Melmoth o l'uomo errante/Volume II/Capitolo XV

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Volume II - Capitolo XV

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Charles Robert Maturin - Melmoth o l'uomo errante (1820)
Traduzione dall'inglese di Anonimo (1842)
Volume II - Capitolo XV
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CAPITOLO XV.


La presente notte era stata fissata per l’unione d’Isidora e di Melmoth. Si era di buon’ora ritirata nella sua camera, e postasi avanti alla sua finestra cominciò ad espiare l’arrivo di lui molto tempo prima dell’ora fra essi stabilita. Potrebbe taluno immaginare, che Isidora in tal crisi terribile del suo destino si sentisse agitata da mille emozioni, e che un’anima così suscettibile, quanto la sua, fosse lacerata da quella lotta; [p. 323 modifica]ma chi così credesse sarebbe in errore. Quando un’anima naturalmente forte, e che non è stata renduta debole, se non da circostanze particolari, è spinta a fare un solo e grande sforzo per liberarsi, essa non perde già il suo tempo nel calcolare la forza degli ostacoli o la vastità del precipizio. Cinta di catene non pensa, se non allo sforzo, che deve liberarla, o...

Intanto che Isidora attendeva l’arrivo del suo misterioso fidanzato non aveva altro pensiero fuori di questo e dell’avvenimento, che ne doveva essere la conseguenza. Dessa era ferma alla sua finestra; pallida ma decisa e confidente nell’asseveranza straordinaria di Melmoth, il quale aveale detto, che gli stessi mezzi, dei quali egli servivasi per arrivare fino a lei, faciliterebbero ugualmente la di lei fuga a dispetto de’ cento Arghi, che vegliavano sulla sua condotta.

Era quasi un’ora della mattina, precisamente l’istante in cui al padre Giuseppe era sembrato di udire il rumore del quale abbiamo parlato [p. 324 modifica]nell’antecedente capitolo, quando Melmoth essendo comparso sotto la finestra d’Isidora le gittò una scala di corda, insegnandole a voce bassa la maniera di attaccarla; dopo che l’aiutò a discendere. Ciò fatto si affrettarono a traversare il giardino, ed Isidora in mezzo ai nuovi sentimenti, che le venivano ispirati dalla sua presente posizione, non potè ritenersi dal testimoniare la sua sorpresa intorno alla facilità, con cui oltrepassarono il cancello, che ordinariamente era tanto bene custodito e serrato.

Usciti del giardino si trovarono in una campagna molto più selvaggia agli occhi di Isidora, che i sentieri fioriti della isola disabitata, in cui almeno essa non aveva nemici; ed ora invece ad ogni soffio di zefiro le pareva di udire delle voci minaccevoli; il calpestio de’ proprii passi le offriva in immaginazione il rumore di persone, che la inseguissero. La notte era oltre modo oscura, molto differente da quello, che elleno sono ordinariamente nel cuore della state [p. 325 modifica]in quel clima delizioso. Un vento ora fresco, or soffocante indicava, che nell’atmosfera passava qualche cosa di straordinario. Cotesta sensazione d’inverno in una notte di estate è terribile. Essa indica una specie di analogia con la vita umana, di cui la primavera procellosa accorda pochi godimenti alla giovinezza, intanto che il suo inverno orribile non offre più speranza alla avanzata età.

L’aspetto tetro e turbato del cielo parve ad Isidora di presagio funesto. Più di una volta ella si arrestò tremando, e gettò a Melmoth degli sguardi di esitanza e di spavento, che egli o non poteva distinguere, mediante l’oscurità o forse fingeva di non accorgersene. A misura che eglino avanzavano, le forze ed il coraggio d’Isidora diminuivano. Accorgevasi ben ella di esser trascinata con una scorta di velocità straordinaria e soprannaturale; la respirazione le mancò; i suoi piedi tremarono; ella immaginava di essere in preda di un sogno penoso. Fermatevi! gridò oppressa dalla [p. 326 modifica]stanchezza, fermatevi! Ove vado io? ove mi conducete? — Alla cerimonia nuziale, rispose Melmoth con voce bassa ed appena articolata. Isidora però non potè distinguere, se questa era renduta tale dalla emozione o dalla rapidità del cammino. Dopo alcuni istanti ella fu obbligata di dichiarare, che le era impossibile di procedere più oltre; gli si appoggiò al braccio rifinita dalla stanchezza dicendogli lasciatemi riposare in nome di Dio! Melmoth non diede risposta; pure si fermò e la sorresse, se non con tenerezza, almeno con un’aria d’inquietudine.

Durante quell’intervallo Isidora guardò intorno a sè, e si sforzò di distinguer gli oggetti i più prossimi, ma l’estrema oscurità della notte le rendeva ciò quasi impossibile, ed il poco che potè discernere non era fatto per dissipare il suo terrore. Dessa percorreva un sentiero angustissimo sull’orlo di un precipizio, in fondo al quale scorreva un torrente, il fragore delle cui acque le percuoteva in una strana guisa l’udito. Dall’altro [p. 327 modifica]lato vi erano alcuni alberi bistorti, i cui rami erano violentemente agitati dal vento. Ogni cosa sembrava ugualmente triste e sconosciuta ad Isidora, che dopo il suo arrivo al castello era a mala pena uscita dal recinto del parco. Pensò ella fra sè medesima, che quella notte era molto tetra, e quindi disse la stessa cosa a mezza voce colla speranza di ricevere una qualche consolante risposta; ma Melmoth continuava a serbare il silenzio. Il coraggio di Isidora cedendo finalmente alla fatica ed alla emozione la spinse a piangere.

Vi pentite di già dunque del passo, che avete fatto? le disse Melmoth calcando la voce sulla espressione di già. — No, mio amico, no; gli rispose Isidora tergendosi le lagrime. È impossibile, che mai me ne penta, ma cotesta solitudine, l’oscurità, il silenzio, la rapidità del nostro cammino, riuniti tutti insieme hanno qualche cosa di spaventoso. Mi sembra di traversare una regione incognita. È veramante il soffio del vento questo che io odo? Quanto mai lugubri [p. 328 modifica]sono i suoi gemi! Questi che vedo sono realmente alberi? rassembrano a tanti spettri! Questa notte è ella fatta per le nozze? A tali parole sembrò che Melmoth si turbasse; egli voleva continuare a trascinarla forzatamente, ma Isidora proseguì: Io non ho nè padre nè fratello, che mi possano sostenere e difendere... Mia madre non è al fianco mio. Qui non veggo nè congiunti che mi abbraccino, nè amici che vengano ad offrirmi le loro felicitazioni. E il di lei terrore facendosi di mano in mano più sensibile e forte, terminò coll’esclamare: ove è il sacerdote, che deve benedire la nostra unione? ove la chiesa che deve accoglierci?

Non aveva finito ancora di dire così Isidora, che Melmoth prendendola pel braccio si sforzava dolcemente di farla avanzare e le diceva. Non lungi di qua vi è un monastero rovinato, che voi avete potuto vedere dalle vostre finestre. No, io non l’ho mai veduto; ma perchè è desso rovinato? Non saprei dirvelo, ma quel che so di certo, è, che conserva [p. - modifica]La mano di chi gli unì era fredda come quella della morte

Nov. Fasc. XIV.

[p. 329 modifica]tutto ciò che può renderlo venerevole agli occhi de’ fedeli. Vi sono dei crocifissi e delle tombe, e nelle vicinanze si veggono erette delle croci in luoghi, dove sono stati commessi degli omicidii; perchè per un caso singolare presentemente alcuni banditi vi hanno fissato la loro dimora.

A queste parole Melmoth si accorse che la sua vittima aveva ritirato il braccio di sotto al suo. Ma quivi, aggiunse egli, in mezzo a queste medesime rovine abita un santo eremita, il quale nella sua cappella ci unirà secondo il rito della vostra Chiesa. Egli pronunzierà sopra di noi la benedizione, ed uno di noi sarà contento! — Fermate, esclamò Isidora, allontanandosi da lui quanto più potè, ed assumendo un’aria più maestosa che le fu possibile. Fermate; nè vogliate a me avvicinarvi, nè indirizzarmi un’altra parola fino a tanto che non mi abbiate detto il luogo, in cui noi saremo uniti, e dove io diverrò vostra sposa legittima! Io ho sofferto de terrori e de’ dubbii; dei sospetti e della persecuzione, ma... — [p. 330 modifica]Ascoltatemi, Isidora, le disse Melmoth maravigliato di quel suo istantaneo coraggio. — Ascoltatemi voi, gli disse la giovinetta timida, ma eroica, slanciandosi colla sua ordinaria agilità sopra un dirupo, che era al disopra della strada, ed attenendosi ad un frassino che sporgeva fuori delle fenditure della rupe; ascoltatemi voi. Vi sarà più agevole di sradicare quest’albero, che distaccar me dal suo tronco. Mi precipiterò piuttosto giù nel torrente, il quale mugghia sotto i miei piedi, che mettermi nelle vostre braccia fino a tanto che non mi abbiate giurato, che coteste vostre braccia mi guideranno all’onore ed alla sicurezza. Io per voi ho rinunziato a tutto ciò, che i miei nuovi doveri mi dicevano esser sacro, a tutto ciò, che da molto tempo il mio cuore mi diceva di amare! Dal sagrifizio, che io ho fatto giudicate di ciò che potrei fare, e non vogliate dubitare, che io vorrei piuttosto esser mille volte vittima di me medesima, che di voi.

Per tutto ciò, che vi ha di più [p. 331 modifica]sacro agli occhi vostri, esclamò Melmoth umiliandosi fino ad inginocchiarsi avanti di lei, le mie intenzioni sono così pure, quanto lo può esser l’anima vostra. Venite, e non vogliate per dei timori fantastici e privi di ragionevolezza, render vane la vostra magnanimità e tenerezza che avete fin qui dimostrate, e che vi hanno innalzata non solo al di sopra del vostro sesso, ma di tutta la specie umana. Se stata non foste ciò che voi siete, e ciò che voi sola esser potevate, non sareste mai divenuta la sposa di Melmoth. Con qual donna ha egli mai cercato di unire il suo impenetrabile destino? E vedendo che ella continuava ad esitare, nè abbandonar voleva l’albero, che teneva strettamente abbracciato, aggiunse con un tuono solenne. Isidora! oh! quanto una tale condotta è indegna di voi! Voi siete in poter mio, e lo siete irrevocabilmente e senza speranza di sortirne. Occhio umano non sarebbe capace di vedermi nè braccio di apprestarvi soccorso. Non avete contro di me maggior potere di un tenero [p. 332 modifica]fanciullino. Cotesto nero torrente non paleserebbe già la vostra sorte, nè il vento che mugghia intorno di voi porterebbe i vostri gemiti ad un cuore che vi potesse compiangere. Voi siete in poter mio, nè io cerco di abusarne. Vi offro la mia mano per condurvi ad un luogo consacrato, ove noi saremo uniti conforme al rito del vostro paese.... Persistete voi ancora nella vostra folle ostinazione?

Intanto, che egli parlava, Isidora girò lo sguardo intorno a sè, è tutti gli oggetti, che vedeva, la confermavano pur troppo nella verità di questo discorso. Ella fremette, ma si sottomise; continuando però il suo silenzioso cammino non poteva a meno di non esprimere di tanto in tanto le numerose inquietudini che le agitavano il cuore. Voi parlate, gli diceva con un’aria supplichevole, voi parlate di religione in termini, che mi fanno tremare; ne parlate come di una cosa di forma, di accidente di abitudine, d’uso. Quale Chiesa frequentate voi? A qual sacro rito partecipate? — Io rispetto tutte le [p. 333 modifica]credenze.... ugualmente; tutte le cerimonie religiose mi sono a un di presso uguali, le rispose Melmoth con la consueta sua leggerezza, alla quale ciò non ostante sembrava che si mescolasse un sentimento d’involontario orrore. — E credete voi dunque veracemente alle cose sacre? proseguiva a dirgli con una certa inquietudine Isidora. — Io credo in Dio, le disse Melmoth con un accento, che le fece gelare il sangue. Voi avrete sentito parlare di quelli, che credono e tremano; io sono di questi. Ma il cristianesimo è qualche cosa di più della credenza in Dio. Credete voi a tutto ciò, che la Chiesa cattolica dice, essere indispensabile alla salute? — Io credo a tutto ciò; so quanto mi dite. Quantunque io vi sembri un infedele ed un bestemmiatore, sappiate che attesterò la verità dell’evangelo in mezzo alle fiamme, che non si estingueranno giammai. Qual glorioso destino è il vostro! Voi sarete unita con uno il cui martirio durerà eternamente.

Melmoth proseguiva a parlare, ma [p. 334 modifica]Isidora più non lo ascoltava. Dessa aveva perduta ogni conoscenza, e quantunque egli la tenesse strettamente serrata col braccio, cadde per terra senza movimento. Melmoth a tal vista dimostrò maggior sensibilità che non doveasi da lui aspettare; la pose in una comoda positura, le spruzzò il volto con acqua fredda, e la rivolse dalla parte ove spirava il vento. Isidora non tardò a riaversi, ed il suo svenimento era stato prodotto più da spossatezza che da spavento. La momentanea tenerezza del suo amante si dissipò col ristabilimento di lei. Al momento in cui ella fu in grado di parlare cominciò a sollecitarla, onde volesse proseguire il cammino, ed ella sforzandosi debolmente ad obbedire la assicurò che le forze in lei erano ritornate, e che d’altronde non rimanevan più, che pochi passi per giungere al luogo determinato. Isidora si trascinò come poteva: la strada andava salendo sur una montagna alpestre; si erano lasciati dietro di loro il fragore del torrente e il sibilo de’ venti, che [p. 335 modifica]facevano gemere gli alberi della foresta. Il vento era bensì calmato, ma la notte continuava ad essere profondamente oscura, e l’alto silenzio che in essa dominava accresceva l’orrore del luogo. Isidora avrebbe voluto udire qualche altro suono oltre a quello della propria respirazione e dei palpiti del proprio cuore.

Ad un tratto una nuova inquietudine venne a turbarla, e dal passo accelerato di Melmoth e da’ moti di impazienza co’ quali sovente egli rivolgeva indietro il capo si accorse che ancor esso participava de’ timori di lei. Ambedue da qualche tempo tendevano attente le orecchia, ma senza comunicarsi i loro vicendevoli sentimenti, ad un rumore, che da un momento all’altro diveniva più distinto: era quello del passo di un uomo; ed alla rapidità con cui camminava, e ad una specie di decisione nello andare, era segno manifesto, che essi fossero inseguiti. Melmoth si arrestò in un subito; Isidora tremante rimase unita al di lui braccio; nessuno profferiva accento: ma [p. 336 modifica]l’occhio d’Isidora seguiva macchinalmente la mano di Melmoth che si dirigeva verso una figura, che attraverso le ombre della notte poteva a mala pena distinguersi; questa in seguito disparve allo scendere della montagna, ma quasi subito si lasciò rivedere offrendo, per quanto almeno lo prometteva l’oscurità della notte, l’apparenza di un uomo, e continuando questo ad avanzare, i passi e la forma di lui divenivano sempre più distinti. Melmoth immantinente sciolse dal braccio d’Isidora, che raccapricciando pel terrore, ma non essendo in grado di profferire una parola, non potè pregarlo di fermarsi; ella si trονό più morta che viva, ed i suoi piedi sembravano inchiodati sul terreno; stette ciò non per tanto in ascolto ma senza potersi render conto di ciò, che seguiva. Fra le ombre della notte travedeva o le sembrava di travedere una breve lotta fra due figure umane, e durante questo tempo le parve di riconoscere la voce di un suo domestico, che le era molto attaccato. Esso da [p. 337 modifica]principio indirizzò al suo avversario dei rimproveri rispettosi, ed in seguito cominciò a più riprese, e con voce soffocata a gridare; aiuto! aiuto! aiuto! E quasi subito Isidora sentì un corpo pesante cadere nell’acqua, che scorreva ai piedi della montagna al di sopra della quale si ritrovavano. L’eco ripetè per più volte il tonfo, ed in seguito ogni cosa fu tranquilla. Isidora si chiuse gli occhi con ambedue le mani gelate, e rimase in quella positura fino a tanto che Melmoth le disse; Affrettiamoci, amica mia. — E dove andiamo? gli rispose Isidora senza sapere cosa dicesse. — Al monastero diroccato, mia buona amica... all’eremitaggio ove il sant’uomo, l’uomo della vostra religione ci unirà. — Che è addivenuto delle persone, che c’inseguivano? — Non c’inseguiranno più. — Mi è parso di vedere una figura umana. Non la vedete più. — Ho sentito un corpo grave e pesante cadere nel torrente. — Era una pietra caduta dall’alto di un precipizio: le acque hanno rumoreggiato per un momento: ma [p. 338 modifica]l’hanno inghiottita e non la restituiranno più.

Isidora proseguiva il suo cammino in silenzio ed in preda dell’orrore, fino a tanto che Melmoth accennandole con la mano un ammasso nero ed informe, che potevasi seguendo l’impulso della immaginazione, prendere o per rupe o per un ammasso di alberi e di piante, ovvero per un qualche grande edifizio, le disse all’orecchio: Ecco il luogo rovinato, e presso quello l’eremitaggio. Fatevi forza e coraggio per un altro poco, ed incontanente vi arriveremo. Eccitata da queste parole, e più ancora da un desiderio indefinibile di porre un termine al tenebroso viaggio ed a tanti misteriosi timori, anco a rischio di vederli più che verificati, Isidora radunò tutte le sue forze, e sostenuta da Melmoth incominciò a salire la collina sulla quale era collocato il luogo rovinato. Anticamente vi era un largo sentiero, ma al presente era imgombrato da pietre, e dalle radici degli alberi che prima ne formavano l’ornamento. A [p. 339 modifica]misura che si avvicinavano, l’edifizio prendeva una forma più distinta e più caratteristica: il cuore d’Isidora cominciò a battere meno vivamente quando essa fu in grado di distinguere il campanile, la cuspide, le gotiche finestre, e sopratutto la croce, che elevandosi in mezzo alle rovine, pareva che offrisse l’immagine della religione trionfante in mezzo al dolore ed alla desolazione. Un viottolo, che sembrava percorrere in giro tutto il monastero li condusse all’ingresso principale, davanti al quale sorgeva un vasto cimiterio. Melmoth le accennò col dito un oggetto situato alle estremità dicendo, esser desso l’eremitaggio, e che andava a pregar l’eremita, che era sacerdote affinchè volesse unirli in matrimonio. Non mi è permesso di accompagnarvi? le disse Isidora gettando uno sguardo inquieto sulle tombe, in mezzo alle quali ella dovea rimanersene soletta nel tempo della di lui assenza. Il suo voto non gli concede di ammetter donne alla sua presenza, rispose Melmoth, a [p. 340 modifica]meno che non sia a ciò costretto dal suo dovere.

E dette queste parole partì precipitosamente. Isidora ponendosi a sedere sur una tomba inviluppossi dentro il suo velo quasi che le pieghe di questo potessero da lei allontanare i funesti pensieri, che se le suscitavano in mente. Essendo stata alquanti minuti in quella positura, ed avendo bisogno di respirare liberamente lo rimosse da sè; ma non iscorgendo che sepolcri, croci e le piante lugubri che amano di crescere fra i cadaveri, si ricoperse di nuovo sbigottita e tremante. Ad un tratto un debol suono pari al sibilare di un venticello venne a percuoterle le orecchia; ella alzò il capo, ma il vento taceva la notte era placida. Il medesimo suono essendosi ripetuto, diresse ella lo sguardo verso la parte da dove le sembrava che venisse, e le parve di vedere una creatura umana muoversi e passeggiare lentamente dentro il cimitero. Quantunque cotesta figura non facesse alcuna sembianza di volersele avvicinare, ella giudicò, che [p. 341 modifica]potesse esser Melmoth, ed alzossi persuasa che egli venisse ad incontrarla. In quel momento medesimo la figura rivolgendosi, e rallentando il passo parve che tendesse il braccio verso di lei, e fece un movimento o per respingerla o per darle un avvertimento; perchè ella non potè nulla distinguere. La figura continuò quindi il silenzioso suo passo, e dopo pochi istanti Isidora la perdette di vista.

Dessa non ebbe il tempo da riflettere a cotesta straordinaria apparizione, perchè Melmoth era già al fianco di lei e la sollecitava ad affrettarsi. Le disse, che al di là delle rovine vi era una cappella in migliore stato di tutte le altre, e dove si celebravano ordinariamente i divini uffizii, e che il sacerdote aveva promesso di ivi raggiungerli. Egli vi deve già essere, lo interruppe Isidora, persuasa che la figura, che aveva già veduta, fosse quella dell’ecclesiastico; mi pare di averlo veduto. — Voi? chi? le disse Melmoth trasalendo, e restando immobile fino a tanto che non ebbe ricevuta la risposta alla sua [p. 342 modifica]pressante interrogazione. — Io ho veduta una figura, rispose Isidora tremando; almeno mi è sembrato di vedere una figura avvicinarsi alle rovine. — Siete in errore, rispose Melmoth; ma un momento dopo aggiunse; noi avremo dovuto esserci prima di lui. Ed affrettò il suo viaggio con Isidora. Dopo alquanto cammino però soffermossi, e dimandò alla sua compagna con voce soffocata e quasi indistinta, se avesse mai sentito della musica, o dei suoni nell’aria, precedere le visite, che ei le aveva fatte finora. Mai, rispose ella. — Ne siete sicura? — Sicurissima.

In quello istante essi salivano i rozzi ed infranti gradini, che conducevano alla cappella. Malgrado l’oscurità Isidora vide che questa era ridotta al più deplorabile stato e sentì stringersi il cuore. Esso non è ancora arrivato, disse Melmoth con una voce agitata; attendetemi qui per brevi istanti. Isidora era tanto indebolita del suo proprio terrore, che lo lasciò partire senza fare il minimo sforzo per ritenerlo. Del rimanente si [p. 343 modifica]accorgeva benissimo, che qualunque sforzo avesse fatto sarebbe riuscito inutile. Rimasta sola girò tremando lo sguardo intorno a sè: un raggio di luna fendendo le nubi le permise di distinguere gli oggetti, che la circondavano. Vi era una finestra, ma i vetri colorati erano quasi tutti ridotti in pezzi, l’edera e il musco ricoprivano que’ pochi che erano rimasti; queste piante crescevano intorno alle svelte colonne. Al disopra si vedevano gli avanzi di un altare e di una croce, ma di un lavoro sì grossolano, che sembravano essere stati fatti nell’infanzia dell’arte. Vedevasi altresì una pila per l’acqua benedetta, ma era vuota. Una o due volte ella rivolse lo sguardo verso la finestra per cui introducevasi il raggio della luna: e le si riaffacciò alla mente la sua primiera esistenza. Ad un tratto una figura passò lentamente, ma distintamente fra le colonne, e le fece vedere i lineamenti del vecchio domestico, di cui antecedentemente si è fatta parola e che ella riconobbe perfettamente. Le sembrò da principio [p. 344 modifica]che questi la guardasse con una profonda attenzione, e quindi con una compassione sincera. Desso in seguito si ritirò, e quando fu onninamente scomparso, un grido lamentevole venne a ferire l’orecchio d’Isidora.

Al momento medesimo la luna, che risplendeva dentro la cappella si nascose dietro una nube, e l’oscurità divenne sì profonda, che Isidora non si accorse dell’arrivo di Melmoth, se non quando sentì la mano di lui dentro la sua, e che le disse: eccolo, egli è preparato ad unirci.

I terrori prolungati, che Isidora aveva sofferti in quella notte non le avevano lasciata la forza di più pronunziare una parola. Essa dunque gli si appoggiò al braccio, non già con un sentimento di confidenza, ma pel bisogno di trovare un sostegno. Il luogo, l’ora, gli oggetti, tutto era sepolto in una profonda oscurità. Ella sentì un piccol rumore, come se fosse stato l’avvicinarsi di una terza persona. Le furono fatte udire certe parole, ma delle quali non potè comprendere il significato; si sforzò a [p. 345 modifica]parlare, ma non sapeva cosa si dicesse. Tutto le sembrava immerso nelle tenebre ed in una folta nebbia. Dessa non sentì la mano di Melmoth, che prese quella di lei; ma sentì molto bene quella di chi gli unì; questa era fredda come quella della morte!