Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 32

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Canto 32

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Canto 31 Canto 33

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CANTO XXXII



 [1]

S
Ouiémi che cantare 10 vi douea

     Giā lo promiſi: e poi m’uſei di mente
     D’una foſpition che fatto hauea
     La bella Donna di Ruggier dolente,
     De l’altra piū ſpiaceuole e piū rea
     E di piū acuto e venenoſo dente
     Ch per quel ch’ella udi da Ricciardetto
     A deuorare il cor l’entro nel petto.

 [2]
Douea cantarne, & altro incominciai
     Perche Rinaldo in mezo foprauenne,
     E poi Guidon mi die che fare assai
     Che tra camino a bada vn pezzo il tenne,
     D’una coſa in vn’altra in modo entrai
     Che mal di Bradamante mi ſouenne:
     Souienmene hora, e vo narrarne inanti
     Che di Rinaldo e di Gradaſſo io canti.

 [3]
Ma biſogna ancho prima ch’io ne parli
     Che d’Agramante io vi ragioni vn poco
     C hauea ridutte le reliquie in Arli
     Che gli reſtar del gran notturno fuoco,
     Quado a raccor lo ſparfo capo, e a darli
     Soccorſo e vettouaglie, era atto il loco
     L’Africa incontra, e la Spagna ha vicina,
     Et e in fu’l fiume affifo alla marina.

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 [4]
Per tutto’l regno fa ſcriuer Marſilio
     Gete a piedi, e a cauallo, e triſta, e buona:
     Per ſorza e per amore ogni nauilio
     Atto a battaglia: s’ arma in Barcelona:
     Agramate ogni di chiama a concilio
     Ne a ſpefa ne a fatica ſi perdona:
     In tanto graui eſattioni e ſpeffe
     Tutte hanno le citta d’Africa oppreſſe.

 [5]
Egli ha fatto oſſerire a Rodomonte
     Perche ritorni: & impetrar noi puote:
     Vna cugina ſua ſiglia d’Almonte
     E’l bel regno d’Oran dargli per dote,
     Non ſi volſe l’altier muouer dal ponte
     Oue tant’ arme e tante ſellevote
     Di quei che ſon giá capitati al paſſo
     Ha ragunate, che ne cuopre il ſaſſo.

 [6]
Giá non volſe Marphiſa imitar l’atto
     Di Rodomonte: anzi coni’ ella inteſe
     Ch’Agramante da Carlo era disfatto:
     Sue genti morte ſaccheggiate: e preſe:
     E che con pochi in Arli era ritratto:
     Senza aſpettare inuito il camin preſe,
     Venne in aiuto de la ſua corona
     E l’hauer gli proferſe e la perſona.

 [7]
E gli meno Brunello, e gli ne fece
     Libero dono, ilqual non hauea oſſeſo:
     L’hauea tenuto dieci giorni: e diece
     Notti: ſempre in timor d’effere appeſo,
     E poi che ne con ſorza ne con prece
     Da neſſun vide il patrocinio preſo,
     In ſi ſprezzato ſangue non ſi volſe
     Bruttar l’altiere mani, e lo diſciolſe .

 [8]
Tutte l’antique ingiurie gli remeſſe
     E ſeco in Arli ad Agramante il traſſe,
     Ben douete penſar che gaudio haueffe
     II Re di lei ch’ad aiutarlo andarle:
     E del gran conto ch’egli ne faceſſe
     Volſe che Brunel proua le moſtraffe,
     Che quel di ch’ella gli hauea fatto ceno
     Di volerlo impiccar, ſé da buon ſenno.

 [9]
Il manigoldo in loco inculto & ermo
     Paſto di corui e d’auoltoi laſciollo,
     Ruggier ch’unaltravolta gli ſu ſchermo
     E che’l laccio glihauria tolto dal collo
     La giuſtitia di Dio fa e’ hora inſermo
     S’ e ritrouato, & aiutar non puollo:
     E quado il ſeppe era giá il fatto occorſo
     Si che reſto Brunel ſenza ſoccorſo.

 [10]
In tanto Bradamante iua accuſando
     Che coſi lunghi ſian quei venti giorni
     Liquai ſiniti, il termine era, quando
     A lei Ruggiero & alla fede torni:
     A chi aſpetta di carcere, o di bando
     Vſcir, no par che’l tèpo piú ſoggiorni
     A dargli libertade, o de l’amata
     Patria, viſta gioconda e diſiata,

 [11]
In quel duro aſpettare ella taluolta
     Penſa ch’Etho e Pyroo ſia fatto zoppo:
     O ſia la ruota guaita, ch’a dar volta
     Le par che tardi oltr’ all’uſato troppo,
     Piú lungo di ql giorno a cui per molta
     Fede nel cielo il giuſto Hebreo ſé itoppo
     Piú de la notte ch’Hercole produſſe
     Parca lei ch’ogni notte ogni di ſuſſe.

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 [12]
O quante volte da inuidiar le diero
     E gli Orſi e i Ghiri, e i ſonnacchioſi Taſſi
     Che quel tèpo voluto haurebbe intero
     Tutto dormir che mai non ſi deſtaffi,
     Ne potere altro vdir, ſin che Ruggiero
     Dal pigro ſonno lei non richiamaſſi,
     Ma nò pur qſto non può far, ma anchora
     Non può dormir di tutta notte vn’ hora.

 [13]
Di qua, di la, va le noioſe piume
     Tutte premendo, e mai non ſi ripoſa
     Speſſo aprir la fineſtra ha per coſtume
     Per veder s’ ancho di Tithon la ſpofa
     Sparge dinanzi al matutino lume
     Il bianco giglio e la vermiglia roſa
     No meno achor poi ch nafeiuto e’l giorno
     Brama veder il ciel di ſtelle adorno.

 [14]
Poi ch ſu quattro o cince giorni appſſo
     Il termine a ſinir, piena di ſpene
     Staua aſpettado d’ hora in hora il meſſo
     Ctí le apportaſſe ecco Ruggier ch viene
     Montaua fopra vn’alta torre ſpeffo
     Ch’ i ſolti boſchi e le campagne amene
     Scopria d’ intorno, e parte de la via
     Onde di Francia a Montalban ſi giá.

 [15]
Se di lontano o ſplendor d’ arme vede
     O coſa tal ch’a cauallier ſimiglia:
     Che ſia il ſuo diſiato Ruggier crede
     E raſſerena i begliocchi, e le ciglia:
     Se diſarmato o viandante a piede
     Che ſia meſſo di lui ſperanza piglia,
     E ſé ben poi fallace la ritroua
     Pigliar no ceſſa vna & vn’ altra nuoua.

 [16]
Credendolo incontrar tal’hora armoſſi
     Sceſe dal monte, e giú calo nel piano:
     Ne lo trouando, ſi ſpero che ſoſſi
     Per altra ſtrada giunto a Montalbano,
     E col diſir co e’ hauea i piedi modi
     Fuor del caſtel, ritorno dentro in vano,
     Ne qua, ne la trouollo, e paſſo intanto
     Il termine aſpettato da lei tanto.

 [17]
Il termine paſſo d’uno, di dui:
     Di tre giorni, di fei, d’otto, e di venti
     Ne vedendo il ſuo ſpofo, ne di lui
     Sentendo nuoua, incomincio lamenti,
     C hauria moſſo a pietá ne i regni bui
     Quelle ſurie crinite di ſerpenti,
     E fece oltraggio a begliocchi diuini
     AI bianco petto, all’aurei creſpi crini.

 [18]
Dunque ſia ver (dicea) che mi conuegna
     Cercar vn che mi ſugge e mi s’afeonde?
     DÙ03 debbo pzzarevn che mi ſdegna?
     Debbo pregar chi mai non mi riſponde?
     Patirò che chi m’odia il cor mi tegna?
     Vn che ſi ſtima ſue virtú profonde
     Che biſogno fará che dal ciel ſcenda
     Immortai dea, che’l cor d’ amor gli accèda

 [19]
Sa qſto altier ch’io l’amo e ch’io l’adoro
     Ne mi vuol per amante ne per ſerua:
     Il crudel fa che per lui ſpafmo e moro
     E dopo morte a darmi aiuto ſerua,
     E pche io non gli narri il mio martoro
     Atto a piegar la ſua voglia proterua,
     Da me s’ aſconde come aſpide ſuole
     Che p ſtar empio, il cato vdir non vuole.

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 [20]
Deh ferma Amor coſtui che cefi ſciolto
     Dinanzi al lento mio correr s’ affretta:
     O tornami nel grado onde m’hai tolto
     Quando ne a te ne ad altri era ſuggetta,
     Deh come eil mio ſperar fallace e ſtolto
     Ch’ in te con prieghi mai pietá ſi metta
     Che ti diletti, anzi ti pafei e viui,
     Di trar da gliocchi lachrymoſi riui.

 [21]
Ma di che debbo lamentarmi (ahi laſſa)
     Fuor che del mio deſire irrationale?
     Ch’alto mi leua, e ſi ne l’aria pana,
     Ch’arriua in parte oue s’abbrucia l’ale:
     Poi non potendo foſtener, mi laſſa
     Dal ciel cader, ne qui ſiniſce il male,
     Che le rimette e di nuouo arde, ond’io
     Non ho mai ſine al precipitio mio.

 [22]
Anzi via piú che del diſir mi deggio
     Di me doler, che ſi gli aperſi il ſeno:
     Onde cacciata ha la ragion di ſeggio
     Et ogni mio poter può di lui meno,
     Quel mi traſporta ognihor di male í peggio
     Ne lo poſſo ſrenar, che nò ha ſreno
     E mi fa certa, che mi mena a morte
     Per ch’aſpettado il mal noccia piú ſorte.

 [23]
Deh pche voglio anello di me dolermi ?
     Ch’error ſé non d’amarti vnqua cOmeſſi ?
     Che marauiglia ſé ſragili e inſermi
     Feminil ſenſi fur ſubito oppreſſi ?
     Perche doueu’ io vſar ripari e ſchermi
     Che la ſomma beltá non mi piaceffí
     Glialti ſembianti e le ſaggie parole
     Mifero e ben chi veder ſchiua il Sole.

 [24]
Et oltre al mio deſtino, io ci ſui ſpinta
     Da le parole altrui degne di fede:
     Somma felicita mi ſu dipinta
     Ch’effer douea di queſto amor mercede.
     Se la perſuaſione ohimè ſu ſinta:
     Se ſu ingáno il conſiglio che mi diede
     Merlin, poſſo di lui ben lamentarmi
     Ma no d’amar Ruggier poſſo ritrarmi.

 [25]
Di Merlin poſſo, e di Meliſſa inſieme
     Dolermi, e mi dorrò d’effi in eterno:
     Che dimoſtrare i ſrutti del mio ſeme
     Mi fero da gli ſpirti de lo’nferno:
     Per pormi ſol con queſta falſa ſpeme
     In ſeruitu, ne la cagion diſcerno
     Se non ch’erano ſorſè inuidioſi
     De i miei dolci ſicuri almi ripoſi.

 [26]
Si l’occupa il dolor che non auanza
     Loco, oue in lei conſorto habbia ricetto,
     Ma mal grado di quel vieti la ſperanza
     E vi vuole alloggiare in mezo il petto:
     Rifreſcandole pur la rimembranza
     Di ql ch’al ſuo partir l’ha Ruggier detto
     E vuol contra il parer de glialtri affetti
     Che d’hora in bora il ſuo ritorno aſpetti.

 [27]
Queſta ſperanza dunce la ſoſtenne
     Finito i venti giorni, vn meſe appreſſo
     Si che il dolor ſi ſorte non le tenne
     Come tenuto hauria l’animo oppreſſo:
     Vn di che per la ſtrada ſé ne venne
     Che per trouar Ruggier ſolea far ſpeffo
     Nouella vdi la miſera ch’inſieme
     Fé dietro all’altro ben ſuggir la ſpeme.

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 [28]
Véne a incotrare vn cauallier Guaſcone
     Che dal campo African venia diritto:
     Oue era ſtato da quel di prigione
     Che ſu inanzi a Parigi il gran conflitto,
     Da lei ſu molto poſto per ragione
     Fin che ſi venne al termine preſcritto:
     Domado di Ruggiero e in lui fermoſſe
     Ne ſuor di queſto ſegno piú ſi moſſe

 [29]
Il cauallier buon conto ne rendette
     Che ben conoſcea tutta quella corte:
     E narro di Ruggier, che contraſtette
     Da ſolo a ſolo a Mandricardo ſorte,
     E come egli l’ucciſe, e poi ne ſtette
     Ferito piú d’un meſe preſſo a morte:
     E s’era la ſua hiſtoria qui còcluſa,
     Fatto hauria di Ruggier la vera eſcufa.

 [30]
Ma come poi ſoggiunſe, vna donzella
     Eſſer nel campo nomata Marphiſa:
     Che men non era che gagliarda bella:
     Ne meno eſperta d’ arme in ogni guiſa:
     Ch lei Ruggiero amaua e Ruggiero ella
     Ch’ egli da lei: ch’ella da lui diuiſa
     Si vedea raro, e ch’iui ogn’ uno crede
     Che s’habbiano tra lor data la fede.

 [31]
E che come Ruggier ſi faccia ſano
     Il matrimonio publicar ſi deue:
     E ch’ogni Re, ogni Principe pagano
     Gran piacere e letitia ne riceue:
     Che de l’uno e de l’altro fopra humano
     Conoſcendo il valor, ſperano in breue
     Far’ vna razza d’ huomini da guerra
     La piú gagliarda che mai foſſe in terra.

 [32]
Credea il Guaſco ql che dicea: no ſenza
     Cagion, che ne l’eſercito de Mori
     Openione e vniuerſal credenza
     E publico parlar n’era di ſuori:
     I molti ſegni di beniuolenza
     Stati tra lor facean qſti romori:
     Ch toſto o buona o ria che la fama eſce
     Fuor d’ una bocca, in inſinito creſce.

 [33]
l’eſſer venuta a Mori ella in aita
     Con lui, ne ſenza lui comparir mai,
     Hauea queſta credenza ſtabilita,
     Ma poi l’hauea accreſciuta purassai:
     Ch’ eſſendoſi del campo giá partita
     Portandone Brunel (come io contai)
     Senza eſſerui d’ alcuno richiamata:
     Sol per veder Ruggier: v’era tornata.

 [34]
Sol per lui viſitar, che grauemente
     Languia ferito, in campo venuta era
     Non vna ſola volta, ma ſouente:
     Vi ſtaua il giorno, e ſi partia la ſera:
     E molto piú da dir daua alla gente
     Ch’eſſendo conoſciuta coſi altiera
     Che tutto’l mondo a ſé le parea vile:
     Solo a Ruggier foſſe benigna e humile.

 [35]
Come il Guaſcon queſto affermo p vero
     Fu Bradamante da cotanta pena:
     Da cordoglio aſſalita coſi fiero:
     Che di quiui cader ſi tenne apena,
     Volto ſenza far motto il ſuo deſtriero
     Di geloſia d’ira e di rabbia piena:
     E da ſé difeacciata ogni ſperanza
     Ritorno ſuribonda alla ſua ſtanza.

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 [36]
E ſenza diſarmarſi fopra il letto
     Col viſo volta in giú, tutta ſi ſtefe,
     Oue per non gridar, ſi che ſoſpetto
     Di ſé faceſſe, i panni in bocca preſe,
     E ripetendo quel che l’hauea detto
     Il caualliero, in tal dolor diſcefe
     Che piú non lo potendo foſſerire
     Fu ſorza a disfogarlo e coſi a dire.

 [37]
Mifera a chi mai piú creder debb’io?
     Vo dir ch’ognuno e perfido e crudele:
     Se perfido e crudel fei Ruggier mio
     Che ſi pietoſo tenni e ſi fedele,
     Qual crudeltá qual tradimento rio
     Vnqua s’ udi per tragiche querele
     Che non troui minor? ſé penſar mai
     Al mio merto e al tuo debito vorai?

 [38]
Perche Ruggier come di te non viue
     Cauallier di piú ardir di piú bellezza
     Ne che a gran pezzo al tuo valor arri uè
     Ne a tuoi coſtumi ne a tua gentilezza,
     Perche non fai che ſra tue illuſtri e dine
     Virtú, ſi dica anchor c’habbi fermezza?
     Si dica c’habbi inuiolabil fede?
     A chi ogn’ altra virtú s’ inchina e cede.

 [39]
Non fai che non compar, ſé non v’e qlla
     Alcun valore? alcun nobil coſtume?
     Come ne coſa (e ſia quanto vuol bella)
     Si può vedere oue non ſplenda lume,
     Facil ti ſu ingannare vna donzella
     Di cui tu Signore eri idolo e nume
     A cui poteui far con tue parole
     Creder ch foſſe oſcuro e ſreddo il Sole.

 [40]
Crudel di che peccato a doler t’ hai
     Se d’ uccider chi t’ ama non ti penti ?
     Se’l mancar di tua ſé ſi leggier fai
     Di ch’altro peſo il cor grauar ti ſenti ?
     Come tratti il nimico? ſé tu dai
     A me che t’amo ſi, queſti tormenti?
     Ben diro che giuſtitia in ciel non ſia
     S’a veder tardo la vendetta mia.

 [41]
Se d’ ogn’ altro peccato assai piú quello
     De l’empia ingratitudine l’huom graua.
     E per queſto dal ciel l’angel piú bello
     Fu relegato in parte oſcura e caua,
     E ſé gran fallo aſpetta gran ſlagello
     Quando debita emenda il cor non laua,
     Guarda ch’aſpro ſlagello in te non ſceda
     Ch mi fé’ ingrato e nò vuoi farne eméda.

 [42]
Di ſurto anchora, oltre ogni vitio rio
     Di te crudele ho da dolermi molto,
     Che tu mi tenga il cor, non ti dico io
     Di queſto, io vo che tu ne vada aſſolto:
     Dico di te che t’ eri fatto mio
     E poi contra ragion mi ti fei tolto:
     Renditi iniquo a me, che tu fai bene
     Che non ſi può ſaluar chi l’altrui tiene.

 [43]
Tu m’hai Ruggier laſciata, io te non voglio
     Ne laſciarti volendo ancho potrei,
     Ma per vſcir d’ affanno e di cordoglio
     Poflb e voglio ſinire i giorni miei,
     Di no morirti in gratia ſol mi doglio:
     Che ſé conceſſo m’haueffero i dei
     Ch’ io ſoſſi morta quando t’ era grata
     Morte nò ſu giamai tanto beata.

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 [44]
Coſi dicendo di morir diſpoſta
     Salta del letto, e di rabbia inſiammata
     Si pon la ſpada alla finiſtra coſta,
     Ma ſi rauuede poi che tutta e armata,
     Il miglior ſpirto in queſto le s’accoſta
     E nel cor le ragiona, o donna nata
     Di tant’ alto lignaggio, adunque vuoi
     Finir con ſi gran biaſmo i giorni tuoi ?

 [45]
Non e meglio ch’al campo tu ne vada
     Oue morir ſi può con laude ogn’hora?
     Quiui s’ auuien ch’inazi a Ruggier cada
     Del morir tuo ſi dorrá ſorſè anchora:
     Ma s’a morir t’ auuien per la ſua ſpada
     Chi fará mai che piú contenta muora?
     Ragione e ben che di vita ti priui
     Poi ch’e cagion ch’in tanta pena viui.

 [46]
Verrá ſorſè ancho che prima che muori
     Farai vendetta di quella Marphiſa
     Che t’ ha con ſraudi e dishoneſti amori
     Da te Ruggiero alienando vcciſa,
     Queſti penſieri parueno migliori
     Alla donzella, e toſto vna diuiſa
     Si ſé ſu l’arme, che volea inſerire
     Diſperatione, e voglia di morire.

 [47]
Era la fopraueſte del colore
     In che riman la ſoglia che s’ imbianca
     Qn del ramo e tolta, o che l’humore
     Che facea viuo l’arbore le manca:
     Ricamata a tronconi era di ſuore
     Di cypreſſo, che mai non ſi rinfranca
     Poi e’ ha ſentita la dura bipenne:
     l’habito al ſuo dolor molto conuenne.

 [48]
Tolſe il deſtrier ch’Aſtolfo hauer ſolea
     E qlla lancia d’ or che ſol toccando
     Cader di fella i cauallier facea:
     Perche la le die Aſtolfo, e doue, e qn,
     E da chi prima hauuta egli l’hauea,
     NO credo che biſogni ir replicando
     Ella la tolſe, non perho ſapendo
     Che foſſe del valor ch’era ſtupendo.

 [49]
Senza feudiero e ſenza compagnia
     Sceſe dal mote: e ſi poſe in camino
     Verſo Parigi alla piú dritta via,
     Oue era dianzi il campo Saracino,
     Che la nouella anchora no s’ udia
     Che l’haueſſe Rinaldo Paladino
     Aiutandolo Carlo e Malagigi:
     Fatto tor da l’affedio di Parigi.

 [50]
Laſciati hauea i Cadurci, e la cittade
     Di Chaorſe alle ſpalle, e tutto’l monte
     Oue naſce Dordona, e le contrade
     Scopriá di Monferrante e di Clarmonte,
     Quando venir per le medeſme ſtrade
     Vide vna Donna di benigna ſronte,
     Ch’uno ſcudo all’arcióe hauea attaccato
     E le venian tre cauallieri a lato.

 [51]
Altre dOne e feudier veniuano ancho,
     Qual dietro, e qual dinázi, i luga ſchiera
     Domado ad vn che le paſſo da ſianco
     La figliola d’Amon: chi la donna era,
     E quel le diſſe, al Re del popul Franco
     Queſta Donna mandata meſſaggiera
     Fin di la dal polo Artico e venuta
     Per lungo mar, da l’Iſola perduta.

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 [52]
Altri perduta altri ha nomata Iſlanda
     l’Iſola, donde la Regina d’ eſſa
     Di beltá fopra ogni beltá miranda
     Dal ciel non mai ſé non a lei concerta,
     Lo ſcudo che vedete a Carlo manda
     Ma ben co patto, e conditione eſpreffa:
     Ch’ai miglior cauallier lo dia, fecondo
     Il ſuo parer, e’ hoggi ſi troui al mondo.

 [53]
Ella come ſi ſtima, e come in vero
     E la piú bella dona che mai foſſe,
     Coſi vorria trouare vn caualliero
     Ch fopra ogn’ altro haueſſe ardir e poſſe,
     Perche ſondato e ſiſſo e il ſuo penſiero,
     Da no cader per cento mila ſcoſſe,
     Ch ſol chi terra in arme il primo honore.
     Habbia d’effer ſuo amate e ſuo Signore.

 [54]
Spera ch’in Francia alla famoſa corte
     Di Carlo Magno il cauallier ſi troue,
     Che d’ eſſer piú d’ognaltro ardito e ſorte
     Habbia fatto veder con mille proue,
     I tre che ſon con lei come ſue ſcorte
     Re ſono tutti, e dirouui acho doue,
     Vno i Suetia, vno i Gothia, i Norueggia >
     Che pochi pari in arme h5no o neſſuno.

 [55]
Queſti tre: la cui terra non vicina
     Ma men lontana e all’iſola perduta,
     Detta coſi, perche quella marina
     Da pochi nauiganti e conoſciuta,
     Erano amanti e ſon de la Regina:
     E a gara per moglier l’hanno voluta,
     E per aggradir lei coſe fatt’ hanno
     Che ſin che giri il ciel dette faranno.

 [56]
Ma ne queſti ella, ne alcun’ altro vuole,
     Ch’ai modo i arme eſſer no creda il prío,
     C riabbiate fatto proue (lor dir ſuole)
     In queſti luoghi appreſſo, poco iſtimo:
     E s’ un di voi qual ſra le ſtelle il Sole
     Fra glialtri duo fará, ben lo ſublimo,
     Ma no perho che tenga il vanto panne
     Del miglior cauallier e’ hoggi port’ arme

 [57]
A Carlo Magno ilqle io ſtimo e honoro
     Pel piú ſauio Signor ch’ai mondo ſia,
     Son per mandare vn ricco ſcudo d’oro
     Con patto e condition ch’effo lo dia
     Al caualliero, ilquale habbia ſra loro
     Il vanto e il primo honor di gagliardia,
     Sia il caualliero o ſuo vaſallo, o d’ altri:
     Il parer di quel Re vo che mi ſcaltri.

 [58]
Se poi che Carlo haura lo ſcudo hauuto
     E P haura dato a ql ſi ardito e ſorte
     Che d’ ogn’ altro miglior habbia creduto
     Clie’n ſua ſi troui o in alcun’ altra corte,
     Vno di voi fará, che con l’aiuto
     Di ſua virtú, lo ſcudo mi riporte:
     1 Porro in quello ogni amore ogni diſio
     E quel fará il marito, e’l ſignor mio.

 [59]
Quelle parole han qui fatto venire
     Queſti tre Re: dal mar tanto difeoſto,
     Che riportarne lo ſcudo o morire
     Per man di chi l’haura, s’ hano propoſto,
     Ste molto attenta Bradamante a vdire
     Quanto le ſu da lo feudier riſpoſto:
     Ilqual poi l’entro inansi, e coſi punſe
     Il ſuo cauallo che i compagni giunſe.

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 [60]
Dietro non gli galoppa ne gli corre
     Ella ch’adagio il ſuo camin diſpenfa,
     E molte coſe tutta via diſcorre
     Che ſon per accadere, e in Comma penſa
     Che qſto ſcudo in Francia ſia per porre
     Diſcordia, e riſſa, e nimicitia immenſa,
     Fra Paladini & altri ſé vuol Carlo
     Chiarir chi ſia il miglior, e a colui darlo.

 [61]
Le preme il cor queſto penſier: ma molto
     Piú le lo pme: e ſtrugge í peggior guiſa,
     Quel e’ hebbe pma di Ruggier, ch tolto
     Il ſuo amor le habbia e dattolo a Marphiſa,
     Ogni ſuo ſenſo in qſto e ſi ſepolto
     Che non mira la ſtrada, ne diuiſa
     Oue arriuar, ne ſé trouera inanzi
     Comodo albergo oue la notte ſtanzi.

 [62]
Come naue, che vento da la riua
     O qualch’ altro accidéte habbia diſciolta
     Va di nochiero e di gouerno priua
     Oue la porti o meni il fiume in volta,
     Coſi V amante giouane veniua
     Tutta a penſare al ſuo Ruggier riuolta
     Oue vuol Rabican, che molte miglia
     Lontano e il cor che de girar la briglia.

 [63]
Leua al ſin gliocchi, e vede il ſol che’l tergo
     Hauea moſtrato alle citta di Bocco,
     E poi s’ era attuffato come il Mergo
     In grembo alla nutrice, oltr’a Marocco,
     E ſé diſegna che la ſraſca albergo
     Le dia ne campi, fa penſier di ſciocco,
     Ch ſoſſia vn veto ſreddo e l’aria grieue
     Pioggia la notte le minaccia o nieue,

 [64]
Con maggior fretta fa mouere il piede
     Al ſuo cauallo, e nò fece via molta
     Che laſciar le capagne a vn paſtor vede
     Che s’ hauea la ſua gregge inanzi tolta,
     La dona lui co molta inſtatia chiede
     Che le’nfegni oue poſſa eſſer raccolta
     ben o mal, che mal ſi non s’alloggia
     Che nò ſia peggio ſtar ſuori alla pioggia

 [65]
Diſſe il paſtore io nò ſo loco alcuno
     Ch’ io vi ſappia inſegnar, ſé non lontano
     Piú di quattro o di fei leghe, ſor ch’uno
     Che ſi chiama la rocca di Triſtano,
     Ma d’alloggiami nò ſuccede a ognuno,
     Perche biſogna con la lancia in mano
     Che ſé l’acquiſti, e che ſé la difenda,
     Il cauallier che d’allogiarui intenda.

 [66]
Se quando arriua vn cauallier ſi troua
     Vota la ſtanza: il caſtellan l’accetta,
     Ma vuol ſé foprauien poi gente nuoua
     Ch’ uſcir ſuori alla gioſtra gli prometta,
     Se nò vien, no accade che ſi moua,
     Se vien, ſorza e che l’arme ſi rimetta,
     E con lui gioſtri, e chi di lor vai meno
     Ceda l’albergo, & eſca al ciel ſereno.

 [67]
Se duo tre qttro, o piú guerrieria u tratto
     Vi giúgon prima, í pace albergo v’hano,
     E chi di poi vien ſolo ha peggior patto:
     Perche ſeco gioſtrar quei piú lo fanno,
     Coſi ſé prima vn ſol ſi fará fatto
     Quiui alloggiar, co lui gioſtrar voranno
     1 duo, tre, quattro, o piú che verrá dopo
     Si ch s’ haura valor gli ſia a gráde vopo.

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 [68]
Non men ſé donna capita o donzella
     Accompagnata o ſola a queſta rocca,
     E poi v’arriui vn’ altra, alla piú bella
     L’albergo, & alla men ſtar di ſuor tocca,
     Domanda Bradamante oue ſia quella,
     E il buon paſtor non pur dice con bocca:
     Ma le dimoſtra il locho acho con mano
     Da cinq; o da fei miglia indi lontano.

 [69]
La donna anchor che Rabican bè trotte
     Solecitar perho non lo fa tanto
     Per qlle vie, tutte fangoſe e rotte
     Da la ſtaggion, ch’era piouoſa alquato,
     Che prima arriui che la cieca notte
     Fatt’habbia oſcuro il modo in ogni cato,
     Trouo chiuſa la porta, e a chi n’hauea
     La guardia diſſe ch’alloggiar volea.

 [70]
Riſpoſe quel ch’era occupato il loco
     Da dOne e da guerrier che vèner dianzi,
     E ſtauano aſpettado intorno al fuoco
     Che poſta foſſe lor la cena inanzi,
     Per lor no credo l’haura fatta il cuoco
     S’ella v’e anchor, ne l’ha magiata inanzi:
     Diſſe la Dona, hor va che q gli attendo
     Che ſo l’uſanza e di feruarla intendo.

 [71]
Parte la guardia, e porta l’imbafeiata
     La doue i cauallier ſtano a grand ’agio,
     Laqual non potè lor troppo eſſer grata
     Ch’all’aer li fa vſcir ſreddo e maluagio.
     Et era vna gran pioggia incominciata
     Si leuan pure e piglian l’arme adagio:
     Reſtano gli altri, e quei no troppo ifretta
     Eſcono inſieme oue la Donna aſpetta.

 [72]
Eran tre cauallier che valean tanto
     Che pochi al modo valean piú di loro,
     Et eran quei che’l di medeſmo a canto
     Veduti a qlla meſſaggiera ſoro,
     Quei ch’in Iſlanda s’ haueS dato vanto
     Di Francia riportar lo ſcudo d’oro,
     E perche hauean meglio i caualli punti
     Prima di Bradamante erano giunti.

 [73]
Di loro in arme pochi eran migliori,
     Ma di quei pochi ella fará ben l’una,
     Ch’ a neſſun patto rimaner di ſuori
     Quella notte intedea molle e digiuna,
     Quei dètro alle fíneſtre e a i corridori
     Miran la gioſtra al lume de la Luna,
     Che mal grado de nugoli lo ſpande
     E fa veder, benché la pioggia e grande.

 [74]
Come s’allegra vn bene acceſo amante
     Ch’a i dolci ſurti per entrar ſi troua,
     Quando al ſin ſenta dopo indugie tante
     Che’l taciturno chiauiſtel ſi muoua,
     Coſi volontaroſa Bradamante
     Di far di ſé co i cauallieri proua
     S’allegro quando vdi le porte aprire:
     Calare il ponte e ſuor li vide vſcire.

 [75]
Toſto che ſuor del ponte i guerrier vede
Vſcire iſieme, o con poco interuallo,
Si volge a pigliar campo, e dipoi riede
Cacciado a tutta briglia il buon cauallo,
E la lancia arreſtando che le diede
Il ſuo cugin, che no ſi corre in fallo,
Che ſuor di fella e ſorza ch trabocchi,
Se foſſe Marte: ogni guerrier che tocchi

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 [76]
Il Re di Suetia che primier ſi morte
     Fu primier’ ancho a riuerſciarfi al piano,
     Con tanta ſorza l’elmo gli percoſſe
     l’haſta che mai no ſu abbaſſata in vano,
     Poi corſe il Re di Gothia: e ritrouoſſe
     Co i piedi in aria al ſuo deſtrier lontano,
     Rimaſe il terzo ſotto fopra volto
     Ne l’acqua e nel pantan mezo ſepolto.

 [77]
Toſto ch’ella a i tre colpi tutti glihebbe
     Fatto andar co i piedi alti e i capi baffi:
     Alla rocca ne va, doue hauer debbe
     La notte albergo, ma prima che paſſi
     V e chi la fa giurar, che n’ uſcirebbe
     Semp ch’a gioſtrar ſuori altri chiamaſſi,
     Il Signor de la dentro che’l valore
     Ben n’ ha veduto le fa grande honore.

 [78]
Coſi le fa la Donna che venuta
     Era con quegli tre quiui la ſera:
     Come io dicea, da l’Iſola perduta
     Mandata al Re di Francia meſſaggiera,
     Corteſemente a lei che la ſaluta
     (Si come gratioſa e affabil’era)
     Si leua incontra, e con faccia ſerena
     Piglia per mano, e ſeco al fuoco mena.

 [79]
La Donna cominciando a diſarmarſi
     S’ hauea lo ſcudo e dipoi l’elmo tratto,
     Quando vna cuffia d’oro: in che celarſi
     Soleano i capei lunghi e ſtar di piatto,
     Vſci con l’elmo, onde caderon ſparfi
     Giú p le ſpalle, e la ſcopriro, a vn tratto
     E la ſeron conoſcer per donzella
     NO nwn che ſiera in arme, in viſo bella.

 [80]
Quale al cader de le cortine ſuole
     Parer ſra mille lampade la Scena,
     D’archi, e di piú d’una ſuperba mole,
     D’ Oro, e di ſtatue, e di pitture piena,
     O come ſuol ſuor de la nube il Sole
     Scoprir la faccia limpida e ſerena:
     Coſi l’elmo leuandofi dal viſo
     Moſtro la Dona apriffe il paradiſo.

 [81]
Giá ſon creſciute e fatte lunghe in modo
     Le belle chiome che tagliolle il ſrate,
     Che dietro al capo ne può fare vn nodo,
     Benché no ſian come ſon prima ſtate,
     Che Bradamate ſia tien fermo e ſodo:
     Che ben l’hauea veduta altre ſiate
     Il Signor de la rocca, e piú che prima
     Hor l’accarezza e moſtra farne ſtima.

 [82]
Siedono al fuoco, e co giocodo e hoeſto
Ragionamento dan cibo all’orecchia,
Mentre per ricreare anchora il reſto
Del corpo, altra viuada s’ apparecchia,
La Donna all’hoſte domando ſé queſto
Modo d’albergo, e nuoua vſanza o vecchi:
E qn hebbe pricipio, e chi la poſe,
E’l Caualliero a lei coſi riſpofe.

 [83]
Nel tempo che regnaua Fieramonte
     Clodione il ſigliuolo hebbe vna amica
     Leggiadra e bella e di maniere conte
     Quant’ altra foſſe a qlla etade antica,
     Laquale amaua tanto: che la ſronte
     Non riuolgea da lei, piú che ſi dica
     Che faceſſe da Ione il ſuo paſtore,
     Pere’ hauea vgual la geloſia all’amore.

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 [84]
Qui la tenea: che’l luogo hauuto í dono
     Hauea dal padre: e raro egli n’ uſcia,
     E con lui dieci cauallier ci ſono
     E de i miglior di Francia tutta via,
     Qui ſtado venne a capitarci il buono
     Triſtano, & vna donna in compagnia
     Liberata da lui poc’ hore inante,
     Che trahea preſa a ſorza vn ſier gigante.

 [85]
Triſtano ci arriuo, che’l Sol giá volto
     Hauea le ſpalle a i liti di Siuiglia,
     E domádo qui dentro eſſer raccolto:
     Perche no ce altra ſtáza a dieci miglia,
     Ma Clodiò che molto amaua: e molto
     Era geloſo, in Comma Ci conſiglia
     Che CoreCtier ſia chi Ci voglia: mentre
     Ci Ctia la bella donna, qui non entre.

 [86]
Poi che con lunghe & iterate preci
     No potè hauer qui albergo il caualliero
     Hor quel che Car co prieghi io no ti Ceci,
     Che’l Cacci (diſſe) tuo mal grado ſpero,
     E sfido Clodion con tutti i dieci
     Che tenea appreſſo, e co vn grido altiero
     Se gli oſſerſe con lancia e ſpada in mano
     Prouar che diſcortefe era e villano.

 [87]
Con patto che Ce Ca che con lo Ctuolo
     Suo cada J terra, & ei Ctia in Cella Corte,
     Ne la rocca alloggiar vuole egli Colo,
     E vuol gli altri Cerrar ſuor de le porte,
     Per no patir qſt’onta va il ſigliuolo
     Del Re di Fracia a riſchio de la morte,
     Ch’aſpramente pcoCCo cade in terra
     E cadon gli altri, e TriCtan ſuor li ferra,

 [88]
Entrato ne la rocca troua quella
     Laqual v’ ho detta a Clodion ſi cara,
     E e’ hauea a par d’ognaltra fatto bella
     Natura, a dar bellezze coſi auara,
     Co lei ragiona, í tato arde e martella
     Di ſuor l’amate aſpra paſſione amara:
     Ilqual no differiCce a mandar prieghi
     Al cauallier che dar non gli la nieghi.

 [89]
Triſtano áchor che lei molto no prezzi:
     Ne pzzar ſuor ch’Iſotta, altra potrebbe,
     Ch’ altra ne ch’ami vuol ne ch’accarezzi
     La potion che giá incantata bebbe,
     Pur perche vendicarſi de l’aſprezze
     Che Clodion gli ha vſate ſi vorebbe:
     Di far gra torto mi parria (gli diſſe)
     Ch tal bellezza del ſuo albergo vſciſſe.

 [90]
E quado a Clodion dormire increſca
     Solo alla ſraſca, e compagnia domandi,
     Vna giouane ho meco bella e ſreſca:
     Non perho di bellezze coſi grandi,
     QueCta faro contento che ſuor eCca
     E ch’ubbidiCca a tutti i Cuoi comandi,
     Ma la piú bella mi par dritto e giuſto
     Che Ctia con ql di noi ch’e piú robuſto.

 [91]
Eſclufo Clodione e mal contento
     Ando Sbuſſando tutta notte in volta,
     Come s’a quei che ne l’alloggiamento
     Dormiano adagio, feſſe egli l’aſcolta,
     E molto piú che del ſreddo e del vento
     Si dolea de la donna che gli e tolta,
     La mattina Triſtano a cui n’ encrebbe
     Gli la rende, donde il dolor fin’hebbe.

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 [92]
Perche gli diſſe, e lo ſé chiaro e certo,
     Che qual trouolla tal gli la rendea,
     E benché degno era d’ogni onta í merto
     De la diſcortefia, ch’ufata hauea,
     Pur contentar, d’hauerlo allo ſcoperto
     Fatto ſtar tutte notte, ſi volea,
     Ne l’eſcufa accetto che foſſe Amore
     Stato cagion di coli graue errore.

 [93]
Ch’ Amor die far gentile vn cor villano
     E non far d’ un gentil contrario effetto,
     Partito che ſi ſu di qui Triſtano
     Clodion non ſte molto a mutar tetto,
     Ma prima conſegno la rocca in mano
     A vn cauallier, ch molto gli era accetto,
     Con patto ch’egli, e chi da lui veniſſe,
     Queſt’ uſo in albergar ſempre ſeguiſſe.

 [94]
Che’l cauallier e’ habbia maggior poſſanza
     E la dona beltá, ſempre ci alloggi?
     E chi vinto riman voti la ſtanza
     Dorma fu’l prato, o altroue ſcenda e poggi?
     E ſinalmente ci ſé por l’ufanza
     Che vedete durar fin’ al di d’hoggi,
     Hor mentre il cauallier queſto dicea
     Lo ſcalco por la menſa fatto hauea.

 [95]
Fatto l’hauea ne la gran ſala porre
     Di che non era al mondo la piú bella,
     Indi con torchi acceſi venne a torre
     Le belle donne, e le conduſſe in quella:
     Bradamate all’entrar co gliocchi ſcorre
     E ſimilmente fa P altra Donzella
     E tutte piene le ſuperbe mura
     Veggon di nobiliſſima pittura.

 [96]
Di ſi belle ſigure e adorno il loco
     Che per mirarle oblian la cena quaſi,
     Anchor che a i corpi non biſogni poco
     Pel trauaglio del di laſſi rimaſi,
     E lo ſcalco ſi doglia, e doglia il coco
     Che i cibi laſcin raffreddar ne i vaſi,
     Pur ſu chi diſſe meglio ſia che voi
     Paſciate prima il ventre, e gliocchi poi.

 [97]
S’erano affifi e porre alle viuande
     Voleano man, quando il Signor s’ auide
     Ch l’alloggiar due dòne evn’error grade
     L’una ha da ſtar l’altra cóuien che ſnide,
     Stia la piú bella, e la men ſuor ſi mande
     Doue la pioggia bagna e’l vento ſtride,
     Perch no vi ſon giúte amedue a vn’ hora
     L’una ha a partire e l’altra a far dimora.

 [98]
Chiama duo vecchi e chiama alcue ſue
     Donne di caſa, a tal giuditio buone,
     E le donzelle mira, e di lor due
     Chi la piú bella ſia fa paragone,
     Finalmente parer di tutti ſue
     Ch’era piú bella la ſiglia d’Anione
     E non men di beltá l’altra vincea
     Che di valore i guerrier vinti hauea.

 [99]
Alla donna d’ Manda che non ſanza
     Molta foſpition ſtaua di queſto
     Il Signor diſſe, che ſeruian l’ufanza
     Non v’ ha donna a parer ſé non honeſto,
     A voi cóuien procacciar d’altra ſtanza:
     Quado a noi tutti e chiaro e manifeſto
     Che cortei di bellezze e di ſembianti
     Anchor ch’inculta ſia, vi paſſa inanti.

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 [100]
Come ſivede in vii momento oſcura
     Nube ſalir d’humida valle al cielo,
     Che la faccia che prima era ſi pura
     Cuopre del Sol co tenebroſo velo,
     Coſi la Dona alla ſententia dura
     Ch ſuor la caccia oue e la pioggia e’l giek
     Cangiar ſi vide, e non parer piú qlla
     Che ſu pur dianzi ſi gioconda e bella,

 [101]
S’impallidiſce: e tutta cangia in viſo:
Che tal ſentenza vdir poco le aggrada,
Ma Bradamante con vn faggio auiſo
Che per pietá non vuol che ſé ne vada
Riſpofe, a me non par che ben deciſo
Ne che ben giuſto alcun giudicio cada,
Oue prima non s’ oda quanto nieghi
La parte o affermi, e ſue ragioni alleghi.

 [101]
Io ch’a difender queſta cauſa toglio
     Dico, o piú bella o men ch’io ſia di lei.
     Non veni come donna qui, ne voglio
     Che Man di donna hora i progreſſi miei,
     Ma chi dira ſé tutta non mi ſpoglio
     S’io ſono o s’io non ſon quel ch’e coſtei?
     E quel che non ſi fa non ſi de dire
     E tanto men quando altri n’ha a patire.

 [103]
Ben ſon de gli altri achor e’ hano le chiome
Lúghe coni’ io, ne done ſon p qſto
Se come cauallier la [tatua, o come
Dona acquiſtata m’riabbia, e manifeſto,
Perche dune]} volete darmi nomge
Di dona, ſé di maſchio e ogni mio geſto?
La legge voſtra vuol che ne ſian ſpinte
DOne da dOne, e no da guerrier vinte.

 [104]
Poniamo achor che come a voi pur pare
     Io donna ſia (che non perho il concedo)
     Ma che la mia beltá non foſſe pare
     A quella di coſtei, non perho credo
     Che mi vorreſte la merce leuare
     Di mia virtú, ſé ben di viſo io cedo,
     Perder per men beltá giuſto non panni
     Quel e’ ho acquiſtato p virtú co l’armi.

 [105]
E quando anchor foſſe l’ufanza tale
Che chi perde in beltá ne doueſſe ire,
Io ci vorrei reſtare: o bene o male
Che la mia oſtination doueſſe vſcire,
Per queſto che conteſa diſeguale
E tra me e qſta donna vo inſerire,
Che contendendo di beltá, può assai
Perdere, e meco guadagnar non mai.

 [106]
E ſé guadagni e perdite non ſono
     In tutto pari, ingiuſto e ogni partito,
     Si ch’a lei per ragion, ſi anchor per dono
     Spetial, non ſia l’albergo prohibito,
     E S’ alcuno di dir che non ſia buono
     E dritto il mio giuditio, fará ardito:
     Saro per foſtenergli a ſuo piacere
     Che’l mio ſia vero e falſo il ſuo parere.

 [107]
La ſigliuola d’Amon moſſa a pietade
     Che queſta gentil donna debba a torto
     Eſſer cacciata, oue la pioggia cade
     Oue ne tetto oue ne pure e vn ſporto,
     Al Signor de P albergo perſuade
     Con ragion molte e con parlare accorto
     Ma molto piú con ql ch’ai ſin concluſe
     Che reſti cheto e accetti le ſue ſcuſe.

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 [108]
Qual ſotto il piū cocente ardore eſtiuo
     Quando di ber piū deſioſa e l’herba
     Il fior ch’era vicino a reſtar priuo
     Di tutto qll’humor ch’in vita il ſerba,
     Sente l’amata pioggia e ſi fa viuo,
     Coſi poi che difeſa ſi ſuperba
     Si vide apparecchiar la meſſaggiera,
     Lieta e bella torno come prim’era.

 [109]
La cena ſtata lor buon pezzo auante
     Ne anchor pur tocca al ſin goderſi i feſta.
     Senza che piū di caualliero errante
     Nuoua venuta ſotte lor moleſta,
     La goder glialtri, ma non Bradamante
     Pure all’ufanza addolorata e metta.
     Che quel timor che ql ſoſpetto ingiuſto
     Ch ſemp hauea nel cor le tollea il guſto.

 [110]
Finita ch’ella ſu: che faria ſorſè
     Stata piū lunga, fe’l deſir non era
     Di cibar gli occhi, Bradamante ſorſè
     E ſorſè appretto a lei la meſſaggiera:
     Accenno quel Signore ad vn che corſe
     E prettamente allumo molta cera,
     Che ſplender ſé la ſala in ogni canto
     Quel che ſegui diro ne l’altro canto.