La geometria non-euclidea/Capitolo II/Gerolamo Saccheri (1667-1733)

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Capitolo II Capitolo II - Giovanni Enrico Lambert (1728-1777)


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Gerolamo Saccheri [1667-1733]

§. 11. L’opera del Padre Gerolamo Saccheri: «Euclicles ab omni naevo vindicatus: sive conatus geometricus quo stabiliuntur prima ipsa universae Geometriae Principia.» [Milano, 1733], nella sua parte maggiore è dedicata alla dimostrazione del l’postulato. L’idea direttiva delle ricerche geometriche di Saccheri si trova nella sua «Logica demonstrativa» [Torino, 1697], precisamente in un tipo speciale di ragionamento, già usato da Euclide [Lib. IX, Prop. XII], per il quale, anche assumendo come ipotesi la falsità della proposizione che si vuol dimostrare, si giunge ugualmente a concludere che essa è vera1

Uniformandosi a questa idea l’autore prende come date le prime ventisei proposizioni d’Euclide ed assunta come ipotesi la falsità del V postulato cerca, fra le conseguenze di questa ipotesi, una qualche proposizione che lo autorizzi ad affermare la verità del postulato stesso.

Prima di esporre l’opera saccheriana rammentiamo che Euclide, per dimostrare la sua Prop. 16ª [l'angolo esterno d'un triangolo è maggiore di ciascuno degli angoli interni opposti], ammette implicitamente che la retta sia infinita, essendo [p. 21 modifica] il suo ragionamento sostanzialmente fondato sulla esistenza d'un segmento doppio d'un segmento assegnato.

Della possibilità di lasciare cadere questa ipotesi parleremo nel seguito: per ora notiamo che SACCHERI tacitamente l'ammette, poichè, nel corso della sua opera, fa uso della proposizione dell'angolo esterno.

Notiamo infine che egli si giova ancora del postulato di Archimede e dell' ipotesi della continuità della retta2, per estendere, a tutte le figure di un dato tipo, certe proposizioni ammesse come vere soltanto per una figura di quel tipo.

§ 12. La figura fondamentale di SACCHERI è il quadrilatero birettangolo isoscele, cioè il quadrilatero con due lati opposti uguali e perpendicolari alla base. Le proprietà di tale figura si deducono dal seguente 1° lemma, di facile dimostrazione

Se in un quadrilatero ABCD, con gli angoli consecutivi A, B retti, i lati AD e BC sono uguali anche l'angolo C è uguale all'angolo D [prop. I] se i lati AD e BC sono disuguali, dei due angoli C e D è maggiore quello adiacente al lato minore e viceversa.

Sia ora ABCD un quadrilatero birettangolo [Â = B = 1 retto] ed isoscele [AD = BC]: nell'ipotesi euclidea anche gli angoli C, D sono retti, talchè ammettendo che questi angoli possano essere entrambi ottusi od entrambi acuti si nega implicitamente il V postulato. SACCHERI discute appunto le tre ipotesi relative agli angoli C, D, ch'egli, denominava rispettivamente ipotesi dell'angolo retto [C = D = 1 retto], ipotesi dell'angolo ottuso [C = D > 1 retto], ipotesi dell'angolo acuto [C = D < 1 retto]. [p. 22 modifica]

Un primo notevole risultato è il seguente: A seconda che nel quadrilatero birettangolo isoscele ABCD è verificata l’ip. ang. retto, l’ip. ang. ottuso, l’ip. ang. acuto si ha rispettivamente: AB = CD, AB > CD, AB < CD [prop. III ]. Infatti, nell' ip. ang. retto, dal lemma precedente si deduce subito AB = CD. Nell' ip. ang. ottuso la perpendicolare OO' sul mezzo del segmento AB divide il quadrilatero fondamentale in due quadrilateri uguali e rettangoli in O ed O'. Essendo poi D > A, per il citato lemma sarà AO > DO’, quindi AB > CD. Nell’ip. ang. acuto queste disuguaglianze cambiano di senso, quindi: AB < CD.

Il teorema dimostrato s’inverte ragionando per assurdo [prop. IV].

Se in un solo caso è vera l’ipotesi dell’angolo retto, è vera in ogni altro caso. [prop. IV]

Sia nel quadrilatero birettangolo isoscele ABCD verificata l’ip. ang. retto. Presi in AD, e BC i punti H e K equidistanti da AB si formi il quadrilatero ABKH. Se HK è perpendicolare ad AH e BK anche nel nuovo quadrilatero sarebbe vera l’ip. ang. retto. Altrimenti si supponga AHK acuto, e conseguentemente il suo adiacente DHK ottuso. Allora nel quadrilatero ABKH, per l’ip. ang. acuto, sarebbe AB < HK, mentre nel quadrilatero HKCD, per l’ip. ang. ottuso, sarebbe HK < DC. Ma queste due disuguaglianze sono contraddittorie, essendo AB = DC [ip. ang. retto in ABCD]. Dunque AHK non può essere acuto; e poichè con lo stesso ragionamento si proverebbe che AHK non può essere ottuso, si conclude che anche nel quadrilatero ABKH vale l’ip. ang. retto.

Sui prolungamenti di AD e BC si prendano i punti M, N equidistanti dalla base AB. Dico che anche nel quadrilatero ABNM vale l’ip. ang. retto. Infatti se AM è multiplo di AD [p. 23 modifica]la proposizione è immediata; altrimenti si prenda un multiplo di AD maggiore di AM [post. Archimede] e sui raggi AD...., BC... i due segmenti AP, BQ uguali a questo multiplo. Per quanto si disse sopra nel quadrilatero ABQP vale l' ip. ang. retto, e conseguentemente la stessa ipotesi vale ancora nel quadrilatero ABNM.

Finalmente l'ipotesi in discorso vale per un quadrilatero di base qualunque, poichè, nella fig. 10, può assumersi per base uno dei lati perpendicolari ad AB.

OSSERVAZIONE. Questo teorema di SACCHERI è sostanzialmente contenuto in quello di GIORDANO VITALE, riportato a pag. 14(27). Infatti, riferendoci alla fig. 7, l'ipotesi:

DA = HK = CB,


è equivalente all'altra:

D = H = C = 1 retto.


Ma dalla prima discende l'equidistanza delle due rette DC, AB, 3 quindi la validità dell' ip. ang. retto in tutti i quadrilateri birettangoli isosceli di altezza uguale al segmento DA. La stessa ipotesi vale poi anche in un quadrilatero di altezza qualunque, perchè in esso può invertirsi l'ufficio dei due segmenti base ed altezza.

Se in un solo caso è vera l'ipotesi dell'angolo ottuso, essa è vera, in ogni altro caso. [prop. VI].

Riferiamoci al solito quadrilatero ABCD, supponendo che gli angoli C, D siano ottusi. Presi su AD e BC i punti H, K, equidistanti da AB, si osservi in primo luogo che il segmento HK non può essere perpendicolare ai due lati [p. 24 modifica] AD, BC, inquantochè nel quadrilatero ABKH, e conseguentemente nel quadrilatero fondamentale, sarebbe verificata l’ip. ang. retto. Suppongasi allora che KHA sia acuto. Allora, per l’ip. ang. acuto, sarebbe HK > AB, mentre, valendo in ABCD l’ip. ang. ottuso, è AB > CD. Segue: HK > AB > CD. Muovendo ora con continuità la retta HK, in modo ch’essa rimanga perpendicolare alla mediana OO’ del quadrilatero fondamentale, il segmento HK, compreso fra i lati opposti AD, BC, maggiore di AB nella posizione iniziale, diverrebbe minore di AB nella posizione finale CD. In base al postulato della continuità esisterebbe allora una posizione intermedia H’K’, per cui H’K’ = AB. Conseguentemente nel quadrilatero ABK’H’varrebbe l’ip. ang. retto [prop. III], la quale, pel teorema precedente, non lascierebbe sussistere in ABCD l’ip. ang. ottuso. Il ragionamento vale anche se i segmenti AH, BK sono maggiori di AD, quindi non è possibile che l’angolo AHK sia acuto. Dunque in ABKH vale l’ip. ang. ottuso, come in ABCD.

Passiamo ora a dimostrare il teorema per un quadrilatero di base qualunque, ad es. di base BK.

Essendo gli angoli K, H ottusi, la perpendicolare in K a KB incontrerà il segmento AH nel punto M, formando l’angolo AMK ottuso [teor. angolo esterno]. Allora in ABKM sarà [1° lemma] AB > KM. Preso allora su AB il segmento BN uguale ad MK, può costruirsi il quadrilatero birettangolo isoscele BKMN, con l’angolo MNB ottuso, perchè esterno al triangolo ANM. Allora anche nel nuovo quadrilatero vale l’ip. ang. ottuso.

Con ciò il teorema è completamente dimostrato.

Se in un solo caso è vera l’ipotesi dell’angolo acuto, è vera in ogni caso [prop. VII]. [p. 25 modifica]

Il teorema si dimostra subito per assurdo.

§ 13. Da questi ultimi teoremi Saccheri ricava facilmente una importante conseguenza, relativa ai triangoli. A seconda che si trova verificata l’ipotesi dell’angolo retto, l’ipotesi dell’angolo ottuso, l’ipotesi dell’angolo acuto, la somma degli angoli d’un triangolo è rispettivamente uguale, maggiore, minore di due angoli retti [prop. IX].

Sia ABC un triangolo rettangolo in B. Si completi il quadrilatero tracciando AD uguale a BC e perpendicolare ad AB, indi congiungendo D con C.

Nell’ip. ang. retto i due triangoli ABC, ACD sono uguali, per cui: . Segue immediatamente, nel triangolo ABC:

.


Nell’ip. ang. ottuso, essendo AB > DC, sarà: ACB > DAC4, per cui nel triangolo in discorso avremo:

.


Nell’ip. ang. acuto, essendo AB < DC, segue: , quindi, nel solito triangolo:

.


Il teorema dimostrato, che si estende facilmente ad un triangolo qualunque, con la decomposizione della figura in due triangoli rettangoli, viene invertito da SACCHERI nella prop. XV, mediante un ragionamento per assurdo.

Una facile conseguenza di questi risultati è il seguente teorema:

Se in un solo triangolo la somma degli angoli è uguale, maggiore, minore di due angoli retti, in ogni altro [p. 26 modifica] triangolo la somma in discorso è rispettivamente uguale, maggiore, minore di due angoli retti5.

Questo teorema, che Saccheri non enuncia esplicitamente, nella prima e terza ipotesi fu ritrovato e reso noto da Legendre, circa un secolo dopo. Esso dovrà quindi chiamarsi teorema di Saccheri e non teorema di Legendre, come ordinariamente si fà.

§ 14. I precedenti teoremi sul quadrilatero birettangolo isoscele furono dimostrati da Saccheri, e successivamente da altri geometri, col sussidio del postulato di Archimede e del principio della continuità [Cfr. prop., V, VI]. Il Sig. M. Dehn6 ha però dimostrato ch'essi ne sono indipendenti. Possiamo stabilire la cosa per via elementare, nel modo seguente7.

Sulla retta r si fissino due punti B, D, dai quali si elevino i due segmenti perpendicolari ed uguali fra loro BA, DC, poscia si congiungano i due punti A e C per mezzo della retta s. La figura ottenuta, in cui evidentemente si ha , è fondamentale per le nostre considerazioni, e ad essa ci riferiremo costantemente. Ciò posto siano E ed [p. 27 modifica]due punti di s, il primo situato fra A e C, il secondo no; siano inoltre F ed F' i piedi delle perpendicolari calate da E ed E' sulla retta r. Valgono allora i seguenti teoremi:

1°) Se: EF = AB, , gli angoli , sono retti.
ovvero:
E'F' = AB


2°) Se: EF > AB, , gli angoli , sono retti.
ovvero:
E'F' < AB


3°) Se: EF < AB, , gli angoli , sono retti.
ovvero:
E'F' > AB


Dimostriamo il 1° teorema.


Dall'ipotesi EF = AB si deducono le seguenti relazioni:


= ;      = ;


le quali, insieme alla relazione fondamentale:


= .


conducono a stabilire l'uguaglianza dei due angoli . I quali, essendo adiacenti, saranno entrambi retti e conseguentemente retti i due angoli , . [p. 28 modifica]Lo stesso ragionamento è applicabile nell'ipotesi

.

Dimostriamo il 2° teorema.

Supponiamo in primo luogo . Allora su prendiamo e congiungiamo con e . Valgono allora le seguenti relazioni.


Inoltre, pel teorema dell'angolo esterno [EUCLIDE, XVII], avremo pure:

2

E poichè si ha:

,

si deduce:

2


Allora, per l'uguaglianza dei due angoli , si ricava:

1 c. d. d.


Supponiamo in secondo luogo . Allora prolunghiamo fino ad ottenere il segmento e congiungiamo con ed .

Valgono al solito le seguenti relazioni:

;

;


;

[p. 29 modifica]

Combinando queste relazioni si deduce in primo luogo

BÂI' < DCI',


dalla quale, sottraendo membro a membro la penultima delle precedenti, otteniamo:

BÂE' < DCE' = BÂC.


Ma i due angoli BÂE', BÂC sono adiacenti, quindi BÂC risulta ottuso, c. d. d.

In modo perfettamente analogo si dimostra il 3° teorema.

Questi teoremi s'invertono poi facilmente ragionando per assurdo. In particolare, se M ed N sono i punti medi dei due segmenti AC, BD, per il segmento MN di perpendicolare comune alle due rette AC, BD, avremo che:

se: BÂC = DCA = 1 retto, allora: MN = AB; se: BÂC = DCA > 1 retto, allora: MN > AB; se: BÂC = DCA < 1 retto, allora: MN < AB.


Inoltre è facile vedere che:


1°)


2°)


3°) [p. 30 modifica]

Infatti, nel 1° caso, essendo le rette r, s equidistanti, valgono le seguenti relazioni:

NMA = FEM = BAC = F'E'M = 1 retto.

Per dimostrare il 2° ed il 3° caso basta ragionare per assurdo, tenendo presenti i risultati sopra ottenuti.

Sia ora P un punto della retta MN, non compreso fra i punti M ed N. Sia PR la perpendicolare ad MN ed RK la perpendicolare a BC in K. Quest'ultima perpendicolare incontrerà AC in un punto H. Ciò posto i precedenti teoremi permettono senz'altro di affermare che:


se: BÂM = 1 retto, anche:

= 1 retto

se: BÂM > 1 retto, anche:

> 1 retto

se: BÂM < 1 retto, anche:

< 1 retto

Queste proprietà, come facilmente si scorge, valgono anche se il punto P cade fra M, N.

Concludendo, i tre ultimi teoremi, che manifestamente coincidono con quelli di SACCHERI relativi ai quadrilateri birettangoli isosceli, vale a dire: se in un solo caso è vera [p. 31 modifica] rispettivamente l'ipotesi dell'angolo retto, dell'angolo ottuso, dell'angolo acuto essa è vera in ogni altro caso; sono dimostrati indipendentemente dal postulato di Archimede.

Volendo ora passare dai teoremi sui quadrilateri ai teoremi sui triangoli, enunciati sul principio di questo paragrafo, possiamo senz'altro riferirci ai ragionamenti di SACCHERI [cfr. p. 25], poichè quei ragionamenti non dipendono affatto dal postulato in discorso. Con ciò è ottenuto il risultato che ci eravamo proposto.

§ 15. Per rendere più breve l'esposizione dell'opera saccheriana, stacchiamo dalle prop. XI, XII il contenuto del seguente 2° lemma.

Sia ABC un triangolo rettangolo in C, siano H il punto di mezzo di AB, e K il piede della perpendicolare calata da H su AC.

Allora avremo:

AK = KC, nell' ip. ang. retto; AK < KC, nell' ip. ang. ottuso; AK > KC, nell' ip. ang. acuto.

La parte che riguarda l' ip. ang. retto è immediata. Nell' ip. ang. ottuso, essendo la somma degli angoli d'un quadrilatero maggiore di quattro angoli retti, sarà: AHK < HBC. Calata poi da H la HL, perpendicolare a BC, i due triangoli AHK, HBL, con le ipotenuse uguali, in forza della precedente relazione danno luogo alla seguente disuguaglianza: AK < HL. Ma nel quadrilatero trirettangolo HKCL l'angolo H è ottuso [ip. ang. ottuso], per cui sarà: HL < KC, quindi: AK < KC.

Nello stesso modo si dimostra la terza parte del lemma. [p. 32 modifica]

Una facile estensione di questo lemma è la seguente proposizione: Se sul primo lato d'un angolo di vertice A si prendono consecutivamente i segmenti uguali AA1, A1A2, A2A3.... e si costruiscono le rispettive proiezioni AA'1, A'1A'2, A'2A'3... sul secondo lato dell'angolo, valgono le seguenti relazioni.

AA'1, = A'1A'2, = A'2A'3 = ...., nell' ip. ang. retto; AA'1, < A'1A'2, < A'2A'3 < ...., nell' ip. ang. ottuso; AA'1, > A'1A'2, > A'2A'3 > ...., nell' ip. ang. acuto.

Ommettiamo per brevità la facile dimostrazione.

Vediamo piuttosto quali importanti conseguenze possono dedursi da questa proposizione nell' ip. ang. retto e nell' ip. ang. ottuso.

Siano AC e BD due rette, la prima obliqua, la seconda perpendicolare alla retta AB. Su AC, dalla banda dell'angolo acuto CAB e della perpendicolare BD, si prenda il segmento arbitrario AA1, e se ne ne costruisca la proiezione AA'1, su AB. Si fissi poi un numero n abbastanza grande, tale che l'ennesimo multiplo di AA'1, sia maggiore di AB; poi su AC, dalla banda di A1, si costruisca il segmento AAn, multiplo di AA1 secondo il numero n8. Calata poi da An la perpendicolare AnA'n su AB, avremo:

AA'n = (AA'1) . n > AB, nell' ip. ang. retto; AA'n > (AA'1) . n > AB, nell' ip. ang. ottuso. [p. 33 modifica]

Perciò la BD, perpendicolare al lato AA'n, del triangolo rettangolo AAnA'n, incontrerà necessariamente l'ipotenusa AAn; cioè:

Nell' ip. ang. retto e nell' ip. ang. ottuso, una perpendicolare ed una obliqua ad una stessa retta si incontrano. [ prop. XI, XII]9.

Di quì si deduce il teorema seguente: Nell'ipotesi dell'angolo retto ed in quella dell'angolo ottuso è vero il V postulato di Euclide [prop. XIII]. Siano AB, CD due rette intersecate dalla retta AC. Supponiamo che sia:

BÂC + ACD < 2 retti.

Allora uno degli angoli BAC, ACD, ad esempio il primo, sarà acuto. Da C si cali la perpendicolare CH su AB. Nel triangolo ACH, in forza a delle ipotesi fatte, sarà:

 + C + H uguale/maggiore di 2 retti.

Ma per ipotesi abbiamo ancora:

BÂC + ACD < 2 retti

Combinando queste due relazioni si ottiene:

H > HCD.

E poichè H è retto, l'angolo HCD risulta acuto. Allora, [p. 34 modifica]in forza delle prop. XI, XII, le rette CD ed AB s'incontrano10. Questo risultato permette a SACCHERI di concludere che l'ip. angolo ottuso è falsa [prop. XIV]. Infatti, in questa ipotesi vale il postulato Euclideo [prop. XIII] e conseguentemente valgono gli ordinari teoremi che da questo postulato si deducono. Ma allora nel quadrilatero fondamentale la somma degli angoli è uguale a quattro angoli retti, cioè è vera l' ip. ang. retto11.

§. 16. Volendo SACCHERI provare che il V postulato è valido incondizionatamente, si accinge a distruggere anche l' ip. ang. acuto.

Intanto è bene notare che in questa ipotesi esistono una perpendicolare ed una obliqua ad una stessa retta che non s'incontrano [prop. XVII]. Per costruirle, dal vertice B del triangolo ABC, rettangolo in C, si tracci la retta BD. In modo che sia: ABD = BAC. Allora per l' ip. ang. acuto, l'angolo CBD è acuto e le due rette CA, BD, che non incontrano (EUCLIDE, XXVII], sono l'una obliqua e l'altra perpendicolare alla BC.

D'ora innanzi ci riferiremo esclusivamente all' ip. ang. acuto.

Siano [p. 35 modifica]a, b due rette coplanari non incidenti. Dai punti A1 A2 di a si calino le perpendicolari A1B1, A2B2 su b. Gli angoli A1, A2 del quadrilatero ottenuto, possono essere: 1°) uno retto ed uno acuto: 2°) entrambi acuti; 3°) uno acuto e l'altro ottuso. Nel primo caso esiste senz'altro la perpendicolare comune alle due rette a, b. Nel secondo caso si prova l'esistenza della perpendicolare comune ragionando per continuità [SACCHERI, prop. XXII]. Infatti, se si muove con continuità la retta A1B1, mantenendola perpendicolare a b, fino a portarla su A2B2, l'angolo B1A1A2, acuto nella posizione iniziale, cresce fino a diventare ottuso: segue l'esistenza d'una posizione intermedia AB, in cui l'angolo BA1A2 è retto. Allora AB è la perpendicolare comune alle due rette a, b. Nel 3° caso, o le rette ab non ammettono una perpendicolare comune, ovvero, la perpendicolare comune, se esiste, non cade fra B1 e B2.

Data, come ipotesi, l'esistenza di due rette coplanari non incidenti e prive di perpendicolare comune, SACCHERI dimostra che tali rette vanno sempre più accostandosi [prop. XXIII] e che la loro distanza finisce per diventare minore di un segmento piccolo a piacere [prop. XXV]. In altre parole, se esistono due rette coplanari non incidenti, prive di perpendicolare comune, esse debbono comportarsi asintoticamente fra loro12.

Per provare l'effettiva esistenza di rette asintoticlie, SACCHERI ragiona presso a poco così. Le rette d'un fascio di centro A possono, rispetto ad una retta b, coplanare al fascio e non passante per A, ripartirsi in due gruppi: [p. 36 modifica]1°) rette del fascio incidenti a b ; 2°) rette del fascio che ammettono con b una perpendicolare comune. In forza del principio della continuità esistono due rette p, q che dividono il fascio in due parti. Alla prima parte appartengono le rette incidenti a b, alla seconda parte le rette non incidenti a b, ed aventi con b una perpendicolare comune. Quanto alle rette p, q si dimostra che non appartengono nè all'una nè all'altra parte. Infatti, che p non sia incidente a b è manifesto. Per provare che p non ammette perpendicolare comune con b ragioniamo per assurdo. Sia PB l'ipotetica perpendicolare alle due rette p e b. Calata da A la perpendicolare AM su b e preso su b il punto B', da banda opposta di M rispetto a B, si elevi la B'P', perpendicolarmente a b, poi si cali la perpendicolare AP' su B'P'. La retta AP' non è incidente a b, perchè ammette con b una perpendicolare comune ed incontra la PB in un punto R. L' angolo ARB, supplementare dell'angolo acuto BRP', è ottuso, perciò il raggio AR cadrà nell'angolo MAP. Ma allora AR sarebbe ad un tempo secante e non secante rispetto a b. Questa contraddizione fa cadere l'ipotesi d'una perpendicolare [p. 37 modifica]comune a b e p. Concluderemo pertanto che le due rette p e q sono asintotiche alla retta b13.

§ 17. A questo punto SACCHERI cerca di concludere, affidandosi, più che alla logica, alla intuizione ed alla fede nella validità del V postulato. Per dimostrare che l' ip. ang. acuto è assolutamente falsa, perchè ripugna alla natura della linea retta [prop. XXXIII], si appoggia su cinque lemmi, distesi in ben 16 pagine: in sostanza però si riduce ad affermare che «se essa fosse vera, la retta AP' [fig. 25] avrebbe con MB una perpendicolare comune in un punto comune all'infinito, ciò che è contrario alla natura della linea retta.» La pretesa dimostrazione di SACCHERI è dunque fondata sull'estensione all'infinito di certe proprietà, valide per figure situate a distanza finita.

SACCHERI però non è soddisfatto del suo ragionamento e tenta di raggiungere la desiderata prova ripigliando l'antico concetto di equidistanza. Non vale la pena di riportare la nuova discussione inquantochè non rappresenta nulla di meglio di quanto fecero i suoi predecessori.

Pur mancando allo scopo l'opera saccheriana è di grande importanza: oltre porgerci il massimo tentativo in favore V postulato, essa, pel fatto stesso di non aver scoperto delle contraddizioni fra le conseguenze dell' ip. ang. acuto, non poteva a meno che suggerire il dubbio che su questa [p. 38 modifica]ipotesi potesse edificarsi un sistema geometrico logicamente conseguente e che il postulato euclideo fosse indimostrabile 14.

  1. Cfr. G. Vailati «Di un’opera dimenticata del P. Gerolamo Saccheri», Rivista Filosofica [1903].
  2. Quest'ipotesi è usata da Saccheri nella sua forma intuitiva, cioè: un segmento, che passa con continuità dalla lunghezza a alla lunghezza b, diversa da a, acquista, durante la variazione, una qualsiasi lunghezza compresa tra a e b.
  3. Veramente GIORDANO, nel suo ragionamento, si riferisce esplicitamente ai punti del segmento DC, che dimostra equidistanti dalla base AB del quadrilatero. Però lo stesso ragionamento è applicabile a tutti i punti della retta DC. — Cfr. la nota di R. BONOLA, citata a pag. 14.
  4. Questa disuguaglianza vien dimostrata da Saccheri nella sua VIII proposizione e serve di lemma alla prop. IX. Abbiamo ommessa la facile dimostrazione, perchè essa si trova spessissimo nei testi elementari, avanti la teoria delle parallele.
  5. Un'altra proposizione di Saccheri, che non ci interessa direttamente, afferma che se in un solo quadrilatero la somma degli angoli è uguale, maggiore, minore di quattro angoli retti, si deduce rispettivamente l'ip. ang. retto, l'ip. ang. ottuso, l'ip. ang. acuto. A questa proposizione si riattacca una osservazione di Saccheri sul postulato di Wallis [cfr. § 9]. Wallis poteva semplicemente ammettere l'esistenza di due soli triangoli con angoli uguali e lati disuguali per dedurre l'esistenza di un quadrilatero in cui la somma degli angoli è uguale a quattro angoli retti, quindi la validità dell'ip. ang. retto e successivamente il V postulato.
  6. Cfr. Math. Ann. t. 53, p. 405-439: «Die Legendre'schen Sätze über die Winkelsumme im Dreieck».
  7. Cfr. BONOLA: «I teoremi del Padre Gerolamo Saccheri sulla somma degli angoli di un triangolo e le ricerche di M. Dehn.». Rend. Istituto Lombardo, serie II, Vol. XXXVIII [1905].
  8. Il postulato di ARCHIMEDE, di cui quì si fa uso, comparisce in una tale forma da includere implicitamente l'infinità della retta.
  9. Il metodo seguito da Saccheri per dimostrare questa proposizione è sostanzialmente identico a quello di NASÎR-EDDIN. NASÎR-EDDIN però si riferisce soltanto all'ip. ang. retto, avendo egli dimostrato in antecedenza che la somma degli angoli d'un triangolo è uguale a due angoli retti. — È opportuno notare che Saccheri conobbe e criticò l'opera del geometra arabo.
  10. Anche questa dimostrazione si trova nell'opera di NASÎR-EDDIN, alla quale evidentemente SACCHERI si è ispirato nelle sue ricerche.
  11. È opportuno notare che in questa dimostrazione SACCHERI fa uso di quel tipo speciale di ragionamento, di cui parlammo nel §. 11. Infatti: anche ammettendo che sia vera l' ip. ang. ottuso, si arriva a concludere che è vera l' ip. ang. retto. È questa una forma caratteristica, che in taluni casi può assumere l'ordinario ragionamento per assurdo.
  12. Questo risultato giustifica il dubbio affacciato dai greci circa la possibile esistenza di rette coplanari asintotiche [cfr. §. 2].
  13. Nell'opera di SACCHERI, prima di questo risultato, si trovano molte altre proposizioni interessanti, fra le quali è degna di nota la seguente: Se due rette si avvicinano sempre più, e la loro distanza si mantiene sempre superiore ad un certo segmento assegnabile, l'ipotesi dell'angolo acuto viene distrutta. Talchè, postulare l'assenza di rette asintotiche equivale ad ammettere il postulato euclideo.
  14. L'opera del P. SACCHERI fu abbastanza diffusa dopo la sua pubblicazione e di essa parlarono due storie delle matematiche: quella di J. C. HEILBRONNER [Lipsia, 1742] e quella del MONTUCLA [Parigi, 1758]. Inoltre è minutamente analizzata da G. S. KLÜGEL, nella sua dissertazione quì sotto citata [(3)]. Non di meno cadde in dimenticanza. Solo nel 1889 E. BELTRAMI, con la sua nota: «Un precursore italiano di Legendre e di Lobatschewsky.» [Rend. Acc. Lincei, (4), V, p. 441-448], richiamò su di essa l'attenzione dei geometri. In seguito l'opera di SACCHERI fu tradotta in inglese da G. B. HALSTED [Am. Math. Montly, I, 1894 e successivi], in tedesco dai SS. STÄCKEL ed ENGEL [Th. der P., 1895], in italiano da G. BOCCARDINI [Milano, Hoepli, 1904].