robba — si dice volgarmente d’ogni specie d’averi o cose; fare o dire roba da cani vale dire aspre parole o fare azioni inqualificabili: qualche volta si può riferire anche ad uomo; così roba in giacchetta e roba in falda vuol dire gente che veste giacchetta e gente che veste giubba. Questi sono i significati nei quali la parola roba fu usata dal Poeta: nel parlar familiare toscano ne ha però molti altri.

Roma e tomaessere o promettere Roma e toma, essere o prometter tutto.

Ronzare — vale aggirarsi misteriosamente.

Rosa — coll’o stretto e la s dolce, vuol dire smania di rodere.

Rosolare alcuno — vale fargli ingiuria, acconciarlo a dovere, con parole o con atti. Nel senso proprio rosolare vuol dire arrostir bene ed a fuoco lento la carne sulla bragia.

Rosticcio — si dice d’uomo o di donna secca e deforme.

Rottouomo rotto, uomo di modi difficili, poco trattabile.

Rovente — ardente, quasi ferro arroventato.


S


Salamelecchi — saluti affettati; sdraiarsi in umili — salamelecchi — vale lasciarsi andare ad umili riverenze.

Salatocostar salato vale costar caro; ed è modo di dire preso dal prezzo del sale, che è sempre molto maggiore del valore per la regalía alla quale è soggetto.

Salmoalla fine del salmo vale in conclusione.

Saltambanco — giocolatore di piazza.

Saper di buon luogo — vale sapere da chi si crede informato della verità della cosa.

Saper d’una cosa — vale spesso puzzar d’una cosa, averne l’odore addosso.

Sbarazzare — togliere l’imbarazzo, l’impaccio ec.; sgombrare.

Sbarazzino — tristarello del volgo; si dice per lo più dei ragazzi.

Sbarbare — svellere con violenza.

Sbarcare il lunario — vale passar la vita alla meglio giorno per giorno.

Sbertare — deridere, burlare. [p. 401 modifica]

Sbertucciato — Si dice di cosa che per ammaccature ha perduto la sua prima forma.

Sbiadito — scolorito.

Sbilenco — storto.

Sboccato — applicato ad uomo, vale persona usata a dire parole turpi; cavallo sboccato vuol dire cavallo che non cura più il freno.

Sbozzare una cosa — vale cominciarla e lasciarla a mezzo; è parola tolta dagli scultori, e si applica anche alle cose morali.

Sbracciato — senza vestito, in maniche di camicia.

Sbraciare — propriamente vale sollevare colla paletta i carboni ardenti di un braciere, e per similitudine comandare, darsi importanza, ostentare il potere ec.

Sbrendoli — si chiamano i brani cascanti di vestito rotto o d’altro che sia.

Sbricio — che mostra povertà nell’abito e nell’aspetto.

Sbrogliato — se si applica ad una casa, ad una stanza, vale vuotato di mobili inutili e d’ogni altro ingombro.

Scaldarsi la serpe in seno — modo di dire che ha senso di accarezzare inconsapevoli il proprio nemico.

Scamonèa — applicata la parola ad uomo, vale persona senza nome conosciuto e di niun valore.

Scansarsi — trarsi da parte perchè altri passi.

Scaparsi — affaticarsi senza pro, perdere il capo in una cosa senza poterne cavar costrutto.

Scapataggine — mancanza di riflessione e di giudizio rimproverata ai giovani, e che li conduce a far cose non lodevoli, ma non però malvage.

Scapato — uomo senza capo, cioè senza giudizio: si dice anche di giovane allegro e vivace senza fargli offesa.

Scappar da ridere — vale ridere contro volontà per cosa che accada atta a muovere il riso, anche quando converrebbe tenere contegno serio.

Scapriccirsi — sodisfare una voglia capricciosa, senza ragione sufficiente.

Scarabocchio — propriamente vuol dire macchia d’inchiostro fatta scrivendo; ma si usa anche per significare ogni scrittura fatta alla peggio.

Scaraventare — scagliare con violenza.

Scatto — propriamente è l’atto dello scattare d’una molla; per similitudine ed in senso morale vale impeto, moto improvviso dell’animo, ed anche ispirazione.

Scavalcato — gettato giù da cavallo, e per traslato si dice di chi [p. 402 modifica]rimane sopravanzato da altri in un intento qualunque al quale mirassero entrambi.

Scavizzolare — cercare con sottile studio.

Sceda — leziosità, smorfia.

Scialare — vivere nell’abbondanza di tutto.

Scialoa scialo, dicesi di cose date con larghezza signorile.

Sciorinare — si usa nel senso di raccontare una cosa, o sviluppare un’opinione senza riguardi; sciorinarsi fuori, vale uscir fuori senza ragione, e per oziare nelle vie.

Scipito — senza sapere, sciocco.

Sciupare — mandare a male; non sciupare un soldo vale non gettar danari; sciupare il cappello vale abbondare in saluti ossequiosi.

Sciuparsi — vale guastarsi, ec.

Scompagnato — si dice di un oggetto che non si accompagna bene con un altro per qualche disuguaglianza che è fra loro.

Scontista — che sconta le cambiali; ma volgarmente si dice chi sconta con usura.

Scoppiettare — dicesi il crepitare che fa il lume se nell’olio della lucerna è mescolata dell’acqua.

Scorcione — scorciatoia, strada più corta.

Scorticatoio — luogo ove si spellano gli animali morti o uccisi.

Scortichino — si dice dell’usuraio che scortica il prossimo.

Scottarsi — vale sentirsi punto dalle parole altrui, a somiglianza di chi si avvicina al fuoco.

Scovare — si usa per trovare dopo minuta ricerca, come il cane che fa uscir dal covo la lepre.

Scroccone — dicesi colui che siede a mensa altrui per solo fine di mangiare senza spendere.

Sdraiarsi — adagiarsi con tutto il corpo disteso.

Sdrucito (sostantivo) — s’intende il foro prodotto dalla sdrucitura.

Seccatesta secca si dice d’uomo difficile a trattarsi, puntiglioso, e caparbio.

Seccare — importunare, annoiare.

Seconda manofare di seconda mano, fare dopo un altro, e sovente sulla cosa stessa dove operò il primo. La frase viene dai mercanti; dei quali si dice che vendono di prima mano se sono insieme produttori e venditori della cosa; e che vendono di seconda mano, se vendono cosa comprata da altri.

Seggetta — mobile usato nelle camere per le necessità corporali.

Semplicigiardino de’ semplici chiamasi a Firenze l’Orto botanico.

Sentire di una cosa — si usa talvolta per averne il puzzo; così il Poeta: sente di reo letame — l’erba gradita ec. [p. 403 modifica]

Serra serra — dicesi il confuso urtarsi corpo a corpo di gente spaventata o inseguita che cerca una via di scampo.

Seriobuttarsi al serio si dice di chi, di gioviale che era, si fa serio ad un tratto, per dispetto avuto delle parole altrui; se poi tal mutazione nel carattere d’una persona dura permanente, si usa la frase darsi al serio. — Vedi Darsi al serio.

Servir da bosco e da riviera — si dice di persona o cosa che si presta a tutto.

Servitorame — gente servile.

Sfarfallato — nato ad un tratto, come il baco che esce farfalla dal bozzolo.

Sfatto — disfatto; razza sfatta, razza disfatta da corruzione.

Sferrarsi — dicesi di chi si dà a correre tanto velocemente, da perdere i ferri se fosse un cavallo.

Sfiaccolato — dicesi d’uomo che non sa tenersi dritto sulla persona, e cammina come fosse stanco o rifinito di forze. La parola viene dal disfarsi che fanno le candele, se per soverchio calore il lucignolo si ripiega, e la fiamma, non più guizzando in alto, si avvolge intorno alla cera e la distrugge.

Sfilato — dicesi di chi cadendo si rompe la spina dorsale, il fil delle reni.

Sfoderare — ha il senso di dire cose peregrine ed inaspettate; sfoderare la parte vale dir la sua parte con enfasi.

Sfondare il cielo col pugno — modo di dire che si applica in via di paragone a chi aspira a grandi imprese con mezzi sproporzionati all’uopo, a chi vuol fare il Rodomonte.

Sganasciare — si usa talvolta per prender regali a spese del proprio dovere.

Sgarrare — fallire, errare.

Sghembo — bistorto, tagliato in tralíce.

Sghimbesciodi sghimbescio vale di traverso.

Sgobbare — studiare di schiena, di sgobbo. — Le parole sgobbare, sgobbo, sgobbone, così familiari nel linguaggio scolaresco, associano con bel traslato l’idea di opera manuale allo studio fatto senza uso proficuo d’intelligenza.

Sgobbo — studio materiale fatto, come dicevano gli antichi, invita Minerva.

Sgobbone — nelle università son chiamati sgobboni quegli scolari, che con poco ingegno pure a forza di schiena imparano materialmente le cose insegnate.

Sgomentoessere uno sgomento, esser cosa da sgomentare.

Sguaiato — vale uomo senza riguardi, che fa o dice cose indecenti, o anche ridicole. [p. 404 modifica]

Sicutera — latinismo (sicut erat); tornare al sicutera, tornare a ripetere quello che già si è fatto o detto.

Sinsino) — un sinsino vale un tantino, alquanto ec. Il Vocabolario ha zinzino, ma il Poeta segue anche in questa parola l’uso che in alcune parti di Toscana muta la z in s per maggior dolcezza.

Sizio — dicesi un’opera penosa e fatta per forza; essere al sizio vale essere agli estremi, ed è modo di dire tolto dai Vangeli ove si legge che Gesù Cristo, innanzi di esalare lo spirito sulla Croce, gridò sitio.

Slargare — allargare, dilatare.

Smaniacavarsi la smania, sodisfare a vivissima bramosia. Il verbo cavare ha qui senso di togliere, quasi la sodisfazione tolga la brama sodisfatta.

Smesso — messo da parte come cosa non più servibile; si dice tanto delle cose che delle persone.

Smettere — desistere, cessare.

Smezzarsi — dividersi in due parti.

Snocciolare — dire giù di séguito; come si dicono una dopo l’altra le Avemarie, snocciolando la corona, cioè scorrendone colle dita i noccioli che servono a numerarle.

Sodo — in senso proprio vale duro, resistente; applicato ad uomo, significa uomo di proposito; grugno sodo, viso duro, severo ec.

Soffiare — sbuffare d’ira, a modo dei gatti e d’altri animali che soffiano quando sono in furia.

Soffietto — arnese notissimo che si usa per soffiare nel fuoco; lavorare di soffietto vale far la spia.

Soffitta — la parte disabitata della casa del ricco, che è fra il tetto ed il palco dell’ultimo piano.

Sognarsi di fare una cosa — immaginarsi, darsi ad intendere di farla.

Solaio — pavimento.

Soldo — moneta di rame del valore di tre quattrini.

Soleggiato — esposto al sole per rasciugare.

Soprarrivare — giungere all’improvviso.

Soprastante — chiamasi in Toscana il guardiano delle carceri.

Sordinaalla sordina vale occultamente.

Sottecchedi sottecche vale di nascosto.

Spacconate — millanterie.

Spampanate — vanità stolte, millanterie.

Spandeche spende e spande, modo di dire che vale spendere senza limite, gettando i danari, e quasi spargendoli: giacchè spande è sinonimo di sparge. [p. 405 modifica]

Spassarsi — divertirsi, prendersi spasso.

Spazzarespazzare il terreno colla veste vale strascicarla.

Spazzaturaio — chi spazza le immondezze nella via; ed in senso generico si applica a gente vile.

Spedato — si dice di chi non può più camminare per avere il piede indolenzito da lungo viaggio o da strettura di scarpe.

Spedito — si dice spedito un malato, quando il medico ha tolto ai parenti ed agli amici ogni speranza di salvarlo, quasi egli lo abbia spedito, cioè mandato, nell’altro mondo.

Spellarespellar la mano nei ferri dell’altrui bottega propriamente vuol dire farsi male nel trattare arnesi estranei al proprio mestiere, e per similitudine vale dar mala prova di se presumendo di fare una cosa senza le cognizioni e le pratiche necessarie per farla bene.

Spiattellato — chiaro e distinto; spiattellare qualche volta si usa nel senso di raccontare una cosa minutamente; tal altra nel senso di ridurre una cosa all’intelligenza di ognuno: è modo di dire tolto dalle pietanze che il padrone di casa divide e distribuisce nei piatti, sia per offrirne ad altri, sia perchè sieno mangiate senza fatica dai commensali.

Spiccare il bollore — dicesi il primo segno di cominciare a bollire, che fa l’acqua posta al fuoco.

Spiccicarsi — vale disimpegnarsi: così il Poeta — essa si spiccica — meglio che sa.

Spiccofare spicco, fare bella mostra di se.

Spiritato — ossesso, pazzo.

Spogliare — propriamente trarre di dosso le vesti; spogliare un libro vale estrarne tutti i passi che si riferiscono a un dato subietto.

Sportapagar la sporta vale pagare la spesa del desinare: ed è modo traslato, perchè la sporta è arnese col quale i cuochi vanno ogni mattina a far la spesa in Mercato, ed in cui ripongono le cose comprate; così prendendo il continente per il contenuto si dice pagar la sporta per pagare al cuoco il desinare giorno per giorno.

Spugna — applicato ad uomo, gli appropria in senso traslato le qualità della spugna che assorbisce il liquido circostante; frasi di spugna, frasi gonfie di vana rettorica.

Sputar sentenze o assiomi — dicesi dei saputelli che parlano a sproposito di cose che non sanno, con gergo e prosopopea scientifica.

Squadrofuor di squadro, fuori della linea che la squadra indicherebbe.

Squarquoio — dicesi di vecchio affranto dai malanni e dal peso dell’età. [p. 406 modifica]

Squarrato — propriamente vale fesso, e si dice delle canne e dei legni vuoti al modo di quelle. Voce squarrata, voce fessa, d’ingrato suono.

Staccio — velo pel quale si passa la farina per separarla dalla crusca; colare a tutto staccio vuol dire raccogliere non solo il fiore della farina, ma ben anche ogni altra cosa che passi dallo staccio: in senso traslato, vale non fare scelta accurata, ma prendere il buono ed il cattivo.

Staio — misura di capacità usata in Toscana pel grano ec.; è la terza parte di un sacco: avere l’oro a staia vale aver denari in tanta abbondanza da misurarli collo staio.

Stambugio — piccola stanza buia.

Stantío — rancido; si usa per lo più per dire di sostanze alimentari guastate dal tempo, ma si applica anche ad ogni altra cosa.

Star fresco — modo di dire che vale esser bene acconciato, e si usa parlando di persona mal capitata.

Star soprapensiero — stare assorto in un pensiero senza curare d’altro.

Star sulle sue — vale star contegnosi e riservati, negli atti e nelle parole; non dar confidenza.

Stecchettostare o vivere a stecchetto vale stare o vivere con grandissima parsimonia, e quasi a cibo misurato strettamente; forse questo modo di dire è nato dall’uso di imbeccare gli uccelli di nido ponendo il boccone in punta ad uno stecchetto per meglio introdurlo in gola; vivere a stecchetto di panatica vuol dire avere appena da mangiare. Vedi Panatica.

Stecchito — ridotto come uno stecco o per fame o per irrigidimento di morte.

Stendere — propriamente è parola usata dai cacciatori, e vuol dire portar via gli strumenti della tesa quando è finita la caccia; per similitudine sullo stendere vale sul finire.

Stenterello — maschera popolare del teatro fiorentino: la inventò il Del-Buono per rappresentare la lepidezza sciocca del popolo fiorentino degenere dal carattere avito.

Stía — gabbia od altro luogo rinchiuso e stretto ove tengonsi ad ingrassare uccelli o polli, impedendo loro il volo ed ogni soverchio moto.

Stillare — propriamente distillare, e per similitudine ingegnarsi, metter l’ingegno a tortura per riuscire in una qualche cosa.

Stiracchiare — dicesi di una citazione nella quale il testo è tratto e quasi stirato artificiosamente per provare quello che non proverebbe. [p. 407 modifica]

Stitico — difficile, stentato.

Stoccata — vuol dire non solo colpo di stocco, ma anche domanda di danaro fatta dai frecciatori di mestiere. Frecciatori chiamansi in Toscana coloro che chiedono danari o in dono o in prestito, ma senza intenzione nè modo di restituirli.

Storno — propriamente è nome d’uccello, ma sta anche a designare i numeri che il botteghino del lotto espone in vendita per conto suo quando è chiuso il giuoco. Si dice strappare uno storno, perchè questi storni sono esposti in vendita sulla porta del botteghino in tante striscette di carta, e chi ne sceglie uno, lo strappa e lo fa riconoscere al Prenditore del giuoco per riceverne il biglietto corrispondente.

Straccarsi — idiotismo per stancarsi.

Stramazzone — si dice il cadere con tutta la persona senza potersi aiutare per menomare il colpo.

Strambo — capriccioso, bisbetico.

Strapazzocosa da strapazzo vale cosa usuale.

Strappato — si dice d’uomo lacero nelle vesti.

Strascicare — condurre altrui per forza; strascicare una cosa vale trarla dietro a se e con fatica.

Stridere — propriamente strillare, e si usa per lo più parlando di animali volatili; bisogna striderci vale non c’è modo di esimersi dal fare una tal cosa, quantunque se ne muova querela.

Strigliare, pettinare alcuno — vuol dire ingiuriarlo colle parole o coi fatti, ma più colle parole.

Strigliato — acconciato colla striglia; strigliata asinità vale asinità forbita.

Stringa — dicesi il nastro con cui le donne si stringono il busto, e per simiglianza ogni cosa che porti costringimento.

Strinto — stretto.

Strisciarsi — umiliarsi, come un serpe si striscia nel fango.

Strizzato — stretto per compressione esterna.

Strofinarsi — vale usare atti servili ad alcuno da cui speransi favori.

Struggibuco — si usa per esprimere l’estremo di triste condizioni che l’uomo possa sopportare. Il senso proprio di questa parola è sconcio, ma il traslato lo corregge.

Stuccato — nauseato per soverchio uso d’una cosa.

Sturare — aprire col togliere del turo o turacciolo.

Succhiarsi una cosa — vale tollerarla senza risentimento, e qualche volta godersela e quasi sorbirsela a bell’agio, giacchè succhiare propriamente vuol dire suggere.

Sugo — la parte sostanziosa di una cosa. [p. 408 modifica]

Suola — da suolo, si chiama la parte della scarpa che tocca il terreno; doppie suola si dicono quelle composte di più striscie di cuoio impuntite l’una sull’altra.

Sussiego — gravità affettata.

Svagato — applicato a giovane, vale che si dà bel tempo, che non pensa a studiare.

Svenevole — affettato, lezioso negli atti e nelle parole.

Sventolarsi — farsi vento oziando.

Sventolío — chiamasi l’agitarsi dell’aria per il muoversi di cosa che fa vento.

Svernare — passare l’inverno.

Sversato — che fa le cose alla peggio, senza garbo nè grazia; per lo più sì dice di monello senza creanza.

Svesciare — raccontare spontaneamente ciò che può tornare in danno altrui.

Svignare — vale scappare nascostamente, quasi uscir dalla vigna dove si entrò per rubare.

Svogliare — far perdere la voglia.


T


Tacconato — cioè fatto a modo di taccone, che vuol dire con suola impuntite a più doppi.

Tafanato — dicesi l’animale punto dai tafani.

Tafferuglio — parola generica che si usa per rissa, litigio, di cui s’ignora o non si vuol dire la causa ed i particolari.

Tagliadi mezza taglia, parlando d’uomo, si usa per significare chi è ugualmente lontano dagli estremi sia nel fisico che nel morale.

Tagliar corto — vale tanto toccare appena, parlando, di una qualche cosa, quanto tacerne affatto.

Tagliato — esser tagliato ad una cosa, vale talvolta esserci atto, avere natura da ciò. Come un pezzo di legno perchè serva ad un tal uso conviene che sia tagliato in un certo modo, così l’uomo per fare una cosa deve avervi la necessaria attitudine.

Tagliato coll’accetta — vale fatto alla peggio.

Tagliere — propriamente è un pezzo di legno di figura per lo più rettangolare dove i cuochi spezzano la carne; per similitudine si dice giubba a tagliere una giubba con larghe falde.

Tale e quale — modo di dire di uso frequente, che ha il senso di nè più nè meno, precisamente ec.

Talento — nel parlare è usato per ingegno; così uomo di talento, vale uomo d’ingegno. [p. 409 modifica]

Tamburolì sul tamburo, Ilì senza perder tempo in formalità: modo di dire preso dai soldati che non vanno per la sottile nelle cose loro.

Tanghero — villano.

Tantino — vale un pochino; un tantino d’una cosa vale una piccolissima parte d’una cosa.

Tappare — mettere il tappo; si usa per chiudere, turare ec; tappare i buchi vuol dire riempire i fori d’un oggetto, per ristabilire l’unità di superficie; tappato in casa vale chiuso in casa; tappato a povero, sepolto come un povero.

Tarpano — uomo rozzo e goffo di aspetto e di maniere.

Tarpato — si dice propriamente di volatile al quale per impedire il volo si spuntino le penne delle ali; in senso traslato vale scemato di potere, di libertà ec.

Tartassare — ridurre malconcio, e si dice tanto di persone che di cose.

Tegame — specie di teglia rotonda di terra cotta con orlo alto che si usa per cuocere le pietanze.

Teglia — arnese da cucina, per lo più di rame, usato per cuocere carne o altro in forno.

Tender la rete — preparare inganno.

Tener da uno — vale esser del suo partito.

Tenere il sacoo — vale aiutare alcuno a rubare, quasi tenendogli aperto il sacco per nascondere la roba rubata; e per similitudine, esser d’accordo in male opere.

Tenere in ponte alcuno — vale tenerlo in sospeso.

Tenersi basso — vale tenersi a vile, tenersi da meno di ciò che si è, ed anche star dimesso con secondo fine.

Tenersi corto — usar parsimonia, sia nello spendere sia nel parlare ec.

Tenersi d’una cosa — vale esserne sodisfatto, gloriarsene.

Tenersi le mani a cintola — starsi inoperoso quando più vi sarebbe necessità di fare.

Tenersi su — in senso materiale vale sostenersi; così il Poeta là dove dice — tenendoti — su la sottana — intende sostenendoti alta da terra la sottana: in senso morale ha il significato di tenersi alto, tenersi in reputazione ec.

Tentennare — propriamente dicesi di cosa che mal ferma sulla sua base si muove in qua e in là ed accennando di cadere; per traslato ha il senso di pendere irresoluto.

Tentennío — dicesi il fare incerto di persona che non rivela mai nè con atti nè con parole l’intimo dei suoi pensieri.

Tesa — tensione. [p. 410 modifica]

Tintaesser d’una tinta vale esser della stessa natura, ma sempre in senso tristo: di mille tinte vale di molte specie, e sempre in senso tristo.

Tintinni — suoni esigui e monotoni.

Tirare — qualche volta si usa per attrarre; così il Poeta — ci tira la bottiglia e la cucina.

Tirare ad una cosa — vale esserne avido; così tirare al quattrino vuol dire essere avido di danaro; tirare a fare una cosa vale sollecitarsi, e qualche volta mirare, a farla; tirar via vale non guardar per la sottile, e far presto.

Tirar la somma — sommare, venire alla conclusione di molti discorsi.

Tirato — si usa in senso di avaro.

Tiro — (da trarre dietro a se) si usa qualche volta per carrozza; così cavallo da tiro; vale cavallo da carrozza; tiro a sei, carrozza a sei cavalli: — (da trarre, per colpire) si usa per colpo; fare un tiro ad alcuno vale farlo incappare in un agguato imprevisto, per recargli danno.

Tiro secco — male dei cavalli; in stile faceto, qualche volta si usa per mal di morte.

Tôcco — è un sostantivo che nel uso del parlare nostro esprime quantità indeterminata, ma non ordinaria; così tôcco d’uomo vale uomo di grosse membra e di alta statura; tôcco di paga vale grossa paga.

Togo — idiotismo per toga.

Tomaio — tutta la parte superiore delle scarpe che fascia il piede.

Tondoandare a tondo, andare in volta.

Toppa — congegno della serratura della porta.

Torbo — propriamente appannato, opaco; ma applicato ad uomo, vale tristo in volto per un pensiero occulto che lo tormenta, e gli toglie il sereno del sembiante.

Torcere — piegare; non vi ha torto un capello vale non vi ha fatto la più leggiera offesa.

Torno torno — idiotismo per intorno intorno.

Torsi — si chiamano così gli stocchi del cavolo dai quali siansi staccate le foglie; si usa in generale questa parola per dinotare cosa vile.

Tosare — dice propriamente il radere il vello alle pecore; si usa anche per tagliare i capelli; e per traslato vale togliere al debole ogni suo avere.

Tozzo e tozza — si dice d’uomo o di donna che ha la persona piccola e grossa. [p. 411 modifica]

Trabucarsi — si direbbe degli animali che hanno i loro covi sottoterra, e che escono da una buca per entrare in un’altra; il Poeta l’adopra in senso traslato, ma la parola è trovata da lui, ed è bella ed efficacissima, sebbene non usata.

Traccheggiare — indugiare, portare in lungo.

Tramenío — maneggio occulto.

Trapelo — si chiama propriamente il cavallo che nelle salite si aggiunge in aiuto a quelli che tirano la carrozza; ma per similitudine si applica, non senza ironia, ad ogni specie di aiuto.

Trar sangue da una rapa — si dice per lo più per cavar denari di dove non ce ne sono.

Trastullare — divertire.

Trepestío — calpestío, confusione di rumori diversi e indistinti.

Trescone — ballo antico, oggi rimasto in uso presso la gente di contado; fischiare il trescone vale fischiare colla cadenza del suono sul quale si balla il trescone.

Trespolo — in senso traslato questa parola si usa a significare una cattiva carrozza o calesse sconquassato, mentre in senso proprio vuol dire un piccolo sedile a tre piedi usato dalla povera gente.

Tribolo — luogo di tribolazione, di sofferenza, ed anche la stessa tribolazione.

Trinciare la giubba addosso ad alcuno — vale vituperarlo in sua assenza come usano i maldicenti di professione.

Tristo — si dice di chi mostra la povertà nel vestito consunto.

Trogolo — tronco di legno incavato che serve di mangiatoia ai maiali.

Troncovoltarsi in tronco, voltarsi bruscamente, d’improvviso.

Tronfiare — ansare.

Trovarsi al verde — vale essere agli estremi, e s’intende ordinariamente di danari.

Trovarsi col corto da piede — è modo di dire che nel suo significato materiale si applica a chi non misura a dovere il lenzuolo al letto; tantochè dopo averlo bene accomodato al capezzale, si accorge che i piedi restano allo scoperto. In senso più generale si usa parlando di colui che fallisce nei calcoli delle sue previsioni, e quando meno sel pensa si trova deluso nelle sue speranze.

Trullerie — minchionaggini, scioccherie.

Tuffar la penna — vale intingerla.

Tuffato — propriamente immerso in un liquido qualunque; e per traslato, immerso in ogni altra cosa fisica o morale.

Tuonostare in tuono, o in tono, vivere la vita artificiale imposta dalla moda. [p. 412 modifica]

Tu per tu — diverbio, contrasto. Là dove il Poeta dice — rimeggia il tu per tu — fra il vizio e la virtù — intende: traduce in cattivi versi il contrasto fra il vizio e la virtù.

Tirare — si usa tanto in senso di tappare, quanto in senso di coprire.

Tutto — questa parola, nel modo col quale è adoperata nel verso che dice — nè volendo..... parer col Santo e tutto un impostore, ha il senso di insieme al Santo e ad ogni altra cosa.


U


Ubbía — ripugnanza, scrupolo.

Uggioso — noioso a se ed agli altri per malinconie senza ragione.

Unger la ruota — vale aiutarsi col danaro. Come la ruota unta gira con maggiore facilità, così gli uomini, per virtù di ripetute mance, con maggior facilità ci aiutano nelle nostre bisogne.

Un po’ per uno — a vicenda.

Unto — si usa talvolta per salsa, intingolo ec.; così il Poeta — e il mento in forestieri unti s’imbroda.

Uscitadi prima uscita, sul bel principio, sul cominciare.


V


Vacchetta — pelle di vitello conciata; il cuoio è pelle di bue.

Vagellare — delirare.

Vanume — propriamente è quella parte di grano o d'altra semenza che seccò senza venire a maturità perfetta; ma per similitudine si dice di cose inutili e vuote di senso.

Vattel a pesca — va a pescartelo; va a trovarlo se ti riesce: dicesi di cosa impossibile a indovinare.

Venire in ballo — comparire.

Vespaio — alveare di vespe; toccare il vespaio vale provocare incautamente, attaccar brighe senza necessità.

Viavai — andare e venire disordinato di gente.

Viciname — vicinato; ma viciname include l'idea di vicinanza di gente querula, e non suole usarsi in senso buono, come la parola vicinato.

Vieto — si dice propriamente della carne salata che ha preso cattivo sapore per essere stata serbata troppo lungamente; e per modo traslato si applica a cose e idee antiquate e non più in uso.

Vincer lo stomaco — si dice della vista di cosa immonda che eccita al vomito. [p. 413 modifica]

Visibilioandar colla testa in visibilio vale smarrirsi nei sogni della fantasia riscaldata da immagini di prospera o avversa fortuna. Si usa anche per moltitudine.

Vistafar vista o far le viste di fare una cosa, dare apparenza con segni esteriori di fare una cosa, fingere di farla.

Vistoso — appariscente; là colle nubili — sciolte e vistose, — s’intende di bella apparenza.

Vitanon voler la vita d’alcuno, modo di dire che si può tradurre per averla tanto con una persona fino a volerne la morte.

Vociare — cantare a gran voce.

Volareo volere o volare, modo di dire che pone il dilemma o di fare una tal cosa o aver danno.

Voler male ad alcuno — desiderargli il male per odio che si abbia contro lui.

Vomere — chiamasi la punta di ferro dell'aratro che serve a fender la terra.


Z


Zazzera — diconsi i capelli lasciati allungare dietro la testa.

Zeri — qualche volta si usa per numeri; così il Poeta dicendo furor di zeri intese furor di numeri, di calcoli ec.

Zibaldone — si usa per significare unione confusa tanto di cose e di parole quanto di persone.

Zimbelloessere o divenire zimbello vale essere o divenire trastullo altrui. Propriamente la parola indica un uccello legato ad una verghetta che si fa svolazzare per mezzo d'un filo nella caccia del paretaio.

Zoccolante — Frate dell’ordine dei Minori Osservanti.

Zoccolo — Specie di pianella col fondo di legno, usata dal popolo; essere in zoccoli vuol dire portare cotali scarpe.

Zotico — applicato ad uomo, vale materiale, ruvido; applicato a cose inanimate, vale di brutta forma.



FINE.