Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri/Libro II/VI

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Libro II - Cap. VI

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CAPITOLO SESTO.

Si descrivono Santa Sofia, ed altre Imperiali

Moschee, come anche ciò che di singolare

si vede in Costantinopoli.


P
Resa una barca, e un Giudeo che mi servisse d’Interprete, passai il Giovedì 14. in Costantinopoli a veder S. Sofia. Questa superba fabbrica non è che parte d’una più grande, che fu principiata da Giustino, e terminata per Giustiniano Imperadori d’Oriente, che la consecrarono sotto il titolo d’Aghia Sophia. I Turchi ne hanno distrutta gran parte, e conservato solamente il Duomo, ch’è il cuore dell’antica Chiesa. [p. 305 modifica]

Il diametro di questo Duomo è di circa 113. piedi. La Moschea è circondata da due ordini di gallerie, o piani, ogn’uno sostenuto da più colonne. Sopra quattro pilastri coperti di marmo, e ben grossi è fondata la gran cupola, con maravigliosi archi; fra gli spazj de’ quali per ambi i lati sono quattro magnifiche colonne di marmo, ed altre due più dietro. A capo, e a piedi della Moschea sono quattro altri pilastri con alte volte, che rendono la medesima a tre ale: quali volte, e parte del gran corpo della Moschea è di Mosaico, che quantunque il tempo, e la mano Turchesca il tutto abbian rovinato, non lascia però di tenere molte figure fatte in tempo de’ Greci. Il pavimento è di marmo, come anche il pergamo a sinistra d’una mezza Tribuna, formata dall’altar maggiore (per esplicarmi meglio co’ termini Europei): oltre le riferite colonne, fra gli spazj ve ne sono sei per ogni lato ben grandi, per sostenere il primo piano, che gira come il secondo all’intorno. A destra della nicchia v’è un buon palchetto, dove entra il G. Signore per una scala segreta. Hanno i Turchi particolar venerazione a questa Moschea, a cagion d’una pietra, che vi [p. 306 modifica]conservano, sopra la quale dicono, che la Beatissima Vergine lavava i panni al Bambino Giesù. Fan vedere ancora una sepoltura, che dicono esser dell’Imperador Costantino. Da per tutto sono moltissime lampane appese.

Dati dieci parà all’Imam o Prete, mi permise di salire nel primo piano (per una spaziosa scala a volta, e lastricata di marmi) dove trovai sette grandi spazj all’intorno, come sette cappelle; perocchè da ogni lato sono tre volte, che lasciano gran spazio fra il muro, e la galleria. Le colonne verso la parte interiore sono cinque per ogni volta, di marmo verde serpentino; e quattro di bianco più grosse dalla parte del muro per amendue i lati; e a piedi della Moschea, sopra la porta maggiore (che sa la settima volta, o cappella) sono altre quattro di serpentino; sicchè in tutto fanno 34. di marmo serpentino, e 24. di bianco, situate sopra il piano delle volte delle colonne di basso. Le-? volte della galleria sono anche a Mosaico; però da’ Turchi sono stati tutti rotti, e sfigurati i volti de’ Santi, e degli Angeli; riempendo poi quei luoghi di colori, e facendovi scrivere sopra il nome di Dio in carattere Arabico. Il pavimento [p. 307 modifica]della medesima, come anche le mura, e pilastri sono tutti coperti di buon marmo. Mi fece vedere il Turco nello stesso luogo a sinistra una profondissima sepoltura, nella quale mi disse, che si sotterravano i Turchi.

S’entra in questo famoso Tempio per due lunghe volte: la prima tiene due porte all’estremità, e quattro nel mezzo; la seconda (ch’è fatta a Mosaico) ne tiene cinque in fronte, e due a’ fianchi. Entrandosi in quella seconda si veggono nove porte, di cui quella di mezzo è di bronzo; le due a’ lati sono aperte, e l’altre sei restano serrate; di maniera tale, che elleno occupano quasi tutto un lato del quadro della Moschea. Sopra della porta di bronzo, il Turco che veniva meco, fece osservarmi una Colomba (simbolo dello Spirito Santo) ed un’altra figura di Santo, fatte a Mosaico mezzo cancellate dalla barbarie de’ Maomettani: oltre queste nove porte, negli altri lati ne sono quattro; e dietro la nicchia, o altar maggiore due altre, dirimpetto la porta grande del Serraglio.

Si vedono eziandio a gli angoli di questo edificio quattro Minarè, o Torri con balconi all’intorno, donde [p. 308 modifica]vanno cinque volte il giorno i Muezini, a chiamare a determinate ore i Turchi al Naama, o orazione. Avanti la facciata è un portico, dove si pongono le donne Maomettane alcuna fiata per fare le loro preghiere. In fine la fabbrica è sì prodigiosa, e di sì larghe mura, che sembra fatta più tosto per Fortezza, che per Chiesa.

Oltre le abitazioni dell’Imam, che sono nel circuito della medesima Moschea, vi sono separati dal corpo della stessa, dal lato sinistro, sepolcri di più Sultani, per lungo la piazza serrata. Il primo è di Memet; il secondo di Selim; il terzo d’Amurat; il quarto de’ suoi figliuoli, che furono da 120. e’l quinto, più attaccato alla Moschea, è de’ Sultani Mustafà, e Ibraim. Questi sepolcri sono fatti in forma di cupole, di fuori coperte di piombo, e di dentro dipinte all’uso del paese; siccome le pareti di fuori incrustate di marmo ordinario, e di dentro di più fino, o di porcellana. Per terra sono buoni tappeti, e per ogni sepolcro due gran torchi che peseranno da trecento libre di cera l’uno, con un gran Turbante sopra. Ne’ medesimi sono sepelliti le mogli, figli, e fratelli; le tombe però de’ Sultani, e [p. 309 modifica]Sultane sono più grandi di quelle de’ figliuoli, che non han turbante al di sopra. In tutti questi sepolcri vi si assistono Imam, o Preti per custodia.

Notai una cosa speziale in S. Sofia, ed è, che nell’altre Moschee non permettono l’ingresso alle donne, ed ivi quando non volessero orare dal portico, le lasciano entrar dentro.

Venerdì 15. andai a vedere la Moschea di Sultan Hamet, posta nell’Atmedan, o piazza de’ cavalli. Ella nella bellezza supera S. Sofia, sebbene non è tanto grande; e si scorge non esservi stato risparmiato danajo. La cupola maggiore della Moschea (perocche tutte sono fatte dell’istessa forma) è sostenuta da quattro grossi pilastri rotondi, coperti di fino marmo di più colori, che fanno vaga veduta; e quattro altri più piccioli sono a’ quattro angoli. Allato de’ pilastri sono ben grosse colonne (oltre le picciole) parimente di marmo, che sostengono una vaga loggia, che gira all’intorno. Il pavimento è lastricato di buon marmo, e coperto di buoni tappeti; e per tutto sono appese lampane, con altri lavori di cristallo colorito, per ornamento del luogo. V’è nell’estremo un gran [p. 310 modifica]palchetto di marmo fino, ed a sinistra un pergamo dello stesso. S’entra alla medesima da tre de’ lati, per tre porte di bronzo assai ben fatte. La prima piazza è serrata da marmi ordinarj, e vi s’entra per più porte con scale di ferro. Da ambi i lati esteriori della Moschea sono due loggie abellite di più centinaia di colonnette, degne d’esser riguardate da’ curiosi; e per lungo molti fonti per lo lavacro de’ Turchi, che credono in tal guisa purgare il corpo, e l’anima dall’immondizie.

Dalla prima s’entra eziandio per tre porte, alla seconda piazza, o cortile. Sono a’ lati 20. colonne di marmo, che sostengono le volte di 20. cupole coperte di piombo; il pavimento è tutto lastricato di marmo, con una gran fonte nel mezzo; sei altre cupole ben fatte, e dorate nell’estremità, si veggono a’ fianchi della Moschea, tre per ciascheduno. In tutte quede Moschee di Costantinopoli, e di Adrianopoli, oltre gli appartamenti de’ Ministri, ve ne sono altri per abitazioni de’ poveri, che ivi sono istruiti alla virtù, ed alimentati dalle rendite delle medesima.

Il Sabato 16. vicino S. Sofia vidi in un luogo serrati più leoni, tigri, lupi, e [p. 311 modifica]volpi, che si mostrano pagando pochi parà.

Passai poscia a vedere l’Atmedan, o Piazza de’ cavalli, dove s’esercitano i soldati; detta così, per esservi stato l’antico Ippodromo nel tempo degl’Imperadori d’Oriente. Vi si veggono nel mezzo fissi nel suolo tre serpenti di bronzo avviticchiati, con le tre bocche aperte nell’estremità; lavoro ben fatto in tempo de’ Cristiani, del quale più favole narrano gli Scrittori. Più sotto v’è una lunga aguglia di fabbrica consumata quasi dal tempo; e dall’altro lato una piramide posta sopra quattro pilastri di bronzo rotondi, ed alti un palmo, su d’un gran piedestallo, fatto d’un pezzo di marmo quadrato, e scritto d’ogn’intorno di lettere Latine, e Greche; però appena se ne possono leggere tre versi latini, per esser sepellito buona parte nel terreno; e sono del tenor seguente:

Difficilis quondam Dominis parare serenis
Jussus, et extinctis palmā portare tyrannis,
Omnia Theodosio cedunt, subolique perenni.

Onde si comprende esser stata eretta in onor di Teodosio Imperadore, che si vede scolpito nell’alto: e ciò per l’unione delle Chiese Latina, e Greca seguita in suo tempo. Ella non è così alta, nè [p. 312 modifica]grande come le Piramidi di Cleopatra in Alessandria; poiche il piede non sarà sei palmi in quadro, e l’aguglia 50. d’altezza: è ben vero però, che tiene gl’istessi geroglifici e caratteri, di quella della Materia del giardino del Balsamo vicino il Cairo.

Vicino l’istessa Piazza è il sepolcro d’Hamet, e suoi figli, fatto nell’istessa maniera, che gli altri descritti; cioè dentro, e fuori coperto di marmi, e’l pavimento di tappeti.

Andai per curiosità nel Jassir-Bazar, per vedere il mercato degli schiavi. Questo è un luogo serrato, con più alberi nel mezzo, e molte loggie, o gallerie all’intorno, sotto le quali sono i mercanti, e gli schiavi. Il modo di vendergli è stravagante; perocchè, fatta prima una preghiera per lo G. Signore, i venditori tengono per l’estremità d’un moccichino lo schiavo, o schiava, che hassi a vendere; e dall’altro lato il sensale, che va bandendo il prezzo, che se ne vuole: nel qual mentre chi ha voglia di comperare, gli scuopre il volto, e lo tocca in varice parti del corpo, per vedere se ha qualche difetto; nella maniera istessa, che si comprano gli asini, e’ cavalli. [p. 313 modifica]

Passai quindi a vedere il Biscisten, luogo coperto, con molte ricche botteghe, dove si vendono le cose più preziose per vestire, ed armare un Cavaliere; come anche per ornare un cavallo: essendo tutte le armi indorate, e gli arnesi ricamati, e coperti di gioje. La volta è sostenuta da otto pilastri, lasciando nel mezzo tre lunghe strade in Croce, in cui si entra per quattro porte a’ lati. Non lungi dal medesimo è il Sarscì, dove sono strade coperte di tavole, con buone botteghe, in cui si truova qualunque cosa si desidera.

Nel ritorno passai per lo Validaxan, che è una gran piazza serrata, all’intorno della quale, tanto nel primo piano, quanto nel secondo più alto, sono varie botteghe. La fabbrica fu con gran spesa fatta fare dalla madre di Mahomet IV. ed assegnatane la rendita per mantenimento della Moschea dalla medesima edificata.

Prima d’imbarcarmi, e ritornare a Calata, vidi alla riva del canale il Ianì-sarscì; edificio ove sono due gran volte, in una delle quali sono a’ lati vari botteghe di droghe, e nell’altra di lini. Questo è il primo luogo della Città, ove [p. 314 modifica]suole attaccarsi la peste, per esservi umidità grande, e poco buona aria, a cagion delle droghe; come si è sperimentato ne’ contagi passati.

Sentita la Messa Domenica 17. andai di nuovo in Costantinopoli a vedere la mentovata Moschea della Sultana Valida madre del regnante Imperadore, e di Mahomet IV. Vedesi nella prima piazza il sepolcro della medesima, e de’ suoi figliuoli, trasportati quivi da Adrianopoli. La cupola dell’istessa è sostenuta da quattro pilastri, fra gli spazj de’ quali sono colonne dì marmo per lungo ben disposte, e tutte le mura coperte di porcellana, e di marmo. Per sotto le volte può andarsi all’intorno di tutta la Moschea: negli angoli della quale si veggono altre mezze cupole ben fatte. Per dirla in uno, non hà l’occhio che desiderar di meglio, per la simmetria, e ricchezza: sì per gli marmi, de’ quali è lastricato il pavimento, e poi coperto di buoni tappeti; come per le ricche lampane appese nel mezzo. Vi è nella fine un buon palco di marmo per lo Sultano, il quale suol passarvi per una famosa scala, e loggia coperta posta dentro la prima piazza, e per dietro la [p. 315 modifica]Moschea. A sinistra della nicchia si vede un pergamo parimente di marmo, come anche una bellissima galleria all’intorno di vaghe colonne abbellita.

Nella prima piazza serrata sono molte abitazioni per gl’Imam o Preti, che servono nel Tempio, con fontane, ed alberi nel mezzo. S’entra per tre porte, da questa prima alla seconda piazza o chiostro, in cui sono all’intorno 20. colonne di buoni marmi; e circa 28. cupole di piombo da tutti e quattro i lati. La Moschea ha ne’ tre lati tre porte lavorate di bronzo, e due belle ed alte Torri dorate nell’estremità.

La mattina del Lunedì 18. fui a vedere il quartier vecchio, e corpo di guardia de’ Giannizzeri, detto Esquiodalar, che significa vecchia casa. Questa è una fabbrica serrata d’alte muraglie, dentro le quali sono gli appartamenti, e camere per gli Giannizzeri, e loro ufficiali, capaci di migliaia di persone. Vi è una gran piazza nel mezzo, con molte fontane per uso de’ medesimi. Hanno coloro un’altro quartiere, detto Gnegni-odar, o nuova casa, dove parimente alloggiano.

Entrai dopo a vedere la Moschea [p. 316 modifica]della Solimanìa, fatta fabbricare da Solimano; la più bella certamente di tutte le vedute, con quattro leggiadre Torri negli angoli esteriori. S’entra primieramente in una gran piazza serrata, e da questa per tre porte si passa nella seconda, nella quale sono da 24. ben grosse colonne di marmo mischio, che sostengono le loggie, e 28. cupolette coperte di piombo. Il pavimento è coperto di marmi, con una fontana nel mezzo, composta di sei colonne dell’istesso marmo. Alla Moschea poi si entra per una porta, che riguarda la seconda piazza, e per quattro da ambi i lati. Sopra quattro pilastri (siccome in tutte le altre) è sostenuta la gran cupola, che da capo, e da piedi della nicchia confina con due altre mezze. Da amendue i lati della stessa, ne sono cinque per parte, con quattro ben grosse colonne di marmo, alte sopra cinquanta palmi.

Dal lato destro è un ben lavorato palchetto di marmo per lo Gran Signore, sostenuto da sei colonne. A sinistra vidi il pergamo, ed un’altro palchetto di marmo scoperto, per le cerimonie della Moschea. Il pavimento è tutto coperto di fini tappeti, ed illuminato di lampane. [p. 317 modifica]Una bella loggia di buoni marmi orna ambi i lati del Tempio; dietro al quale dalla parte della nicchia vi è una cappella rotonda, fregiata di buoni marmi, e di buoni tappeti coperto il pavimento, col sepolcro di Solimano, e di altri suoi congionti. Una colonnata di fine pietre si vede nell’interiore della cappella, siccome nell’esteriore una balaustrata. Sono, come altrove dissi, le tombe coperte di drappi di seta con turbanti sopra, e due gran torchi a’ lati. Ivi da presso e un’altra cupola di più ordinaria struttura, con alcune tombe dell’istessa maniera.

Passai nel ritorno alla Moschea di Sultan Bayazet. La prima piazza di lei e grande con tre porte: la seconda (dove sono otto alti cipressi) tiene all’intorno 20. colonne di marmo mischio, ed otto altre sono nel mezzo, che sostengono il cielo d’una fontana: cuoprono le gallerie, e’ corridori per gli lati dell’istessa, 24. cupole di piombo. S’entra quindi nella Moschea per tre porte da un lato, e per due da un’altro. Sopra quattro ben grossi pilastri s’innalza la gran cupola, a cui ne confinano due altre mezze. Negli estremi si veggono quattro altre cupole, [p. 318 modifica]tutte imbiancate al di dentro, ed ornate di caratteri Arabici. A sinistra della nicchia, presso al pergamo, è un palco per lo Gran Signore, sostenuto da sei colonne; ed un’altro più sotto per le solennità della Moschea, la quale per quella parte si dilata in due braccia. In somma (per non dar più noja al lettore) vi sono a simiglianza di tutte l’altre Moschee, e tappeti per terra, e lampane appese, e le Torri negli angoli, per chiamare il popolo. Il sepolcro bensì del Sultano Bayazet si vede apparte in una cappella rotonda coperta di marmi per dentro, e fuori; con tutti gli ornamenti, che abbiamo descritti negli altri sepolcri Imperiali.

L’andare poi a Costantinopoli m’era di grandissimo pericolo, per esservi un Caimecan, o Governadore molto nemico de’ Cattolici. Egli avea fatto dare a una Francese da 50. bastonate, perche portava le papucci, o scarpe gialle; avendo egli vietato a’ Franchi di andar vestiti alla Turchesca: ed a un povero Greco altresì, perche portava un fiasco di vino. Facea un governo così rigoroso, e disinteressato (aspirando alla carica di Gran Visir) che non curava di [p. 319 modifica]nessuno, nettampoco degli Ambasciadori delle Corone, a’ quali avea fatto intendere, che avrebbe gastigato ogni minimo fallo della lor famiglia. In particolare l’Ambasciador d’Olanda, ch’è molto inchinato alla caccia de’ faggiani (che sono in Belgrado, sei miglia distante) fu avvertito, che se vi ritornava più, quegli lo farebbe impiccare avanti la porta: lo predicavano perciò per lo più terribile uomo, che fusse al Mondo. Or io per sì fatta cagione pregai il Consolo di Francia mi dasse qualche Giannizzero per accompagnarmi: ma egli ricusò, dicendo, che l’avria posto a mal partito; perche il Caimecan avrebbe offesa la nazione con qualche affronto, che mi avesse a fare; e che facessi a meno di andar a Costantinopoli, perche senza dubbio sarei stato catorato. Nulla però di manco, andando io camminando il Mondo per vedere, non mi pareva di dovere lasciare una delle prime Città d’Europa; onde nulla curando de’ suoi avvertimenti, con tutta la vicinanza del periglio, andava ogni giorno in Costantinopoli.

L’Ambasciadore però di Francia attualmente si affaticava, a far privare il Caimecan della carica; ma vi ritrovava [p. 320 modifica]difficultà, per esser quegli protetto dalla Sultana, e dal Capo degli Eunuchi neri; benche nemico del G. Visir, i di cui ordini poco ubbidiva. Lo chiamavano Calolicos, che vuol dire noce stagnata; soprannome postogli da Mahemet IV. mentre serviva di Baltagì dentro il serraglio, perche andava bene a cavallo.

Il Martedì 19. presa una barca passai in Asia per un canale largo due miglia, che corre dal Mar nero verso i Dardanelli; e posi piede sul terreno di Scutaret. Questo è un gran Casale aperto, posto parte sul piano, e parte sul colle, però assai delizioso, particolarmente in Estate, a cagion delle verdure, e buoni alberi fruttiferi, che vi sono. Ha buoni Bazar lungo il piano.

Andai poscia a vedere la Torre di Leandro, detta in lingua Turchesca Chisculasì, posta in mezzo del canale, sopra uno scoglio piano di cento palmi in quadro; che con esser sì picciola, e in mezzo il Mare, tiene acqua dolce. Quivi essendo entrato non trovai cosa da notare, ma solo poche petriere, ed otto pezzi d’artiglieria a fior d’acqua. E’ nomata favolosamente così da’ Turchi per la prigionia d’Hero amata da Leandro, che [p. 321 modifica]dal lago, dove oggidì è il serraglio, vi andava a nuoto la notte, per parlare alla sua cara; però per l’autorità de’ nostri Poeti, particolarmente di Ovidio, ciò è seguito ne’ Castelli di Sesto, ed Abido. Nel ritorno la forza della corrente ci trasse vicino la punta del Serraglio; onde ce ne ritornammo per quel lato del canale.

Il Mercordì 20. andai nella piazza di Auret-Bazar, a vedere la colonna Istoriata, eretta in onore degl’Imperadori Arcadio, ed Onorio Mr. Spon. ne’ suoi viaggi, ove scrive di Costantinopoli p. c. 116.: il suo piedestallo è d’otto pezzi di marmo, oltre la base più grande quadrata: la colonna si compone di più pezzi, in cui sono intagliate picciole figure di mezzo rilievo, che mi parea, che dinotassero un Trionfo; essendo simile al lavoro della colonna Trajana di Roma: ben vero ella è andata quasi tutta in rovina, ed acciò non cada, l’hanno circondata di tre cerchi di ferro. Per dentro è vuota, e vi si montava sino alla cima per una scala a lumaca; vedendosi una porta al piede, e un’altra picciola sopra del primo capitello, per cui potea passeggiarsi all’intorno. Dodici palmi più in su è un’altro capitello, dove [p. 322 modifica]termina la colonna. Volendo entrarvi dentro, trovai la scala serrata da molte pietre: nemmeno potei misurarne l’altezza per la gelosia de’ Turchi, e rigore del Caimecan; però giudico, che poco più o meno, sarà alta 147. piedi, come anche nota Pietro Giglio. Passai di là a vedere l’Aquidotto, detto Chemer. Egli è lungo circa mezzo miglio, fabbricato con molte arcate di mattoni, alle volte una sopra l’altra, per lo livello dell’acqua. Mi dissero, che fuori della Città a tre ore di cammino nel luogo, che dicono Antechemer, vi sia maggior numero di arcate di miglior qualità, e grandezza.

Giovedì 21. andai a vedere la Moschea di Mamet, che poco, o nulla ha di vario dalle altre nella struttura; e perciò tralascio di parlarne più per minuto. Dietro la Moschea, in una cappella rotonda ordinaria, è la tomba del Sultan Mamet Fondatore del Tempio.

Tutto il cammino che feci quella mattina, fu per dentro piazze, e case consumate dall’ultimo incendio, che ha obbligato i Turchi ad abitare in barracche di legno, dal luogo detto Aretet-Bazar sino a Chemer, o Moschea di Mamet. Lungo [p. 323 modifica]il canale per più miglia non si vedeano che compassionevoli vestigia del fuoco, come anche nel luogo detto di Zughure-yuchscì, in cui si travagliava alla riparazione.

Dopo desinare fui nel Visir-Xan. Questa è una fabbrica grande in quadro, in cui nel piano di sotto, e di sopra sono botteghe, dove si stampano tele.

Vicino al medesimo si vede una colonna di più pezzi di marmo rosso, alta da 60. palmi, sopra di cui Costantino fece porre la sua statua, che col tempo poi cadde. I Cristiani la dicono bruciata, e i Greci Declitusc: il suo piedestallo è serrato intorno da mura; e le lettere Greche, che sono sopra il suo capitello fan testimonianza esser stata eretta nel 440. Per altro stà consumata dal tempo, e per non farla cadere, l’hanno fortisicata con dodeci cerchi di ferro. V’ha di singolare più dell’altre colonne, che vi sono intorno otto cordoni lavorati per tutta la sua altezza.

Me ne andai dopo all’Atmeidan o Ippodrommo, per vedere il serraglio, o palagio, che facea fabbricare Ibraim Bassà Genero, e favorito dell’Imperador Solimano II. ove mi dicono, che siano sei cento camere, le quali non potei [p. 324 modifica]riconoscere per non permettersi l’ingresso. E’ situato sopra un lato di detta piazza, che serve nelle feste pubbliche (per gli combattimenti, e giuochi nella circoncisione de’ Principi Ottomani) onde il Gran Signore viene in tal palagio a vederle.

Venerdì 22. sentita la Messa di buon’ora, passai in Costantinopoli per vedere il circuito delle sue mura. Cominciando adunque dalla parte del canale, ed uscendo per la porta di Egrì-capsì (che significa porta nera) andai verso quella di Ayevassare-capsì, bagnata dal canale: indi ritornato indietro per la parte di terra, andai attorno le mura per una strada lastricata di selici, che le circonda. Passate da questa parte cinque porte, vidi vicino quella d’Adrianopoli, detta Edrine-capsì, il luogo, dove i Turchi fecero la breccia: e’l muro, per dove entrarono, e presero la Città. Incontrandomi col canale grande, che alla punta del serraglio stende un picciolo braccio, rientrai per settima porta, nomata Yediculà, o delle sette Torri; non essendovene più dalla parte di terra.

Il luogo propriamente detto delle sette Torri si vede poco lungi, e serve di carcere ne’ delitti di Stato a’ Grandi della [p. 325 modifica]Porta, che il Sultano non vuol far morire; e per quelli, che sono in ostaggio. Ebbi la curiosità d’entrare nel primo cortile; e per quanto potei osservare, è come un Castello quadrato, con sette Torri dentro, coperte di piombo, in cui sono buoni appartamenti per gli prigionieri. L’aria è molto sana, ed ottima per vivervi senza malinconia. Nella sedizione del 1648. la soldatesca irritata contro il Sultano Ibraim, lo trasse dal serraglio alle sette Torri, e strangrolollo. Il Sultano Osman morì nella medesima, con l’istesso genere di morte, nel 1622. per un consimile tumulto.

Si custodiscono oltreacciò dentro queste sette Torri le rendite delle Moschee, che sono di considerazione; essendovene alcuna, che tiene più di cento mila scudi di entrata. Si conserva questo Tesoro a far la guerra per difesa della lor legge contro i Cristiani; nè avriano ardire i Turchi impiegarlo per altri usi. Per la parte di fuori, fra due Torri, vidi una porta (però serrata) allato della quale in marmo erano scolpiti Angeli, e figure di Santi di mezzo rilievo, che danno a dividere esser stata fatta in tempo, che dominavano i Cristiani. [p. 326 modifica]

Le mura poi di Costantinopoli dalla parte del canale in alcune parti sono cadute a terra: quelle, che sono in piede hanno le loro Torri in giusta distanza. Per la parte di Terra vi sono picciole Torri all’antica, e deboli con fosso poco profondo, avanti il quale è una muraglia a petto d’uomo per la moschetteria.

Seguitando il giro per dentro la porta di Yediculà (non potendosi andare per fuori, che in barca) giunsi al serraglio; e di là passando avanti lungo il canale, venni con passo convenevole a terminare il giro in quattro ore: di maniera tale, che io stimo esser Costantinopoli dodeci miglia di circuito, come di sopra ho detto; oltre altre tre, che contiene il serraglio, che sarebbono quindeci miglia. In passando vidi la Moschea di Sultan Selim, col sepolcro del medesimo.

Vicino la porta d’Egri-capsì si scorgono le reliquie del palagio di Costantino Imperadore, del quale resta in piede una parte verso la Città. La fabbrica mostra esser stata grande; però essendo situato nell’estremità di Costantinopoli, dee credersi, che sia stato di delizia più tosto, che altro: avendo la vista sopra tutto il canale, ed acque dolci: e che la sua [p. 327 modifica]Imperiale abitazione fusse vicino S. Sofia, ove si veggono reliquie di colonne, e di marmi sparse per lo giardino del serraglio. In questo palagio di Costantino mi riferirono, che sette anni sono un giovane trovò dentro il terreno un diamante coperto, e lo vendè dodeci grani e mezzo (calcolando la moneta Turchesca con la Napoletana) poi si rivendè quattro carlini; e come che era una buona pietra, andatane la notizia al Sultano Mehemet allora Regnante, lo volle, e fattolo lavorare, si trovò di tal nettezza, e grandezza, che fu apprezzato più di cento mila scudi.

Il dopo desinare ritornai in Costantinopoli per vedere l’Esquì-Serray, cioè vecchia abitazione. Questo è un Serraglio Reale, dove sono rinserrate tutte le donne, che hanno servito a’ predecessori Sultani (come di sopra si è detto) donde non escono se non maritate con qualche Bassà. E’ chiuso questo luogo all’intorno da un muro alto 24. palmi, per lo spazio di due miglia; fra le quali sono gli appartamenti, e giardini per divertimento di queste Dame. Non vi si può entrar dentro, per esser guardata la porta da Giannizzeri, e Capigì. [p. 328 modifica]

Vicino all’Esquì-odolar, o strada di Cesede-bascì entrai a vedere la Moschea Scesade-giamisì, fatta per ordine d’un figlio di Sultano. All’intorno della medesima è una bella piazza, con più fabbriche per uso degl’Imam; dalla quale per tre porte si passa alla seconda piazza, o chiostro, dove sono all’intorno sedeci colonne di marmo, che sostengono 22. cupole, coperte al di fuori di piombo. Nel mezzo vi è una bella fontana, il tetto della quale è sostenuto da colonnette di marmo.

Per tre porte si entra nella Moschea, dove la cupola è situata sopra quattro grossi pilastri; nel rimanente, vi sono gli stessi palchi, tappeti, e lampane, che nelle altre. Dopo avervi veduto un sepolcro, che mi dissero essere d’Ibraim Bassà, uscii fuori; e vedendone altri per via, la curiosità m’indusse ad entrar di nuovo nella prima piazza; nella quale osservai in una cappella due tombe di Sultani con egretti nel turbante, posti sotto dosselli di seta alla maniera Turchesca. Volendo poi uscir fuori per entrare negli altri, incontrai un Giannizzero, che mi chiamò; ma io dubbitando di essere rubato, essendo in [p. 329 modifica]luogo solitario, e tenendo addosso 40. zecchini, ritornai in dietro di buon passo: e seguitandomi quegli in fretta, mi posi a fuggire fuori la piazza. Ivi vedendo il Giannizzero un suo compagno, gridò, che mi prendesse, come in fatti fui arrestato, non avendo ove scampare. Questi Turchi dopo avermi cercata tutta la persona, nè trovatovi cosa alcuna, mi condussero nell’Esquì-odalar ivi vicino; dove presentatomi avanti un’uomo (che io credei ufficiale) mi accusarono di spione: ed avendomi quegli interrogato in buon’Italiano, gli risposi, ch’era per curiosità entrato a vedere i sepolcri. Soggiunse, che non si potean vedere per la gran sospizione de’ Turchi, però, che per all’ora mi scusava come forestiere, che non sapeva il costume del paese: ma che avvertissi di non ritornare più in Costantinopoli, e che di buon passo passassi in Galata; incaricandomi dì più, che ringratiassi il Turco, che mi riponeva in libertà. Parve a me di sentire un’Angelo Protettore, che mi liberava dalle carceri; e senza dubbio era qualche rinegato Italiano, perche ne parlava meglio di me. Ben di fretta adunque me ne ritornai in Galata, che pensava di non avere [p. 330 modifica]a rivedere per più giorni; tanti pericoli porta con seco fra’ barbari la curiosità.

Ritornando passai per lo quartiero del Fener, ed entrai nella Chiesa, e casa del Patriarca Greco. La Chiesa è stretta, e bassa con cinque arcate per ogni lato, che la rendono a tre ale, con poche lampane d’argento appese. A sinistra, quattro gradini alta, è la Sedia Patriarcale: a destra entrando si vede un pezzo della colonna di Nostro Signore, alto tre palmi, ed altrettanto grossa, di color rosso e bianco.

Il Sabato 23. essendo una bella giornata, presi una barca per andare a diporto per lo canale. Veramente l’andarvi in passeggio è assai migliore di Posilipo di Napoli; poiche si gode in tutti i tempi dell’anno, e vie miglior veduta per le prospettive di Costantinopoli, di cui abbiam ragionato di sopra. Spasseggiando adunque m’innoltrai verso i villaggi d’Asacapsi, Carachioy, Cassun-bascià, e Tarsena, dove sono le galee. Posto piede a terra ebbi la curiosità di vedervi fabbricar galeotte, bergantini, ed altri legni sotto 14. arcate coperte. V’erano cinque galee compite, e tre carene per farne altre; oltre sei grandi galeotte, che [p. 331 modifica]mi dissero aversi a mettere di brieve in acqua, per servire sul Danubio per la guerra d’Ungheria. Ivi da presso era la casa del Capitan Bassà, bagnata per tre lati dal canale, e leggiadramente fabbricata. Si vedeva in appresso su l’eminenza d’un colle (vicino la riva) il Casale di Divanana. Erano eziandio in quell’acqua 20. vascelli da guerra fabbricati nel Mar nero, di giusta grandezza, il più grande de’ quali portava 70. pezzi di cannone; e perche era quel giorno di Venerdì, ch’è festivo fra’ Turchi, stavano tutti con le loro bandiere spiegate. Per servigjo de’ medesimi, e delle galee, lungo il lido sono sopra 40. arcate coperte, ed altrettante scoperte, per somministrare a’ medesimi il bisognevole. E’ per altro il canale si profondo, che dagli uni, e gli altri legni con una tavola si pone piede a terra.

Continuando il cammino più avanti con la barca, si vedeva bagnato dal canale il famoso palagio, e giardino di Serray-Badiscia, adorno di molti ordini di cipressi, e di molte gelosie nelle loggie; e di tanti vari colori abellito, che sforza (per così dire) l’occhio a riguardarlo. Si scorge quindi per ben lungo spazio [p. 332 modifica]d’abitazioni il Casale d’Ascuy; dove il canale le piega a man dritta, restringendosi verso il fiume. Quindi è, che le tre miglia, che contano da Galata sin’a questo Casale per acqua, non solo è un passeggio famoso per la bellezza di questa riva; ma anche per l’opposta di Costantinopoli, e per le tante case notanti su le acque; eziandio fuori la Porta di Jevassere-capsi, e suo borgo Juph. L’acqua a quattro miglia da Galata è dolce, a cagion del fiume, che da Belgrado viene a perdersi nel canale; io nondimeno vedendo placido il corso del medesimo fiume, feci andar avanti la barca, lasciando a destra una casa di legno, assai ben dorata, e dipinta sopra le acque, per godervi il fresco nell’Estate; e passato per sotto un ponte di pietra, a fine di tre altre miglia, giunsi in Chitanà. Questo è un luogo di poche case, però curioso, a cagion d’una macchina, ch’è sopra il fiume; la quale, movendosi una ruota, fa che nel medesimo tempo soffino cinque mantici in altrettanti fornelli, a fine di fondere il ferro, che per canali poi entra nelle forme delle bombe, che quivi si fabbricano per servigio della guerra. Non potendo passare più oltre per una cascata, [p. 333 modifica]che poco più sopra fa il fiume fra lo scosceso de’ monti, ritornai in dietro.

Venne la sera nella nostra osteria Mr. Vitcon mercante Inglese molto ricco, per cenare, e bevere con noi; imperocche quantunque vi fussero sei Francesi a tavola, la gara nondimeno, e le guerre fra le nazioni non deve rompere il corso delle amicizie private, spezialmente in paese straniero, e barbaro. Mangiò adunque, e bevè bene l’Inglese, e un Genovese suo compagno, non meno che i sei Francesi; a segno tale, che s’ubbriacarono, e si tinsero il volto l’un l’altro senza corrucciarsene. Io non potendo tener testa nel bere con tai nazioni, andai a dormire, serrandomi dietro la porta, che poi vennero per rompere i baccanti; ma trovandola ben serrata, ebbero il travaglio di ritornarsene, senza far nulla.

Domenica 24. mi fu riferito, che l’antecedente giorno era venuto in Galata il Caimecan, ed avea posto alla galea dodici Greci, ed un Giudeo. Poi andando nel Casale di Carachioy incontrai il figlio di D. Giuseppe Marchese Messinese, che per vivere facea il mestiere di comprare, e vender vino; siccome faceva suo [p. 334 modifica]Padre prima di ritirarsi in Francia, per privilegio concedutogli dal G. Signore, acciò si procacciasse il vitto.

S’intese il Lunedì 25. che il Caimecan di Costantinopoli era stato privato della carica, dopo tre mesi e mezzo d’esercizio; e che veniva in suo luogo il Bassà de’ Castelli, mentre egli dovea essere impiegato altrove nel governo di Derberker Metropoli della Mesopotamia: e ciò, perche in sì poco spazio di tempo s’avea concitato ugualmente l’odio de’ Turchi, e Cristiani in sì fatto governo sconvenevole alla sua nascita, per esser figlio di un Prete Greco.

Dopo aver desinato passai in Asia con una barca, per vedere le reliquie dell’antica Città di Calcedonia: dove posto piede a terra, non vi trovai altro che il suolo, per dirvi: quì fù. Questo luogo è posto due miglia ad Occidente da Scutaret, all’incontro il Serraglio. Quivi vicino il G. Signore tiene una buona casa di delizie, con un bel giardino adorno di cipressi, che in quei paesi sono molto frequenti.

Come che io visitava qualche volta Giacomo Colver Ambasciadore degli Stati d’Olanda alla Porta (per esser’egli [p. 335 modifica]virtuoso, ed amator delle persone, che viaggiano) mi fece egli accorgere dal libro di Mr. Spon, che io avea lasciato di vedere la colonna dell’Imperador Marziano, da altri ancora trascurata; onde mi venne il prurito di ritornare in Costantinopoli, per soddisfarmi dì questa nuova curiosità, avvegnache io avessi promesso al rinegato di non andarvi più. Con tutto il rischio adunque presa barca il Martedì 26. v’andai, e nel cortile di una casa d’un particolare Turco, presso al medesimo quartiere de’ Giannizzeri, vidi la colonna, a mio giudizio alta 15. palmi, fatta d’un pezzo di marmo granito, col suo capitello d’ordine Corintio; sopra il quale v’era un quadrato di pietra con quattro Aquile negli angoli. I versi Latini, che mi riferì l’Ambasciadore essere a’ piedi della colonna, non potei vedere, perche erano forse nascosti nel terreno col piedistallo. Dall’altro canto io avea tanta fretta di pormi in sicuro, per non iscontrarmi coll’Italiano rinegato (il quale quella volta mi arebbe fatto qualche dispiacere) che non curai di farlo scoprire.