L'amor platonico/III

Da Wikisource.
III

../II ../IV IncludiIntestazione 13 aprile 2019 25% Da definire

II IV
[p. 63 modifica]

III.

Quella larga ondata d’amore che la poesia provenzale diffuse intorno al mille e duecento, recando intatto fino a noi, attraverso le cruenti lotte che separano due mondi, il soave idillio di Jauffré Rudel e della contessa Melisenda, è anche una prova in favore della ricerca di spiritualità che l’uomo compie non da so[p. 64 modifica]litario ed eccentrico individuo, ma rispondendo conscio od inconscio, a un segreto bisogno dell’ anima universale.

Non ignoro che la scienza positiva insegna la ricerca del dato statistico in ogni cosa ed i moderni psicologi, che colla scienza occhieggiano alPamichevole, non mancano di aggruppare i maggiori documenti umani che trovano alla loro portata; ma, l’ho già detto, un difetto gravissimo di queste psicologie è il campo quasi esclusivo in cui furono compiute. Si crede troppo che per conoscere l’uomo bisogna frequen[p. 65 modifica]tare la così detta società, la quale è la cosa più monotona e inconcludente che si possa immaginare, talché vista una volta è come la si avesse vista per sempre e vista una le si son viste tutte. E non è tutto.

Io sono convinta che l’abitudine della società, nonché favorire, allontana dalla conoscenza dell’uomo.—Coloro che passano il tempo fra le giubbe e gli strascichi o fra la bottiglia e le carte non conoscono la vita semplicemente perchè non vivono, col peggiorativo che sono persuasi di conoscerla così come sono persuasi di vivere. Cercare dei docu[p. 66 modifica]menti in simili circostanze è come gettar le reti in un pantano; non si pescano che ranocchi.

Ah! Balzac ha creato un fatale precedente dichiarando nella sua fisiologia che «toute femme n’a pas volture n’est pas une femme». Gli scrittori che vennero dopo si guardarono bene dal cercare altrove; e siccome il maestro aveva anche scritto che esistono qua e là delle forme lontanamente muliebri dal collo rugoso e dalla nuca secca e bruna come le radici di un albero, che si potrebbero credere donne, ma che non lo sono, anche queste fu[p. 67 modifica]rono cancellate dai ruoli; e via via restringendo la schiera, codesta benedetta psicologia dell’ amore si trovò limitata nei confini, per verità niente reconditi, del palco, della carrozza e della camera mobiliata.

Troppo poco per una passione che ebbe un dio a rappresentarla! ' Mi ricordo una discussione avuta con un giovine romanziere quando pubblicai il mio romanzo Teresa. 11 romanziere era allora alle sue prime armi e il campo dove si addestrava appunto quello che la più comune dalle esperienze offre a qualsiasi uomo. Egli mi dichiarò subito [p. 68 modifica]che personaggi come la mia protagonista non esistono nella vita, che io ero una ingenua sognatrice; e in prova dell’asserto mi recava, quasi ogni giorno, i commenti ironici delle sue amiche che fra una sigaretta e l’altra ridevano alle spalle della povera Teresa — nonché della autrice. La discussione finì al solito, lasciando i due avversari nell’opinione di prima; ma un anno dopo, essendosi il giovine romanziero ritirato in provincia per certi studi, ebbe la gentile lealtà di scrivermi che si ricredeva pienamente de’suoi giudizi perchè aveva avuto occa[p. 69 modifica]sione di conoscere altre Terese, ben vive quelle là! Non ho dunque ragione di dire — e già lo dissi altrove— che i documenti raccolti nel campo ristretto delPamore sensuale somigliano agli allori dei cavallerizzi da Circo, i quali percorrono chilometri e chilometri in tondo senza uscire dallo steccato? Il giovane romanziere aveva avuto bisogno di vedere per credere. Egli non aveva sentito la verità di Teresa. Ora, sentire è la necessità prima dell’artista e del poeta. È per questo che i grandi romanzieri del sentimento (non voglio [p. 70 modifica]far nomi: prendiamoli pure tutti insieme italiani, francesi, inglesi, russi, tedeschi), preferirono sempre al volgare ambiente della città quella vita di provincia così apparentemente calma e pure così feconda di maturazione interna. Ma ecco che i nomi mi sfuggono mio malgrado: Auerbach, Turghenieff, Dostojevsky, la Eliot, la Sand, Balzac, Lamartine, Manzoni, dove abbeverarono la loro intima sete di idealità se non ai boschi verdi, alle strade romite, alle case solitarie e abbandonate delle loro provincie native? Gli osservatori superficiali [p. 71 modifica]vedono affluire ai grandi centri la folla suppurante e ignorano o non si curano di studiarla alla fonte e lungo il corso tortuoso ed occulto della sua trasformazione.

Quando noi cittadini frettolosi e febbrili, portati nella irruenza vertiginosa di un treno lampo, ci lasciamo addietro la morente bianchezza di un villaggio, compiangendo i disgraziati costretti a passarvi resistenza senza riunioni sportive, senza teatri, senza luce elettrica, ah! rammentiamo che in quelle strade deserte si prepara il materiale continuamente rinnovato delle nostre [p. 72 modifica]forze migliori, della nostra intatta giovinezza; rammentiamo che accorrono a noi da quei villaggi i robusti lavoratori, i poeti vergini, la bellezza fiorente delle donne. Guai alla tormentata esausta popolazione delle nostre città se si venisse a chiudere questa benefica arteria che dai monti e dalle valli, dalle foreste, dai mari, dalle piccole sparse abitazioni umane riversa a larghi fiotti sulla civiltà convulsa il sangue generoso della natura! Nessuno di coloro che hanno acuto senso della realtà vorrà negare che la vita contemplativa è la più adatta [p. 73 modifica]per svolgere dall’anima i principi riposti di osservazione e di affettività e come già preparò la via alle più alte. e delicate manifestazioni dell’ingegno, così crebbe casti e so- linghi fiori di passione che male avrebbero potuto attecchire nella atmosfera cittadina; amori longanimi, amori pazienti, forzatamente ma rassegnatamente platonici e quasi paghi di offrire i loro cuori come turiboli ardenti a un dio che non li ricompensa.

Ma se a molti, voglio sperarlo, non parrà diffìcile trovare delle rese, dolci e rassegnate vittime di [p. 74 modifica]un amore sentimentale, sembrerà tuttavia lontano e forse puramente fantastico il tipo di Jauffré Rudel, questo cavaliere provenzale che essendosi innamorato della contessa Melisenda regina di Tripoli sulla semplice fama della sua bellezza e della sua virtù, attraversò l’oceano per vederla e morì contento ai di lei ginocchi. Io però conobbi nella mia infanzia una fanciulla di animo ardente che essendosi vivamente appassionata delle opere di Lamartine venne per quella via tutta spirituale a concepire un vero e proprio amore per l’ottantenne poeta; [p. 75 modifica]e gli scrisse e ne ottenne una risposta che, vergata nella elegante aristocratica calligrafia dell’autore di Graziella, le recò i dolci e malinconici rimpianti del vegliardo. Nè la relazione platonica fini, che anzi la fanciulla vi profuse il meglio dei suoi sentimenti, confortando con una vampa d’amore gli ultimi giorni del poeta che d’amore aveva cantato così soavemente ed a cui dall’Italia, che gli aveva ispirato il suo primo palpito, doveva sorridere ancora il suo ultimo sogno. Il poeta morì, la fanciulla si accasò, ma al primo figlio che ebbe pose nome Alfonso, [p. 76 modifica]legando così alla posterità il dolce e folle amore giovanile innestato alla salda materialità di un frutto.

In un recente volume, pubblicato a Parigi, la signora Ollivier svela un’ altra bella anima di donna che un puro amore avvinse al cigno di Milly. È Valentina Lamartine, nipote del poeta, a lui tanto e sì ardentemente affezionata che non volle prender marito per consacrargli tutta la vita. Questa fanciulla entusiasta, che provava «il bisogno di dedizione di tutto il suo essere Ano all’ultima goccia di sangue» incominciava così una sua [p. 77 modifica]lettera a Lamartine: «C’ est en genoux, à vos pieds et en couvrant votre main de baisers». Più innanzi: «Mème au bai quand j’ y vais, je trouve le moyen de m’ unir à vous par Celui qui est le lien des coeurs» Lamartine rispondeva «Ah! quelle lettre, quelle àme, quelle Alle, quel ange! Que ta naissance soit benie».

Si dirà che queste sono esaltazioni della fantasia; ma l’amore è sempre una esaltazione, uno stato di febbre, e non vi è alcuna ragione di negarlo alla fantasia quando i sensi ne approfittano così largamente. Va[p. 78 modifica]lentina Lamartine preferì la rinuncia delle soddisfazioni materiali che le avrebbe procurato il matrimonio alla rinuncia di quella dedizione alta, completa, assoluta che la sua anima tenera e vibrante fece al solo uomo che le parve degno di amore. Che importa se il vincolo, noto agli uomini sotto un tal nome, non li unì? La forza dell’amore sta nell’amore, non nel modo e nei casi.

L’amore che si ispira per il tramite delle idee e dei sentimenti è d’altronde la più squisita ricompensa alle febbri dell’artista. Gli scrittori appassionati innamorarono [p. 79 modifica]tutti qualche persona che non li vide mai. Di questo solo dovrebbero essere gelosi gli uomini.

Non ho molta fiducia nella moltiplicazione degli esempi che non racchiude in fondo un grande valore per la bontà della tesi; ma uno ancora ne voglio portare e sarà l’ultimo. Vive in una remota plaga delle Pampas un giovine francese a cui, nella solitudine forzata, fu per molti anni compagna l’immagine di una donna lontana che sposando all’arte una sensibilità appassionata e profonda gli comunicò l’ideale femminile che meglio rispon[p. 80 modifica]deva alle sue visioni. Nel pensiero di quella donna che egli non vide mai, che non aveva speranza alcuna di vedere, venne posando le sue più nobili aspirazioni; questa ignota, di cui amava l’anima, fu il suo buon genio, la sua fata, il suo amore e la sua fede insieme. Per lei scrisse pagine ardentissime e il nome di lei chiuse insieme ai fiori prediletti nei prediletti volumi. Per un istante vagheggiò la possibilità di dedicarle un capolavoro di quell’arte che ella stessa coltivava, ma le forze gli sembrarono inadeguate alla meta. Varcare l’oceano, raggiungerla e met- ' [p. 81 modifica]tere la vita ai piedi di lei fu pure uno dei suoi sogni; ma il dono non era ancora inferiore all’ altissimo desiderio? o non temeva forse che la realtà spezzasse i fili d’oro dell’incantesimo? Nulla di tutto ciò egli fece e tuttavia lo bruciava l’irresistibile bisogno di unirsi a lei in qualche modo. Con una audacia di cui non si sarebbe creduto capace scrisse a quella donna la prima ed unica lettera, narrandole umilmente, semplicemente, la storia della sua passione che ben poteva racchiudersi nel celebre verso: «Bramo assai, poco spero e nulla chiedo». [p. 82 modifica]Egli infatti non le chiedeva che questo: Trovandosi ai confini dell'Argentina una regione inesplorata e avendo organizzato una spedizione per inoltrarvisi, se la sorte coronasse i suoi sforzi, dare alla terra scoperta il nome di lei.

Siccome non scrivo un romanzo non mi corre l’obbligo di cercare la conclusione di questo documento, bastando al mio scopo l’attitudine psichica che si trova in esso e che rappresenta una delle forme più elevate dell’amore intellettuale, il quale vive e palpita intorno a noi non diversamente di quegli splendidi fiori [p. 83 modifica]tropicali che i ricchi custodiscono nelle loro terre per lusso e che i poveri guardano con curiosità, quasi come stravaganze, senza pensare mai che c’è un paese dove quei fiori spuntano naturalmente dalla terra. [p. 84 modifica]