La giovinezza e studi hegeliani/La logica di Hegel (Dottrina dell'essere e dell'essenza)/Essenza/Sezione terza: La realtà

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Essenza - Sezione terza: La realtà

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Essenza - Sezione seconda: L'apparizione o il fenomeno Manifesto e frammenti dell'introduzione per il 'Manuale' del Rosenkrantz
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SEZIONE TERZA

LA REALTÀ


Capitolo I

quadro vii: l’esistenza


L’assoluto come tale o l’esplicazione dell’assoluto.

L’unità dell’intrinseco ed estrinseco è l’assoluta realtà. Prima essa è l’assoluto come tale, cioè unità, in cui si è tolta la forma, e questa si è fatta vuota o estrinseca [p. 271 modifica]differenza assoluta di un intrinseco ed estrinseco. L’assoluto così è da una parte la negazione di tutti i predicati ed il vuoto; dall’altra la posizione di tutti i predicati; la più formale contraddizione. Nella estrinseca riflessione o nella formale dialettica questa posizione e negazione non è alzata ad una vera unità. L’assoluto non è perciò questo estrinseco determinare, ma la sua propria esplicazione, un mostrarsi quello che esso è — il fondamento ora posto dell’essenziale rapporto, che come solo rapporto non è ancora ritornato in questa sua identità. Come assoluta identità, ogni sua parte o determinazione è la totalità: la determinazione è una trasparente apparenza, divenuta nel suo essere posto differenza sparente. Le riflesse determinazioni essenza, tutto, parte, forza ecc. periscono nel loro fondamento o nell’assoluto. In questo perciò è niun diventare, niun riflettersi, né estrinsecarsi. Il movimento riflettente consiste ora nel togliersi: esso è la negativa esplicazione dell’assoluto. Questa esplicazione ha anche una parte positiva. L’assoluto è non solo l’abisso in cui periscono le determinazioni, ma il loro fondamento, quello che dà a loro come apparenza un sussistere: perché l’apparenza è non il niente, ma riflessione, rapporto all’assoluto: essa è in quanto l’assoluto apparisce in lei. Questa parte positiva trattiene il finito innanzi allo sparire, come immagine dell’assoluto; ma finisce nello sparire o nell’essere assorbito. Questa parte positiva è perciò solo un’apparenza: il vero positivo che contiene l’esplicato contenuto, è l’assoluto. Il finito pare che riceva il suo esplicarsi dal di fuori, e che l’assoluto sia il suo fine, non il punto di partenza, che è estrinseco all’assoluto. Ma l’assoluto è qui non il vero assoluto; ma un determinato, nella determinazione d’identità astratta; e perché solo identico o intrinseco, è un estrinseco, o l’assoluto della estrinseca riflessione. Cosi qual punto di partenza è esso stesso: comincia presso di sé e giunge presso di sé.

L’assoluto attributo.

L’assoluto qui non è l’assoluto-assoluto, ma un relativo; come semplice assoluta identità è nella determinazione della [p. 272 modifica]identità — attributo. Esso però non è determinazione formale solo intrinseca o estrinseca, e quindi determinata forma o negazione, ma come forma dell’assoluto è il totale contenuto, in cui i due mondi dell’essenziale rapporto sono non più immediati sussistenti, ma apparenza, della quale l’attributo è il vero singolare sussistere. Ma la sua identità è assoluta: la totalità cioè ha l’assoluto per suo contenuto e sussistere: in lei perciò sono poste come tolte tutte le determinazioni ed anche la riflessione — così la sua determinazione formale, dove è attributo, è posta come semplice apparenza, il negativo come negativo. Onde i due suoi momenti identità e negazione. Ma la negazione o il finito è non in sé e per sé, ma sussistente nell’assoluto: così l’attributo e la sua differenza scende nel semplice assoluto. L’identità in cui qui ritorna la riflessione della sua differenza, è solo indeterminata ed astratta, cioè identità nella determinazione d’identità — intrinseca forma differente dalla estrinsechezza, che è un essere posto sparente nell’assoluto.

Il Modo dell’assoluto.

La forma dove l’assoluto sarebbe attributo, come solo intrinseca o estrinseca, è un Niente in se stesso, semplice modo o maniera. Come estrinseca, è il negativo come negativo, riflessione estrinseca all’assoluto. Come l’intrinseco dell’assoluto, è l’esser fuori di sé di questo, la perdita di sé nel diventare dell’essere, il passaggio negli opposti senza ritorno. Ma il Modo come estrinsechezza dell’assoluto, è assoluta estrinsechezza, l’apparenza posta come apparenza; la forma riflessa in sé, identica con sé, l’assoluto. Il modo è così il proprio riflettente movimento dell’assoluto; un determinare dove esso non è un altro, ma quello che è: la trasparente estrinsechezza che mostra se stessa: un movimento da sé al di fuori, ma così che questo esser di fuori è la stessa intrinsechezza — un porre che non è esser posto, ma assoluto essere. Il contenuto dell’assoluto è di manifestarsi: l’assoluto contenuto è la stessa esplicazione, il negativo come negativo identico con sé [p. 273 modifica]ed indifferente alla sua differenza — l’assoluta forma che come duplicità di sé è identica con sé. L’Assoluto come questo movimento movente se stesso della esplicazione, come modo e maniera che è la sua assoluta identità con se stessa, è estrinsechezza non di un intrinseco, non rispetto ad un altro, ma solo assoluta manifestazione di se stessa: così è Realtà.

Capitolo II

quadro viii: la realtà

a)

FORMALE REALTÀ, POSSIBILITÀ E NECESSITÀ


Immediata realtà.

La Manifestazione il cui contenuto è solo di essere la manifestazione di sé, non è più l’unità prima, essente in sé dell’intrinseco ed estrinseco, ma l’assoluto riflesso, l’assoluta forma — la Realtà, l’Unità posta dell’essenziale rapporto, in cui l’immediato e il riflesso sono momenti, ciascuno posto come l’altro. Questi dapprima sono solo formali, non realizzati: la loro differenza non è determinata come contenuto, ma appartiene alla riflessione estrinseca. La Realtà come prima realtà è solo formale, immediata, non riflessa, non totalità della forma, ma solo in questa determinazione formale dell’immediato — essere ed esistenza. Ma essa è essenziale, cioè forma dell’essere in sé o intrinseco, e dell’estrinsechezza: così essa contiene in sé immediatamente l’essere in sé o la possibilità. Ciò che è reale, è possibile.

Realtà e possibilità — momenti.

Il possibile è la Realtà in sé riflessa; esso ha due momenti: positivo e negativo. i) Come positivo, esso è solo possibile, solo essere in sé, solo nella determinazione dell’Identità con sé — così formale, o l’essenzialità come tale. Il suo contenuto è semplice, un identico con sé, e quindi un possibile — A = A. [p. 274 modifica]2) Ma qui il possibile non è quella pura identità, ma momento della totalità della forma: così l’essere riflesso in sé riflesso, un tolto, in essenziale rapporto al reale; il negativo di questo, posto come un negativo: così un manchevole che deve compiersi nel reale come semplice essenzialità: è posta di essere solo momento non corrispondente a tutta la forma — l’essere in sé come posto, cioè come non essere in sé — la contraddizione o l’impossibile — un contenuto che come possibile è un essere in sé, ma come tolto o momento, è essere altro. La contraddizione si risolve. Il possibile non è il puro identico, il primo riflesso, ma il riflesso riflesso o toglientesi. A è A: — A è — A. Queste due tesi come identiche sono indifferenti l’una all’altra: con l’una non è posta anche l’altra. Ma il possibile come negativo è il rapporto paragonante di entrambe: come riflessione della totalità esso contiene nella sua determinazione che anche il suo opposto è possibile: nel possibile A è contenuto anche il possibile — A; il rapporto o fondamento li determina ambi come possibili. Cosi perché in questo rapporto in un possibile è ancora contenuto il suo altro, la contraddizione si toglie. Perché ora il possibile non è un riflesso, o il solo possibile, ma il riflesso toglientesi; esso è così ancora l’immediato, e diventa Realtà.

Unità del reale e del possibile — o Accidente e Necessità.

L’unità del possibile e del reale è l’accidente. Esso ha due parti. i) In quanto ha in sé il possibile solo immediatamente o tolto, esso è non essere posto né mediato, ma immediata realtà: priva di fondamento — semplice essere ed esistenza, formale realtà, solo un possibile. 2) Come riflesso rispetto al possibile, è esso diviso dal possibile o dall’essere riflesso in sé, e quindi immediatamente è ancora solo un possibile. Il possibile parimente 1) come semplice essere in sé, è un reale immediato, un essente solo, vuoto di fondamento; 2) come opposto al reale, è un essere in sé vuoto di realtà, solo un possibile; ma perciò di nuovo solo una non riflessa esistenza, un reale. Come immediati, sono senza fonda [p. 275 modifica]. Come opposti, hanno un fondamento, cioè non sono in sé e per sé, ma in. un altro — posto non mediato passaggio dell’uno nell’altro, dell’intrinseco ed estrinseco, del riflesso e dell’essere — momenti dell’assoluta forma. Questa assoluta inquietudine del diventare di queste due determinazioni è l’Accidente. Ma perché ciascuna passa immediatamente nell’opposto, ciascuna ivi concorda con sé: e questa identità di ciascuna nel suo altro è la Necessità. L’accidentale è il reale determinato, come possibile: così il reale toglie il suo immediato, ed esce in rapporto fondamentale, cioè in fondamento o essere in sé e fondato. Il necessario quindi i) come immediato, è il reale vuoto di fondamento: esso è: l’essente è esso stesso il necessario. 2) Ma l’immediato si toglie: esso ha la sua realtà mediante un altro o nel suo fondamento — esso è in sé: questa riflessione in se è diversa dall’immediato dell’essere, è un altro, e la necessità dell’essente è un altro: Tessente non è il necessario. 3) Ma questo essere in sé è solo un essere posto, esso è tolto o si riflette in sé: così è un immediato, o il Reale. La Realtà nella sua differenza o nella sua possibilità identica con sé è la Necessità — ma solo formale, perché i suoi momenti, reale e possibile, sono solo formali, cioè semplici determinazioni, solo immediata unità, che sono totalità solo come immediato passare dell’una nell’altra, e così non hanno la forma di sostanzialità, non sono in sé riflesse.

b)

RELATIVA NECESSITÀ


Reale Realtà.

La Necessità formale è unità semplice e rispetto alla sua differenza indifferente. Come immediata, essa è Realtà; ma determinata come indifferente rispetto alla differenza delle determinazioni formali, cioè di sé e del possibile, ha un contenuto. Questo come indifferente contiene in sé la forma come indifferente, cioè differenti determinazioni, ed è [p. 276 modifica]così vario contenuto — la reale o determinata Realtà. Questa come tale dapprima è l’esistente Mondo; ma perché come realtà è anche essere in sé, essa si ritiene nel vario della mera esistenza: la sua estrinsechezza è intrinseco rapporto solo su di sé. Ciò che è reale, può produrre: qualcosa mostra la sua realtà mediante quello che produce. Il suo rapporto all’altro è la manifestazione di sé. La reale realtà ha immediatamente in sé il momento del possibile o dell’essere in sé, ma come solo immediata unità è l’essente differente dall’essere in sé o dal possibile.

Reale possibilità.

La realtà riflessa in sé è la reale possibilità, essere in sé della realtà pieno di contenuto. Perché è reale, è essa stessa immediata esistenza, l’esistente varietà di circostanze che si rapportano ad essa — così la posta Totalità della forma, ma della forma nella sua determinazione, cioè realtà immediata o formale, ed astratto essere in sé. La realtà come solo immediata, è solo una delle parti: la sua possibilità è perciò non la sua propria, ma di un altro, un essere altro. Cosi la reale possibilità produce la totalità delle condizioni, una realtà varia non riflessa, ma determinata di essere l’essere in sé di un altro, e di dover ritornare in sé. Questa varia totalità o reale possibile, perché essere in sé, è non solo secondo la sua semplice determinazione di contenuto, ma anche sviluppata nelle sue diverse circostanze un identico con sé, un non contraddicente; ma perché varia, essa è un differente che passa nell’opposizione e quindi nella contraddizione. Perciò la varia esistenza non solo per estrinseca riflessione, ma in se stessa è questo, di togliersi e di andare a fondamento, cioè di essere il possibile non un altro, ma esso stesso: condizione non per una supponente riflessione come nel condizionato fondamento in cui le condizioni hanno la forma e il possibile fuori di loro, ma posta in se stessa come possibilità. Quando ora tutte le condizioni di una cosa sono sostanzialmente sussistenti, cioè riflesse in sé, o realmente possibili, la Cosa esce nella realtà: [p. 277 modifica]la Cosa è esso stesso questo contenuto o totalitá di condizioni determinata di essere un reale come possibile. Vi è un doppio togliere. 1) La realtà come immediato sostanziale togliendosi diviene un essere riflesso, momento di un altro, essere in sé o possibile. 2) La realtà come possibile di un altro, toglie il suo essere altro, e quindi suo essere in sé, e ritorna realtà. Questo movimento del reale possibile toglientesi è così in questa negazione dell’altro non un passare, ma un concordare con sé. Nel formale possibile, perché qualcosa è possibile, non è esso, ma il suo altro possibile. Il reale possibile non ha più quest’altro a sé di rincontro, perché l’altro è la realtà, e come reale esso stesso è la realtà. La Realtà non è più dunque determinata come il possibile di un altro, né il possibile come la realtà diversa da quella di cui esso è il possibile. Questa identità del reale possibile nella sua negazione con se stessa, è la Reale Necessità.

Reale Necessità o relativa.

Ciò che è possibile, può essere un altro, perché esso è essere in sé, solo essere posto, e quindi essenzialmente essere altro. Nel formale possibile è questa identità passaggio nell’altro; ma il reale possibile perché contiene in sé l’altro momento, la realtà, è già la Necessità, e quindi non può essere un altro. Il reale possibile non diventa necessità, ma è supposto come avente per suo fondamento il necessario. Reale possibile e necessità sono una identità; la loro differenza è solo apparente. Ma la necessità è insieme relativa: ha una supposizione da cui comincia, e nell’accidente ha il suo punto di partenza. La reale possibilità è necessità in quanto toglie il suo altro, e pone il suo essere posto; ma essa è stata prima un solo possibile, immediato passare della realtà nel suo opposto, cioè accidente. Questo supporre e il movimento di ritorno è ancora diviso: l’accidente è ancora estrinseco alla necessità. Questa è relativa ancora per il suo contenuto, che è un differente e determinato, un accidentale. Ma nel fatto la necessità ha in sé ancora l’accidente. i) Secondo il [p. 278 modifica]contenuto è essa limitata realtà, quindi un accidentale. 2) Secondo la forma il reale possibile è il Necessario, ma solo in sé: esso è posto come l’essere altro della realtà e possibilità l’una rispetto all’altra. La reale necessità è il ritorno in sé non da se stessa, ma da quell’inquieto essere altro del reale e del possibile: essa perciò contiene in sé l’essere altro o l’accidente — unità solo in sé della necessità e dell’accidente — assoluta Realtà.

c)

ASSOLUTA NECESSITÀ


Assoluta realtà e possibilità.

La determinazione della reale necessità è ch’essa ha in sé la sua negazione, l’accidente. Questa determinazione nella sua prima semplicità è Realtà; perciò la determinata necessità è reale necessità; e la realtà è necessaria, o assoluta, in quanto ha in sé la necessità come suo essere in sé, non il possibile: e perciò non può essere un altro. Ma perché assoluta o unità di sé e del possibile, essa può indifferentemente ricevere l’una o l’altra di queste due determinazioni — perciò vuota determinazione, accidente, un mero possibile, che può essere un altro. Ma la possibilità è essa stessa assoluta, cioè un possibile che può esser determinato come possibile e come reale: e per questa indifferenza rispetto a sé è posta come vuota accidentale determinazione. Cosi la reale necessità contiene non solo in sé l’accidente, ma questo diventa in lei. Ma questo diventare come estrinsechezza è il suo proprio essere in sé, o diventare: il supporre è il suo porre. Essa è il tolto essere del reale nel possibile, ed il contrario; come semplice passare dell’uno nell’altro essa è la loro semplice positiva unità, ciascuno concordando nell’altro solo con sé. Cosi essa è la Realtà, ma immediata semplice concordanza della Forma con sé: il suo negativo porre di que’ momenti è il supporre, o il porre di sé come tolta o immediata, un concordare con sé non in un altro, ma nella sua negazione stessa o suo essere in sé.
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Mediazione.

La Realtà ora è un concordare del reale possibile, suo essere in sé, con se stessa; come mediata mediante la sua negazione è essa determinata come possibilità. Ma questa non è altro che questo mediare, in cui l’essere in sé, cioè essa stessa, e l’immediato sono ambi nello stesso modo esseri posti. Così è la Necessità che è appunto il togliere dell’essere posto, e il porre dell’immediato e dell’essere in sé, ma insieme il determinare l’immediato o il tolto essere posto, come essere posto. Cosi è essa stessa che si determina come accidente: nel suo essere si scaccia da sé; in questo scacciare è ritornata solo in sé, cioè semplice essere, ed in questo ritorno si è scacciata da se stessa. Cosi la Forma ha penetrate tutte le sue differenze e si è fatta trasparente nel suo realizzarsi: essa è come assoluta Necessità solo questa semplice Identità dell’essere nella sua negazione o nell’essenza con se stessa.

Assoluta necessità.

L’assoluta necessità è la verità, in cui ritorna il reale e il possibile, la formale e reale necessità. Come identità con sé nella essenza, essa è puro essere, e pura essenza: ambi lo stesso. Il necessario è perché è: non ha condizione o fondamento. Ma esso è pura essenza: il suo essere è la semplice riflessione in sé: esso è perché esso è. Come riflessione ha condizione e fondamento, ma esso stesso è la sua condizione e il fondamento. Esso è in sé, ma il suo essere in sé è il suo immediato, la sua possibilità è la sua realtà. Esso è così perché esso è: come concordare con sé è essenza; come semplice ed immediato concordare, è essere — semplice immediato che è assoluta negatività. Riflessione o Forma dell’Assoluto, o assoluta Necessità. Le sue differenze sono perciò non determinazioni della riflessione, ma essente varietà, sostanziali altri l’uno rispetto all’altro; ma perché il loro rapporto è l’assoluta identità, è questo l’assoluto passare della loro realtà nel loro possibile e del loro possibile nel loro reale. [p. 280 modifica]L’assoluta Necessità è perciò cieca, cioè priva di apparenza o di riflessione. Le sue differenze sono riflesse in sé come essere: libere realtà, di cui niuna apparisce nell’altra: ciascun necessario è fondato in se stesso. La necessità come essenza è rinchiusa in questo essere: il contatto di queste realtà fra loro appare come vuota estrinsechezza: la realtà dell’una nell’altra è il solo possibile, l’accidente: un Altro che ha realtà nell’Essere, è quindi un solo possibile, vuoto essere posto: perché l’essere è mediazione di sé con sé, negazione della mediazione per l’altro. Ma questo accidente è esso stesso l’assoluta necessità: l’essenza di quelle libere in sé necessarie realtà — essenza timida della luce, perché l’essere è vuoto d’apparenza, irriflesso, manifestante solo se stesso. Ma la semplicità dell’essere è assoluta negatività: l’essere mediante la sua essenza è contraddizione con sé: onde il negativo o l’essenza prorompe in esso e rivela ciò che essa è. Questa manifestazione della determinazione, del niente, dell’assoluto differente, del libero essere altro è cieco morire nell’essere altro, negativo rapporto su di sé: l’apparenza o riflessione che prorompe nell’essente è diventare e passare dell’essere nel niente. Ma l’essere è insieme essenza e il diventare apparenza o riflessione. Cosi l’estrinsechezza è la sua intrinsechezza, e il passare del reale nel possibile, dell’essere nel niente è un concordare con sé: l’accidente è assoluta necessità. Questa identità dell’essere nella sua negazione con sé è la Sostanza. Essa è unità nella sua negazione o accidente, così rapporto a se stessa; e il cieco passare della necessità è la propria esplicazione dell’assoluto.

Capitolo III

quadro ix: l’assoluto rapporto

L’assoluta Necessità è non il Necessario, non un Necessario, ma Necessità. Essere meramente come riflessione. Essa è rapporto, perché è differenza, i cui momenti sono l’intera Totalità, [p. 281 modifica]assolutamente sussistenti, ma solo un sussistere: la differenza non è che l’apparenza dell’esplicazione, e questa non è che lo stesso Assoluto. L’essenza come tale è la Riflessione o l’apparenza; ma l’essenza come assoluto rapporto, è l’apparenza posta come apparenza, cioè rapportantesi su di sé, e così assoluta realtà. L’assoluto esplicato prima dalla riflessione estrinseca, ora come l’assoluta Forma o Necessita esplica se stesso, pone se stesso, ed esso non è altro che questo porsi. La Manifestazione è l’assoluta realtà uguale a se stessa, come la luce, il cui essere non è né qualcosa, né cosa, ma la sua apparenza. Le parti dell’assoluto rapporto non sono attributi. L’assoluto apparisce nell’attributo solo in un de’ suoi momenti, come un supposto dell’estrinseca riflessione. Ma l’esplicatrice dell’assoluto è l’assoluta Necessità, identica con sé, perché determinante se stessa. Essendo essa l’apparenza posta come apparenza, le parti del rapporto, perché sono apparenze di ciascuna nell’opposta, sono Totalità; ed al contrario perché sono Totalità, sono esse apparenza. Questa differenza o apparenza di sé è così solo l’identico porre di se stesso. Questo rapporto nel suo immediato concetto è la Sostanza e l’Accidente; immediato sparire e diventare dell’assoluta apparenza in se stessa. In quanto la Sostanza si determina come essere per sé rispetto [ad] un altro, l’assoluto rapporto è il reale rapporto di causalità. In quanto questo come rapportantesi su di sé passa in reciprocanza di effetti, l’assoluto rapporto è posto; questa posta unità di sé nelle sue determinazioni, che sono poste come il Tutto, e insieme come determinazioni, è il Concetto.

a)

RAPPORTO DI SOSTANZIALITÀ


Attività della Sostanza rispetto a sé.

L’assoluta Necessità è assoluto rapporto, perché non è l’essere come tale, ma assoluta mediazione con sé: è perché è — la Sostanza, l’essere in ogni essere, come ultima unità [p. 282 modifica]dell’essenza e dell’essere. Non l’immediato irriflesso, non l’astratto dell’esistenza ed apparizione, ma l’immediata realtà, come assoluto riflesso in sé, come Sussistere essente in sé per sé. Come unità dell’essere e della riflessione è la loro apparenza ed essere posto. Come apparenza rapportantesi su di sé, essa è: questo essere è la Sostanza come tale. Ma questo essere è un essere posto identico con sé: così essa è apparente totalità, l’Accidentalità. Quest’apparenza è identità formale: l’unità del possibile e del reale — come essenti immediatamente passanti ciascuno nel suo altro — il diventare, o l’accidente nella sfera del nascere e del morire. Ma perché l’essere è apparenza, il loro rapporto è identico o apparente l’uno nell’altro, riflessione. Cosi il movimento dell’accidentalità rappresenta in ciascuno de’ suoi momenti l’apparenza delle categorie dell’essere e delle determinazioni della riflessione dell’essenza. Attività della sostanza, come calmo uscir fuori di sé — non attiva rispetto al Qualcosa, ma solo rispetto a sé non qualcosa o esistente, ma semplice elemento vuoto di opposizione. Nel fatto togliente l’immediato esce l’immediato stesso; il cominciare da sé è il porre quello stesso da cui si è cominciato. La Sostanza come questa identità dell’apparenza è la Totalità del Tutto, che comprende in sé l’Accidentalità, e l’Accidentalità è l’intera Sostanza.

Differenza.

La differenza della Sostanza nella semplice identità dell’essere e nella reciprocanza degli accidenti in essa non è reale, ma una forma della sua apparenza. La prima determinazione, semplice identità, è la sostanza informe della rappresentazione, un indeterminato che ha solo la determinazione dell’immediata realtà, o appunto dell’essere in sé o del possibile — determinazioni formali che cadono nell’accidentalitá. La seconda determinazione, la reciprocanza degli accidenti, è l’assoluta Forma dell’Accidentalitá, la sostanza come l’assoluta Potenza. Il morire dell’Accidente è il ritorno [p. 283 modifica]di sé in sé, cioè di sé come reale in sé come possibile; ma questo è anche un essere posto o Realtà, e perché le determinazioni formali sono anche determinazioni del contenuto questo possibile secondo il contenuto è determinato reale. In quanto la Sostanza trasporta il possibile mediante la realtà in un contenuto, essa crea; in quanto riconduce il reale nel possibile, essa distrugge. Ma ambi sono un identico: si crea distruggendo, e si distrugge creando: il positivo e il negativo, il reale e il possibile sono nella sostanziale necessità assolutamente congiunti. Gli accidenti come tali non hanno alcuna potenza l’uno sull’altro; essi sono il qualcosa essente o essente per sé, esistenti Cose di varie proprietà. Tutti sussistenti <di Parti, sostanziali Parti, Forze sollecitantisi e condizionantisi reciprocamente. Non è l’accidente che esercita una potenza sull’altro, ma è la Potenza della sostanza che li contiene entrambi, e come negatività dà loro un disuguale valore, determinato l’uno come morente, l’altro come nascente, cioè quello passante nel suo possibile, questo di là nella sua Realtà.

Identità immediata della Sostanza.

La Sostanza così eternamente si duplica in questa differenza di forma e di contenuto, ed eternamente si purifica da questa parzialità, ma nello stesso unificarsi ritorna nella determinazione e differenza. Un Accidente stimola un altro, solo perché questa totalità della forma e del contenuto è il suo proprio sussistere ed il morire ad un tempo di sé e dell’altro. Per questa immediata identità della Sostanza e sua presenza negli accidenti, essa in questa prima determinazione non è ancora manifestata secondo il suo totale concetto: le sue differenze non sono reali. Come potenza, essa è il Mezzo termine, nella negatività degli accidenti positivo loro permanere, e loro semplice essere posto nel loro sussistere: così è la Necessità, o unità della sostanzialità ed accidentalità: i suoi estremi non hanno alcun proprio sussistere. La sostanzialità perciò come l’immediata unità della potenza con sé è nella forma solo della sua identità, non della sua negativa essenza [p. 284 modifica] — non si rapporta cioè su di sé come Negativo. L’apparenza o l’accidentalità è in sé sostanza mediante la potenza, ma non è posta come apparenza identica con sé: perciò la sostanza ha per suo essere posto non se stessa, ma l’accidente: non è sostanza come sostanza. Essa si rivela come formale potenza, le cui differenze non sono sostanziali: nel fatto essa è solo l’intrinseco degli accidenti, e questi sono solo in essa, ma non essa.

b)

RAPPORTO DI CAUSALITÀ


i

LA FORMALE CAUSALITÀ


Esplicazione della. Sostanza.

Il rapporto di sostanzialità è apparente totalità, come diventare; ma essa è insieme riflessione; l’accidente che è in sé sostanza, è perciò posto come tale — determinato come Negatività rapportantesi su di sé — fattiva sostanza essente per sé — così rapporto di causalità. Come in sé riflessa è non solo passante, ma potenza ponente e distinguente da sé le determinazioni. Ma nel suo determinare rapportandosi su di sé è essa stessa quello che pone come negativo o fa essere posto. Questa è la tolta sostanzialità, il solo posto, l’effetto; la sostanza essente per sé è la Causa. Come solo rapporto di causa ed effetto, è esso dapprima rapporto formale. La Causa è il primitivo. La sostanza come potenza è apparenza, o ha accidentalità. Come riflessione in sé essa esplica il suo passare: così l’apparenza è determinata come apparenza, e l’accidente è posto come solo essere posto. Ma la sostanza non esce nel determinare dall’accidente come se questo fosse supposto un altro: ambi sono una attività. La Sostanza come potenza determina se stessa: il determinante è l’immediato ed il determinato; e perché determina sé, esso pone il determinato come determinato: così toglie [p. 285 modifica]l’essere posto e ritorna in sé. Ma il ritorno, come negativo rapporto della Sostanza su di sé, è esso stesso un determinare o scacciare sé da sé: perciò mediante il ritorno diventa lo stesso determinato da cui apparisce aver cominciato come un supposto. L’assoluta attività è Causa: la sua manifestazione, l’esplicazione, cioè di quello che essa è in sé, ovvero accidente ch’essa nel diventare pone come essere posto, è l’Effetto, essere posto con sé identico, in cui la Causa si manifesta come totale sostanza, cioè nel suo essere posto in sé riflessa.

Causa ed effetto.

A questo riflesso essere posto, determinato come determinato, sta di rincontro la Sostanza come non posto primitivo essente in sé. Perché essa nel suo ritorno è determinare; è non solo l’essere in sé de’ suoi accidenti, ma è posto come questo essere in sé. La Sostanza perciò come Causa ha Realtà. Ma questa realtà, cioè che il suo essere in sé, sua determinazione nel rapporto di sostanzialità, è ora posto come determinazione, è l’Effetto: essa ha quindi la sua realtà, di essere cioè una causa, solo nel suo effetto: è questa la necessità per cui è Causa. La Sostanza è reale in quanto determina se stessa; è Causa in quanto esplica la sua determinazione, o la pone come essere posto, ponendo così la sua realtà come essere posto o effetto. Questo è l’altro della Causa, l’essere posto rispetto al primitivo, mediato da questo. Ma la Causa come Necessità toglie il suo mediare, e ritorna in sé: determina così l’essere posto come essere posto, identico con sé: perciò essa nel suo effetto è il vero Reale ed Identico con sé. La Causa è necessariamente effetto, cioè manifestazione di sé — perciò moventesi, cominciante da sé, senza essere sollecitata da un altro, e sostanziale sorgente del suo uscir di sé. Essa dee effettuare; il suo essere in sé è questo, che la sua riflessione in sé è un porre determinante — una unità. Perciò effetto e Causa contengono lo stesso. La Causa è la determinazione di avere un effetto, e l’effetto una causa: nell’uno giace l’altro. Se la Causa non ancora effettuisce [p. 286 modifica] o ha cessato di effettuire, non è causa; e l’effetto, se la causa è sparita, non è più effetto, ma una indifferente realtà.

Identità.

In questa identità della causa e dell’effetto è tolta la forma, dov’essi sono differenti, come essenti in sé ed essere posto. La Causa si spegne nel suo effetto: così l’effetto è spento, perché esso è solo la determinazione della Causa. Questa Causalità spenta nell’effetto è perciò un Immediato, indifferente rispetto al rapporto di causa ed effetto, che ha estrinsecamente in sé — toglimento della sua potenza e negatività, unità indifferente rispetto alla differenza formale, il Contenuto. Passaggio nel determinato rapporto di Causalità.

ii

DETERMINATO RAPPORTO DI CAUSALITÀ


Contenuto e forma.

Il contenuto, unità indifferente alla forma, è rapportato solo in sé ad essa — posti così come differenti, e la forma rispetto al contenuto è una sola immediata reale accidentale causalità. Il contenuto come determinato è un differente in se stesso; e come immediata Realtà, è Sostanza reale, ma finita — onde il rapporto è ora nella sua realtà e finità. La finita causalità non è la pura manifestazione o necessità del rapporto formale; ma ha un dato contenuto, 1 ’ Identica Sostanza nella sua estrinseca differenza: essa è perciò analitica; la stessa cosa qui si rappresenta come causa o proprio sussistere, là come effetto, essere posto e determinazione nell’altro: tautologia di un subbiettivo intelletto, essendo le determinazioni formali estrinseca riflessione — ripetizione dello stesso contenuto, poiché nella causa è lo stesso ch’è nell’effetto. La pioggia fa umido, è analitica tesi: il contenuto è lo stesso, acqua a cui è estrinseca la determinazione formale di pioggia, acqua in forma di cosa per sé, e di umido, un aggettivo, non sussistente in sé, un posto. Cosi l’intenzione e l’estrinseco esistere di essa, l’azione, hanno lo stesso contenuto e valore. L’urtante move [p. 287 modifica]l’urtato: il quantum del movimento è lo stesso prima e dopo: quanto si partecipa, tanto si perde. Certo la causa contiene un altro contenuto, ma non piú come causa, ma come sostanza: p. es. che l’urtante sia pietra, legno, verde, giallo, ecc. Ma la causa è così solo meccanica. Nell’organismo e nello Spirito la causa e l’effetto hanno un diverso contenuto; ma perché la causa determinata sostanzialmente dal Vivente è da esso mutata e trasmutata, esso la toglie come causa, non la fa continuare in sé, ma la interrompe e la trasmuta.

Identità in sé essente o substratum.

Questo contenuto differente e indifferenti rispetto alla forma è così vuoto di rapporto — l’identità essente in sé immediata della causa ed effetto, estrinsecamente legato con l’una e con l’altro senza penetrare nel rapporto. Una Cosa, che ha varie determinazioni del suo esistere, e tra le altre che è ora causa, ora effetto — Substratum, in cui le determinazioni formali hanno il loro sussistere o identità, ciascuna il suo particolare — ma sussistere immediato, non della forma o rapporto. Il substratum però è sostanza, come identico sussistere del rapporto; è finita sostanza come immediata rispetto alla sua causalità; è Causa come l’identico del rapporto — quindi negativo rapporto su di sé. Ma essendo esso un immediato, quello a cui si rapporta, è un essere posto prodotto da estrinseca causalità. Nel suo ritorno in sé si libera da questa estrinseca determinazione, e ridiviene immediata esistenza; non identità con sé nel suo essere posto, ma solo l’astratto primitivo: come causa toglie sé come posta, cioè toghe la sua causalità, e ritorna un mero immediato. Cosi la Causalità è qui estrinseca a se stessa, un primitivo che è insieme essere posto o effetto. La congiunzione delle opposte determinazioni nell’essente substratum produce l’infinito regresso di causa in causa, e l’infinito progresso di effetto in effetto. La differenza formale è la prima determinazione, un essente essere altro, non la determinazione come determinazione. La finita riflessione in questo immediato allontana da sé la forma, e la fa essere sotto [p. 288 modifica]un rispetto causa, e sotto un altro effetto: cosí essa gitta la forma nell’infinito semplice, e per questo perenne va e vieni di causa ed effetto esprime la sua impotenza di raggiungerlo e fissarlo. Perché la Causalitá è a sé estrinseca, essa nel suo effetto non ritorna in sé: il suo effetto diventa di nuovo essere posto in un substratum, come altra sostanza; questa lo fa di nuovo essere posto, o si manifesta come causa, e scaccia di nuovo il suo effetto da sé: onde il progresso degli effetti all’infinito. Parimente la stessa parte determinata come causa diviene effetto, donde una nuova causa, che come effetto ne richiede una nuova ecc.: onde il regresso delle Cause all’infinito. Ciascuno nella sua unità con l’altro è determinato come altro rispetto ad esso.

Identitá posta, e supponente.

Ma per il movimento del determinato rapporto di causalità la Causa non solo si spegne nell’effetto, e così ancora l’effetto, come nel formale rapporto, ma la Causa nell’effetto nel suo spegnersi diventa di nuovo, e l’effetto sparisce nella causa, e a un tempo in lei diventa di nuovo. Ciascuno si toglie nel suo porre, e si pone nel suo togliere. Perciò non sussiste un estrinseco passaggio di causalità da un substratum all’altro, ma il diventare altro è il suo proprio porre. La Causalità suppone così se stessa, o si condiziona. Perciò l’identità solo in sé essente, il Substratum, è determinato come supposizione, o posto rispetto alla Causalità effettuante, e la Riflessione solo estrinseca all’Identico sta ora in rapporto con esso.

iii

CONDIZIONATA CAUSALITÀ - EFFETTO E CONTRO-EFFETTO

O EFFETTO E TOGLIMENTO DELL’EFFETTO


Sostanza passiva e attiva.

La Causalità è attività supponente: la causa è condizionata. Essa si rapporta negativamente su di sé come supposto [p. 289 modifica]estrinseco altro, che è la causalitá, ma solo in sé. Il supposto altro è passiva sostanza, il substratum, l’immediato o essere in sé che non è ancora per sé, il puro essere o essenza solo nella determinazione di astratta identità con sé. Ad esso sta di rincontro la sostanza attiva o supponente, sostanziale identità e attività per il suo negativo rapporto su di sé — perciò Causa, che nel suo essere altro o immediato si rapporta essenzialmente come ponente, e mediante la sua negazione si media con sé. Perciò non vi è più substratum, a cui essa inerisca come una delle determinazioni formali rispetto alla identità, ma essa stessa è la Sostanza, o il primitivo è solo la Causalità. Per questo suo ritorno in sé essa toglie il suo essere altro, o il passivo, il suo supposto. 2) Ma insieme è determinante, cioè lo pone come una determinazione, un essere posto, il suo effetto; e perché nel porre è supponente, a un tempo lo suppone, lo pone cioè come altro, come il passivo. Questo così è i) un sostanziale Altro; 2) un tolto o posto; 3) un supposto.

Apparizione della potenza, o l’Influenza.

In quanto la sostanza causale nel suo effettuire, o nel porre se stessa è supponente, cioè pone se stessa come tolta, come altro a sé estrinseco, la potenza è estrinseca, o apparisce — influenza. Ma questo è il fatto stesso della potenza. L’altro su cui agisce l’influente causa, è un supposto solo da lei; il suo agire sullo stesso è negativo rapporto su di sé, o la manifestazione di se stessa. Cosi il passivo è ora solo un essere posto, un reale solo possibile, o condizione, e un possibile che è solo la determinazione dell’essere in sé, solo passivo. Onde non solo può, ma perché solo un posto, dee soggiacere all’influente causa, ch’è la sua propria influenza. La causalità gli toglie la sua supposizione o apparenza d’immediato, la sostanzialità a lei estrinseca, ed è posto come è nella verità, cioè solo come essere posto. Ma inoltre l’essere determinato come posto non è un estrinseco, ma la sua propria determinazione. E in quanto sarà posto nel suo essere posto [p. 290 modifica] o nella sua propria determinazione, esso non è tolto o posto, ma solo concorda con sé; e nel suo diventare ritorna il primitivo. Cosi il passivo da una parte sarà posto dall’attivo, in quanto questo toglie se stesso; ma dall’altra parte è questo il suo proprio agire, concordare con sé e farsi primitivo agente, cioè Causa. L’essere posto per un altro ed il proprio diventare è lo stesso. Per tal modo la sostanza passiva è causa o attiva: come in sé essere posto, riceve l’effetto da un altro; ma questo non fa che porre ciò che essa è in sé: l’essere posto è quindi il suo proprio essere in sé, non più un estrinseco, ma il suo effetto, ed essa è la Causa, non più il passivo, ma sostanza reagente contro il suo effetto, togliente cioè in sé il suo effetto. Ma questo era l’effetto della prima causa, cioè l’attivo; e poiché la causa ha la sua sostanziale realtà solo nel suo effetto, tolto questo è tolta anch’essa. Essa è tolta prima in sé per se stessa, in quanto si fa effetto; in questa identità sparisce la sua negativa determinazione, ed essa diventa passiva; ora è tolta dalla già passiva sostanza, in quanto questa toglie il suo effetto.

L’infinito ritorno in sé.

Nella determinata causalità la Causa nel suo effetto è identica con sé, ma solo in sé; quindi da una parte sparisce nella calma di una immediata identità; dall’altra in un’altra sostanza si sveglia di nuovo. Essa non reagisce contro l’effetto, non lo toglie e ritorna in sé, ma lo pone di nuovo in un’altra sostanza, donde il progresso degli effetti all’infinito. Ma nella condizionata causalità la Causa nell’effetto si rapporta su di sé, perché essa stessa è il suo altro come condizione o supposto, e il suo effettuire è perciò tanto diventare-altro, quanto il porre e il togliere l’Altro. Mediante la negazione del suo altro la passiva sostanza nasce come causale. In quanto essa effettuisce, e il suo effetto ritiene in sé come tolto, esce di nuovo come causa; onde l’effettuire del semplice infinito progresso nella finita causalità [p. 291 modifica]sarà riflesso, e diventa una infinita reciprocanza in sé ritornante di fatti o di effetti.

c)

RECIPROCANZA DI EFFETTI


Estrinseco concordare.

Nella finita causalità le sostanze si rapportano effettuando l’una all’altra. Il meccanismo consiste in questa estrinsechezza della Causalità, che cioè la causa nella sua riflessione in sé nel suo effetto è a un tempo essere repellente, sicché nella sua identità con sé essa rimane ^estrinsechezza, e l’effetto è passato in un’altra sostanza. Nella reciprocanza questo meccanismo è tolto: perché essa contiene i) lo sparire di quel primitivo permanere dell’immediata sostanzialità; 2) il nascere della Causa; 3) la primitività per mezzo della sua negazione mediantesi con sé. La reciprocanza dapprima è reciproca causalità di supposte condizionantisi sostanze; ciascuna è rispetto all’altra a un tempo attiva e passiva: così si è tolta ogni loro differenza — apparenza al tutto trasparente: sono sostanze in quanto sono l’identità dell’attivo e del passivo. La reciprocanza è perciò ancora solo vuota maniera, un estrinseco concordare di quello che è già posto in sé.

Mediazione.

Esse stando in rapporto non sono più substrati, ma sostanze: nel movimento della condizionata causalità si è tolto il supposto immediato; e il condizionante della causale attività è la propria passività, o l’azione contro l’effetto. Ma questo non viene da un’altra primitiva sostanza, ma da una causa che è un condizionato o mediato. Questo dapprima estrinseco che viene nella causa e produce la sua passività, è quindi mediato per se stesso, prodotto dalla sua propria attività — la passività posta mediante la sua stessa attività. La Causalità è condizionata e condizionante; e tanto il [p. 292 modifica]condizionante, quanto il condizionato è passivo. Il condizionare o la passività è la negazione della causa mediante se stessa, in quanto essa si fa essenzialmente effetto, o si nega, e appunto mediante questo suo negare è causa. La reciprocanza di effetti è perciò la stessa causalità; la causa non solo ha un effetto, ma nell’effetto è come causa in rapporto con se stessa.

Positivo concordare della negazione con sé — Passaggio al Concetto.

Cosi la Causalità è ritornata al suo assoluto concetto, e ad un tempo è giunta al Concetto. Dapprima essa è reale necessità, assoluta identità con sé, sicché la sua differenza, le determinazioni in lei rapportantisi l’una all’altra sono sostanze, libere realtà l’una rispetto all’altra. Cosi la Necessità è identità intrinseca o in sé: la causalità è la sua manifestazione, ove si è tolta la sua apparenza di sostanziale essere altro, e la Necessità si è innalzata a Libertà, non perché essa sparisce, ma perché la sua intrinseca identità si è manifestata, manifestazione che è l’identico movimento della differenza in se stessa, la riflessione dell’apparenza, come apparenza, in sé. Nella reciprocanza la causalità primitiva nasce dalla sua negazione, dal passivo, e muore in essa come un diventare, ma così che il diventare è insieme solo apparenza; il passare nell’altro è Riflessione in sé; la negazione che è il fondamento della Causa, è il suo positivo concordare con sé. Necessità e causalità sono ivi sparite. Esse contengono la immediata identità come concordanza e rapporto, e l’assoluta sostanzialità della Differenza, così l’assoluta accidentalità — primitiva unità di sostanziale differenza — l’assoluta contraddizione. La Necessità è l’ Essere, perché è; l’unità dell’essere con sé, che ha se stesso a fondamento, ma perché ha un fondamento, non è essere, ma apparenza, rapporto o mediazione. La Causalità è questo posto passaggio dell’essere o Causa nell’apparenza o essere posto, ed il contrario. E in quanto questa intrinseca identità [p. 293 modifica]si fa libera o si manifesta; in quanto cioè le sue parti non sono più libere per sé, vuote di apparenza, ma sono poste come Identità, totalità della riflessione in sé nella differenza identiche, e poste come una e medesima riflessione; l’Accidente ancora è alzato a Libertà. L’assoluta sostanza si scaccia ora da sé perché assoluta forma, non più come necessità, né come accidente in indifferenti estrinseche sostanze, ma i) nel generale, il semplice Tutto, la già passiva sostanza che contiene in sé riflessa ed identica il suo essere posto; 2) nel singolare, la già causale sostanza, riflessa dalla determinazione in sé, il Tutto posto come la determinazione o Negatività con sé identica; 3) nel particolare, loro semplice identità che contiene in immediata unità il momento della determinazione del singolare, e della riflessione in sé del generale. Tre totalità che sono una riflessione, determinata semplicità, e semplice determinazione, il Concetto — regno della subbiettività o della Libertà.