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I precursori di Lombroso/I precursori nel Mondo Antico e nel Medio Evo

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I precursori nel Mondo Antico e nel Medio Evo
L'uomo delinquente di C.Lombroso G.B. Della Porta e Guglielmo Gratarelli
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CAPITOLO II.


I precursori nel Mondo Antico e nel Medio Evo


1. Medici e filosofi dell’antichità. - Platone ed Aristotele. — 2. Il Cristianesimo. - L’Ascetismo. - Il Rinascimento. — 3. La corrispondenza fra il fisico ed il morale — 4. L’Astrologia giudiziaria e le Scienze divinatrici. — 5. Chiromanzia e Metoposcopia. — 6. Gli studi fisionomici puri.


1. Se noi vogliamo spingere le nostre ricerche nell’antichità per affermare una nobile tradizione alla Teorica Lombrosiana, che ha profonde radici nella coscienza popolare, dovremo dare di necessità uno sguardo alla Storia della filosofia e vedere come gli antichi concepissero i rapporti fra l’organismo e il pensiero. Poichè occorre stabilire, come fondamento di tutto l’edificio della Nuova Scuola, la corrispondenza fra il fisico ed il morale, sì che ogni affermazione, che troveremo, dell’influenza che le condizioni esterne e i caratteri organici dell’uomo hanno come modificatori dell’umana volontà, si comprenda essere un passo in avanti pell’evoluzione [p. 30 modifica]del pensiero verso quella verità che dall’Antropologia Criminale vennero dimostrate.

I Medici, anche nell’antichità, si trovarono obbligati a correggere gli errori dei Filosofi sulle relazioni che passano fra vita e pensiero, intendendo per questo, oltre alle facoltà propriamente intellettuali, la volontà, in quanto determina le azioni. È però meraviglioso come molti di questi antichi filosofi abbiano sviluppato e costrutte ipotesi che resistono alla critica moderna, e fanno parte dei principi fondamentali della Scienza.

In Anassimandro, in Eraclito, in Empedocle si parla dell’origine e dello sviluppo del mondo organico, di lotta per la vita, di selezione naturale.

Empedocle, materializzando le unità di Pitagora nelle molecole, riducendo tutta la materia a quattro elementi, intuendo le forze di attrazione e di repulsione sotto le parole di amore e amicizia, e di odio ed inimicizia, ritenendo che alla materia nelle continue incessanti trasformazioni nulla si aggiunga, e nulla si distrugga di essa, stabilendo le grandi analogie fra vegetali ed animali, paragonando i germi e le frutta dei primi alle uova ed alle gravidanze dei secondi, precorreva di due mila anni la Teoria Darwiniana. Certo che negli antichi non è possibile trovare prima di Aristotele una sistematica osservazione dei fenomeni vitali; ma interrogando i grandi pensatori e poeti, entro i meandri di un linguaggio fantastico e sentimentale, si trovano verità sostanziali, immutabili, eterne.

[p. 31 modifica]I Pitagorici avevano concepita l’anima distinta dal corpo, nel quale si trova temporaneamente rinchiusa in espiazione di un antico decadimento; espiazione che si compie attraverso la metempsicosi, donde scaturiva una morale teologica affine ai sistemi mistici dell’Oriente. Empedocle ammetteva che ciascun uomo fosse accompagnato da due geni di opposta natura, buono e malvagio; concetto ripreso nel demone di Socrate. Democrito dà invece una spiegazione meccanica dell’universo e di tutti i suoi problemi: la realtà sola e vera è la materia, il piacere è criterio del bene, il dolore del male; occorre governarsi in modo che quello riesca maggiore di questo; nega il concetto pessimistico della vita, emancipa la morale dalla ragione; è un grande precursore del pensiero scientifico moderno e il suo atomismo è ancor oggi la base su cui si fondano le scienze fisiche, come l’accordo fra la sua dottrina cosmologica e il sistema morale conduce all’intuizione dell’unità infinita di tutte le manifestazioni dell’essere; nulla si può distruggere ma soltanto trasformarsi.

Vero è che questo concetto può dirsi che già fosse compreso nella dottrina Pitagorica della metempsicosi, poichè l’anima immateriale era costretta a ben diverse manifestazioni nella transmigrazione dall’uomo ai bruti e ai vegetali. E non è forse questo equivalente a dichiarare che l’anima sia dipendente dalla vita e la vita dal corpo? E non vi è qui tutta riassunta la dottrina dei rapporti del fisico col morale?

[p. 32 modifica]Socrate, il vero creatore del metodo scientifico, poichè il suo spirito lo conduce a trasformare la critica ed elevare il dubbio a fattore positivo e fecondo, istituì il metodo induttivo, sorgendo dal confronto, dall’osservazione dei casi particolari alla determinazione del concetto generale. L’osservare i fenomeni e raccoglierne con cura una grande quantità; confrontarli con perspicacia e ricavarne il concetto, le spiegazioni, la legge, è il metodo che dopo lui usarono Aristotele, Epicuro, gli scienziati arabi, i filosofi ricercatori del rinascimento, Bacone, Galileo, Newton e il positivismo moderno. Socrate applicò questo metodo soltanto nella morale, in cui egli confessa di essere non già un sapiente ma un ricercatore. È il naturalista della morale.

Platone, poichè Socrate vantavasi di trar fuori dalle menti i concetti precisi delle cose, dedusse che questi preesistessero e si annidassero nell’intelletto per ogni ordine di ricerche, per ogni ramo di scienza; mentre Socrate si era arrestato all’investigazione dei soli fatti morali. Col mondo delle idee, il caposaldo della filosofia platonica, si creò la metafisica, e Platone lega per tanti secoli al pensiero una triste eredità di errori col dualismo cosmologico ed umano. Tutta la storia della filosofia non è in ultima analisi che un grande duello fra l’indagine modesta di osservazione e le grandi astrazioni speculative.


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Aristotele è il primo che espone la Scienza nella forma del trattato. Egli considerò positivamente la storia dell’anima come una parte della storia naturale, e perciò di pertinenza dei fisici. La sensibilità, l’intelligenza non sono che facoltà latenti ed inerti che attendono un eccitamento esteriore; senza sensibilità non vi è immaginazione, senza immaginazione non vi è intelligenza. L’anima per Aristotele non è una sostanza a sè, unita al corpo e da esso divisibile, ma la funzione di un organo speciale, bene sviluppato, e che non si effettua che per i dati del senso.

Socrate identificò la virtù coll’intelletto. Platone li divise, ma tanto che l’una non si comprendeva più come agisse sull’altro. Aristotele invece, ponendo che la cognizione intellettuale non sia disgiunta dalla volontà, giudicò si converta gradatamente in volontà buona mediante la ripetizione degli atti coll’abitudine. Egli diede la spiegazione di una quantità di fenomeni vitali e psicologici: che se accanto a ricerche acutissime si trovano osservazioni completamente erronee, diede però una ragione chiara del problema psicologico e della sua importanza per la medicina pratica, fornendo una larga base empirica alla Scienza.

Epicuro poi, che fa procedere la scienza dalla [p. 34 modifica]sensazione, ha il concetto dell’universo più vasto e scientifico che abbia creato il pensiero antico. Cerca la spiegazione positiva in ogni minuto particolare. Ammette che gli organismi non si sieno formati perfetti da principio, ma sieno andati man mano perfezionandosi. L’uomo apparso dopo gli altri animali, dapprima selvaggio nei boschi e nelle caverne, senza famiglia, senza società, senza giustizia, non conosceva che il diritto della forza. E Lucrezio, vestendo di forma poetica la filosofia epicurea, le innestò dal mondo latino quel senso di realtà, di praticità, che nella sfera del diritto fece tanto grande e duraturo il pensiero romano.

2. — Ma quando pel vasto cosmopolitismo dell’impero la società greco-romana precipitava a rovina e la Scienza che già veniva arrestata dallo scetticismo, proclamante la verità inafferrabile, venne oppressa dalle fantastiche dottrine dell’Oriente, che sgomentarono il razionalista esaurito sotto il peso di una civiltà, esausta dai vizi e dalla propria grandezza, si ebbe un periodo di arresto, che impose il silenzio alla ragione. Si andarono perdendo le tradizioni Ippocratiche, dell’anima umana si fece una sostanza infusa nei corpi allora che nascono, necessario sprezzare il presente pel futuro, il visibile per l’invisibile; all’uomo già infelice per le tribolazioni della vita, si prepararono i terrori delle pene di oltretomba; come mezzi di purificazione e di propiziazione i digiuni, gli strazi, la povertà, la [p. 35 modifica]castità, l’isolamento. Inutile ricercare, sotto il dominio del dogma del peccato originale e della grazia, i tentativi di corrispondenza fra il fisico ed il morale, ed una filosofia della natura.

Però i sistemi e le astruserie metafisiche non possono completamente cancellare i fenomeni che quotidianamente si osservano. Quando S. Agostino ci risponde che Dio ha predestinato alcuni uomini alla salute, altri alla perdizione, e che questo è anzi immensa misericordia perchè tutti gli uomini sarebbero pel peccato originale dannati, non è forse un riconoscere la fatalità della natura umana a compiere il bene ed il male in rapporto a determinanti, indipendenti dalla volontà di ciascuno?

Come già in Omero il concetto del fato, come forza ineluttabile contro cui sono impotenti e gli uomini e gli dei, è un’intuizione che sostituisce le leggi e le necessità naturali alla volontà arbitraria e volubile.

In mezzo alla decadenza medioevale tacque ogni eco della scienza positiva antica; ma passato il mille, con i terrori superstiziosi di un cataclisma universale, la Scolastica rimise in onore Aristotele, facendone un’autorità indiscutibile, eterna. Ma la fede negava possibilità di esperienza e immobilizzava il pensiero.

In tutto il Medioevo la medicina e la filosofia non fecero un passo avanti. Gli arabi rinnovarono il sistema di Galeno e le scuole di medicina non riuscirono ad altro che ad introdurre nella scienza antica le idee teosofiche, scolastiche [p. 36 modifica]e mistiche; subordinando la scienza alla teologia, fecero della dialettica e della sillogistica.

Dante solo colla potenza dell’arte squarciò le tradizioni della scolastica, portando nelle questioni delle scienze e della politica il vero senso della natura e la diretta osservazione.



Ma quando da Bisanzio si riversarono sull’Europa i tesori dell’arte e della sapienza antica, e i commerci, e le ardite imprese marinare, e gli ordinamenti democratici fecero sorgere una nuova classe operosa e indagatrice, e i sistemi costrutti sui dogmi rovinarono dinnanzi al cielo di Copernico, e il pensiero si dilatava negli spazi infiniti, e la stampa accelerava e diffondeva la coltura, secolarizzando il sapere, e le scoperte geografiche allargavano la terra; si andò distruggendo la coscienza antropocentrica, e nella natura si comprese dovessero essere le ragioni dei fenomeni e non nel concetto teologico, e il monismo fu opposto al dualismo, e la libera ricerca al dogmatismo, e il dubbio non fu più colpa, e col metodo induttivo, provando e riprovando, si ritentarono tutti i grandi misteri.

Siamo in pieno Rinascimento; alle oziose e sterili speculazioni si oppone la feconda evidenza dei fatti. Bacone e Cartesio tracciano il programma della scienza moderna.

Bisogna cercare non ciò che hanno pensato gli altri, bensì ciò che sospettiamo noi medesimi, [p. 37 modifica]e ciò che possiamo vedere con chiarezza ed evidenza. ˝Lo spirito, disse Cartesio, dipende tanto dal temperamento e dalla disposizione degli organi del corpo, che se è possibile di trovare un mezzo di render l’uomo più saggio ed abile che non sia stato fin qui, io credo che si dovrebbe cercarlo nella medicina˝.

E il Cartesio influì poderosamente su tutti i filosofi successivi che attraverso il ragionalesimo di Malebranche e il teismo di Bossuet, condussero a Spinoza e Leibnitz. Qui troviamo svolta la base filosofica giuridica della teoria Lombrosiana. Spinoza dimostra che in natura tutto è determinato da una rigorosa necessità attraverso un’infinita serie di cause ed effetti; che volontà ed intelligenza sono una stessa cosa, che la libertà è un’illusione che nasce dal fatto che noi ignoriamo spesso le cause delle nostre azioni, e che come non son liberi i moti del corpo, così non lo sono quelli dell’anima. Il presente è figlio del passato. La vita umana, sia fisica che morale, è ininterruttibile.

Pascal, colla Morale dell’Egoismo, metteva in evidenza quante spinte al male ciascuno porta con sè dalla culla, ed Helvetius, quantunque falsato dal concetto che tutti gli uomini avessero da natura la stessa costituzione fisica, ed esagerasse la influenza dell’ambiente e dell’educazione, afferma la legge dell’egoismo-altruismo, che condurrà all’utilitarismo di Stuart-Mill. E allorchè i pensatori, volgarizzando e diffondendo la coltura, accenderanno nei popoli la [p. 38 modifica]fiamma che dovrà divampare nella grande Rivoluzione e inaugurare una nuova êra, troveremo le critiche contro i sistemi penali, e indicata la salvezza sociale non già nel reprimere, ma nel prevenire colla legislazione, che si adatti alle modificazioni dell’ambiente; e come sia assurdo stabilire a priori che quella sia eterna ed immutabile. E qui la filosofia cede il campo alla Scienza positiva. Augusto Comte fonda la Sociologia. La Morale diventa una parte del vasto sistema di scienza e con Spencer e Darwin, sulla base granitica della più onesta osservazione scientifica, si elevano le ipotesi dell’evoluzione e si enunciano le leggi, che spiegheranno le nuove conquiste dell’Antropologia e del Diritto penale moderno.

Non è nostro còmpito di analizzare l’influenza esercitata sull’evoluzione del diritto penale dalle scuole filosofiche. A noi basta di documentare come l’Opera di Lombroso abbia avuto in tutti i tempi dei Precursori, che ci attestano che i principi su cui essa posa sono il prodotto di una evoluzione del sapere universale.

3. — Una delle tesi sostenuta dalla Scuola Positiva, anzi la pietra angolare del mirabile edificio Lombrosiano, è quella dell’esistenza di un Tipo criminale; vale a dire che in un delinquente, e specialmente in un delinquente nato, in cui il delitto è per la massima parte dovuto ai fattori individuali, la natura ha segnato con speciali stimmate l’indole del carattere, sì che [p. 39 modifica]la criminalità si debba considerare come una forma specifica di anomalia biologica, senza la quale nè l’ambiente fisico nè quello sociale non sono sufficienti a determinarla. Ond’è che nei delinquenti nati si possono riscontrare molti caratteri di degenerazione per cui assumono una fisionomia particolare, che li rende vicini all’uomo selvaggio e primitivo, di cui essi portano nell’attualità con una vera eterocronia, gli impulsi feroci e brutali. Questo concetto si riannoda a quello più generale che l’esteriore del corpo corrisponde alle qualità proprie dell’animo, e che alle imperfezioni fisiche siano congiunte le più riprovevoli qualità morali. Ond’è che la Fisionomia che dalla struttura del corpo e dai lineamenti e dall’espressione del volto cerca di conoscere la natura degli uomini, deve essere considerata, come è, la vera precorritrice della antropologia criminale. Dai primi documenti della civiltà storica ci vennero tramandate osservazioni fisiognomiche.

Il Frassati, che nei primi due capitoli della “Nuova Scuola di diritto penale in Italia ed all’estero„, tratta dei fattori e dei precursori di essa, nota che le prime tradizioni si hanno in Omero (Iliade, lib. III), il quale dà a Tersite il capo aguzzo, lo sguardo losco, ed il corpo gibboso. Nestore dalla somiglianza di Telemaco col padre, arguisce le qualità del suo animo. I Pitagorici non ammettevano alla loro scuola discepoli non mostrassero nell’espressione e nella fisionomia di amare la scienza. Socrate, come [p. 40 modifica]si legge in Plutarco, coltivò la fisionomica, e Massimo Ciro narra di lui come non amasse Tersete, perchè era di naso schiacciato e brutto, e disprezzasse Clerosonte perchè pallido e truce, giudicandoli maligni, invidiosi ed omicidi. Platone tratta della somiglianza degli uomini con alcuni animali. Erodoto si mostra certo fisionomista quando leggendo, in occasione dei giuochi Olimipici, alcuni brani della sua storia, si avvide che Tucidide aveva impallidito alla sua lettura; e pronosticò al padre di lui che il figlio lo avrebbe emulato come storico.



Ma il fondatore della fisionomia fu Aristotele che ne scrisse un trattato. Egli distingue tre metodi per giudicare gli uomini dal carattere del volto. Quello di Platone che si fonda sulla rassomiglianza cogli animali; quello seguito da Trogo che poneva ogni cura nel confrontare ciascun uomo coi popoli aventi costumi speciali, in rapporto per lo più col clima del paese; e quello di giudicare della fisionomia dall’impronta speciale che vi imprimono le passioni. Egli attribuisce maggior importanza a quest’ultimo criterio. Credeva all’influenza ereditaria per la trasmissione delle tendenze morbose, e insegnò ad Alessandro di tener calcolo di questa dottrina avvertendolo che avesse a scegliere i suoi ministri secondo i dati dell’ispezione del volto.

Polemone, Adamantino, Melampode, [p. 41 modifica]svilupparono la fisionomia Aristotelica; e li troveremo ispiratori, insieme allo Stagirita, dei Fisionomisti del Cinquecento.

Non occorre citare qui i brani caratteristici delle loro opere, che avremo occasione di ritrovare riportati negli autori italiani che esamineremo.

Galeno (Frassati, op. cit.), abbracciò le idee di Aristotele.

Riconosce l’influenza dell’abuso degli alcoolici nella produzione del delitto, e dice che la società ha il diritto di punire i delinquenti, ad onta della loro origine naturale, come si uccidono gli animali velenosi, sebbene siano creati tali da natura. E precorrendo le idee della Nuova Scuola, adduce tre motivi per giustificare l’eliminazione dei malfattori dalla Società, cioè: 1° affinchè non arrechino male mentre sono in vita; 2° perchè l’esempio del loro supplizio distolga i loro simili dal delitto; 3° per la ragione stessa che è un vantaggio per essi il lasciare la vita dal momento che non possono emendarsi e non sono capaci di essere dirozzati dalle Muse.

Cicerone in De Legibus ha questo brano che ci indica come desse alla corrispondenza fra fisico e morale.

“Figuram corporis habilem et aptam ingenio humano dedit natura: nam cum coeteros animantes abjecisset ad pastum, solum hominem erexit, ad coelique quasi cognitionem domiciliique pristini conspectum excitavit. Tum speciem ita formavit oris, ut in ea penitus reconditos mores effingeret; [p. 42 modifica]nam et oculi nimis arguti, quemadmodum animo effecti simus, loquuntur: et is qui appellatur vultus, qui nullus in animante esse praeter hominem potest, iudicat mores: cujus vim Graeci norunt, nomen omnino non habent„.

Tacito e Svetonio pongono nella descrizione dei personaggi tratti spiccatamente fisionomici. SENECA nell’epistola IIª scrisse: “Alcune volte per molte piccole cose si conoscono i costumi dell’uomo. L’uomo lussurioso può essere conosciuto nell’andare, nel portamento, nel muover delle mani, nel suo sguardo. Il pazzo si conosce dall’abito, e lo sciocco al ridere, perocchè questi difetti si conoscono per segni manifesti„.

Numerosi Padri della Chiesa fecero tesoro dei dati fisionomici. Sant’Ambrogio (degli Uffici): “L’abito della mente si conosce nell’atto del corpo, pel quale vien espresso il cuore degli uomini„. E S. Gerolamo: “Specchio della mente è la faccia; e gli occhi, ancorchè taccian, confessano i segreti del cuore„.

E nell’Ecclesiaste è detto: “ex visu cognoscitur vir et ab occursu faciei cognoscitur sensatus; amictus corporis et dentium risus et incessus hominis enunciant de illo„.

In Cassiodoro: “A solleciti cercatori sovente si notifica quello che colla lingua si tace. Il superbo si diletta dello svariato andare, l’iroso si conosce dall’acceso sguardo, il fraudolento dal mirar sempre a terra, il leggero pel continuo tramutare degli occhi„.

S. Tommaso nella Summa Theologica 1ª e 2ª [p. 43 modifica]Quaestio, XVIII, art. 7, in corpore: “Appetitus sensitivus in hoc differt ab appetitu intellectivo, qui dicitur voluptas, quod appetitus sensitivus est organi corporalis... omnis autem actus virtutis utentis organo corporali dependat non solum ex potentia animae, sed etiam ex corporalis organi dispositione, licuit visus ex potentia visive et ex qualitate oculi... unde et actis appetitus positivi non solum dependant ex vi appetitiva, sed etiam ex dispositione corporis..... Qualitas autem et dispositio corporis non subjacet imperio rationis, ex ides ex hoc parte impeditur quin motus sensitivi appetitus totaliter subdatur imperio rationis„.

E potrei continuare le citazioni all’infinito. Ma prima di giungere a parlare della grande Scuola dei Fisionomisti del 500, occorre conoscere come questa sia stata preceduta dalla Astrologia Giudiziaria medioevale.

4. – In uno studio dotto ed accurato su Gianbattista Della Porta dell’Avv. Quirino Bianchi (Anomalo, anno VI, 1894-95), si parla estesamente degli scrittori di Fisionomica e che precedettero il grande napoletano, e vi sono tratteggiate magistralmente le condizioni per cui nel medioevo si svolse, sui ricordi della fisionomica Aristotelica, l’Astrologia Giudiziaria. È un materiale tanto prezioso e così bene ordinato, ed è la monografia sull’argomento, che io mi sappia, più completa da ritenerla meritevole di essere, più che accennata, riassunta, in quella parte almeno in cui si [p. 44 modifica]esamina lo sviluppo degli studi fisionomici nel medioevo.

L’astrologia, dice il Bianchi, venne introdotta in Roma al tempo delle conquiste nell’oriente per opera di Greci e Caldei e con varia fortuna or protetta ed or condannata dagli Imperatori.

Roma era del resto un terreno adatto, poichè la divinazione vi era consacrata dalla religione e dagli usi, cogli oracoli, cogli auguri, con la superstizione sotto cento forme svariate, accettata dalla totalità del popolo, dal filosofo allo schiavo. Il medioevo non potè che accrescere fede alle pratiche divinatorie e troviamo infatti l’astrologo essere consigliere e talora padrone del tiranno. E malgrado le opposizioni dei teologi e dei Pontefici, che loro lanciavano scomuniche, gli astrologi, s’introdussero nell’insegnamento ufficiale nelle Università, e vennero protetti e beneficati dai Signori e dai Principi.

Il Bianchi così riassume l’evoluzione dell’Astrologia: “L’uomo, dicono gli astrologi, è centro e scopo della creazione onde a lui si riferisce ogni cosa creata; e se, come è certo, il sole e le altre stelle influiscono sulle stagioni, sulla vegetazione, sugli animali, quanto più non devono influire sull’uomo prediletto fra le creature?

Le storie, dicono gli astrologi, ed il consenso dei filosofi antichi, si accordano nel riconoscere una analogia fra gli anni della vita ed i gradi percorsi da ciascun segno sull’eclittica. Per iscoprirla vuolsi accertare l’effetto degli astri sopra le varie cose naturali, ed i composti dei moti, [p. 45 modifica]e certe formule arcane mediante le quali conoscere le forze della natura o determinare l’influsso dei pianeti massime all’istante natalizio, od evocare gli spiriti dei morti. Così la scienza bambina di quei tempi, rianimando l’astrologia che sin dal suo primo nascere nella Caldea, nella Persia, aveva quella impronta caratteristica, stabilisce un rapporto di causalità tra l’umano ed il divino, tra il cielo e la terra.

Questo principio man mano si purifica e viene riportato alle sue pure sorgenti naturali, e resta solo il vero concetto naturalistico e fisico, spogliato dal mistico e dal soprannaturale, che gli astri esercitano una influenza sul pensiero„.



Celebri astrologi furono Teodoro, consigliere di Federico II, Riprandino da Verona, Guido Bonatti, Salione Padovano, Paolo Dagomari, Michele Scotto, Pietro de Abbano, Tommaso Pizzamiglio da Venezia, e Nicolò da Paganico, i due ultimi astrologi di Carlo V. Il De Abbano si occupò di Fisionomica nel Liber compilationis physionomiae, edito a Padova nel 1474, riprende la fisionomia di Aristotele e vi aggiunge osservazioni personali, ed entra poi a trattare estesamente dell’influenza dei 12 segni dello zodiaco. Il canone principale dell’insegnamento astrologico è che gli astri esercitano un’influenza sui destini dell’uomo, rendendolo buono o cattivo, bello o brutto a seconda che egli è nato sotto [p. 46 modifica]l’influenza di un astro benefico o malefico. Così l’uomo che nasce in gennaio, p. es.: “sarà molto amato dalla gente, sarà bizzarro e non sarà facile a credere il male, prima che venga a morire patirà disagi e fame, riceverà colpo di ferro, nell’acqua patirà paura„, e quello nato in novembre, p. es.: “inclina ad esser molto esperto, iroso e superbo, sarà studioso, amerà grandemente i virtuosi, sarà invidiato, ecc., ecc., e ne predice la morte in età d’anni 75„.

E si applicarono i segni delle stelle alle rughe della faccia, traendo a seconda del potere benefico o malefico prestabilito in astrologia, argomenti di deduzioni sul carattere della persona e sulle vicende liete e dolorose della vita.

Così l’astrologia concorre a sviluppare la fisionomia e l’osservazione esteriore dei segni fisici in relazione collo sviluppo morale e si completano a vicenda.

Alberto Magno, rigettò l’astrologia e si occupò solo della fisionomica aristotelica. Marsilio Ficino, l’innamorato di Platone, compose un libro sulla Fisionomia, molto lodato dal Corsi e Valori suoi biografi.

Verso la metà del 1400, Michele Savonarola, medico e zio di Fra Gerolamo, scrisse lo Specchio della fisionomia, opera notevole secondo Bartolomeo Aquarone, e che fu tradotta in greco da Teodoro Guza. Contemporaneamente il Cardano, medico e matematico di Pavia, bizzarro ingegno, il di cui studio suggerì a Lombroso le prime idee intorno alla teoria degenerativa del [p. 47 modifica]genio, fu amantissimo dell’astrologia giudiziaria, e scrisse della Metoposcopia corredando di ottocento figure i tredici libri della sua opera.

Nel secolo XVI si traduce Aristotele da Andrea Lacuna nel 1535: e nel 1538 da Jodoco Wilichio. Polemone, Adamantio, Melampode commentati e tradotti, formano poi il substrato di tutti gli innumerevoli fisionomisti che seguirono1

5. — Sarà utile venire a dare per chi non abbia mai avuto occasione di aver fra le mani i testi di Chiromanzia e Metoposcopia qualche schiarimento sulla natura di queste pretese scienze, derivate dall’astrologia, prima di passare all’esame di coloro che le combatterono a viso aperto, e ridussero la fisionomia entro i limiti di un vero indirizzo naturalistico. Prenderò in esame “La Metoposcopia, ovvero commensurazione delle linee della fronte del Cav. Ciro Spontoni, aggiuntavi una breve e nuova Fisionomia, un trattato dei Nei, altro dell’indole della persona, e molte curiosità (Venezia, MDCLIV, presso il Turrini)„.

Questo trattatello di pag. 96, adorno di molte figure a spiegazione delle linee, quantunque [p. 48 modifica]posteriore alla grande opera del G. B. Della Porta, non ne risente affatto l’influenza, e può opportunamente rappresentarci lo stato dell’astrologia giudiziaria prima che la Fisiognomica si fosse purgata dalle pazze ed artificiose profezie astrologiche, ed emancipata dal carattere fantastico che le aveva impresso il Medio evo.

Fig. 1. Si esaminano le linee della fronte secondo la lunghezza e il numero. “L’averne molte non è laudabile, ma peggio è il non averne alcuna. Se ben la moltitudine delle linee è buona in quanto che significa uomo buono di elevato ingegno, è poi cattiva per altro significando molteplicità di negozi, i quali difficilmente si conducono al desiderato fine. Quando sono poche linee e semplici nella fronte per il lungo, significano semplicità d’animo, uomo giusto e magnanimo il quale per lo più avrà quiete o almeno negozi gravi. Si attribuiscono le linee della fronte ai sette pianeti col medesimo ordine che osservano gli astronomi nei cieli; perchè “la più alta, ch’è vicina alla commissura coronale, è assegnata a Saturno; la seguente a Giove; la terza a Marte; la quarta al Sole; la quinta a Venere; e quelle che sono [p. 49 modifica]tra le sopracciglia a Mercurio; e quelle che sono sopra le sopracciglie immediatamente si dànno ai luminari; cioè quella che è sopra l’occhio destro al Sole, e quella sopra il sinistro alla Luna; il che oltre che per lunga osservazione si è trovato vero, ed ha qualche ragione in sè, dominando il Sole l’occhio destro, e la Luna il sinistro„.

Si fa quindi una descrizione veramente oggettiva delle varie linee o rughe della fronte, delle varietà che esse presentano nella profondità, larghezza, colore, e a seconda che esse saranno dirette, moderatamente oblique, o molto oblique, brevi, interrotte, intersecate, ramificate, vorranno significare semplicità d’animo, lunga vita, avarizia, vita breve, imbecillità, malattia, incostanza, ecc. ecc.

La linea Saturnina accenna a buon influsso [p. 50 modifica]del Pianeta omonimo “prometterà lunga vita e fortuna se sarà diritta, continua„. E se questa linea fosse più lunga delle altre, più profonda e vigorosa “significherà che Saturno dominerà principalmente l’uomo, e lo farà in tale caso con austerità pensieroso e molto profondo, taciturno, Fig. 3 solitario, laborioso, ecc.; ma se la linea Saturnina sarà malamente posta, troppo ritorta, o cadente, o divulsa, o ineguale, significherà male influsso del pianeta, e minaccia lite, prigionia, infermità incurabile, trista ed inquieta e breve la vita, ecc.„. E così via, via, per tutte [p. 51 modifica]le possibili apparenze che può assumere questa linea, si traggono pronostici e divinazioni. La linea Gioviale, farà l’uomo onesto, magnanimo, splendido, grave; Giove signoreggierà il nato. Così per la linea di Marte si attribuiscono come pronostici le qualità mitologiche del dio della guerra. “Marte gli promette prosperità nell’esercizio delle armi e lo farà forte, animoso, collerico, imperioso, aperto d’animo, ma con certa Fig. 4 temerità che si espone ad ogni sorta di pericolo, arrogante, desideroso di vendette, impaziente a sopportar le ingiurie„.

Si considerano pure di essa la possibilità che sia mal posta o formata a modo di catena, od ondulosa, o prevalente per profondità sulle altre; o debole, e quindi mal apparente. Alla linea del Sole che si trova sotto quella di Marte, e per lo più sopra l’occhio destro, dànno gli [p. 52 modifica]astrologi significato di lunga vita e buona morte, dignità nella patria, amore di principi e persone nobili. Se nella linea vi sarà un neo, o se una sarà debole, o mancante, i costumi di chi la porta saranno diversi da quelli che si attribuiscono all’influsso solare; sarà vile, arrogante, crudele, goloso, litigioso, dissipator di roba, pigro, poco inclinato a virtù.

Venere fa l’uomo amico delle donne, prospero nel matrimonio, nei figliuoli, e sotto l’ascendente di Venere sarà allegro, festevole, giocondo, delizioso, benefico, dedito ai piaceri carnali, ai giuochi. Se la linea sarà rotta o appena accennata si cambierà la scena: poca forza con donne, pochi figliuoli, debole negli abbracciamenti, e si predicono grandi mali negli organi cui Venere presiede. Se poi molto obliqua, significherà lussuria nefanda, con ogni sorta di persone, vita infame, disonesta. E poichè Mercurio è il Dio dei commerci, agli uomini beneficati dalla sua linea in modo chiaro e visibile saranno favorevoli i contratti, i negozii, il giuoco, e costoro si dilettano a far di conto e a negoziare. La Luna farà l’uomo viaggiatore, di buono ingegno, industrioso, amato dalla plebe, dai marinari, corrieri, pescatori, e dagli stranieri. All’incontro se la linea lunare mancherà sulla fronte, perderà l’uomo la vita, rimarrà storpiato, correrà pericolo d’annegarsi, subirà prigionia, ferimenti, ecc.

Si esaminano poi tutte le possibili combinazioni delle varie linee fra di loro, e si tirano [p. 53 modifica]i pronostici più complicati, facendo agire le varie influenze dei pianeti su di una stessa persona.

Si tratta pure “delle sette età del nato conforme al dominio di sette pianeti„ e sulla scorta di Tolomeo, che distribuisce l’età dell’uomo in sette parti uguali, assegnando ciascuna ad uno dei sette pianeti, secondo l’ordine loro, si profetizza Fig. 5 ciò che deve accadere nelle diverse fasi della vita.

Il discorso sopra il nascimento dell’uomo e della donna, assomiglia molto ad una raccolta dei così detti “Pianeti della sorte„, che ancora oggidì si distribuiscono ai contadini dai suonatori girovaghi sui mercati e sulle fiere. Trascriverò per curiosità “L’inclinazione del mese di maggio„:

“L’uomo che nasce il mese di maggio, [p. 54 modifica]Gemini l’inclina ad aver piaghe, amato sarà grandemente, splendidamente vivrà, avrà diverse venture, anderà per molte e strane terre, sarà in gran fede appresso le persone, onde che senza tema alcuna ognuno li crederà, deve acquistar ricchezze, sarà in grande estimazione, darassi ad un’arte ed in essa vi sarà negligenza, sarà molto più cortese alli strani che alli suoi, sarà Fig. 6. animoso, diletterassi di aver cose belle, deve essere morsicato da cane, patirà pericolo in acqua, infermerà negli anni 18, 25, 33, 44, da 30 anni indietro miglior ventura, accenna anni 98„.

6. — Tuttociò come si vede è molto primitivo, puerile e fantastico, e ci può dare un’idea [p. 55 modifica]a quali abberrazioni fosse capace di portare l’astrologia, applicata alla fisionomica. Però qualche cosa di vero nel rapporto causale fra gli astri e la natura umana si è intravvisto, e dopo che Lombroso nel “Pensiero e Meteore„, dimostrò in modo positivo l’influenza degli astri sul pensiero umano, non si può completamente negare che anche l’astrologia non abbia avuto nelle sue affermazioni qualche sussidio e conforto dell’osservazione e dell’esperimento.

Fig. 7.

L’astrologia venne dai Pontefici condannata e G. B. Della Porta le diede un fiero colpo che la ricacciò colle sue esagerazioni, coi suoi giudizi avventati, fra le anticaglie del Medio Evo.

Ma prima di G. B. Della Porta in Italia si era già ripreso e sviluppato l’interesse per gli studi fisiognomici e possiamo annoverare buon numero di autori che scrissero trattati originali [p. 56 modifica]di fisiognomica e commentarono i testi aristotelici. Il Bianchi cita oltre all’Achillino, lo Scotto e il Cocle già notati, Andrea Lacuna, che tradusse la Fisionomia di Aristotele; la stessa in latino tradotta da Jodoco Willichio, Francesco Sanchezio, Camillo Balbo, Agostino Nifo.

Nel 1532, Nicola Pietro Corcireo, stampò una versione in latino della Fisionomica del Polemone. Nel 1540, a Parigi, si pubblicò nel testo greco quella di Adamantio, tradotta da Jano Cornari, in una edizione di Basilea. Agostino Nifo stampò in Basilea nel 1534, una versione di Melampode e poi un’altra Nicola Petreio. Tricassi, nato a Mantova sulla fine del quattrocento, pubblicò un commento all’opera di Cocle nel 1525, e scrisse una Chyromantica di cui si hanno parecchie edizioni. Giov. Indagine nel 1531 pubblica pure trattati di Chiromanzia e di Fisiognomica, che ebbero l’onore di parecchie traduzioni francesi.

Insomma già nella prima metà del 500, il risveglio degli studii fisiognomici era iniziato, ma li vediamo complicati colle bizzarrie astrologiche. Gli effetti dell’origine impura di questa scienza non dovevano essere, malgrado gli sforzi del Della Porta, cancellati che molto più tardi.

  1. L’Achillino, De Chyromantica, 1503. Scotto Michele, Phisionomia, Venezia 1533. Cocle B., Phisiognomia et chiromantia compendium Argentorati, Bologna 1504-1534). Il Grataroli, De praedictione morum naturarumque hominum cum ex inspectione partium corporis, etc., Basileae 1554. Della Porta, De humana physiognomia, Vici Æquensi 1586.