Di alcune monete inedite e sconosciute della zecca di Scio. – Appendice

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Francesco Gnecchi/Ercole Gnecchi

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Di alcune monete inedite e sconosciute della zecca di Scio. – Appendice Intestazione 28 novembre 2011 75% Da definire

Questo testo fa parte della raccolta Rivista italiana di numismatica 1888


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DI ALCUNE MONETE INEDITE E SCONOSCIUTE

DELLA

ZECCA DI SCIO




APPENDICE.


Facciamo volontieri un’Appendice al nostro articolo sotto questo medesimo titolo pubblicato nel primo numero della Rivista per due motivi. Prima di tutto perchè, avendo fatto un nuovo acquisto di quanto rimaneva ancora disponibile di quell’interessantissimo ripostiglio, vi abbiamo trovato qualche altra moneta degna d’essere descritta; poi perchè, essendoci venuto ad orecchio che alcuni numismatici rimangono tuttora titubanti e dubbiosi sull’autenticità di alcuna di quelle monete, crediamo colla pubblicazione di questa nuova serie e colle ragioni che addurremo, farli persuasi che veramente il dubbio è qui fuori di luogo.

Della persistenza del dubbio siamo venuti a cognizione non direttamente, come avremmo preferito, né per una critica razionale e ragionata, che avrebbe potuto trovare il suo posto opportuno in questa stessa Rivista o in altro periodico di numismatica; ma indirettamente e quasi di soppiatto per espressioni equivoche o per informazioni di terzi. Notiamo questo per prender occasione a lamentare questo sistema, che, se non classificheremo di poca sincerità, [p. 400 modifica]chiameremo per lo meno di soverchio e inopportuno riserbo, il quale non può che essere d’inciampo al progresso della scienza.

Certo è grave e non può essere aggradevole per chi ha fatto una asserzione il sentirsi smentire; ma è altrettanto riprovevole per l’altra parte la mancanza del coraggio necessario ad esprimere la propria opinione. Per chi milita nel campo scientifico, l’interesse della scienza deve sempre andare innanzi ai riguardi e alle ambizioni personali, e francamente noi ci sentiamo d’avere all’occasione il coraggio che manca ai più.... e abbiamo anche provato d’averlo e a voce e cogli scritti. Dall’attrito nasce la luce e dalla discussione la scienza non ha che a guadagnare. Ma infine bisogna prendere gli uomini e le cose come sono e non come dovrebbero essere e, giacché non ci si volle attaccare a viso scoperto, accettiamo l’attacco indiretto e difendiamocene.

Da quanto dunque ci pervenne indirettamente all’orecchio, alcuni persistono a non aver fede in alcune delle monete di Scio da noi descritte e la ragione principale che adducono, almeno da quanto abbiamo potuto sapere, è che alcune di quelle monete sono di un tipo troppo nuovo e che troppo si scosta dai tipi conosciuti; tale accusa poi si fa principalmente al Grosso portante la leggenda rex francie. Ma è questa sul serio una ragione sufficiente, quando si possono citare nella numismatica cento esempi di casi simili a questo, e quando si hanno sotto gli occhi i monumenti originali i quali, presi per sé stessi, non offrono alcun appiglio che autorizzi a impugnarne l’autenticità?

L’autenticità di una moneta può essere contestata o pel tipo materiale della moneta stessa, e in questa categoria intendiamo quel complesso di cose che è [p. 401 modifica]difficile definire a parole, ma che si riassume nel metallo, nell’impronta, nei caratteri, nell’arte, in tutto cioè quell’insieme che induce un occhio pratico a dire: questa moneta non è genuina. Oppure per un errore storico che vi si incontri, e in questo caso il giudizio deve procedere più lento, non essendo rarissimo il caso che la Numismatica corregga la storia. In nummis historia. Ora, esaminando le monete del ripostiglio di Siderunda, non sappiamo davvero come vi si possa riscontrare un solo carattere materiale di falsità. Uno dei principali fra questi, oltre ai sopra accennati, è certamente quello di trovarne parecchi esemplari prodotti dal medesimo conio. Tale circostanza si verificò allorché comparvero i famosi denari di Pipino per Milano i cui esemplari, (noi ne abbiamo veduti dieci), erano il prodotto di un sol conio. Cosi avvenne delle monete di Busca e d’Atri, denunciate appunto come false nel secondo Numero di questa Rivista e di parecchie altre ormai note a tutti. Cosi avviene per alcune monete d’oro greche e romane di estrema rarità, a proposito delle quali giova avvertire un fatto abbastanza curioso e degno di nota e di osservazione. Pochi anni sono, di alcune monete portanti nomi rarissimi non si conoscevano che pochissimi esemplari quasi tutti di pessima conservazione, come appare ben naturale, quando se ne consideri l’estrema rarità e si pensi come la grandissima maggioranza delle monete pervenuteci dall’antichità sia costituita da quelle in cattivo stato. Ma sorsero i grandi raccoglitori, che emuli dei grandi musei non potevano rassegnarsi a non possedere un pezzo posseduto dal Museo Britannico o dal Gabinetto di Parigi! Parecchie di queste gemme desiderate comparvero allora quasi per incanto e comparvero al [p. 402 modifica]più perfetto fior di conio, tale essendo il desiderio dei grandi raccoglitori citati.

Le tavole illustrative fatte cogli attuali sistemi di riproduzione dal vero sono fatali a queste falsificazioni e quando noi vi troviamo ripetuti più volte gli identici conii, magari scambiandovi i dritti e i rovesci, per una moneta estremamente rara, la nostra fede vacilla e non esitiamo a dichiarare che ci troviamo davanti a una mistificazione.

Ma quando invece colle medesime tavole si offrono all’esame degli intelligenti, che le possono giudicare precisamente come vedendo le monete originali, un buon numero di monete tutte prodotte da conii diversi e tutte offrenti i migliori caratteri d’autenticità, pare che il dubbio dovrebbe essere totalmente eliminato e in ogni caso chi lo volesse ancora sostenere dovrebbe anche dimostrarlo. Noi, avendo attentamente esaminate tutte le monete del ripostiglio in discorso capitateci nelle mani, abbiamo facilmente constatato che non ve n’erano due sole prodotte dal medesimo conio; ma onde farne persuasi anche i nostri lettori, meglio che con una semplice asserzione, produciamo oggi una seconda tavola che fa seguito alla prima, e che basterà confrontare con quella per vedere come nessun conio vi si trovi ripetuto, n falsificatore di queste avrebbe dunque fatto una enorme spesa per fabbricare tutti questi conii, vendendo poi le monete a prezzo assai troppo basso per compensarsene.

Che se poi i motivi di dubbio, invece che nei caratteri generali, si debbono ritrovare nelle ragioni storiche, ossia nei tipi e nelle leggende che vi si incontrano, la disquisizione non potrà che essere più interessante e più istruttiva. Quanto a noi veramente ci pare che l’accusa di soverchia novità si riduca a [p. 403 modifica]ben poca cosa. Le monete medioevali furono quasi completamente trascurate sino alla fine dello scorso secolo e se da così breve tempo sono ricercate dai raccoglitori, è ben naturale che non tutti i tipi siano conosciuti. Quanti tipi nuovi vennero recentemente scoperti e si scoprono ogni giorno, non solo in questa serie, ma benanco nella serie classica, la quale da tanto tempo è studiata e compulsata!

Si dice che i re di Francia usarono sempre nelle loro monete la leggenda rex francorvm, e che quindi la strana leggenda rex francie è un carattere di falsità, e fu inventato ad arte per ingannare quelli che sono poco addentro nella numismatica. A noi, diciamo il vero, questo non pare un argomento che regga. Abbiamo nella storia numismatica numerosi esempi di leggende strane, che si scostano da quelle ordinarie, su monete d’autenticità superiore a ogni dubbio.

Citiamone qualche caso. Sulle monete dei Gran Maestri di Rodi noi vediamo costantemente le leggende in latino, come del resto usarono di fare tutti i principi contemporanei italiani ed esteri, che batterono moneta. Ebbene, su di un gigliato di Antonio Fluviano noi leggiamo: f. antonivs flvvian grammastro di rodi. Questa leggenda metà in latino e metà in italiano è tanto strana e nuova, che quando lo Zanetti pel primo pubblicò questo gigliato, tutti concordemente tacciarono il numismatico italiano di leggerezza, e sostennero che quella moneta non poteva esistere o era stata mal letta. Ora furono già pubblicati quattro esemplari varianti di quella moneta e un quinto sta nella nostra collezione; e bisogna ben convenire che lo Zanetti aveva ragione 1. [p. 404 modifica] Altra moneta del pari strana e curiosa si è il Carlino di Carlo VIII re di Francia battuto ad Aquila, sul quale leggiamo nel diritto: charles roi . de fre (france): e nel rovescio: cite . de . leigle (l’aigle).

Questa moneta porta una leggenda francese, mentre le monete contemporanee coniate nella stessa Francia portavano sempre leggende latine.

Potremmo ancora citare la moneta di tre cavalli coniata da Filippo II in Sicilia, colla nuova e non mai usata leggenda: rex trinacrie, la quale fu poi imitata da Carlo II. Potremmo citare altre leggende usate dallo stesso Filippo II e dal padre Carlo V, specialmente sulle monete coniate a Milano, molte delle quali sono affatto nuove e non hanno precedenti; ma ci pare che quelle accennate possano bastare per convincere anche i più scettici e quelli più facili a mettersi in sospetto per una piccola novità o irregolarità che si venga a scoprire nella leggenda di una moneta.

Tanto meno strano poi, ci sembra, deve riuscire una leggenda che si scosti dall’ordinario, quando si tratta di monete battute nelle colonie, nelle quali i conii sono ordinariamente di tipo più rozzo e le leggende spesso contraffatte, come ne possono far fede quelle di Scio, Metelino, Pera, Foglia Vecchia, ecc.

Ed oramai ci par tempo che passiamo alla descrizione di questa nuova serie di monete Sciotte a complemento della prima, monete che per la massima parte non sono che varianti di quelle già pubblicate, mentre una sola, (il N. 4), è assolutamente nuova.

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GALEAZZO MARIA SFORZA. (1466-1476).


1. Grosso o gigliato (gr. 3,300).

D/ — Croce GALIAZ • M • SFORZA • D • IANVE (ve in monogramma).
Busto del Duca di fronte col berretto e il bastone del comando terminato da un pomo (?).

R/ — Croce CONRAD • R • ROMANOR (nr in monogramma e l’o piccolo al disopra) • C • CHII •
Castello a tre torri sormontato dall’aquila coronata.

(Tav. IX, N. 1).


2. Grosso c. s. (gr. 3,300).

D/ — Croce GALEAZ • M • SFORZA • D • IANVE Rosetta.
Busto del Duca come nel precedente, col bastone terminato da una pigna.

R/ — Come il precedente.

(Tav. IX, N. 2).


3. Grosso c. s. (gr. 3,300).

D/ — Croce GALEAZ • M • SFORZA • D • IANE • (ne in monogramma).
Busto del Duca come nei precedenti, ma col bastone terminato a foggia di croce.

R/ — Come il precedente.

NB. In questi tre grossi di Galeazzo M. Sforza le parole, tanto nel dritto che nel rovescio, sono separate da piccoli cerchietti.

(Tav. IX N. 3).

[p. 406 modifica] 4. Grosso c. s. (gr. 3,600).

D/– Croce DVXStelletta IANVENSIVM
Busto del Duca di fronte c. s., col bastone terminato da una pigna.

T — Croce CONRAD • R • ROMANOR • C • CHI.
Castello come nei grossi precedenti.

NB. Le parole del rovescio sono separate da piccoli cerchietti.

(Tav. IX, N. 4).

Questa moneta, invece del nome del doge, porta il solo titolo dvx ianvensivm. Noi l’abbiamo collocata qui fra le monete che portano il nome di Galeazzo M. Sforza, per la somiglianza del tipo e della figura, che vi è rappresentata. Il suo peso però si scosta sensibilmente da quello degli altri tre grossi sopradescritti, per avvicinarsi invece a quello delle quattro monete seguenti, attribuite ai dogi anonimi e a Lodovico XII re di Francia. Difficile è quindi l’assegnare con sicurezza a chi spetti questa moneta, la più interessante di questa seconda serie, e che merita ulteriori studii.



MAONA-ANONIME.

(Sec. XV).


5. Grosso o gigliato (gr. 3,200).

D/ — Croce: CIVITAS: Stelletta: CHII Fiore:
Castello c. s. sormontato dall’aquila coronata.

R — Croce: CONRADVS : REX : R :
Croce.

(Tav. IX, N, 5). [p. 407 modifica] 8. Grosso c. s. (gr. 3,300).

Varietà del precedente, senza il fiore nella leggenda del dritto; conio diverso dai due già pubblicati.

([[../Di_alcune_monete_di_Scio#Tavola_I|Tav. I]], 7 e 8).

(Tav. IX, N. 6).


9. Grosso c. s. (gr. 3,300).

Altro esemplare di conio differente.

(Tav. IX, N. 7).


MAONA-DOGI ANONIMI.

(Sec. XV).


8 e 9. Grosso o gigliato (gr. 3,600, 3,500).

D/ — Croce DVX • IANVENSIVM • (le parole sono framezzate da rosette).
Il Duca seduto di fronte col berretto. Tiene colla destra uno scettro (o una spada?) e ha la sinistra appoggiata al fianco.

R/ — Croce CONRAD • R • ROMANOR • C • CHII • (Le parole sono separate da punti).
Castello colle tre torri sormontato dall’aquila e dietro questa la Croce.

Due monete di conio differente.

(Tav. IX, N. 8 e 9).


LODOVICO XII RE DI FRANGIA.

(1500-1512).


10. Grosso o gigliato (gr. 3,600).

D/ — Tre punti REX FRANCIE • DNVS • IANVE.
Il Re coronato seduto di fronte collo scettro nella destra. [p. 408 modifica] R/ — Croce CONRAD • R • ROMANOR • C • CHII Rosetta.
Castello colle tre torri, sormontato dall’aquila; dietro questa la Croce, come in quelli pubblicati alla Tavola I, n. 11, ma di conio diverso.

(Tav. IX, N. 10).


11. Grosso c. s. (gr. 3,600).

D/ — Tre punti REX • FRANCIE • DNVS • IANVE Quattro punti.
Il re coronato c. s.

R/ — Come il precedente.

Altra varietà da quelli pubblicati alla Tav. I, n. 11.

(Tav. IX, N. 11).


Come abbiamo più suaccennato, colla pubblicazione di questa nuova serie di monete che crediamo esauriscano o quasi quelle rinvenute nel ripostiglio di Siderunda, ci pare che qualunque dubbio sull’autenticità di esse debba essere scomparso. Che se mai alcuno vi persistesse, non potrebbe farci cosa più grata che esponendoci con tutta franchezza le proprie ragioni. Se mai tali ragioni fossero buone al punto da provare che noi siamo in errore, ebbene noi non ci terremo per questo disonorati... neanche numismaticamente! Non saremmo certo i primi che hanno dato per buona una moneta falsa, né saremo gli ultimi, e ci troveremo anzi in buonissima compagnia, cominciando dal Muratori e dallo Zanetti fino al Mionnet, al Barone d’Ailly, che descrisse i famosi denari reali dell’antica Roma, e a tanti distinti numismatici viventi che ommettiamo.... per brevità.

È solo chi non fa nulla o non dice nulla che non si trova mai in pericolo di sbagliare. Chiunque fa o scrive è esposto ad errare, e noi preferiamo stare coi secondi piuttosto che coi primi. Col che però non [p. 409 modifica]intendiamo menomamente di cedere le armi, ed anzi sosteniamo più che mai l’autenticità delle monete di Scio descritte, le quali sono poi per la massima parte nella nostra raccolta e ostensibili a chiunque non credesse sufficienti a darne una chiara idea le due tavole pubblicate.




P. S. Sul fascicolo IX-X (settembre-ottobre 1888) del Giornale Ligustico di Archeologia, Storia e Letteratura, leggiamo una piccola recensione fatta dal Ch. Direttore di quel Periodico L. T. Belgrano, sul nostro primo articolo: Di alcune monete inedite e sconosciute della zecca di Scio comparso nel primo fascicolo di questa Rivista. Noi, mentre ringraziamo l’autore d’essersi occupato del nostro piccolo lavoro e delle gentili espressioni a nostro riguardo, rispondiamo brevemente a qualche punto di detta recensione.

La prima lettera della leggenda del dritto, nel matapane descritto al N. 1, da quanti esaminarono la moneta fu senz’altro giudicata una P. Noi abbiamo pertanto proposta l’attribuzione di quel matapane a Paleologo e Benedetto Zaccaria.

Quanto al matapane di Martino solo (N. 2 della tavola), avendone ora acquistato due altri esemplari di migliore conservazione, vediamo che infatti nella leggenda del diritto si deve correggere v iratoi in [p. 410 modifica]v ipatoi (colla P tagliata nel gambo da una lineetta.) Abbiamo creduto bene di pubblicare come inedito questo matapane, perchè, come si può verificare dalla nostra descrizione, la leggenda del dritto si scosta sensibilmente da quella del matapane pubblicato dal Promis alla Tav. I. N. 3 della sua Zecca di Scio durante il dominio dei Genovesi. 2 Riguardo alle monete di tempo posteriore, e più specialmente a quelle da noi attribuite a Lodovico XII re di Francia, saremmo ben contenti se qualche numismatico più competente di noi nello studio di quella zecca ne facesse ulteriori studi per vedere se la nostra attribuzione sia giusta, o se vi siano serie ragioni per contraddirla.




[p. Tav. IX modifica]

Note

  1. Vedi G. Schlumberger. Numismatique de l’Orient latin. Paris, 1878, vol. 40, pag. 255 e 256; tav. X, 14.
  2. Il diritto della moneta descritta da Promis è il seguente:
    M . Z . S . V . IMPA . — S . ISIDOR SYL
    E quella della nostra:
    M . ZAH . SV IPATOI . — S ISIDOR SYI.