Pagina:Doni, Anton Francesco – I marmi, Vol. II, 1928 – BEIC 1814755.djvu/281

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176 i marmi


Un nipote, per far un suo viaggio, fintosi malato, fe’ con de’ maccheroni rimanere pazza una sua zia e la spacciò sí che messe mano su la roba |||
 I, 208
Un ricco marito, accortosi del torto che gli faceva la sua donna, stringesi con l’amante in grande amicizia e familiaritá e trova modo ragionevole a levarseli d’inanzi ambiduo |||
 I, 211
Come un marito potesse rinfrancarsi della spesa d’un’infinitá di veste alla
moglie
 
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 I, 218
Cirimonie di certe donne maritate di pochi mesi |||
 I, 219
D’un’altissima montagna in Portogallo, la quale, cavata, aveva dentro maravigliose ricchezze e stupendissime storie |||
 I, 223; II, 15
In un’isola grandissima una fantasima introduce in un’ampia caverna piena di sepolture ond’escono puzze, facelle accese, nubi, voci e razzi e altre orribili cose e spaventevoli |||
 I, 224; II, 17
Stupendo navilio spinto nel porto di Talamone indi a poco se ne cavò lasciando maravigliose visioni e strane fortune |||
 I, 226; II, 37
Singolarissimo mostro nato nella Magna, metá bambina e metá bambino . 1, 228; |||
 II, 41
Giovanni Ussi aveva comprato per pasqua un agnello a un suo bel bambino; il quale si spaventò dei beli di quello e si morí |||
 I, 237.
Una bimba d’un cassieri al Monte, impaurita delle befane, si messe nel letto il mortaio sul corpo e se ne crepò e morí e l’altra dallo spavento la stette per morire |||
 I, 237
La medica da San Niccolò ispaventò il suo figliuolo talmente ch’e’ gli morí in braccio. |||
 I, 238
Un fanciullo ispaventato con boci contraffatte in una buca delle fate a Fiesole, spentovisi il lume, tremandosene poco appresso se ne morí |||
 I, 238
Un contadinetto che aveva paura del lupo ebbe una gran paura d’una fascina o d’un ceppo che si fosse. |||
 I, 238
Un povero chierico andato pel suo priore a pescare, preso con la rete un fanciullo affogato quel dí, prese si fatta paura che si morí in breve |||
 I, 239
Annibaie ospite del re Antioco deride come rimbambito il vecchio filosofo Formione postosi a cicalare dinanzi a lui delle cose della guerra |||
 II, 3
Uno scarpellino da Fiesole induce una statua di marmo di mano di Donatello a parlare |||
 II, 10
Come un soldato valente rispondesse a Giovan Bandini che si maravigliava di lui vedendolo tentare i pericoli manifesti |||
 II, 11
Di uno scalco del duca Borso, il quale aveva gran diletto di dire e far credere bugie di quelle marchiane e stupende |||
 II, 13
L’Aurora di Michel Agnolo Buonaruoti parla |||
 II, 20
Di una cittadinotta fresca, maritata di pochi mesi, che si sarebbe strutta in bocca, fa un gentiluomo che da cinque anni pativa per lei fiera passione restare uno stivale, una bestia insensata e uno sciocco |||
 II, 24
Un lione sculpito rivendica la sua forza su l’uomo |||
 II, 35