Il più lungo giorno/La verna (note di viaggio)
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Il mattino: il Pellegrinaggio: le Sorgenti.
La Verna note di viaggio
14 Settembre (Per la strada di Campigno)
Due ragazze e un ciuco per la strada mulattiera, che scendono: i complimenti vivaci degli stradini che riparano la via: il ciuco che si voltola in terra: le risa: le imprecazioni montanine: le roccie e il fiume
— (Le Scalelle) - Una rupe s'avanza
a chiudere la valle. Sembra
la testa crinita di un cavallo titanico che s'impenna: crinita di roccie, pare piegata piegarsi in un confuso frusciare di giovani selve sul torrente la una testa leggendaria. Qua s'impenna il cavallo del conte Lando sotto la rovina struggente la selva delle sue aste. (
il [pare un] un cuore memore della [per la] montagna ripete[re] nelle selve e nel torrente la storia) L'arco di roccia nel cielo si crinis[ce] d'azzurro pulverulento: appare scompare nel seno profondo del cielo. Il torrente continuar confusamente la storia
Ma la montagna fu pia al dolore della madre: che lasciò una croce di brillanti, testimonio delle sue lagrime di Regina nella chiesa in faccia a la riva. Il cuore della Regina, le lacrime brillanti nella croce, il conte perito,
le roccie oscure che vivifica il vento sono ora le voci
sempre verdi della leggenda
Giungo dove la montagna piomba: sul gorgo il cielo è ancora in alto latteo azzurrino
Castagno 16 7bre-
Paesaggio celato. La Falterona avvolta di nebbie. Vedo solo i canali rocciosi che le venano i fianchi e si perdono nel cielo di nebbia che le onde alterne del sole non riescono a diradare
La pioggia ha reso cupo il grigio delle montagne. Davanti alla fonte hanno stazionato a lungo attendendo il sole aduggiati da una notte di pioggia nelle loro stamberghe allagate. Sento una ragazza a dire rimessamente: un giorno la piena ci porterà tutti: il torrente gonfio nel suo rumore cupo commenta tutta questa miseria.
Guardo oppresso le roccie ripide della Falterona: dovrò salire salire. Nel presbiterio una lapide ad Andrea del Castagno
Tipo locale: viso sottile, toni bruni su toni giallognoli, occhi cupi incavati: ancora una semplice antica grazia toscana nel profilo e nel collo. Guarderò i quadri di Andrea del Castagno: forse
Come differente la sera di Campigno: come mistico il paesaggio: come bella la povertà delle sue casupole.
Come incantate erano sorte per me le stelle dal cielo, dallo
sfondo lontano dei dolci avvallamenti dove sfumava la valle
barbarica, d'onde veniva il torrente inquieto e cupo di
profondità. Io sentivo le stelle sorgere e collocarsi luminose su quel mistero: alzando gli
occhi alla rupe a picco altissima che si intagliava in un semicerchio dentato contro il violetto crepuscolare, arco solitario e magnifico teso in forza di catastrofe sotto gli ammucchiamenti inquieti di rocce all'agguato dell'infinito, io
non ero non ero rapito di trovare nel cielo luci ancora luci:
e mentre il tempo fuggiva invano per me: un canto: le
lunghe onde di un triplice coro, salienti a lanci la roccia
trattenute ai confini dorati della notte dall'eco che nel seno roccioso le rifondeva allungate
perdute. Il canto fu breve: una
pausa, un commento improvviso
e misterioso e la montagna
riprese il suo sogno catastrofico: il
canto fu breve: le tre fanciulle
avevano espresso disperatamente
nella cadenza millenaria la loro
pena breve ed oscura e si erano
taciute nella notte. Tutti erano
rientrati, tutte le finestre erano
accese. Ero solo
Le nebbie sono scomparse. Esco. Mi
rallegra il buon odore casalingo
di spigo e di lavanda dei paesetti
toscani. La chiesa ha un portico
a colonnette quadrate di sasso
intero: nudo ed elegante, semplice
e austero, veramente toscano:
tra i cipressi scorgo altri portici:
bel principio della Toscana
Sulla costa una croce apre le
braccia ai vastissimi fianchi
della Falterona
spoglia di macchie che scopre la sua
costruttura sassosa: con una
luce pallida e fulva bruciano
le erbe del camposanto:
penso a Leonardo
Campigna (non Campigno) 18 settembre
(foresta della Falterona)
(Le case quadrangolari in
pietra viva, costruite dai
Lorena restano vuote in mezzo
alla foresta e il viale dei tigli
dà un tono romantico alla solitudine dove i potenti della terra si sono fabbricate le loro dimore. La sera scende dalla cresta alpina e l'accoglie nel seno verde degli abeti).
Dal viale dei tigli guardavo accendersi una stella solitaria sullo sprone alpino e la selva antichissima addensare l'ombra e i profondi fruscii del silenzio. Dalla cresta acuta nel cielo , sopra il mistero assopito della selva scorsi andando pel viale dei tigli la vecchia amica luna che sorgeva in nuova veste rossa di fumi di rame: e risalutai l'amica senza stupore, come se le profondità selvagge dello sprone
l’attendessero levarsi dal paesaggio
ignoto. Io per il viale dei tigli
andavo ancora difeso dagli incanti
mentre tu sorgevi e sparivi o
dolce amica luna: solitario e
fumigante vapore sui barbari
recessi: e non guardai più la tua
strana faccia ma volli andare
ancora a lungo pel viale se
udissi la tua rossa aurora
nel sospiro della vita notturna
delle selve.
Stia - 19 settembre
Nella sala d'albergo un vecchio
milanese cavaliere parla dei
suoi amori lontani a una
signora dai capelli bianchi
dal viso di bambina. Lei calma gli spiega la stranezza del cuore. Lui ancora stupisce e si affanna: quà nell'antico paese chiuso dai boschi. Ho lasciato Castagno: ho salito la Falterona lentamente seguendo il corso del torrente rubesto: ho riposato nella limpidezza angelica dell’alta montagna addolcita di toni cupi per la pioggia recente, ingemmata nel cielo coi contorni nitidi e luminosi che mi facevano sognare davanti alle colline dei quadri antichi: mi son messo per la foresta: ho sostato nelle case di Campigna. Son sceso per interminabili valli selvose e deserte con improvvisi sfondi di un paesaggio promesso ,un castello isolato e lontano: e al fine stia bianca e elegante tra il verde, melodiosa di castelli sereni. vegliata dal castello antico: dopo le solitudini primo saluto de la vita felice del paese nuovo: poesia toscana ancor viva nella piazza armoniosa di voci vegliata dal castello antico: signore ai balconi poggiate il puro profilo mollemente nella sera: l’ora di grazia della giornata, di riposo e di oblio.
Al di fuori si è fatta la quiete.
Il colloquio fraterno del cavaliere continua:
Comme deux ennemis rompus
Que leure haine ne soutient plus
20 settembre (Presso la Verna)
Io vidi dalle solitudini mistiche staccarsi una tortora e volare distesa verso le valli immensamente aperte. Il paesaggio cristiano segnato di croci inclinate dal vento ne fu vivificato misteriosamente: volava senza fine sull’ali distese, leggera come una barca sul mare: Addio colomba, addio! Le altissime colonne di roccia della Verna si levavano a picco grige nel crepuscolo rinchiuse tutt’intorno nè la foresta cupa.
Era incantevolmente cristiana l’ospitalità dei contadini là presso. Sudato mi offersero acqua. Aggiunsero: arriverete alla Verna in un'ora se Dio vole. Una ragazzina mi guardava cogli occhi neri un po' tristi, attonita sotto l’ampio cappello di paglia: in tutti era un raccoglimento inconscio, una serenità conventuale addolciva a tutti i tratti del volto.
Per molto tempo ticorderò ancora la ragazzina e i suoi occhi tristi e tranquilli sotto il cappellone monacale.
Sulle stoppie interminabili sempre più alte si alzavano le torri naturali di roccia che reggevano la casetta conventuale rilucente di dardi di luce nei vetri occidui.
Si levava la fortezza dello spirito, le enormi roccie gettate in cataste da una legge violenta verso il cielo, pacificate dalla natura prima che le coprì di verdi selve, purificate poi da uno spirito d'amore infinito: la meta pacificatrice degli degli urti dell'ideale che avevano fatto strazio, che chiudeva ancora pure supreme commozioni della mia vita. 21 Settembre (La Verna)
Francesca ... S. Francesco pregate per me peccatrice.
15 Luglio 190...
Me ne sono andato per la foresta con un ricordo, risentendo la prima ansia. Pregate per me peccatrice. Ricordavo gli occhi vittoriosi, la linea delle ciglia: forse mai non lo aveva saputo: ed ora al termine del mio pellegrinaggio la ritrovavo che rompeva in una confessione così dolce, lassù, lontano da tutto. Era scritta a metà del corridoio dove si svolge la Via Crucis della vita di S. Francesco: dalle inferriate sale l’alito gelido degli antri.
A metà, davanti alle semplici figure d’amore il suo cuore si era aperto ad un grido ad una lacrima di passione, così il destino era consumato.
Antri profondi, fessure rocciose dove una scaletta di pietra si profonda in un’ombra senza memoria, ripidi colossali bassorilievi di colonne nel vivo sasso: e tu apparso nello scorcio giusto in cui appare il sogna, angelo, ne la chiesa purità dolce che il giglio divide e la Vergine eletta e il cirro imbianca nel cielo e un'anfora classica rinchiude la terra e i gigli
stradina solitaria tra gli alti colonnarii di alberi contenente di una lieve stria di sole — finché io giunsi dove avanti a una vastità velata di paesaggio una divina dolcezza notturna mi si discoprì nel mattino, tutto velato di chiarie il verde sfumato e digradante all'infinito: e tutto pieno delle potenze delle sue profilate catene notturne.
Caprese, Michelangiolo, Michelangiolo colei che tu piegasti sulle sue ginocchia stanche di cammino, che piega, che piega e non posa, nella sua posa arcana come le antiche sorelle, le barbare regine antiche sbattute nel turbine del canto di Dante, regina barbara sotto il peso di tutto il sogno umano. Il corridoio, alitato del gelo degli antri, si veste tutto della leggenda francescana. È come l’ombra di Cristo più rassegnato, nato in terra d’umanesimo, che accetta il suo destino nella solitudine. La sua rinuncia è semplice e dolce: dalla solitudine intona il canto alla natura con fede: Frate Sole, suor Acqua, frate Lupo. Hanno rivestito la sua cappella scavata nella viva roccia. C'è in fronte una grande terracotta Robbiana: corre sulla roccia della parete un tavolato di noce, dove con malinconia potente un frate....da Bibbiena intarsiò figure di santi monaci:
a semplicità bizzarra del disegno bianco risalta quando l’oro del tramonto tenta versarsi per la vetrata prossima nella penombra della cappella. Acquistano allora quei sommarii disegni un fascino bizzarro e nostalgico: bianchi sul tono ricco del noce sembrano rilevarsi i profili ieratici dal breve paesaggio claustrale da cui sorgono decollati, figure di una santità fatta spirito, linee rigide enigmatiche di grandi anime ignote.
Un frate decrepito, nella tarda ora si trascina nella penombra dell’altare, silenzioso nel saio villoso, e prega le preghiere di 80 anni d’amore.
Fuori il tramonto s’intorbida: strie minacciose di ferro gravano sui monti prospicienti lontane. Il sogno è al termine e l’anima improvvisamente sola cerca un appoggio una fede nella triste ora. Dalla terrazza si guardano lentamente sommergersi le vedette mistiche e guerriere dei castelli del Casentino: intorno è un grande silenzio un grande vuoto nella luce falsa dai freddi bagliori che guizza ancora sotto le strette della penombra: il Casentino scompare: riveso le signore gentili dalle bianche braccia laggiù che ancora laggiù ai balconi perpetuano un sogno cavalleresco!
.....
Il piazzale della chiesa è deserto. Seggo sul muricciolo
Figure di frati vagano: facelle