Morbosità/Capo I

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Capo I

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Morbosità Capo II
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morbosità


CAPO. I.


S'erano fermate le due victorie una accanto all'altra, sul fianco della strada all’ombra dei tigli. Prima ne scese la marchesa Elena Malaspina, vestita di nero, colla mantellina coperta di jais il cappellino piccolo appena appoggiato sulla testa, con una grossa piuma di struzzo nera in principio e che finiva in bianco alla punta, passando per tutte le gradazioni del bigio; i guanti lunghi, uno tutto abbottonato, l’altro arrovesciato metà sulla mano. Camminava svelta, ergendosi in tutta la maestà della sua opulente bellezza, senza cursi menomamente del duca San Pietro, che era sceso appena dopo di lei, e le veniva dietro per raggiungerla.

— Volete scappare, marchesa, disse lui mettendosele accanto. [p. 12 modifica]

— No, voglio sgranchirmi le gambe, sono stanca di stare in carrozza. È stata una persecuzione la vostra, duca, perchè?

— Sapevo che sareste venuta quì, e sono venuto anch’io, ho fatto male?

— Nè male, nè bene,

— 0h! come?

— Potevate passarmi avanti e poi aspettarmi qui, se avevate tanta galanteria....

— Vi dava noia la mia vettura dietro la vostra?

— Molto, vedete che sono schietta.

— Passate per di quì, è un’ombra deliziosa,

— È troppo nero, è un labirinto, ho paura di perdermi.

— Non vi perderete, marchesa, ciò potrebbe eccadere a me,

— Siete distratto voi, duca?

— Qualche volta, e voi?

— lo no, mai.

— Lo dicevo bene, tutt’al più arrischieremo di sorprendere qualche copia romantica, che non ha paura di perdersi......

— Ed una grande volontà di trovarsi..... ho capito, duca, è una malattia come un’altra.

— La chiamate malattia... è curioso...

— Niente affatto, l’amore è una febbre, e la febbre va guarita col chinino.

— È se non basta?

— Allora s’adopera l’antipirina,

— Siete orribile, marchesa,

— Nella faccia? ripetè lei sorridendo.

— No, nel cuore, [p. 13 modifica]

Ella tacque, fermandosi sui due piedi e disegnando coll’ombrellino dei cerchiolini concentrici che finivano con un punto che era nn buco nella terra e così di seguito, distrattamente, cancellando, rifacendo quei geroglifici, che forse nella sua mente volevano diro qualche cosa.

— Andate in campagna, marchesa?

— Adesso? no, è troppo presto, è appena la primavera.

— Voi non l’amate la primavera.

— Io no, E una stagione inutile, sbiadita.

— Sbiadita! la calunniate, marchesa.

— La paragonerei ad una fanciulla già hellissima, ma molto ingenua, non ancora donna. Per me amo il bel sole di luglio pieno e cocente, che mette delle punture nella carne, è un abbarbaglio negli occhi; amo la vita vera, scoppiante, divina nella sua manifestazione, La primavera è una strana insidiatrice nella sua incertezza, ha troppi fiori, troppi fremiti, troppi susurri. Mi mandate via, duca?

— Sì, per perseguitarvi.

— Sarebbe inutile, perseguitatemi quì.

— Me lo permettete?

— Non ve lo impedisco.

— Siete dura, Elena. Guardate che bel cespuglio di rose.

— Sono le rose della Madonna,

— Come della Madonna?

— Non lo sapete? è un’idea gentile delle nostre contadine che offrono quelle prime rose alla Vergine, sono fiori delicati con molto profumo è poche spine. [p. 14 modifica]

— Come le gioie della giovinezza,

— Avete ragione, duca, come quelle. Cioè io non ho goduto neppur quelle,

— Non lo dite, Elena, voi cogliete fiori ovunque passato,

— Certo, conosco molti uomini innamorati dei miei milioni, del mio palazzo, delle mie carrozze, e persino delle mie cameriere... che mi gettano i fiori in grembo a manate, ma credete, hanno le spine che pungono troppo.

— - Non tutti, marchesa, voi siete amata per voi, per la vostra bellezza.

— Dunque s'io non fossi bella come voi dite che sono?

— Sareste amata egualmente pel vostro spirito.

— E pel mio cuore no?

— Pel vostro cuore no.

Il sole entrava tra i rami dei tigli in fiore, e l'aria era satura di profumi; il duca Attilio San Pictro camminava vicino ad Elena dando di tanto in tanto dei piccoli colpi col piede all’abito di lei.

Però non si guardavano, Elena aveva la faccia volta dall'altra parte, e guardava la collina delicatamente verde, col suo sguardo profondo, nero, che aveva la durezza lucciemte dell'acciaio. — Aveva una figura greca, regolarissima, fin troppo severa che la faceva assomigliare ad una Minerva. Sorrideva con una piccola tinta d'ironia che affascinava.

Lui, il duca Attilio era ebllo, d'una bellezza non tanta regolare, ma simpatica per la vivacità degli cechi che animavano tutta la figura, pel [p. 15 modifica]

sorriso furbo, un pochino sprezzante, per un non so che di superbo che rilevava l’uomo d’ingegno — Erano arrivati ad una rotonda che guardava l’Arno, la marchesa si fermò un momento fissando intensamente una barca che attraversava.

— Sono quelli che trasportano la sabbia, nulla d’interoesante, marchesa, disse Attilio, ridendo.

— Chi lo sa, tutte le cose hanno il loro lato interessante, ed anche commovente, Ritornò a tacere e a guardare. Il duca le aveva preso l’ombrellino e glielo teneva aperto sulla testa.

— Non state ad incomodarvi, io non soffro il sole, l’amo anzi.

— Sarà forse l’unica cosa che amate, beato lui!

— Mah! a me pare di amare molte cose, ma a modo mio, senza tanta squisitezza d’analisi, senza tanta varietà di tinte, io amo fortemente tutto ciò cho mi piace, ch’è bello, grande, forte e giusto. Vedete, duca, io amo sopratutto il vero.

— Allora, marchesa, nel mondo dovrete limitarvi ad amare la vostra sola bellezza,

— Grazie dell’adulazione. ma non mi avete compreso 0 non mi avete voluto comprendere. Io intendo per vero tutto ciò che esiste, che si sente, che non si può negare, perchè è attaccato a voi e vi scuote, è vi fa soffrire e gioire realmente e non è creato dalla fantasia. Io non intendo le sentimentalità acre, vaporose, le melanconie senza ragione, le lagrime versate perchè il sole tramonta ed indora le nuvole, perchè una rosa appassisce. sfogliandosi sotto i raggi del sole, perchè... [p. 16 modifica]

— Perchè voi non intendete la poesia del cuore e della mente, l’interruppe Attilio.

— Eh? cosa dite duca?

— Dico che voi siete una donna singolare.

— In che modo?

— Mah! non saprei spiegarmi bene, siete una contraddizione del fisico col morale, del cervello col cuore....

— Credete, duca, è convenzionale che il cuore sia tanto staccato dal cervello, mentre egli non fa che ripercoterne le sensazioni come uno specchio.

— Siete materialista, Elena?

— Un poco, per forza, cioè no, sono ragionevole, disse la marchesa tranquillamente, come faceva sempre quando voleva schiacciare qualcuno sotto il verismo ch’era nel suo carattere, Poi riprese senza dare il tempo ad Attilio di rispondere:

— Venite al mio the questa sera vi presenterò alla contessa Di Spa ed al conte Gastone Di Spa suo marito; In contessa è una donna perfetta, vedrete.

— Non mi premo di conoscerla.

— Oh perchè?

— Perchè le perfezioni sono monotone.

— Non sempre, duca, e nelle donne mai.

Il duca s’inchinò cortesemente assentendo:

— Verrò, marchesa, è sarò felicissimo di trovare voi sola a costo di.....

— Di che cosa? interruppe Elena sorridendo un poco.

— ... di essere battuto come sempre.