Rinaldo di Montalbano/Atto II

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Atto II

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Atto I Atto III
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ATTO SECONDO.

SCENA PRIMA.

Gano, Florante e guardie.

Gano. Fiorante, e ben? Che fa Rinaldo?

Florante.   Ei soffre
Con costanza inaudita il suo destino.
Gano. Noi saremo di lui meno costanti?
No, no, non ci lasciam da un vil timore
Sedur, germano. Abbiam formato il piano
D’una macchina grande; esser potrebbe
La mercede dell’opra una corona.
Tutto si tenti. Il rovinar Rinaldo
È l’obbietto maggior. Fin che vicino
A Carlo egli sarà, saran deluse

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Le trame nostre, e sol la di lui morte

Agevolar ci può la grande impresa.
Florante. Egli è ver, lo conosco, ed ogni mezzo
Tentar son pronto perch’ei pera, e tolga
Col suo morir l’ostacolo maggiore
Alli disegni nostri. Or noi dobbiamo
La via trovar, onde innocenti affatto
Comparir di sua morte.
Gano.   E vi par poco
Indur a condannarlo il Re medesmo?
Egli reo già lo crede. Il suo Castello
Mi commise atterrar. Della sua morte
Meco ancora parlò: forse in quest’oggi
Il decreto uscirà.
Florante.   Ma vuol udirlo
Pria di farlo perir.
Gano.   Che l’oda. Abbiamo
Sì ben tessuti i meditati inganni,
Che scior non si potrà.
Florante.   Ma non conviene
Tanto fidarsi dell’ingegno nostro,
Che non s’abbia a temer d’esser scoperti.
E se ci scopre? E se Rinaldo ha modo
Di far costar la sua innocenza? Abbiamo
Tutto perduto: siamo noi li rei.
Ed il supplizio preparato a lui
Cade sul nostro capo.
Gano.   Ah! voi volete
Tutto precipitar per vil timore.
Florante. V’ingannate. Vogl’io tentar l’effetto
Sol con mezzi più cauti. L’odio nostro
Non è contro Rinaldo se non quanto
Di nostra ambizion formasi obbietto.
S’egli si riducesse a secondarci,
Non sarebbe per noi miglior partito?

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Gano. Sì, ma invan lo sperate. Egli è geloso

Troppo dell’onor suo.
Florante.   Nol sarà meno
Forse della sua vita. Alfin, che mai
Può costarci il tentarlo?
Gano.   Ah! Può costarci
E la vita, e l’onor. Se a Carlo il narra,
Miseri noi!
Florante.   Miseri noi, se Carlo
A lui prestasse fè. Sarem noi forse
Meno scaltri in negar le colpe nostre
Di quel che siamo nel tentarle? Questo
Ch’io vi propongo è un tentativo nuovo
Che ci può agevolar la strada e il tempo.
Se Rinaldo acconsente, ei sarà a parte
Della nostra conquista, e se resiste,
Accrescerà una vittima al disegno.
Che ve ne par?
Gano.   Saggio è il consiglio vostro;
Non si tardi a eseguirlo.
Florante.   Olà! Rinaldo (entra una guardia
Qui sia condotto. (parte la guardia
Gano.   Qual progetto abbiamo
Con esso a stabilir?1
Florante. Di Francia il regno
Grande è così, che contentar potrebbe
Non che di tre, l’ambizion di mille.
Diviso il merto dell’impresa, il premio
Pur si dividerà. Ma vien Rinaldo.
Seco solo vi lascio. All’età vostra
Più fede presterà. Vado frattanto
Gli amici a ragunar, che se fia d’uopo
In questo giorno di vibrar il colpo,
Nulla voglio che manchi al gran disegno. (parte

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Gano. Farem vedere al perfido destino,

Che v’è chi ad onta sua può migliorare
Condizion. Cotesto ingrato nume
Parte male i suoi doni: egli sovente
Avvilisce chi merta, e innalza a’ gradi
Di sovrano poter talun... Ma giunge
Rinaldo; or sì, che porre in uso è duopo
Tutta l’arte più fina. A forte rocca
Più volentieri io recherei l’assalto,
Anzi che al cor di lui. Ma che? Si loda
In difficile impresa il cor del forte.

SCENA II.

Rinaldo condotto dalle guardie, e detto.

Rinaldo. Che da me si pretende?

Gano.   Olà: soldati,
Toglietegli dal piè quelle catene.
(una guardia leva le catene a Rinaldo
Rinaldo. Lode agli dei!
Gano.   Scostatevi, e un mio cenno
(alle guardie che partono
Non prevenite col ritorno.
Rinaldo.   Alfine
Avrà scoperta l’innocenza mia
Carlo, il mio Re. Pentito egli è fors’anco
D’aver insulti alla costante fede
Di Rinaldo permessi. È cenno suo
Questa mia libertà?
Gano.   No, v’ingannate.
Carlo oppresso vi vuol. La mia pietade
S’oppone al suo voler.
Rinaldo.   Dunque infedele
Voi siete al vostro Re?
Gano.   Non è delitto

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La tirannia d’un barbaro monarca

Render delusa.
Rinaldo.   Olà, del mio Sovrano
Non parlate così. Barbaro Carlo?
Tiranno il nostro Re? Mente chi il dice.
Gano. Possibile, signor, che cieco tanto
Siate voi in vostro danno? Ah distinguete
Meglio di Carlo il cuor. Qui niun ci ascolta.
(guarda attorno la scena
Voglio tutto svelarvi ad onta ancora
Di quella diffidenza, onde offendete
La mia sincerità.
Rinaldo.   (Che vorrà dirmi?
Scoprasi, e si deluda). (a parte
Gano.   Amico, è giunto
A sì alto grado di Rinaldo il merto,
Che lo splendor del gallico diadema
Puote offuscar. Carlo lo vede, e il soffre
Mal volentieri. Ove s’aggira, il nome
Ode sol di Rinaldo: il volgo, i grandi,
Le milizie, i stranieri, il popol tutto
Conta le vostre gesta; e in faccia a Carlo
Sol Rinaldo s’esalta e si commenda.
Freme il Re del confronto; e quel piacere
Che arrecar gli dovria la vostra fede,
Suo tormento si fa per l’ambizioso
Desio di non aver chi la sua gloria
Possa emular.
Rinaldo.   Tutte del Re son glorie
Del vassallo i trionfi.
Gano.   È ver, ma intanto
Vincer coll’altrui braccio è gloria tale,
Che non eterna un Re. Carlo, che aspira
Al titolo di grande, odia colui
Che potria contrastargli un tanto fregio.

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V’odia, sì ve lo giuro. Ah! ricevete

Da un amico l’avviso. Ecco la prova
Del fatal odio suo; coglie pretesti
Perfidi sì, ma sufficienti a farvi
Reo nel cuor de’ Francesi. Ad un monarca
Fede chi niegherà?
Rinaldo.   Ma se giovasse
A Carlo il mio morir, che costerebbe
Senza tanti riguardi a lui mia morte?
Gano. Perdonatemi, amico. Ah voi non siete
Bastantemente nella scuola istrutto
Della Corte malvagia. Avventurarsi
Carlo non vuole a qualche strano evento,
Contro sè concitando i vostri amici,
Che il numero maggior fan del suo Regno.
Convincerli desia: reo vuol che siate
Per poter condannarvi, e il nome intanto
Di tiranno evitar. Rinaldo, io parlo
Con il cuor sulle labbra. Ah! rinnovata
Di Nerone l’età veggo in costui!
Placido, grato, umil, Carlo sinora
Fu co’ sudditi suoi: or che sicuro
Nel suo soglio si crede, opprime, insulta,
Vuol regnar da tiranno. In voi ritrova
L’ostacolo maggior. Sa che voi siete
Delle Gallie l’eroe. Teme scoprirvi
Gli arcani del suo cor. Pensa per tanto
Togliere in voi chi degl’indegni eccessi
Potria farlo arrossir. Tutta Parigi
Incomincia a tremar. Non son sicure
Le vergini, le spose, i sagri templi
Più sicuri non son. Deh, voi che siete
La difesa, il sostegno, il fregio, il core
Della misera Francia, a lei togliete
Il periglio maggior, nel suo tiranno.

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Ma se meno vi cal del nostro Regno,

Di quel ch’io spero, almen di voi vi caglia,
Di voi esposto al più feroce sdegno
Di barbaro signor. Udite. Ah! fremo
Solo in pensarlo! A me Carlo, il crudele,
Oggi quest’ordin diede: a Mont’Albano
Deggio mandar i miei soldati: il forte
Devesi smantellar: condur cattivi
S’hanno la vostra sposa, il vostro figlio,
Tutti li vostri servi, e quella donna
Qualunque sia, che d’African monarca
Prole si dice. Ah! che vi par? Son questi
Della sua tirannia barbari segni?
Pensateci, ascoltatemi, e se il fato
V’offre uno scampo, non vogliate incauto
Trascurar d’abbracciarlo. Eccovi in Gano,
Eccovi un fido amico; eccovi solo
Chi può rendervi salvo, e che può farsi
Della vostra virtù difesa e scudo.
Rinaldo. (Perfido, ti conosco). E come mai
Voi, col vostro german, beneficati,
Temer di Carlo, e dubitar potete?
Gano. L’esempio vostro mi fa cauto. Io temo
L’incostanza di lui. Temo che solo
I sudditi innalzar Carlo procuri,
Per compiacersi delle sue cadute.
Rinaldo. Che pensate di far? Se a me fidaste
Questi vostri sospetti, anco i disegni
Mi potete svelar.
Gano.   Vi voglio a parte
Anzi de’ miei disegni. Udite: è uopo
Prima però che della vostra fede
Mi rendiate sicuro.
Rinaldo.   Il dubitarne
È un’offesa a Rinaldo.

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Gano.   Il so, ma pure

Perdonate s’io bramo una maggiore
Sicurezza da voi. Rinaldo, io chieggo
Un giuramento, onde al silenzio eterno
V’impegnate voi meco.
Rinaldo.   Ai numi io giuro,
Non parlerò.
Gano.   Dunque m’udite.
Sia il rimedio ad un mal ch’estremo è fatto.
Carlo oppressi ci vuol: Carlo perisca.
Uniamoci, Rinaldo. Il Re crudele
Sia trucidato; indi di Francia il regno
Si divida fra noi. Che vi rassembra?
Grande non è l’idea? Non è opportuna
Nel periglio in cui siamo? Io son sicuro
Di vostra approvazion.
Rinaldo.   La merta in vero
L’illustre idea del generoso Gano.
Bel progetto sublime, e di voi degno!
Carlo dunque perisca, pel sospetto
Che tiranno divenga, e noi tiranni
Diveniamo frattanto. A questo regno
Tolgasi un Re crudele, e si divida
Fra più rei traditori. Ah! come in pace
I popoli vivranno allor che in lite
Venga l’avidità dei pretensori
Nuovi sovrani? Oh! che felice regno
Sarà quel della Francia! In vero, amico,
Molto deggiono a voi li Franchi tutti
Per così bell’effetto! Io mal mi sento
Forte però per un’impresa tale.
Non ho valor per cimentarmi a fronte
D’un monarca temuto: a Gano tutto
Lascio l’onor, lascio l’illustre vanto
D’assassinare il proprio Re.

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Gano.   V’intendo.

Deridete i miei sensi, e con mentite
Voci d’adulator voi mi schernite.
Ciò sia vostro malgrado. Oggi vedrete
L’eccelso frutto della vostra fede.
Ah! Rinaldo ingannato! Ah sventurato,
Benchè fido vassallo! Un’altra volta,
E fia l’ultima questa, io vel ridico:
O disponete il vostro cuor costante
Mille strazi a soffrir, e mille pene;
O secondate il mio consiglio. Io v’apro
Una facile via d’esser felice.
Rinaldo. Voi m’aprite una via d’esser infame.
Rinaldo traditor? Rinaldo in lega
Coi Maganzesi? Ah! non credea sì poco
Nota la mia virtude a’ miei nemici!
Tiranno il mio buon Re? No, non lo credo.
Ma se tale egli fosse, io non sarei
Men fedel, men divoto, a chi dal cielo
Mi fu dato in sovrano. Il mio Castello
Di levarmi minaccia? Ei n’è signore:
L’ebbi dagli avi suoi: può, se lo brama,
Senza colpa ritorlo. E sposa, e figlio
Vuol che sian suoi prigioni? Arbitro e Sire
Egli è di me, come di loro: io stesso
Condurrolli al suo piè. Vuole Armelinda
In suo poter? Giusta è la brama; ostaggio
Ella venne di pace, ed ha ragione
Carlo di custodirla. A me destina
Aspre catene, fiera morte? Io tutto
Soffrirò dal mio Re: sì, soffrirollo
Pria che sentirmi da un indegno labbro
Offrir grandezze d’ignominie a prezzo.
Guardatevi per quanto e vita e pace
Esser cara vi può, di ritentarmi

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Di viltade mai più. Giurai silenzio,

L’osserverò; ma non tornate, o Gano,
A fidarvi di me.
Gano.   Di tal mercede
Pagate, ingrato, chi desia salvarvi?
Rinaldo. Pago con tal mercè chi col pretesto
Di salvar la mia vita, oscurar tenta
La gloria mia, che più di vita estimo.
Sì, comprendo l’idea; complice, indegni,
Mi vorreste degli empi agguati vostri
Contro il tradito Re; difenderollo
Anzi, quanto potrò: non mi sperate
Flessibile a promesse, ed a spaventi
Meno costante. I dei proteggeranno
L’infelice monarca, a cui faceste,
Perfidi Maganzesi, il fiero incanto.
Conosceravvi un dì.
Gano.   Su via, svelate
Dunque a Carlo l’arcano, i miei disegni
Procurate scoprirgli; io di mendace
Accusarvi saprò.
Rinaldo.   No, scellerato:2
No, mostro d’empietà, non dubitate,
Che giuramento io tradir voglia. A Carlo
Util sarò, senza voler spergiuro
Violar a’ sagri dei la fè giurata.
Ah! verrà un dì, che vendicar potendo3
L’onta del mio Signor, contro di voi
Scaglierò l’ira mia: sì, verrà un giorno
Ch’io struggerò questo perverso germe,
Sì funesto alla Francia.
Gano.   Ah pria che giunga
Questo terribil giorno, annichilato

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Rinaldo si vedrà.

Rinaldo.   Forse caduto
Voi mirerò nel precipizio aperto
All’oppressa innocenza.
Gano.   Olà: tornate
Fra lacci il prigionier.
(entrano le guardie, ed incatenano Rinaldo
Rinaldo.   Trionfa, indegno,
Finchè puoi, di Rinaldo. A tuo rossore
Vedi la mia costanza.
Gano.   Amici, andiamo
Quel forte ad atterrar; così comanda
Il nostro Re.
Rinaldo.   No, non è ver, soldati,
V’inganna il traditor.
Gano.   Primiero duce
Dell’armi io sono; voi me seguite. (a’ soldati
Rinaldo.   Ed io
Spettatore sarò dell’empio fatto?
Lasciatemi partir.
Gano.   Per vostra pena
Qui dovete restar.
(Gano sale il monte seguito da soldati, restandone parte in custodia
di Rinaldo.


Rinaldo.   Voi tutelari
Numi di questo Regno, e voi che avete
In custodia il mio onor, spirti celesti,
Difendetemi voi gli amati pegni
Del misero cuor mio.
(Viene Ruggiero sul ponte, e vedendo Gano co’ soldati, impugna
la spada in atto di difesa.


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SCENA III.

Ruggiero sul ponte, Gano, Rinaldo e guardie.

Rinaldo.   Cieli! Che miro?

Colla spada Ruggiero? Il figlio mio
In difesa del ponte? Oh Dio! Qual rischio?
Qual azzardo alla mano ancora imbelle
D’inesperto garzon! Tremo in vederlo.
Palpito innanzi a lui.
Ruggiero.   Che pretendete, (a Gano e suoi
Scellerati ministri?
Gano.   Olà, serbate
Il rispetto dovuto al primo duce.
Siete mio prigionier.
Ruggiero.   No, finchè in pugno
Serbo la spada mia.
Gano.   Giovine incauto,
Non cercate la morte.
Ruggiero.   Ah! La mia morte
Cara vi costerà.
Rinaldo.   Sì, figlio. (Oh Dio!)
Sì, dell’anima mia parte più cara,
Difendetevi, sì: proteggeranno
L’innocenza gli dei.
Gano.   Soldati, al petto
Di Rinaldo volgete i vostri brandi:
Se Ruggiero resiste, ei cada estinto.
(stando sul monte, alle guardie che sono con Rinaldo
Rinaldo. Ah barbaro!
Ruggiero.   Ah crudele!
Gano.   O voi l’inciampo (a Ruggiero
Togliete al nostro passo, o il genitore
Fo svenarvi sugli occhi.
Ruggiero.   Ah! Che risolvo?

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Che far degg’io? (pensa fra sè

Rinaldo.   Non t’avvilisca, o figlio,
Il periglio del padre. Ah! L’onor nostro
Solo a cuore ti stia. Ceder vilmente,
Non è del valor nostro opera degna.
Spargasi tutto di Rinaldo il sangue,
Delle vene d’entrambi, anzi ch’io veggia
Trionfar di noi l’iniquità degli empi.
Ruggiero. Sagrifizio ben fatto a nostra gloria.
Vieni, perfido Gano. Eccomi in grado
Di morir pria che ritirarmi.
Gano.   A voi, (alle guardie da basso
Trucidate Rinaldo.
(Mentre le guardie volgono contro Rinaldo, esce Carlo.

SCENA IV.

Carlo, Florante e detti.

Carlo.   Olà: fermate.

Che si fa? Che si tenta?
Gano.   Oh! come a tempo,
Signor, giungesti! Ecco l’indegno figlio
Del ribelle Rinaldo: eccolo in atto
Di nera ostilità.
Ruggiero.   Signor, difendo
La ragion di mio padre.
Gano.   E le difende
Contro l’armi del Re. Nè giova seco
La vita minacciar, per atterrarlo,
Del padre suo.
Carlo.   Cedi, fellon, quel brando.
Renditi, o morirai. (a Ruggiero
Ruggiero.   Morte m’eleggo
Piuttosto che viltà.

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Rinaldo.   Figlio, m’ascolta.

Quel che parla, è il tuo Re: quel che comanda,
È di Francia il Sovrano. A un rio ministro
Contrastar si poteva, ad un monarca
Rassegnarsi convien. Non è viltade
Cedere al suo signore: basta che il mondo
Sappia che fu il rispetto, e non la tema,
Che la man disarmò. Cedi quel brando,
Vieni incontro a’ tuoi lacci. Io tel comando.
Florante. (Opportuna virtù, dove la forza
Inutile sarebbe). (a parte
Ruggiero.   Ah! no, lasciate
Che impunito non vada...
Rinaldo.   Olà, rammenta
L’ubbidienza al cenno mio dovuta.
Cedi tosto quel brando. (imperioso
Ruggiero.   Eccolo: oh stelle!
Son prigionier, non v’è più scampo.
(getta la spada, ed entra nel castello
Gano.   Andiamo; (alli suoi soldati
Seguitemi, soldati. (entra nel castello co’ suoi soldati
Rinaldo.   Ah mio clemente,
Mio pietoso Signor, vi raccomando
L’infelice mia sposa: ella è di Francia
Femmina illustre; ella è innocente. (Oh Dio!)
Difendetela voi.
Carlo.   Partite. Altrove (alle guardie
Sia condotto poc’anzi il prigioniero.
Rinaldo. Come! Odioso tanto è a voi Rinaldo,
Che ascoltarlo v’è pena? E nol degnate
D’uno de’ vostri sguardi? Io tutto soffro,
Tutto incontro per voi; ma finalmente
Se vi chiedo ragion del vostro sdegno,
Non potete negarmi il don funesto
Di rinfacciarmi le mie colpe. Ah! Sire,

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Questo vostro silenzio è una gran parte

Di mia discolpa.
Carlo.   Che ardiste, indegno,
Pronunciar contro me? Non son tenuto
A rendervi ragion dell’ira mia.
Fatto è il vostro processo. Oggi il Consiglio
L’udirà me presente, e voi d’udirlo
Riserbatevi allor: allor potrete
Difendervi, scolparvi. È inopportuno
Ora il vostro coraggio.
Rinaldo.   A che degg’io
Presentarmi al Consiglio? Inutil fora
Difendermi colà. Tutti nemici
I grandi avrò, se il Re medesmo ancora
Mio nemico divenne. Il so: congiura
Tutta Francia in mio danno. Io son perduto.
Venga dunque la morte, ad aspettarla
Intrepido men vado. Ecco la bella
Ricompensa al valor. Sì, voglio dirlo
Pria di morir: ecco la mia4 mercede
A chi difese della Francia il regno,
A chi sostenne al suo Signor in capo
La reale corona. A chi...
Carlo.   Tacete.
Rinaldo. Vi dà pena, lo so, delle mie imprese
La recente memoria; il so, v’incresce
Ch’io la rammenti. Tacerò. Signore,
Partirò, morirò. Di me più forte
AI cor vi parlerà rimorso, orrore
Del crudel sagrifizio. Invano, invano
Chiamerete Rinaldo, allor che gli empi
Insidiatori della vita vostra
Tesi avranno gli agguati. Io morrò fido;
Voi morrete tradito. Addio, Signore,

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Guardatevi di chi meglio all’orecchie

Sa porger le lusinghe. Anco nell’atto
Ch’io per voi morir deggio, a voi più fido
Penso, e ai perigli vostri. Ah! voglia il cielo
Che sian vani i disegni. Alla mia morte
Dee succeder la vostra. Il so, lo giuro.
Difendetevi voi, ch’io far nol posso. (parte
Carlo. Qual turbamento le confuse voci
Di Rinaldo destaro entro al mio seno!
Ah Fliorante, che fia?
Florante.   Non parmi, o Sire,
Diffidi molto interpretar que’ detti.
V’è chi desia la vostra morte. È noto
A Rinaldo l’arcano; ei n’è l’autore.
I complici conosce, e spera in essi
Della sua morte la vendetta. Udiste?
Rimproverò, vi minacciò, proruppe
Il superbo in disprezzi.
Carlo.   È ver, soffrirlo
Cotanto non dovea; ma s’io rammento
L’antica sua virtù, se il suo valore
Mi risovvien, sento del suo destino
Violenta pietà.
Florante.   Tutto il valore,
Tutta la sua virtù già rese oscura
Con la sua infedeltà: mirate, o Sire,
La sua sposa, il suo figlio, i di lui servi,
Prigionieri condotti al vostro piede.
Qui si vedono scender dal monte Gano con Clarice, Ruggiero incatenati,
soldati ecc.


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SCENA V.

Carlo, Clarice, Ruggiero, Gano, Florante, soldati, guardie.

Clarice. Ecco, Signor, a’ vostri piedi umile

Di Rinaldo la sposa. Io son cattiva,
Nè so perchè. Deh per pietade, o Sire,
Che mai vi fece il misero consorte,
Onde cotanto...? (s’inginocchia
Carlo.   Alzatevi, e tacete.
Ruggiero. Signor, dov’è mio padre?
Carlo.   A che il chiedete?5
Ruggiero. Ringraziarlo vorrei del crudel dono
Di questi lacci. Ingrato padre! Ei volle
Prigionier anche il figlio.
Carlo.   Amor l’indusse
A comandarvi preservar più cauto
La vostra vita.
Ruggiero.   Eh non sarei caduto
Così presto, Signor; il mio coraggio,
Favorito dal sito, e secondato
Da pochi sì, ma valorosi amici,
Rintuzzato averia cotesto vile
Duce dell’armi. (additando Gano
Carlo.   Olà; cotanto ardire
Prosontuoso frenate.
Ruggiero.   I primi moti
Perdonate, Signor, dell’ira mia;
Contenermi non posso.
Gano.   (Ah, Sire, affatto
Distruggere convien l’indegna stirpe.
Passa di padre in figlio l’orgoglioso
Indomito desio). (piano a Carlo
Carlo.   (Quella è la figlia
Dell’Africano?) (piano a Gano

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Gano.   (Appunto; ed è l’amante

Di Rinaldo riamata). (piano a Carlo
Carlo.   Alle mie tende
Conducetela: io voglio assicurarmi
Col confronto di ciò. (piano a Gano) Clarice sia
Sciolta da’ lacci. Al genitor Ruggiero
Non si lasci accostar. Del gran Consiglio
Siano i Pari adunati. A me le guardie
Si raddoppino, e sia la vostra fede
A difendermi, amici, ognor la stessa.
Ruggiero. Sì, sì, non dubitate: affò che siete
Ben custodito dalla loro fede!
Misero Carlo! (intanto si scioglie Clarice
Gano.   Principessa, andiamo;
Seguite i passi miei. (ad Armelinda
Armelinda.   Dove pensate
Di volermi condur?
Gano.   Dove destina
Il nostro Re.
Armelinda.   Son di Re figlia anch’io.
Gano. Carlo lo sa.
Armelinda.   Carlo è un Re ingiusto.
Gano.   Audace!
Seguitemi, e tacete. (parte
Armelinda.   Ah! m’ha sì oppressa
Di Rinaldo il destin, ch’io più non sento
Gli affanni miei. O vo’ morire, o voglio
Di Rinaldo alla vita esser riparo.
(a parte; e parte dietro Gano con guardie
Florante. Ite dove vi aggrada. (a Clarice
Clarice.   Al mio consorte
Deh, fatemi condur.
Florante.   Sì, sì, a Rinaldo
Guidatela, soldati...
Ruggiero.   Ed io non posso

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Il padre riveder?

Florante.   No.
Ruggiero.   Chi lo vieta?
Florante. Carlo l’ordin ne diede.
Clarice.   Ed ubbidirlo,
Figlio, convien. Non disperar, la sorte
Forse si cangierà. Vieni al mio seno,
Vieni, viscere mie, mio caro figlio,
Prendi l’ultimo bacio. Ah! sì, che questa
Forse è l’ultima volta (oh Dio!) ch’io posso
Il mio figlio abbracciar. (l’abbraccia
Ruggiero.   Questo è il conforto,
Madre, che mi donate?
Clarice.   Ah! che mi sento
Staccar l’alma dal sen. Addio, mio figlio;
Addio, di questo sen frutto infelice:
Vado al tuo genitor. Diviso ho il core
Fra lo sposo ed il figlio. (Oh Dio!) Vorrei
E partire, e restar. Maggior bisogno
Forse avrà di conforto il padre afflitto.
Vadasi a consolarlo. Resta, o caro:
Ti difendano i Dei. Non avvilirti,
Soverchio non temer; rivolgi al Cielo
Tutto il tuo cor; sai che di là deriva
Il destin de’ mortali. Un’altra volta
Lascia ancor ch’io t’abbracci, e poi mi parto.
(parte scortata da una guardia
Ruggiero. (M’intenerisce. Io trattener non posso
Più le lagrime mie). (piange
Florante.   Piange Ruggiero?
Piange l’eroe di Mont’Albano? Il forte
Avvilito è sì tosto?
Ruggiero.   Io vil? Mentite.
Queste fur di pietà lagrime espresse
Dal cor d’un figlio, della madre amante.

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Vile Ruggier? Se avessi il ferro mio,

Lo vedereste voi.
Florante.   Miser Fiorante,
Se il feroce Ruggiero il ferro avesse!
Tremerei di timor.
Ruggiero.   Sì, tremereste.
Pur troppo è ver. So il valor vostro, è nota
La viltà di Fiorante.
Florante.   A un disperato
Vo’ donar ogni oltraggio. Il ciel vi doni
Un dì la libertà. Vi torni al braccio
La terribile spada, e allor vedremo
Chi è più forte di noi.
Ruggiero.   Sta in vostra mano
Farne adesso la prova.
Florante.   E come?
Ruggiero.   I ceppi
Toglietemi dal piè. Datemi un ferro,
Poi venite al cimento.
Florante.   Oh! bel pretesto
Per fuggir le catene!
Ruggiero.   Ai numi il giuro,
Non fuggirò. S’io sarò vinto, avrete
Doppia ragion sovra di me. Se il fato
Mi rende vincitor, giuro tra lacci
Volontario tornar.
Florante.   Semplice troppo
A credervi sarei.
Ruggiero.   Dite che un vile,
Che un codardo voi siete.
Florante.   Olà: cotanto
Un prigionier s’avanza?
Ruggiero.   Un gran rispetto
Veramente si deve a un tanto eroe.
Florante. Più soffrirvi non posso.

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Ruggiero.   Ai scellerati

Odiosa sempre è la virtù.
Florante.   Soldati,
Guidatelo alla tenda.
Ruggiero.   Indegno! Senti:
Sempre non riderai. Può darsi ancora
Ch’io trionfi di te; lo spero, il Cielo
Si stancherà di sofferirti. Oh numi,
Io vi prego di ciò. Se il traditore
Deve perir, donatemi il contento
Ch’io lo possa svenar colle mie mani.
(parte condotto dalle guardie
Florante. Pria che giunga quel dì, colle mie mani
Forse io te svenerò; ma no, sarebbe
Lieve pena per te morir per mano
Dell’illustre Florante, a cui la sorte
Dona il nome d’eroe. Da un vil ministro,
Da un’infame mannaia io vo’ vederti,
Temerario, ferir. Allor contento,
Allor lieto sarò. Vicino è il colpo:
Dal Consiglio dipende; io del Consiglio
Arbitro son. Coraggio. Eccoci in via:
Arrestarsi è viltà. Mora Rinaldo,
Mora Ruggiero, e Carlo muora; e in mezzo
Alle stragi, alle morti, alle rovine,
Di Florante si renda eterno il nome.


Fine dell’Atto Secondo.

  1. Nel testo si trova stampato: Qual progetto — Abbiam con esso ecc.
  2. Nelle edizioni del Settecento si trova stampato per lo più scelerato.
  3. Nelle edizioni del Settecento è stampato pretendo.
  4. Forse deve leggersi ria.
  5. Nel testo è stampato: Ah che il chiedete?