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Opere di Raimondo Montecuccoli (1821)/Libro I

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Aforismi dell'arte bellica. Libro primo

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Aforismi dell'arte bellica. Libro primo
Prefazione dell'Autore Capit. I. Della guerra

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LIBRO PRIMO.


AFORISMI DELL’ARTE BELLICA.




CAPITOLO PRIMO


Della Guerra.


i. La guerra è un’azione d’eserciti offendentisi in ogni guisa1, il cui fine si è la vittoria2.

ii. La guerra è interna o esterna; offensiva o difensiva; marittima o terrestre, rispetto alle persone, al modo, ed al luogo diverso.

iii. La vittoria si conseguisce per mezzo dell’apparecchio, della disposizione, e dell’operazione.

iv. In ciascheduno di lutti tre questi membri si hanno vantaggi o disavvantaggi, che sono qualità naturali o acquistate di tempo, di luogo, d’armi, o d’altro, che giovano o nuocono a sormontare il nemico.

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v. L’apparecchio si fa d’uomini, d’artiglieria, di munizioni, di bagaglio, e di danaro.

vi. La disposizione si ragguaglia alle forze, al paese, al disegno che si ha di offendere, di difendere, o di soccorrere.

vii. L’operazione s’eseguisce con risoluzione, con segretezza, con celerità, marciando, alloggiando, o combattendo.


CAPITOLO SECONDO.

Dell’apparecchio.


viii. Facciasi l’apparecchio per tempo, mentre che lo stato pubblico è in calma 3.


TITOLO PRIMO.

Degli uomini.


ix. Deonsi gli uomini assoldare, ordinare, armare, esercitare, disciplinare.

Si assoldano gli uomini non già della feccia del volgo, nè a caso, ma si vogliono scegliere4 d’infra i migliori, che siano sani, arditi, robusti, sul fiore [p. 77 modifica]dell’età, indurati ne’ disagii de’ campi e delle arti faticose, non infingardi, non effeminati, non viziosi5.

x. Gli arrolati fanno lor mostra, e prestano il giuramento, ove principalmente promettono fedeltà, ubbidienza e valore6.

xi. Vengono ordinati gli uomini secondo la loro attitudine e mestiere:

1.° L’ordine, ragione di priorità, e di posteriorità, disposizione e collocamento di ciascheduna cosa in luogo suo, regola il modo. E siccome da questo nasce la buona fortuna, così, in opposito, dal disordine, la confusione: onde piene si leggono di esempii le istorie, dove grossissimi eserciti senza ordine sono da pochi ben ordinati stati sconfitti.

2.° Si distinguono gli uomini in combattenti, e non combattenti. I combattenti sono ufficiali maggiori, e minori, e soldati gregarii di cavalleria, e di fanteria. I non combattenti sono artefici, operaj, guide, spie, guastatori, vivandieri, mercanti, garzoni, ed altra gente minuta ad uso de’ soldati; religiosi, medici, speziali, chirurghi, falegnami, ferraj, muratori, e armaiuoli7. [p. 78 modifica]

3.º I combattenti si compongono: 1.º In decurie, che sono otto o dieci uomini, più o meno, sotto un capo detto decurione8; 2.º In isquadre, che sono più decurie; 3.º In compagnie, che sono più squadre; 4.º In reggimenti, che sono più compagnie unite insieme.

4.º De’ reggimenti d’infanteria si formano i battaglioni, che sono corpi ordinati in più file di fronte e di fondo, i quali ne’ reggimenti di cavalleria sono chiamati squadroni9.

Una fila di fronte, ovvero di lunghezza, sono più soldati posti in linea retta l’uno accanto all’altro.

Una fila di fondo, ovvero d’altezza, sono più soldati posti in linea retta l’uno dietro l’altro10.

5.º Di più squadroni, e battaglioni, formansi corpi maggiori, e si chiamano brigate.

Le brigate sono membri d’armata.

Quando l’esercito è in marcia, questi membri si formano in vanguardia, che è la parte che va innanzi; in battaglia11, che è quella che va nel mezzo; ed in retroguardia, che è la parte che va addietro. Quando l’esercito si schiera, si formano [p. 79 modifica]in ala, o corno destro; che è la parte che sta sulla destra; in corpo, che è la parte che sta nel mezzo; ed in ala o corno sinistro, che è la parte che sta sulla sinistra. Quando l’esercito si ordina a battaglia, formansi in prima linea o fronte, in seconda linea, in terza linea o riserva; che è l’armata schierata in tre ordini12. Formansi altresì in colonne, che è la parte che marcia in più squadroni, e battaglioni di fondo.

6.º Gli uffiziali maggiori e minori sono:

1.º Nell’esercito le persone generali;
2.º Ne’ reggimenti lo stato colonnello;
3.º Nelle compagnie le prime piane13.

7.º Dove più uffiziali concorrono in carico uguale, il più anziano precede senza riguardo d’altra condizione o dignità, onde ne nasce un ordine inalterabile, che toglie di mezzo ogni cagione e pretesto di dissensione, e di disputa, e fa che la [p. 80 modifica]somma dell’impero si ritrova sempre in un solo, perchè troppo nociva si è al pubblico la moltitudine de’ comandanti, non meno che la copia de’ medici all’infermo14.

Il titolo nudo però di carica senza l’esercizio non viene in considerazione.

Qualunque volta ritrovasi insieme unita la soldatesca cesarea, e quella d’altri potentati, osservasi quest’ordine, che in carica uguale gli ufficiali di Cesare precedono sempre senza riguardo d’anzianità, ma in carica disuguale il maggiore all’inferiore comanda; così nelle battaglie e negli assedii l’ala destra è de’ Cesarei, e nelle marcie appartiene loro per la prima volta la vanguardia.

XII. Le qualità richieste ne’ generali, in qual più in qual meno, a proporzione del carico che di grado in grado ei sostengono, sono naturali o acquistate.

Sono naturali,

1.º Il genio marziale, ed il temperamento sano, robusto, di estremità grandi15, e ripieno di sangue spiritoso, onde ne risultano l’intrepidezza nel pericolo, il decoro nella presenza, e l’infaticabilità nel negozio. [p. 81 modifica]

2.º L’età competente, che troppo giovanile alla maturità, ed all’esperienza, troppo senile alla velocità non deroghi.

3.º La nascita, la quale quanto più cospicua, tanto più ella ispira venerazione di se stessa negli animi de’ soggetti16.

Sono acquistate,

1.º Le virtù della prudenza, della giustizia, della fortezza, e della temperanza17.

2.º L’arte della guerra per teorica e per pratica, e quella del dire18 e del comandare19.

xiii. Della scelta, o deletto, e dell’ordinanza della soldatesca ne hanno lasciato esempi degnissimi i Greci, ed i Romani:

1.º I Greci la dividevano in cavalleria e fanteria. Questa era ripartita in decurie (versus) di sedici uomini di fondo l’una, per la comodità del numero pari, atto alla trasformazione degli ordini, cioè a raddoppiare, e moltiplicare, a restringere, e contrarre la falange per lungo e per largo20; concios[p. 82 modifica]siacosachè il 16 raddoppiato fa 32, diviso per metà 8, e può ugualmente sino all’unità bipartirsi. Due decurie poste accanto l’una dell’altra chiamavansi dilochia; più simili unite insieme, l’una pure accanto all’altra, formavano la falange, la quale conteneva 16384 combattenti a 16 di fondo, ed a 1024 di fronte. Divisa ella pel mezzo della larghezza, l’una delle parti chiamavasi corno destro o capo, e l’altra corno sinistro o coda; e di nuovo per mezzo dell’altezza spartita, acquistavasi forma di quattro quadrilunghi21.

2.º I Romani dividevano la milizia in gente da piè, da cavallo, e da marineria. La cavalleria si partiva in torme, la fanteria in legioni, così dette dall’eleggere, in armi gravi e leggiere, ed in coorti; ciascheduna coorte conteneva fanti e cavalli divisa in manipoli, e questi in centurie, e le centurie in contubernii. Leggonsi queste istituzioni militari negli antichi storici, raccolte poi insieme da molti altri in ristretto22, e ne sono di presente [p. 83 modifica]tutti i libri di guerra in qual si sia lingua ripieni; onde che pro farne qui superflua e nojosa ripetizione23?

xiv. La moderna ordinanza è fondata ed espressa nelle capitolazioni de’ colonnelli, nell’istruzione de’ lustratori, o commissarii delle mostre, negli articoli militari, e nelle leggi della cavalleria di Carlo V e di Massimiliano II, imperatori, punti autenticati nella dieta dell’imperio a Spira l’anno 1570. Al che possono aggiungersi per maggior pienezza le leggi militari svedesi, olandesi, brandeburghesi, tutte sul piede alemanno formate24.

xv. Si armano gli uomini d’armi diverse a diversi usi, ed a varii siti, onde elle sono offensive, e difensive, gravi, e leggiere. Usavano gli antichi25 mazze, giavellotti, pili, dardi, e saette da trarsi con l’arco, pietre da scagliarsi colle mani, o con frombole, spade, aste, sarisse, scudi, corazze, celate, cosciali, e gambiere. Sonosi oggidì per l’invenzione della polvere le armi nostre dalle antiche alterate, ma non perciò se n’è tralasciata l’imitazione.

Sono le armi fra noi:

Difensive26; corazze intiere con petto e schiena, [p. 84 modifica]elmetto, bracciali, cosciali, manopole, mezze corazze con petto e schiena, morione o celata aperta, scudi, rondacce, o targhe27.

Offensive; da lungi: moschetto, carabina, moschettone, cannoni, pistòle, granate a mano, e da frombola. Da presso: lancie, picche, spade, arme in asta.

Le armi difensive debbono ricoprire bensì, ma non già impedire il corpo; onde i catafratti, armati da capo a piede, sono venuti in disuso, altrimenti armatura grave come un muro di ferro, stabile ed immobile a qualunque scossa28. [p. 85 modifica]

Proprietà delle armi offensive si è, che dall’ora che l’inimico si scopre sino a quando egli sia sconfitto, e cacciato dal campo, incessantemente venga bersagliato e battuto, e quanto più s’accosta, tanto più spessa sia la tempesta de’ tiri sopra di lui, prima da lungi da’ colpi di cannone, poi più presso dal moschetto, e consecutivamente dalle carabine, dalle pistòle, dalle lancie, dalle picche, dalle spade, e dall’urto medesimo delle truppe. Quindi è, che presso i Romani si ordinavano in una medesima legione fanti e cavalli, armi gravi e leggiere. Nell’antica milizia spartana e macedonica anche le macchine, artiglieria di que’ tempi, erano ripartite fra le falangi29. E quindi è pure che nelle ordinanze di Carlo V imperatore, sotto una cornetta di cavalleria, si contavano lancie 60 arinate di tutta pezza, mezze-corazze 120, mezze-corazze 120, cavalli leggieri 60 con lunghi archibugii; sotto una bandiera di 400 fanti erano 100 picche, 50 tra spadoni e alabarde, 200 archibugieri, e 50 soprannumerarii per riempiere i vuoti. Così trovavansi diverse generazioni d’armi, acciocchè l’una fosse di sussidio all’altra, e che in ogni sito, quale e come si presentasse, si avesse mezzi proprii per difendersi ed offendere l’inimico.

S’avvisarono poi i capitani, che la cavalleria e la fanteria non convengono bene insieme nel marciare, mentre che i fanti adagio, e i cavalieri più forte camminano; nè meno negli alloggiamenti, dove quelli possono facilmente starsi senza [p. 86 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/106 [p. 87 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/107 [p. 88 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/108 [p. 89 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/109 [p. 90 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/110 [p. 91 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/111 [p. 92 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/112 [p. 93 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/113 [p. 94 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/114 [p. 95 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/115 [p. 96 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/116 [p. 97 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/117 [p. 98 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/118 [p. 99 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/119 [p. 100 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/120 [p. 101 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/121 [p. 102 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/122 [p. 103 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/123 [p. 104 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/124 [p. 105 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/125 [p. 106 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/126 [p. 107 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/127 [p. 108 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/128 [p. 109 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/129 [p. 110 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/130 [p. 111 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/131 [p. 112 modifica]112

chino l’inimico alle spalle o al fianco, o dietro sul bagaglio, per cagionargli confusione; conciossiachè i pronti sorprendono gli impreparati.

Se la qualità del paese il comporta, s’ingegna di avvicinarsi al nemico segretamente, e di combatterlo prima che egli abbia ben formata la sua ordinanza, come successe a Dutlinghen ’ in Isvevia contro a’ Francesi l’anno 1643.

Se il paese è stretto, si fanno tre o quattro o più linee, e membri della battaglia.

Se vi ha qualche palude o fosso, si può mettervisi dinanzi con alcune truppe, le quali, all’avanzar dell’inimico, si ritirano per passaggi fatti a posta, da lui non osservati, e che per ciò vien condotto alla trappola.

Disegno. Se con l’ala destra si vuol battere il corno sinistro ostile, o a ritroso, si porranno su quest’ala i migliori, ed il maggior numero dei soldati, e muoverassi con passo veloce, e le truppe di quel lato e della seconda linea si spingeranno parimente innanzi sulla mano destra al pari delle altre; intanto l’ala manca anderà adagio, o non si muoverà punto *, imperciocché nella sospensione

1 Piccola città sul Danubio, nell’antico ducato di Wirtemberg. Questa battaglia fu vinta nel verno più rigido da’ generali Mercy, Gioanni De Wert, e dal duca di Lorena contro il maresciallo Rantzau. Questo maresciallo soleva ubbriacarsi; però non ebbero molta fatica a coglierlo nei suoi quartieri ed a pigliarlo prigione. Tr. Fr.

2 Quest’ordine di battaglia chiamasi oggi obliquo, ed è il più usitato. Se ne hanno esempii fra’ Greci e i Romani: celebratissima è la battaglia di Leuttra vinta con quest’ordine da Epaminonda; e Federico, con forze ineguali, lasciò nella vittoria di Leuthen una grande lezione a’ capitani sul modo di ordinare l’assalto obliquo. E da notarsi che anche a Leutken v’era un villaggio, che, per non essere stato dato alle fiamme, costò gran sangue agli Austriaci che lo difendevano, ed ai Prussiani che non [p. 113 modifica]dell’avversario, e prima che egli s’accorga dello stratagemma, e si risolva al rimedio, verrà il tuo forte a combattere contro il suo debole, nel tempo che il suo forte se ne sta ozioso, e infuria a vôto; e se quivi si riscontrasse a sorte qualche villaggio, avrassegli a metter fuoco, acciocchè l’inimico non possa attaccar la tua ala manca, nè avvedersi di quello che si fa.

Se con ambedue le ale si vuol cingere l’inimico, vale il presentarsi in linea retta per ingannarlo, e intanto procedere pian piano colla parte del mezzo, ed avanzar con le punte, facendo come un seno di luna falcata, nel qual modo il Banner, generale svedese, circondò le truppe imperiali a Melnick in Boemia30 l’anno 1639; ovvero si può lasciar vôto il mezzo della battaglia, e dividere tutto l’esercito in due ale; ovvero si può lasciare la prima fronte nel suo intero, mentre la seconda, bipartita, si spinge innanzi sui corni della prima, e distende d’altrettanta lunghezza la linea. Riuscirà meglio questo tratto in tempo di nebbia, o di polvere, o di fumo, ed ogni volta che l’inimico non possa accorgersi di questo movimento; onde per meglio deluderlo si può stendere nel mezzo una fila di cavalleria, che non lasci riconoscere il vacuo che vi si lascia.

Per faticare il forte dell’inimico col tuo più

lo invasero se non dopo molti assalti, Ved. Guibert, Éloge du Roi de Prusse, e il mémorial du depot de la guerre, ove si legge una descrizione esattissima di questa battaglia. F. [p. 114 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/134 [p. 115 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/135 [p. 116 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/136 [p. 117 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/137 [p. 118 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/138 [p. 119 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/139 [p. 120 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/140 [p. 121 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/141 [p. 122 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/142 [p. 123 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/143 [p. 124 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/144 [p. 125 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/145 [p. 126 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/146 [p. 127 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/147 [p. 128 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/148 [p. 129 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/149 [p. 130 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/150 [p. 131 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/151 [p. 132 modifica]Pagina:Opere di Raimondo Montecuccoli (1821).djvu/152 [p. 133 modifica]133

legna, candele, e sale. Nel servizio di Spagna sono di più compresi gli utensili della cucina e della tavola, ed il lavar delle biancherie.

TITOLO QUINTO.

Del danaro.

XLIV. È il danaro quello spinto universale, che per lo tutto infondendosi, lo anima, e lo muove, ed è virtualmente ogni cosa ’, lo stromento degli stromenti, che ha la forza d’incantare lo spirito de’ più savii, e l’impeto de’ più feroci. Qual meraviglia dunque se, producendo gli effetti mirabili de’ quali sono piene le istorie, richiesto taluno delle cose necessarie alla guerra, egli rispose, tre esser quelle: danaro, danaro, danaro ^? Ma perchè egli è eziandio l’anima, e ’l sangue de’ mortali, onde con difficoltà si può persuadere ai popoli di contribuirlo per sostentare le milizie, deesi recar loro innanzi argomenti della necessità indispen-

1 ... Quidvis, nummis praesentibus, opta:
Et veniet. Clausum possidet arca Jovem. Petron. M.

2 Sed nihil aeque fatigabat, quam pecuniarum conquisitio: eos esse belli civilis nervos dictitans (Mucianus). Tac. hist. lib. XI. M.

Quanto alle guerre esterne, Solone e Machiavelli sono in sentenza contraria al MONTECUCCOLI: il primo disse a Creso che gli mostrava i suoi tesori: la guerra si fa col ferro, non col’oro; ed il nostro politico aggiunge: Dico pertanto non l’oro, come grida la comune opinione, essere il nervo della guerra, ma i buoni soldati; perchè l’oro non è sufficiente a trovare i buoni soldati, ma i buoni soldati sono ben sufficienti a trovar l’oro. Vedi tutto il discorso sopra Livio lib. II, c. 10.
Queste due opinioni opposte sono conciliate presso Senofonte nell’egregio discorso di Ciro a Ciassare sulla necessità, e sull’uso del danaro in guerra, e sul modo di procacciarlo. CIROP. lib. II. F. 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  1. Cicero dixit bellum certationem per vim ..... ita ut bellum sit status per vim certantium, qua tales sunt. Hug. Grot. de jure belli et pacis lib. i. M.
  2. Finis summa dignitas est, quem nisi consequeris, nihil praestas. M.
  3. Si semel hostis praevenerit occupatos, meta universa turbantur. Et quae ex aliis urbibus petenda sunt, interclusis itineribus denegantur. VEGET. lib. III. M.
  4. Galbae vox: legi a se militem, non emi. Tac. Hist. lib. I. M. Questa sentenza di Tacito applicata dal Montecuccoli è apologia delle leve contro quelli che vorrebbero gli arruolamenti volontarii. Purchè i descritti siano in tempo di guerra non guerreggiata rimandati alle loro case, dopo un decretato numero di anni, non si nuocerà nè all’agricoltura, nè alla propagazione, nè la gioventù abborrirà dalla milizia, poichè avrà certa speranza di godere della tranquillità domestica nell’età men verde. F.
  5. Le virtù cittadine producono le virtù guerriere, e le guerriere mantengono gli stati; ma dalle costituzioni degli stati, e più dalle virtù de’ governi dipendono le virtù cittadine; diversamente le vittorie nascono dal fanatismo, o dal genio d’un uomo solo, e i loro frutti muojono nella seconda generazione. F.
  6. La grandezza del popolo di Roma derivò dalla religione; nè il soldato aveva vincolo più forte del giuramento. Vedi Montesquieu Spirito delle leggi lib. S, c. l3. Vi si sostituì in alcuni luoghi l’onore, e si ebbero talvolta eccellenti capitani, e spesso tristi soldati. F.
  7. Questa moltitudine di non combattenti si è utilmente diradata. Gli artefici e gli operai tutti si traggono secondo il bisogno da’ coscritti educati a’ mestieri: i guastatori sono anzi soldati eletti per valore e per presenza in ogni reggimento; le guide, le spie, i munizionieri, si pigliano e si lasciano eventualmente. F.
  8. Questo scompartimento è antichissimo, ed è assegnato da Senofonte sino a’ tempi di Ciro. Ora si divide per 12, e chiamasi squadra; 24, suddivisione, ecc.; ma nelle evoluzioni questo scompartimento si cangia in sezioni, drappelli o manipoli, divisioni o compagnie, e battaglioni. Il numero degli uomini che compongono questi scompartimenti è determinato soltanto sotto le armi, e ripartito secondo la proporzione de’ soldati. F.
  9. I battaglioni, e gli squadroni non sono soltanto scompartimenti nelle evoluzioni, come ai tempi dell’Autore, ma in piede stabile ne’ reggimenti. F.
  10. Fila di fronte è la nostra riga; fila di fondo è la nostra fila. Tutta l’esattezza delle evoluzioni sta nella distinzione di queste due spezie di file. F.
  11. Che ora chiamiamo alla francese centro. F.
  12. Questo schierare a battaglia in tre linee è anche oggi in uso, e viene da’ Romani. F.
  13. Ordinanza militare ai tempi dell’Autore, e da esso descritta: Stato-generale: Generalissimo, che suol essere un principe del sangue; tenente-generale unico; maresciallo di campo; commissario generale; generale della cavalleria; generale dell’artiglieria; tenente-maresciallo di campo; sergente generale di battaglia; quartier-mastro generale; auditor generale; vicario, o cappellano generale; generali-ajutanti dei viveri, de’ carriaggi; ingegneri; segretarii; profosso; medici; chirurgi; speziali. Stato-colonnello di cavalleria: Colonnello; tenente-colonnello; sergente maggiore; quartiermastro; cappellano; auditore; maestro de’ carri colle sue genti; profosso con suo garzone. Prima piana di cavalli: Capitano; tenente; cornetta; sergente; caporale; foriero; scrivano; barbiere; sellajo; armaiuolo; maliscalco; trombetta. Stato-colonnello d’infanteria: Colonnello; tenente-colonnello; sergente maggiore; auditore; quartier-mastro; ajutante; cappellano; segretario: maestro di provianda; barbiere; profosso; tamburo-maggiore. Prima piana d’infanteria: Capitano; tenente; alfiere; sergente; instruttore; foriero; caporali; sotto-foriero; scrivano; tamburi e pifferi. M.
  14. Entia nolunt male gubernari: non bonum multorum principatus: unus princeps esto. ARISTOT. Metaphys. lib. XIV. M. La sentenza è d’Omero.
  15. Certandi virtus constat ex magnitudine, et robore, et velocitate. Aristot. Rhet. lib. I. Signa fortis..... extrema corporis fortia et magna. Aristot. Physiognom. c. 3. M. L’Autore desunse queste qualità dalla scuola Aristotelica regnante a’ suoi tempi; e nel libro d’Aristotele citato in secondo luogo dal Montecuccoli, si paragona sovente il leone all’uomo, e principalmente nelle estremità delle membra.
  16. Dal lib. II, cap. 2 de’ commentarii dell’Autore, pare che a’suoi di la nobiltà levasse milizia dai feudi; i nobili erano capitani in guerra, e signori de’ soldati in pace. La nobiltà nacque dalle conquiste; finchè l’arte della guerra restò a’ loro nepoti, i nobili ebbero diritto agli onori dello stato: la plebe romana potendo eleggere consoli plebei, eleggeva quasi sempre patrizii, coi quali aveva militato.
  17. In imperio militari mandando peritia ususque rei militaris potius quam virtus spectari solet. Rariores enim exsistunt boni imperatores quam viri boni. Aristot. Polit. lib. v. M.
  18. Absurdum est, si corpore quidem turpe sit non posse sibi ipsi opitulari; oratione vero turpe non sit: quae magis propria est hominis, quam corporis usus. Aristot. Rhet. lib. 1. M.
  19. Imperare non dignitas tantum est, sed et ars, et quidem artium omnium sublimissima. Crysost. ad Cor. ex Grotio in notis ad lib. II. M. Nullum animal morosius est homine, nullum majori arte tractandum quam homo. Sen. de clem. lib. 1. M.
  20. Sciendum tamen, eos numeros deligi oportere, qui ad ordinum transformationem possint occurrere habiliores; hoc est, quoties phalangis longitudinem augere, altitudinem diminuere, aut e contrario agere voluerimus: quamobrem genus numeri illud probamus, quod subinde in partes aequales usque in unitatem possit dividi. Ælian. de instr. acie.M.
  21. I Greci chiamavano le decurie righe, versus, Στίχοι, ed ai loro manipoli o drappelli sotto le armi davano il nome di nodi Ζυγοί; ma le decurie, quando non erano in evoluzioni di battaglia, chiamavansi lochi λόχοι; come le nostre squadre, che sotto le armi prendono il nome di sezioni. Oggi restano i nomi d’ala destra e sinistra quando la colonna è spiegata in battaglia, e di testa a sinistra o a destra quando la colonna marcia piegata in massa. La falange greca si compone nella nostra colonna serrata, che può scomporsi colla stessa evoluzione in quattro quadrati. F.
  22. Leone imperatore, dello schierare in ordinanza gli eserciti, e dell’apparecchio della guerra; Vegezio, de re militari; Frontino, degli stratagemmi; Enea, degli assedii; Polibio, della milizia romana; Eliano, della tattica de’ Greci; Giusto Lipsio della milizia romana. M.
  23. Dell’uso degli autori greci e latini sull’arte della guerra, vedi la considerazione I, in calce a questo volume.
  24. Anche a’ dì nostri manca un codice militare; infinite leggi, regolamenti, e decreti sull’economia, la disciplina e le ordinanze governano la milizia. F. Dobbiamo soggiungere ad onor del vero, che S. M. il Re del regno delle Due Sicilie ha dato un codice militare al suo esercito, e che S. M. il Re di Sardegna ha tutto disposto, perchè le sue agguerrite truppe ne siano in breve tempo provvedute.
  25. Veget. lib. 1, c. 2; Polib. ec. M.
  26. Necesse est enim, ut dimicandi acriorem sumat audaciam, qui munito capite vel pectore non timet vulnus. Veget. lib. I. M.
  27. Di tutte queste armi difensive resta la sola celata pei dragoni, e la corazza colla celata per le corazze a cavallo. Le armi difensive parvero inutili da che non resistevano alle artiglierie; e più oggi che il sistema di guerra è ridotto a portare maggior massa con maggior velocità contro il nemico, ed a moltiplicare la massa per la velocità. Vero è che gli antichi calcolavano più di noi il valore individuale del soldato, che offendeva più ardito fidando nella difesa delle armi. F.
  28. Excipiebat autem praelium gravis armatura, quae tamquam murus, ut ita dicam, ferreus stabat, et non solum missilibus, sed etiam gladiis cominus dimicabat. Veget. lib. II. M. L’armatura de’ catafratti è magnificata da’ poeti, benchè gli storici greci e romani ne parlino come di barbara merce. Da un luogo di Arriano pare che s’incominciasse a coprire di squamme ferree i soli cavalli delle carra falcate. Certo è che la cavalleria catafratta venne in Europa dall’Asia, e che non fu adottata, quando le armi romane prevalevano, se non nel settentrione. A’ giorni di Ammiano e di Nazarieno pareano formidabili que’ sarmati catafratti, che a’ tempi di Trajano non resistevano alle legioni. Nel medio evo, per la barbarie in che declinò l’arte della guerra, e per l’uso dei duelli, quest’armatura divenne frequente, e vediamo ne’ castelli feudali assai simulacri di cavalieri e di cavalli vestiti di ferro. Risorgendo l’arte, le armi della cavalleria grave si ridussero come sono descritte dal Montecuccoli: e dal Montecuccoli in qua, prevalendo le artiglierie, le grandi masse d’eserciti, ed il sistema di moltiplicare le masse per la velocità, le armi difensive si andarono disusando. F. La cura di difendere tutte le parti del corpo del soldato dai colpi del nemico, accusa l’infanzia delle nazioni, e dell’arte. Ebbero gli antichi Persiani e i Parti i catafratti, e i clibanarii; ebbero gli antichi Germani i cruppellaj, ed ebbe l’Europa ne’ secoli di mezzo gli uomini d’arme.
  29. Leo imperator in apparatu bellico. M.
  30. Piccola città sopra un monte, discosta due leghe da Praga. Il Banner imitò l’ordine di battaglia d’Annibale a Canne. TURPIN DE CRISSE.