Kant - Geografia fisica, 1807, vol. 1/Trattato della geografia fisica/Capitolo 1/VI. Del luccicare del mare

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Capitolo 1 -
VI. Del luccicare del mare

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Immanuel Kant - Geografia fisica (1802)
Traduzione dal tedesco di Carl August Eckerlin (1807)
Capitolo 1 -
VI. Del luccicare del mare
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VI.
Del luccicare del mare1.

Una nave che veleggia, spesse volte fa nascere uno splendore chiaro nell’acqua, di modo che in tempo di notte pare accendersi. [p. 174 modifica] La nave s’avanza circondata non solamente dalla luce, ma ne trae con sè una lunga ststri-

[p. 175 modifica] striscia. Questa specie di luccicare non mai si distende lontano dalla nave, e si comunica solamente alle onde più vicine, le quali in direzione obliqua si rompono contro di essa. Ordinariamente dopo un tale fenomeno i navigatori hanno vento fresco. Il vento del nord particolarmente favorisce queste fiamme; ma i venti umidi, come quei del sud, o la stagione umida, sono loro contrarj. Oltre di queste fiamme, osservasi ancora qualche volta uno splendore bianco latteo, ed altra volta una specie di fiamme, ora maggiori ora minori, nascenti due o tre piedi e più sotto acqua. Bajon, medico a Cayenne, presume essere queste fiamme forse un effetto di strofinamento che nasce nell’interno

[p. 176 modifica]dell’acqua per l’incontro delle correnti, il di cui corso è opposto; egli non osservò queste fiamme che dopo aver passato il tropico del cancro verso il dodicesimo, il decimo e ottavo grado di latitudine settentrionale, propriamente in quella ragione ove incontrò delle terribili correnti2. Forster crede questo luccicare, per quanto esso mostrasi sulla superficie del mare, essere un fenomeno elettrico. Il movimento rapido della nave, dic’egli, produce un grande fregamento; ed anche il movimento dell’onde cagionato dal vento riscalda maggiormente l’acqua, che l’aria stessa; e siccome inoltre il corpo della nave è unto di resina, di pece e di catrame, ed è pieno di chiodi, e l’acqua essendo altronde un buon conduttore; cosi facilmente si comprende la possibilità del fenomeno elettrico. Buffon, dopo aver versato l’acqua marina in un vaso, osservò che fra tutt’i corpi dei quali egli si servi per produrre una fregagione, le sostanze metalliche produssero la maggior quantità di scin[p. 177 modifica]tille; minori furono quelle de’ corpi animali, e maggiori quelle prodotte dal legno; il vetro non produsse quasi niun effetto. Tosto ch’egli con una lama di ferro ebbe messo l’acqua in movimento, luccicò questa immediatamente di una quantità di scintille rosse, che parvero sortire dalla lama, e scomparire insieme. Questo fenomeno diminuisce finalmente e scomparisce, continuando per qualche tempo le agitazioni nella medesim’ acqua; ma lasciandola riposare per qualche tempo, e replicando poi il movimento colla lama, rinascono le scintille, ma non in sì gran numero e sì lucide, che quando l’acqua è stata attinta appena dal mare.

Un’altra specie del luccicare del mare osservasi nel tempo delle calme di qualche durata, ed in tempo caldissimo, o immediatamente dopo. Il luccicare di questa specie è piuttosto sparso sull’intera superficie del mare, e pare aver luogo fino al suo fondo; questo è più frequente e più lucido allorquando il movimento dell’acqua è uniforme, ed assai più sensibile quando è prodotto da altri corpi, che quando le particelle dell’acqua si urtano fra loro. Riempiendo una botte di quest’acqua, e facendo [p. 178 modifica] cessare il tremolare, diventerà subito oscura. Veramente ella luccica quando si torni ad agitare, e pare che la luce per qualche momento vi si arresti; ma finalmente svanisce interamente. Le Roi attribuisce questo splendore ad una materia oleosa fosforica la quale, in egual modo che fanno alcune altre materie fluide, può accendere l’aria e consumarla. Un poco di spirito di vino gettato sopra l’acqua marina fresca produce questo effetto; cosa che Canton, e particolarmente Forster, hanno messo fuori di dubbio. Nel mare, dice l’ultimo, si putrefanno molte materie animali, le quali interamente si scompongono, onde si sviluppano le loro parti, e particolarmente l’acido fosforico. Aggiungendovi una materia infiammabile, ne risulta un miscuglio, conosciuto sotto il nome di fosforo. Così i pesci seccati all’aria, qualche volta diventano fosforici; e l’oceano stesso, dopo una lunga calma, comincia a putrefarsi ed a puzzare, mentre il calore e l’aria tranquilla contribuiscono in qualche modo alla decomposizione delle sostanze animali; perchè tanto i pesci quanto gli animali gelatinosi contengono parti oleose ed infiammabili, colle quali l’acido fosforico [p. 179 modifica] libero facilmente si mesce, e forma un fosforo sulla superficie del mare, il quale cagiona quel luccicare mirabile. Anche le esperienze di Bajon conducono a questa spiegazione intorno al detto fenomeno.

Una terza specie di luce del mare, che osservasi in tempo di notte, non solamente sull’intera superficie di lui fin dove si estende la vista, ma pure nel suo interno e nelle profondità, di modo che si veggono nuotarvi i pesci quali corpi lucidi, è cagionato indubitatamente da piccoli animaletti o vermi viventi che nuotano nel mare, ed il cui splendore deve essere fondato nell’organizzazione loro particolare o nelle parti solide di essi. Rigaud3 assicura, che sulle coste della Francia, incominciando dall’imboccatura della Garonna fino ad Ostenda, e nell’oceano, dal porto di Brest sino alle Antille e Terranova, il mare riceve lo splendore da un numero incredibile di piccoli animaletti rotondi e quasi trasparenti come l’acqua stessa: essi, appena sono grandi come la testa di una spilla, (la quarta parte della [p. 180 modifica] linea nel diametro) hanno un braccio solo; lungo la sesta parte di una linea. Questi animaletti luccicano, quando il mare si mette in movimento, o quando ad essi s’avvicina un piccolo insetto.

Per osservare questi vermi con maggior attenzione, non s’ha da far altro, secondo Rigaud, che riempiere di acqua marina un fiasco di vetro bianco e sottile con un collo stretto, poi metterlo in riposo contro la luce della finestra, o la sera avanti il lume; allora gli animaletti presto si porteranno sulla superficie dell’acqua, o sulle pareti del vetro, ove facilmente con una fibra di penna si possono prendere nel collo del fiasco per esaminarli sotto il microscopio. Filtrando l’acqua con una carta greggia, non luccica più; ma gli animaletti che restano fra gli spazj della carta luccicano maggiormente. Versando quest’acqua luccicante di mare in un vaso piatto, e ponendola in un luogo oscuro per poter osservare meglio i punti luccicanti, dopo avervi aggiunto qualche goccia dl spirito di vino forte o di un altro acido nitroso o solforico, compariranno de’ punti fosforici che sono propriamente questi piccoli animaletti o polipi; essi luccicano, [p. 181 modifica] si muovono presto, cadono subito in fondo, e muojono privi di splendore. Godehem anch’egli ha osservato questi piccoli vermi splendenti ne’ siti più luccicanti del mare, e coll’ajuto di un buon microscopio dice aver rilevato, che lanciavano un’umidità oleosa, la quale galleggiava sulla superficie del mare, e spargeva uno splendore vivo turchiniccio. Questa umidità che i vermi spargevano, filtrando l’acqua, restava sul feltro, e la privava di tutto lo splendore4. Già nell’anno 1646 si sono fatte osservazioni simili nell’Adriatico da Vianelli, dottore di medicina a Chioggia in vicinanza di Venezia, delle quali dà conto nella sua operetta intitolata: Nuova scoperta intorno le luci notturne dell’acqua marina. L’autore dice aver osservato, che l’acqua nel golfo di Venezia luccica dal principio dell’estate fino alla fine dell’autunno, particolarmente in quei siti ove cresce l’alga, e principalmente quando l’acqua è mossa dalle onde delle navi o col mezzo dei remi. Egli ne attinse [p. 182 modifica] un vaso, ma ponendo l’acqua all’oscuro, non vedeva punto lo splendore, finchè prima colla mano non la metteva in movimento. Egli filtrava l’acqua con un panno fino e spesso, dopo di che il panno luccicava nell’oscuro, ma non più l’acqua filtrata; lo splendore sul panno consisteva in infiniti piccoli punti luccicanti, i quali erano finissimi, grossi per la metà di un pelo dell’occhio, e di colore giallo nericcio. Per mezzo del microscopio scopriva de’ vermi i quali, simili al maggior numero delle specie delle ninfe, erano composti di anelli, sui fianchi avevano molte paja di setole invece di piedi, ed alla testa 4 antenne; essi luccicavano in tutto il corpo, e non come gli altri vermi, in una sola parte di esso; e ciò particolarmente quando stavano fermi. Nella primavera dimorano volentieri sull’alga; nell’estate si estendono sopra tutto il mare, ove per lo più si trattengono sulla superficie. Allorquando l’acqua luccica molto in tempo di notte, i pescatori aspettano la burrasca e il tempo cattivo; il maggior movimento dei vermi, poco prima della burrasca, forse si può attribuire ad un presentimento dell’ [p. 183 modifica] inquietudine della natura5. Anche la pinna marina, grande conchiglia del mare, luccica talmente all’oscuro, che, secondo quello che racconta Shaw, essendo presa dai pescatori di Algira nella rete in tempo di notte, fa riconoscere i pesci vicini ed essa. Quasi tutto ciò ch’è stato detto con fondamento sullo splendore del mare, leggesi in una lettera assai interessante di La Lande, inserita nel Journal des Savans per l’anno 1777. Le notizie più recenti ed istruttive a questo proposito si hanno dalle osservazioni di Forster, le quali meritano che se ne faccia menzione. «Indubitatamente, dic’egli, è [p. 184 modifica] cagionata questa terza specie del luccicare fosforico del mare da’ vermi gelatinosi (molIusche), la di cui forma si può riconoscere nell’acqua per mezzo del loro proprio splendore. Così anche luccica all’oscuro la specie dei calamarj o seppie, e quella delle meduse; e rare volte ho osservato questa qualità ne’ pesci ed animali testacei; ma non mai ho incontrato grarnchietti fosforici (cancer cragnon Linnaei) o altri insetti, fuorchè le scolopendre, delle quali alcune luccicano: per esempio, la scolopendra elettrica, e la scolopendra phosphorica Linnaei, che una volta, in distanza di alcune centinaja di miglia dalla terra, cadde sulla nave, avendo forse per mezzo delle sue ale abbandonato l’acqua, suo proprio elemento».

«Il fenomeno più rimarchevole di questo genere l’osservammo nella notte del 29 al 3o di ottobre 1772, alla distanza di alcune miglia dal capo di Buona Speranza, mentre spirava un vento fresco. Appena incominciata la notte, parve il mare essere quasi una fiamma generale; ciascun’ onda che si rompeva mostrava un margine lucido, ed ove la nave toccava l’acqua, ne nascevano strisce di luce fosforica. Fin dove si estendeva la vista, ci [p. 185 modifica] si rappresentava questo medesimo fenomeno, ed anche i precipizj dell’immenso oceano parvero pregni di luce. Grandi corpi lucidi che per la figura prendemmo per pesci, nuotavano intorno a noi; alcuni si avvicinavano alla nave e tenevano la medesima direzione; altri colla velocità del fulmine si allontanavano di fianco; qualche volta si avvicinavano fra loro: e se il caso ne conduceva uno piccolo troppo vicino ad un grande, quello subito si rivoltava in dietro, cercando tutt’i mezzi per fuggire. Per esaminare meglio quest’acqua lucida, ne feci tirare a bordo un secchio ripieno, e la trovai ripiena di piccolissime innumerabili palline lucide, che si muovevano con una celerità incredibile. Dopo che l’acqua restò per qualche tempo ferma, parve il numero de’ corpiciuoli lucidi sensibilmente diminuito; ma toccando o agitando appena l’acqua, cominciò di nuovo a luccicare, e le piccole palline si mossero vivamente in tutte le direzioni, anche dopo che l’acqua appena cominciava a riposarsi6 [p. 186 modifica] Noi avevamo fatto sospendere il secchio alla volta per evitare il movimento della nave, e per far riposare l’acqua più che fosse stato possibile; ciò non ostante questi atomi di luce si mossero in tutte le direzioni, di modo che ci persuademmo del loro moto spontaneo. Il luccicare però si accrebbe ogniqualvolta si mosse l’acqua colla mano o con un pezzo di legno; nel primo caso restò qualche volta attaccata una molecola fosforica al dito, grande appena come la più piccola testa di una spilla. Il microscopio più semplice fece conoscere la forma rotonda, ed il colore scuretto di questi punti trasparenti e gelatinosi: sotto il microscopio più perfetto vedevasi un tubo assai fino, il quale, da un’apertura rotonda sulla pelle, internavasi nella carne o nel corpo di questa creatura sferica. Le interiora consistevano in quattro, fino a cinque sacchetti, che parvero di aver comunicazione col tubo sopra nominato. Col microscopio più forte null’altro si scoprì che una maggior chiarezza delle parti accennate. Io desiderava, dice Forster, di portare ancora un solo di questi punti in una goccia d’acqua sotto il microscopio, ma non potei averne più alcuno vivo, perchè, prima di [p. 187 modifica] staccarsi dal dito, morivano a cagione della loro struttura estremamente tenera. Ai 22 di novembre, facendo vela dal Capo di Buona Speranza, osservammo il medesimo fenomeno in tempo di un vento fortissimo. L’aspetto dell’immenso oceano riempiuto di miriadi di piccoli atomi, ai quali il creatore diede vita, forza di moto e direzione spontanea, unita al potere di luccicare all’oscuro o di ritenere la loro luce secondo l’arbitrio, e d’illuminare tutt’i corpi che toccano, ci deve risvegliare dallo stupore e della venerazione superiore ad ogni espressione»

  1. Ved. Journal de Physlque 1784 Januar e 1786 Rozien, observations sur la physique lll. p. 106. Spallanzani, memorie di matematica e fisica della Società Italiana t. II. p. 603 tradotte nelle collezioni di Lipsia per la fisica e la storia naturale vol. IV. p. 289 Torrubia, Preparazione per la storia naturale della Spagna. Trattato della Società delle scienze in Boemia pel 1785 2. divis. p. I Trattati svedesi pel 1798 o sia il 19 vol. Sparmann. Reise nach den Vorgeburge der guten Hoffnung. pubblic. da Fiorg. Gorster p. 5. Berl. Samml. zur Befoerderung der Arzneiwiss. vol. 2. 1770 p. 471 Gren’s Annalen der Physik vol. 2 quint. 3 Gothae Megazin fuer das neueste aus des Physik und Naturgeschichte vol. 2 quint. 4 p. in 159 vol. 4. f quint. 1 p. 42 vol. V. quint. 2 p. 46. Voigts . Magazin fuer den neuesten Zustan der Naturkunde vol. l quint. 4 p. 1-22 vol. 2 quint. 1 p. 76. Ann. des Museums der Naturgeschichte. v. 2 quint. 2 p. 158. Fra gli esperimenti più esatti sopra questa materia si contano ancora sempre quelli di Canton, nelle philos. transact. vol. 59 p. 446. Canton mise nell’acqua marina un ghiozzo fresco (lavaretus) il quale dopo 24 ore luccicò. Nella cantina ove ponevasi la padella coll’acqua marina ed il pesce, il termometro di Fahrenheit era a 54° . L’acqua stessa in istato di tranquillità fu oscura, e tostochè ti toccò con una bacchetta, cominciò a luccicare largo il giro delle medesima, movendola poi intieramente, luccicò dappertutto. Il maggior luccicare ebbe luogo dopo che il pesce vi ere stato 24 ore nell’acqua, dopo tre giorni non luccicò più, anche agitandola con veemenza. Un'aringa messa in una padella illuminò ancora di più l’acqua marina; questa luce si accrebbe nella terza notte, in modo che muovendola, Il potè conoscere il tempo che indicava l’orologio. Il pesce stesso parve un corpo oscuro. La luce diminuì nelle notti seguenti, ma continuò fino alla settima notte. L’acqua dolce, mettendovi dentro un’aringa, non luccicò, ma scomponendovi in essa del sale fino al pelo proprio dell’acqua marina, fece il medesimo effetto dell’acqua di mare, ed acquistò finanche il gusto amaro e stomachevole di esca. Un grande calore d’estate favorisce la putrefazione ed il luccicare il calore essendo maggiore di 20 gradi di quello del sangue, impedisce ambedue le operazioni. Un pezzo di un pesce che luccicava, messo da Canton in un globo sottile di vetro al 118° del termometro di Fahrenheit, in meno di un minuto perdette intieramente la sua luce: dopo d’essere stato tirato fuori dell’acqua, la riacquistò nuovamente in 10 secondi di tempo, ma non fu splendido come prima. Pare dunque essere così decisa che spesse volte il luccicare del mare nasca da un principio di putrefazione: ma tutt’i fenomeni del luccicare del mare forse non si lasciano spiegare da questo solo: perciò conviene far valere ancora altre spiegazioni accennate nel testo, secondo Forster.
  2. Vedi le sue eccellenti Mémoires pour servir à l’histoire naturelle de Cayenne. Paris. 1778, 2 vol. in 2.
  3. Journal des Savans. 1770 mese di marzo.
  4. Ved. Diquemare, Journal de phyique, octobr. 1775.
  5. Ammettendo che i vermi sieno la causa principale del luccicare sul mare, con che dopo tante osservazioni è fuori di dubbio, comprenderemo facilmente dopo l’esperienza frequentemente fatta, che il balenare più chiaro o forte è un indizio di burrasca, o di un cangiamento del tempo. Merita ancora di essere accennato, che quando il celebre nautico francese Turgot si bagnò nel mera colla sua compagnia, diventò con gli altri fosforico, e gli abiti stropicciandoli, ne restarono infetti fino nel giorno seguente. L’abate Nollet che, unito a Buffon, credette lungo tempo essere questa luce del mare una luce fosforica, si vide in appresso necessitato a confessare ch’essa nasce immediatamente da’ vermi, o almeno da una umidità che essi spargono nel mare.
  6. Forse sta in ciò la cagione per il luccicare del mare si e osservato maggiore in tempo burrasca, che in tempo di calma.